Venerable Gregory Decapolite
Altra icona di San Greorio il Decapolita
http://oca.org/saints/lives/2013/11/20/103340-venerable-gregory-decapolite
San Gregorio il Decapolita Monaco
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Irenopoli, Isauria, 762 – Costantinopoli, 20 novembre 862
San Gregorio il Decapolita visse nell’VIII secolo. Condusse prima vita
monastica, poi anacoretica. Fattosi infine pellegrino, soggiornò per
lungo tempo a Tessalonica e poi a Costantinopoli, dove si trovò a
combattere l’iconoclastia e poi morì. Le sue reliquie sono venerate oggi
in terra romena.
Martirologio Romano: A Costantinopoli, san Gregorio Decapolitano, monaco, che condusse dapprima vita monastica e poi anacoretica; fattosi quindi pellegrino, risiedette molto a lungo a Salonicco e, infine, a Costantinopoli, dove rese l’anima a Dio combattendo strenuamente in difesa del culto delle sacre immagini. |
http://www.santiebeati.it/dettaglio/93230
Troparion — Tone 4
The twofold lamps of divine gifts, / Proclus, shepherd of New Rome, and Gregory, scion of Decapolis, / guide us by the light of grace as divinely-inspired fathers. / Let us draw near and eagerly beseech them, / that we may receive forgiveness and salvation of our souls.Kontakion — Tone 3
The Church knows you to be a brilliant sun / enlightening all with the rays of healing and the beauty of virtue. / Therefore, as we celebrate your honored memory, / we glorify your struggles, ever-blest and all-wise father Gregory.
St Proclus the Archbishop of Constantinople
http://oca.org/saints/lives/2013/11/20/103341-st-proclus-the-archbishop-of-constantinople
Sfântul Ierarh Proclu, Patriarhul Constantinopolului
Troparion — Tone 4
The twofold lamps of divine gifts, / Proclus, shepherd of New Rome, and Gregory, scion of Decapolis, / guide us by the light of grace as divinely-inspired fathers. / Let us draw near and eagerly beseech them, / that we may receive forgiveness and salvation of our souls.Kontakion — Tone 4
Today with the most revered of all cities / we fittingly celebrate your honored translation to heaven, / Father of Fathers, wise Proclus.
Venerable Diodorus the Abbot of Yuregorsk
http://oca.org/saints/lives/2013/11/20/103342-venerable-diodorus-the-abbot-of-yuregorsk
Alcuni
km sopra Pavigliana, località situata sulle colline a Sud-Est di Reggio
Calabria, vi sono una serie di grotte, testimonianze di una presenza
attiva di eremiti che qui conducevano vita ascetica in penitenza ed in
preghiera.
Proprio in queste grotte trascorse parte della sua vita un santo tra i più importanti di Reggio, cioè San Cipriano.
Nacque verso il 1110-1120 da una nobile e ricca famiglia; il padre era medico ed anche Cipriano divenne ben presto, come attestano i biografi, “esperto della scienza medica”. Tuttavia alla salute fisica, preferì quella spirituale: a 25 anni chiese di far parte dei monaci del monastero del SS.mo Salvatore di Calanna.
La austera vita monacale caratterizzata da veglie, lavoro e penitenze, non lo convinse completamente; pertanto chiese ed ottenne dal Superiore di praticare vita eremitica. Si ritirò nei possedimenti paterni a Pavigliana, dove vi era una Chiesa dedicata a Santa Veneranda martire.Qui trascorse venti anni nella più totale solitudine, lavorando attivamente per guadagnarsi da vivere, pregando, meditando e facendo penitenza.
La notizia della sua presenza si diffuse ben presto nella vallata, conseguentemente tutti gli abitanti dei centri vicini, si recavano da lui per ottenere aiuti di ogni tipo, particolarmente per le loro infermità; alcuni chiedevano anche di poter restare con lui. In questo stesso tempo moriva l’abate del monastero di San Nicola di Calamizzi, Paolo, ed i monaci si recarono da Cipriano che aveva sessant’anni, per chiedergli di essere loro nuovo abate. L’eremita, pensando che questa fosse volontà di Dio, accettò. Durante questo periodo, Cipriano incitò con ogni modo la vita spirituale e culturale di tutti i monaci, fece restaurare la Chiesa, costruire il campanile, le celle per i confratelli, il refettorio, acquistò arredi e libri.
Ormai la sua attività non conosceva sosta: di giorno lavorava e curava gli ammalati, di notte pregava. Mangiava e dormiva quanto era appena sufficiente per sopravvivere.
Non mancarono purtroppo per lui le sofferenze; soprattutto perché cadde dal carro che utilizzava per spostarsi, procurandosi la frattura di una gamba che lo rese claudicante per tutta la vita.
Cipriano morì il 20 novembre 1190 dopo aver chiesto perdono a tutti; venne seppellito nella Chiesa del monastero, distrutta dal terremoto del 1783. I monaci che popolavano l’edificio, restarono prodigiosamente illesi.
SAN CIPRIANO DEI CALAMIZZI
Sino al 1947 san Cipriano del Monastero dei Calamizzi o il Medico era conosciuto solo da pochi studiosi, solo di nome e solo perche lo ricordava l'Ode VIII del Canone per la festa dei santi monaci (sabato dei latticini) del Cod. Mess. Gr. 86. Molti ritenevano che si trattasse di qualche monaco vissuto presso la baia di Kalamitza nell'isola di Skiros o a Kalamitzi nella penisola calcidica. Solo nel 1917 si scopri che Cipriano - del quale era già nota una Preghiera degli infermi - era un santo calabrese: il manoscritto messinese citato lo ricorda insieme a Stefano di Nicea (primo vescovo di Reggio Calabria), Tommaso di Terreti (un sobborgo di Reggio) e Giovanni il Theristì di Bivongi (in provincia di Reggio). Nel 1946 furono pubblicati 4 stichirà e un theotokìon per la sua festa - 20 novembre - e, in seguito, la Vita conservata nel manoscritto 522, ff 219\22, del Monastero di Santa Caterina al Monte Sinai. E' questo un manoscritto pergamenaceo; una mano diversa avverte che fu portato a termine a metà marzo 1242 dal monaco Lorenzo, per volere dell'igumeno dei Calamizzi Cipriano, omonimo del santo. Evidentemente il manoscritto passò nella dirimpettaia Messina, dove il Monastero di Santa Caterina aveva un importante e ricco Metochio e, da lì, fu posto in salvo nella lontanissima penisola del Sinai: di certo, prima della Guerra del Vespro (1282). Nel 1308, infatti, quando l'infaticabile monaco Daniele, skevofilax del Salvatore di Messina, scrisse un monumentale Menologio (Mess. 30 e 29), qualsiasi altra copia della Vita era stata distrutta o, in ogni caso, non era disponibile.
La Vita non ci offre alcun dato cronologico esplicito: si sa' solo che Cipriano fu eletto igumeno al tempo in cui era vescovo di Reggio un certo Tommaso. Questi partecipò a una riunione di vescovi franco-cattolici tenutasi a Roma, nel Palazzo del Laterano; nel 1182 lo stesso approvò la "donazione" di due monasteri ortodossi di Reggio a un convento franco-cattolico della Sicilia. Cipriano poi morì molto vecchio (precisa la Vita) essendo vescovo franco-cattolico di Reggio un certo Ghiraldos, il "vescovo G" ricordato con la sola iniziale in un diploma del 10 ottobre 1239. Si può ragionevolmente credere quindi che Cipriano sia vissuto tra 1140 e 1240.
Era quella un'epoca di irregolarità e illegalità, ricorda la Vita.
Il 23 agosto 1059 il normanno Roberto il Guiscardo e il savoiardo Gérard de Chevron avevano firmato, a Melfi di Potenza, un Concordato: un osceno patto. Gérard de Chevron, in quanto papa di Roma Antica (Nicola II) s'impegnava a riconoscere l'autorità politico-amministra tiva dei Normanni sulle terre che essi avrebbero occupato calando verso il Sud della penisola italiana, diretti al cuore dell'Impero romano, Costantinopoli. I Normanni, nominati Legati - plenipotenziari - papali, s'impegnavano a sottomettere al papato franco-cattolico le Chiese ortodosse che essi avrebbero conquistato manu militari.
Con un genocidio d'immani dimensioni - intere città furono rase al suolo, la Puglia fu pressoché desertificata - i Normanni conquistarono l'intera Grande Grecia e la Sicilia, la più grande isola del Mediterraneo; nel 1185 passarono a Durazzo, Corfù, Cefalonia, Zante e Tessalonica; il 13 aprile 1204 entrarono a Costantinopoli, Nuova Roma. La capitale dell'Impero romano, da sempre inespugnata - aveva resistito agli assalti di Persiani, Avari, Arabi, Bulgari; cadde in mano alle orde crociate. L'imperatore e il patriarca furono costretti alla fuga: l'altare di Santa Sofia - un blocco d'oro puro - fu fatto a pezzi; tutta la basilica fu trasformata in postribolo.
Cipriano vede il mondo crollare: l'Impero, tutto il mondo di Cipriano, è crollato: forse per questo la Vita descrive minuziosamente un solo miracolo: quello della restaurazione di un piccolo mondo ortodosso, il Monastero dei Calamizzi; nel volgere di pochi anni, gli ortodossi della Grande Grecia e della Sicilia diventeranno minoranza.
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Al mese di novembre, [giorno] 20,
memoria del venerando nostro padre Cipriano
Questo venerando nostro padre nacque [1140?] nella grande città di Reggio di Calabria, figlio di genitori nobili e ricchi, dai quali fu affidato, fanciullo, a diversi maestri. [Da costoro] fu condotto alle vette della Scrittura divina; dal padre naturale, medico, e, più ancora, dalla Grazia del Santo Spirito, apprese la scienza della medicina. Sin da giovane non si occupò affatto delle cose del mondo né amo gli svaghi dei giovani. Pensava soltanto a studiare e a conservarsi, anima e corpo, puro e gradito secondo il Signore, sempre proteso, con lo sguardo, la mente, lo spirito, alla vita monastica.
Con il permesso dei suoi genitori, dopo aver rinunciato alle ricchezze, al nome e alle proprietà a favore dei fratelli, seguì Cristo e si recò in un luogo santo, non lontano da quella città, detto "del Salvatore". Si presentò al suo kathigumeno e gli chiese di giudicarlo degno di accoglierlo e d'indossare l'abito monastico. Questi, sapendo da tempo chi fosse e da dove venisse, riconoscendo la pietà e la condizione del giovane, lo accolse ben volentieri. Dopo averlo guidato e istruito, gli tagliò i capelli e lo enumerò tra i fratelli. In seguito [Cipriano] ricevette tutti gli ordini sacri dal prezioso e divino vescovo. Avendo vissuto a lungo nella stessa fraternità, fu preso dall'irresistibile desiderio di tornare dalle sue parti per dedicarsi a Dio in solitudine e allontanarsi dagli scandali che si possono verificare in un cenobio. Presentatosi al proestos, gli manifestò la volonta di vivere in solitudine e lo trovò incline e d'accordo con le sue parole: in spirito vide che [Cipriano] si avviava al bello. Da lì si trasferì in una proprietà della sua famiglia, detta Pavliana, nella quale c'era una chiesa bellissima e famosa dedicata alla santa veneranda martire Paraskevì. Lì vivendo da solo, si dedicava con sollecitudine alle virtù utili all'anima e si guadagnava con il proprio lavoro il pane della giornata.
La sua fama si diffuse ovunque e molti afflitti da malattie fisiche e spirituali che si recavano da lui non restavano delusi nelle loro speranze, perché [Cipriano] - profondo conoscitore della scienza di entrambi [le malattie] - a tutti dispensava con abbondanza la cura senza farsi pagare. Non pochi, grazie ai suoi insegnamenti, abbandonarono la vita mondana e decisero di vivere con lui, facendosi tagliare i capelli dalle sue preziose mani. Bisognava vedere come quella località, prima del tutto desolata e priva di gente, [si popolò] con una moltitudine di uomini, monaci e laici, bene istruiti dal buono istruttore.
Intanto, che succede? Parte da questa vita il kathigumeno del Monastero del venerabile nostro padre Nicola dei Calamizzi, il santissimo Paolo. Si cerca chi prenda il suo posto e non si trova. Giunse allora la fama della virtù e delle conquiste [spirituali di Cipriano], per cui da tutta la fratellanza - per decisione e volontà del sacratissimo vescovo della Grande Chiesa, Tommaso - viene eletto e designato kathigumeno. Si recano da lui i fratelli del monastero: lo pregano, si inginocchiano, lo supplicano di accettare la loro richiesta. Ma egli non accetta l'elezione, non accoglie la richiesta, giustamente [ritenendosi] per umiltà indegno e incapace di quell'alto incarico. I monaci partirono senza nulla concludere e fecero sapere al vescovo, molto dispiaciuti e afflitti, come stava la faccenda. Che fa' il vescovo? [Dice:] Non preoccupatevi, figli. Se me lo chiedete con cuore puro e amore sincero, anche se non vuole, ve lo porterò e lo stabilirò come vostro pastore.
Il vescovo lo manda a chiamare, lo esorta, lo costringe, lo vede rifiutarsi, ma infine - contro la sua volontà - gli impone l'incarico. E poco dopo, per grazia del Santo Spirito, egli finisce pastore e maestro del gregge e della fratellanza.
Designato all'incarico non dagli uomini ma dall'alto, con premura e impegno insegnò in modo divino tutto ciò che era gradito a Dio e utile alla vita monastica, presentandosi a tutti come copia, modello e regola perfetta.
Cosa principale, ricostruì - dopo averla fatta abbattere sino alle fondamenta - la parte sinistra della chiesa, cioé l'ala vecchia di anni, facendola con belle immagini e stupendo decoro. Accanto al Santuario costruì la Custodia della suppellettile sacra, dei cimeli, dei libri e di ogni altra cosa preziosa e sacratissima della santa chiesa. Su questa [Custodia] innalzò una torre con la scala a chiocciola per far salire il fratello incaricato di battere il legno per riunire i fratelli alle ore stabilite per salmeggiare e ringraziare il Dio filantropo. Costruì anche tre palazzi a due piani per custodirvi ogni bene: grano, orzo, ogni specie di frutta e legumi necessari per il sostentamento e la nutrizione dei fratelli e di quelli che si recavano al monastero. Riflettendo, e vedendo, che le stanze dei fratelli erano vecchie, piccole, fatiscenti e rischiose da abitare, le abbatté sino alle fondamenta e le ricostruì più grandi e confortevoli. Anche il refettorio, dove tutti i fratelli mangiano insieme, come fu ricostruito dalle fondamenta e decorato con grande bellezza!
Questo avvenne dopo, ma non abbiamo sbagliato a ricordare sin dal principio che tutto fu rinnovato e ricostruito e reso molto decoroso.
E i metochia del monastero? Li trascurò o non se ne preoccupò? No, no: alcuni in parte, altri del tutto edificò e rinnovò, costruendovi chiese e cappelle, assegnandovi con abbondanza tutto l'occorrente: libri, vasi, sacre suppellettili. E non c'e bisogno di parlare dei campi, delle vigne, degli immobili, degli animali che egli aumentò nel Grande Monastero e nei metochia, in parte acquistati, in parte donati da uomini amanti di Cristo.
Perciò ovunque, in Sicilia e in Calabria, si diffuse la sua fama e un grandissimo numero di uomini e donne, di ricchi e poveri, di malati e sofferenti per malattie fisiche e spirituali, si recavano da lui per chiedere la guarigione. Con abilità e scienza, piuttosto: con la grazia del Santo Spirito egli rimandava sanati e contenti, guarendoli con i suoi insegnamenti, consigli, esortazioni, farmaci spirituali, e li congedava grati a Dio. A tutti elargiva le guarigioni spontaneamente e senza farsi pagare; molti, volendo elargire dalle loro sostanze elemosine ai bisognosi, le mandavano a lui pregandolo che le distribuisse ai poveri con le sue venerande mani. E lui tutto quello che riceveva lo distribuiva con divina equità e in modo gradito a Dio. Chi mai si presentò a lui afflitto, sofferente, bisognoso di pietà e se ne andò a mani vuote, sia pure una volta sola? Nessuno. Molti di quelli che erano stati guariti dai loro mali, tornavano per ringraziarlo ma egli non li riceveva e li mandava a venerare l'icona del venerando nostro padre Nicola, dicendo: "Innalzate il ringraziamento a Dio e al suo vescovo Nicola il Guaritore; io sono un uomo peccatore".
Mentre si impegnava bene in tutte queste cose, molto si logorava e soffriva per il suo gregge. La situazione irregolare e illegale di quel tempo, spingeva tutti, capi e gregari, a ridurre a male le cose del monasteri e far precipitare e abbattere l'uomo di Dio. E questo con la collaborazione del demonio. Ma lui non si stancava di ammonire, supplicare, esortare a temere Dio e a smettere di trattare ingiustamente la Chiesa [Ortodossa]. E loro, intimoriti dalla sua vecchiaia e venerandone la virtù, si placarono dal fare il male, Anzi, alcuni di loro si fecero familiari della Chiesa e fratelli del monastero e portavano ogni anno [parte] dei loro beni come conforto di tutta la fratellanza, chiedendo e supplicando di ottenere la sua preghiera. E non peccavano.
Dopo essere vissuto sempre bene e giunto a grande vecchiaia, [Cipriano] seppe per grazia del santissimo Spirito [il giorno de] la sua partenza verso Dio e, pur essendo senza forze per la vecchiaia e, soprattutto, pur avendo il piede destro paralizzato tanto che non poteva fare nemmeno un passo senza il bastone (il grande e diabolico odio lo aveva fatto precipitare da un carro e gli aveva maciullato il piede), prese due dei fratelli e, salito su una carrozza, si recò in tutti i metochia del monastero. In ciascuno si fermò un giorno [intero] per consigliare e istradare i fratelli che c'erano lì, dettando le ultime [volontà]. Infine, dando a tutti il perdono, chiedeva il loro perdono: quelli gli concedevano il perdono, abbracciando e baciandogli le mani e i piedi, senza capire che cosa volesse dire ciò. Dopo aver fatto tutto questo in tutti i metochia, ritorno nel monastero, si ammalò subito e si addormentò nel sonno dei giusti, insegnando a tutti, ammaestrando tutti, perdonando tutti: lontani e vicini.
Aveva detto ai suoi fratelli di seppellire il suo prezioso corpo vicino all'igumeno [Paolo] che l'aveva preceduto, fuori della chiesa, e questo come segno della grande umiltà che lo accompagnò sino alla morte. I fratelli, non convinti, ne parlarono al vescovo. Questi era Ghiraldhos, un monaco sacerdote, e lo trovarono convinto e d'accordo con il loro desiderio di seppellirlo dentro la chiesa. Per cui si riunirono tutti i sacerdoti della città e delle vicinanze, i monaci, i secolari e i laici, uomini, donne e bambini. Non mancò neppure il vescovo con i suoi chierici. Trattenendosi tre giorni con salmi e inni, ceri e incensi, seppelliscono come è giusto il giusto, [seppelliscono] sacralmente il sacro nel luogo sacro della chiesa, ai piedi della venerata icona della purissima vergine Madre-di-Dio, fonte inesauribile di guarigioni per i devoti, a gloria e lode della santa e vivificante Trinità, del Padre, del Figlio e del Santo Spirito, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.
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Stichirà
Tutti coloro che seguono Cristo * portando sulle spalle la croce * inneggino in coro il venerando Cipriano.
La vita angelica che hai rivelato * o tutto beato, * hai ornato in modo a Dio gradito * trascinando e tiepidi a te imitare.
Tutto in te è stupendo, o Cipriano: * la vita e i costumi, la bellezza e il tratto,* la parola e l'azione, o ispirato da Dio.
Guarda, proteggi e custodisci, * o Cipriano tutto beato, * sempre il gregge che con fede * a te da' gloria.
Meravigliosa Madre di Dio, come nutri colui che nutre il mondo e reggi sulle braccia colui che regge il mondo?
Proprio in queste grotte trascorse parte della sua vita un santo tra i più importanti di Reggio, cioè San Cipriano.
Nacque verso il 1110-1120 da una nobile e ricca famiglia; il padre era medico ed anche Cipriano divenne ben presto, come attestano i biografi, “esperto della scienza medica”. Tuttavia alla salute fisica, preferì quella spirituale: a 25 anni chiese di far parte dei monaci del monastero del SS.mo Salvatore di Calanna.
La austera vita monacale caratterizzata da veglie, lavoro e penitenze, non lo convinse completamente; pertanto chiese ed ottenne dal Superiore di praticare vita eremitica. Si ritirò nei possedimenti paterni a Pavigliana, dove vi era una Chiesa dedicata a Santa Veneranda martire.Qui trascorse venti anni nella più totale solitudine, lavorando attivamente per guadagnarsi da vivere, pregando, meditando e facendo penitenza.
La notizia della sua presenza si diffuse ben presto nella vallata, conseguentemente tutti gli abitanti dei centri vicini, si recavano da lui per ottenere aiuti di ogni tipo, particolarmente per le loro infermità; alcuni chiedevano anche di poter restare con lui. In questo stesso tempo moriva l’abate del monastero di San Nicola di Calamizzi, Paolo, ed i monaci si recarono da Cipriano che aveva sessant’anni, per chiedergli di essere loro nuovo abate. L’eremita, pensando che questa fosse volontà di Dio, accettò. Durante questo periodo, Cipriano incitò con ogni modo la vita spirituale e culturale di tutti i monaci, fece restaurare la Chiesa, costruire il campanile, le celle per i confratelli, il refettorio, acquistò arredi e libri.
Ormai la sua attività non conosceva sosta: di giorno lavorava e curava gli ammalati, di notte pregava. Mangiava e dormiva quanto era appena sufficiente per sopravvivere.
Non mancarono purtroppo per lui le sofferenze; soprattutto perché cadde dal carro che utilizzava per spostarsi, procurandosi la frattura di una gamba che lo rese claudicante per tutta la vita.
Cipriano morì il 20 novembre 1190 dopo aver chiesto perdono a tutti; venne seppellito nella Chiesa del monastero, distrutta dal terremoto del 1783. I monaci che popolavano l’edificio, restarono prodigiosamente illesi.
SAN CIPRIANO DEI CALAMIZZI
Sino al 1947 san Cipriano del Monastero dei Calamizzi o il Medico era conosciuto solo da pochi studiosi, solo di nome e solo perche lo ricordava l'Ode VIII del Canone per la festa dei santi monaci (sabato dei latticini) del Cod. Mess. Gr. 86. Molti ritenevano che si trattasse di qualche monaco vissuto presso la baia di Kalamitza nell'isola di Skiros o a Kalamitzi nella penisola calcidica. Solo nel 1917 si scopri che Cipriano - del quale era già nota una Preghiera degli infermi - era un santo calabrese: il manoscritto messinese citato lo ricorda insieme a Stefano di Nicea (primo vescovo di Reggio Calabria), Tommaso di Terreti (un sobborgo di Reggio) e Giovanni il Theristì di Bivongi (in provincia di Reggio). Nel 1946 furono pubblicati 4 stichirà e un theotokìon per la sua festa - 20 novembre - e, in seguito, la Vita conservata nel manoscritto 522, ff 219\22, del Monastero di Santa Caterina al Monte Sinai. E' questo un manoscritto pergamenaceo; una mano diversa avverte che fu portato a termine a metà marzo 1242 dal monaco Lorenzo, per volere dell'igumeno dei Calamizzi Cipriano, omonimo del santo. Evidentemente il manoscritto passò nella dirimpettaia Messina, dove il Monastero di Santa Caterina aveva un importante e ricco Metochio e, da lì, fu posto in salvo nella lontanissima penisola del Sinai: di certo, prima della Guerra del Vespro (1282). Nel 1308, infatti, quando l'infaticabile monaco Daniele, skevofilax del Salvatore di Messina, scrisse un monumentale Menologio (Mess. 30 e 29), qualsiasi altra copia della Vita era stata distrutta o, in ogni caso, non era disponibile.
La Vita non ci offre alcun dato cronologico esplicito: si sa' solo che Cipriano fu eletto igumeno al tempo in cui era vescovo di Reggio un certo Tommaso. Questi partecipò a una riunione di vescovi franco-cattolici tenutasi a Roma, nel Palazzo del Laterano; nel 1182 lo stesso approvò la "donazione" di due monasteri ortodossi di Reggio a un convento franco-cattolico della Sicilia. Cipriano poi morì molto vecchio (precisa la Vita) essendo vescovo franco-cattolico di Reggio un certo Ghiraldos, il "vescovo G" ricordato con la sola iniziale in un diploma del 10 ottobre 1239. Si può ragionevolmente credere quindi che Cipriano sia vissuto tra 1140 e 1240.
Era quella un'epoca di irregolarità e illegalità, ricorda la Vita.
Il 23 agosto 1059 il normanno Roberto il Guiscardo e il savoiardo Gérard de Chevron avevano firmato, a Melfi di Potenza, un Concordato: un osceno patto. Gérard de Chevron, in quanto papa di Roma Antica (Nicola II) s'impegnava a riconoscere l'autorità politico-amministra tiva dei Normanni sulle terre che essi avrebbero occupato calando verso il Sud della penisola italiana, diretti al cuore dell'Impero romano, Costantinopoli. I Normanni, nominati Legati - plenipotenziari - papali, s'impegnavano a sottomettere al papato franco-cattolico le Chiese ortodosse che essi avrebbero conquistato manu militari.
Con un genocidio d'immani dimensioni - intere città furono rase al suolo, la Puglia fu pressoché desertificata - i Normanni conquistarono l'intera Grande Grecia e la Sicilia, la più grande isola del Mediterraneo; nel 1185 passarono a Durazzo, Corfù, Cefalonia, Zante e Tessalonica; il 13 aprile 1204 entrarono a Costantinopoli, Nuova Roma. La capitale dell'Impero romano, da sempre inespugnata - aveva resistito agli assalti di Persiani, Avari, Arabi, Bulgari; cadde in mano alle orde crociate. L'imperatore e il patriarca furono costretti alla fuga: l'altare di Santa Sofia - un blocco d'oro puro - fu fatto a pezzi; tutta la basilica fu trasformata in postribolo.
Cipriano vede il mondo crollare: l'Impero, tutto il mondo di Cipriano, è crollato: forse per questo la Vita descrive minuziosamente un solo miracolo: quello della restaurazione di un piccolo mondo ortodosso, il Monastero dei Calamizzi; nel volgere di pochi anni, gli ortodossi della Grande Grecia e della Sicilia diventeranno minoranza.
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Al mese di novembre, [giorno] 20,
memoria del venerando nostro padre Cipriano
Questo venerando nostro padre nacque [1140?] nella grande città di Reggio di Calabria, figlio di genitori nobili e ricchi, dai quali fu affidato, fanciullo, a diversi maestri. [Da costoro] fu condotto alle vette della Scrittura divina; dal padre naturale, medico, e, più ancora, dalla Grazia del Santo Spirito, apprese la scienza della medicina. Sin da giovane non si occupò affatto delle cose del mondo né amo gli svaghi dei giovani. Pensava soltanto a studiare e a conservarsi, anima e corpo, puro e gradito secondo il Signore, sempre proteso, con lo sguardo, la mente, lo spirito, alla vita monastica.
Con il permesso dei suoi genitori, dopo aver rinunciato alle ricchezze, al nome e alle proprietà a favore dei fratelli, seguì Cristo e si recò in un luogo santo, non lontano da quella città, detto "del Salvatore". Si presentò al suo kathigumeno e gli chiese di giudicarlo degno di accoglierlo e d'indossare l'abito monastico. Questi, sapendo da tempo chi fosse e da dove venisse, riconoscendo la pietà e la condizione del giovane, lo accolse ben volentieri. Dopo averlo guidato e istruito, gli tagliò i capelli e lo enumerò tra i fratelli. In seguito [Cipriano] ricevette tutti gli ordini sacri dal prezioso e divino vescovo. Avendo vissuto a lungo nella stessa fraternità, fu preso dall'irresistibile desiderio di tornare dalle sue parti per dedicarsi a Dio in solitudine e allontanarsi dagli scandali che si possono verificare in un cenobio. Presentatosi al proestos, gli manifestò la volonta di vivere in solitudine e lo trovò incline e d'accordo con le sue parole: in spirito vide che [Cipriano] si avviava al bello. Da lì si trasferì in una proprietà della sua famiglia, detta Pavliana, nella quale c'era una chiesa bellissima e famosa dedicata alla santa veneranda martire Paraskevì. Lì vivendo da solo, si dedicava con sollecitudine alle virtù utili all'anima e si guadagnava con il proprio lavoro il pane della giornata.
La sua fama si diffuse ovunque e molti afflitti da malattie fisiche e spirituali che si recavano da lui non restavano delusi nelle loro speranze, perché [Cipriano] - profondo conoscitore della scienza di entrambi [le malattie] - a tutti dispensava con abbondanza la cura senza farsi pagare. Non pochi, grazie ai suoi insegnamenti, abbandonarono la vita mondana e decisero di vivere con lui, facendosi tagliare i capelli dalle sue preziose mani. Bisognava vedere come quella località, prima del tutto desolata e priva di gente, [si popolò] con una moltitudine di uomini, monaci e laici, bene istruiti dal buono istruttore.
Intanto, che succede? Parte da questa vita il kathigumeno del Monastero del venerabile nostro padre Nicola dei Calamizzi, il santissimo Paolo. Si cerca chi prenda il suo posto e non si trova. Giunse allora la fama della virtù e delle conquiste [spirituali di Cipriano], per cui da tutta la fratellanza - per decisione e volontà del sacratissimo vescovo della Grande Chiesa, Tommaso - viene eletto e designato kathigumeno. Si recano da lui i fratelli del monastero: lo pregano, si inginocchiano, lo supplicano di accettare la loro richiesta. Ma egli non accetta l'elezione, non accoglie la richiesta, giustamente [ritenendosi] per umiltà indegno e incapace di quell'alto incarico. I monaci partirono senza nulla concludere e fecero sapere al vescovo, molto dispiaciuti e afflitti, come stava la faccenda. Che fa' il vescovo? [Dice:] Non preoccupatevi, figli. Se me lo chiedete con cuore puro e amore sincero, anche se non vuole, ve lo porterò e lo stabilirò come vostro pastore.
Il vescovo lo manda a chiamare, lo esorta, lo costringe, lo vede rifiutarsi, ma infine - contro la sua volontà - gli impone l'incarico. E poco dopo, per grazia del Santo Spirito, egli finisce pastore e maestro del gregge e della fratellanza.
Designato all'incarico non dagli uomini ma dall'alto, con premura e impegno insegnò in modo divino tutto ciò che era gradito a Dio e utile alla vita monastica, presentandosi a tutti come copia, modello e regola perfetta.
Cosa principale, ricostruì - dopo averla fatta abbattere sino alle fondamenta - la parte sinistra della chiesa, cioé l'ala vecchia di anni, facendola con belle immagini e stupendo decoro. Accanto al Santuario costruì la Custodia della suppellettile sacra, dei cimeli, dei libri e di ogni altra cosa preziosa e sacratissima della santa chiesa. Su questa [Custodia] innalzò una torre con la scala a chiocciola per far salire il fratello incaricato di battere il legno per riunire i fratelli alle ore stabilite per salmeggiare e ringraziare il Dio filantropo. Costruì anche tre palazzi a due piani per custodirvi ogni bene: grano, orzo, ogni specie di frutta e legumi necessari per il sostentamento e la nutrizione dei fratelli e di quelli che si recavano al monastero. Riflettendo, e vedendo, che le stanze dei fratelli erano vecchie, piccole, fatiscenti e rischiose da abitare, le abbatté sino alle fondamenta e le ricostruì più grandi e confortevoli. Anche il refettorio, dove tutti i fratelli mangiano insieme, come fu ricostruito dalle fondamenta e decorato con grande bellezza!
Questo avvenne dopo, ma non abbiamo sbagliato a ricordare sin dal principio che tutto fu rinnovato e ricostruito e reso molto decoroso.
E i metochia del monastero? Li trascurò o non se ne preoccupò? No, no: alcuni in parte, altri del tutto edificò e rinnovò, costruendovi chiese e cappelle, assegnandovi con abbondanza tutto l'occorrente: libri, vasi, sacre suppellettili. E non c'e bisogno di parlare dei campi, delle vigne, degli immobili, degli animali che egli aumentò nel Grande Monastero e nei metochia, in parte acquistati, in parte donati da uomini amanti di Cristo.
Perciò ovunque, in Sicilia e in Calabria, si diffuse la sua fama e un grandissimo numero di uomini e donne, di ricchi e poveri, di malati e sofferenti per malattie fisiche e spirituali, si recavano da lui per chiedere la guarigione. Con abilità e scienza, piuttosto: con la grazia del Santo Spirito egli rimandava sanati e contenti, guarendoli con i suoi insegnamenti, consigli, esortazioni, farmaci spirituali, e li congedava grati a Dio. A tutti elargiva le guarigioni spontaneamente e senza farsi pagare; molti, volendo elargire dalle loro sostanze elemosine ai bisognosi, le mandavano a lui pregandolo che le distribuisse ai poveri con le sue venerande mani. E lui tutto quello che riceveva lo distribuiva con divina equità e in modo gradito a Dio. Chi mai si presentò a lui afflitto, sofferente, bisognoso di pietà e se ne andò a mani vuote, sia pure una volta sola? Nessuno. Molti di quelli che erano stati guariti dai loro mali, tornavano per ringraziarlo ma egli non li riceveva e li mandava a venerare l'icona del venerando nostro padre Nicola, dicendo: "Innalzate il ringraziamento a Dio e al suo vescovo Nicola il Guaritore; io sono un uomo peccatore".
Mentre si impegnava bene in tutte queste cose, molto si logorava e soffriva per il suo gregge. La situazione irregolare e illegale di quel tempo, spingeva tutti, capi e gregari, a ridurre a male le cose del monasteri e far precipitare e abbattere l'uomo di Dio. E questo con la collaborazione del demonio. Ma lui non si stancava di ammonire, supplicare, esortare a temere Dio e a smettere di trattare ingiustamente la Chiesa [Ortodossa]. E loro, intimoriti dalla sua vecchiaia e venerandone la virtù, si placarono dal fare il male, Anzi, alcuni di loro si fecero familiari della Chiesa e fratelli del monastero e portavano ogni anno [parte] dei loro beni come conforto di tutta la fratellanza, chiedendo e supplicando di ottenere la sua preghiera. E non peccavano.
Dopo essere vissuto sempre bene e giunto a grande vecchiaia, [Cipriano] seppe per grazia del santissimo Spirito [il giorno de] la sua partenza verso Dio e, pur essendo senza forze per la vecchiaia e, soprattutto, pur avendo il piede destro paralizzato tanto che non poteva fare nemmeno un passo senza il bastone (il grande e diabolico odio lo aveva fatto precipitare da un carro e gli aveva maciullato il piede), prese due dei fratelli e, salito su una carrozza, si recò in tutti i metochia del monastero. In ciascuno si fermò un giorno [intero] per consigliare e istradare i fratelli che c'erano lì, dettando le ultime [volontà]. Infine, dando a tutti il perdono, chiedeva il loro perdono: quelli gli concedevano il perdono, abbracciando e baciandogli le mani e i piedi, senza capire che cosa volesse dire ciò. Dopo aver fatto tutto questo in tutti i metochia, ritorno nel monastero, si ammalò subito e si addormentò nel sonno dei giusti, insegnando a tutti, ammaestrando tutti, perdonando tutti: lontani e vicini.
Aveva detto ai suoi fratelli di seppellire il suo prezioso corpo vicino all'igumeno [Paolo] che l'aveva preceduto, fuori della chiesa, e questo come segno della grande umiltà che lo accompagnò sino alla morte. I fratelli, non convinti, ne parlarono al vescovo. Questi era Ghiraldhos, un monaco sacerdote, e lo trovarono convinto e d'accordo con il loro desiderio di seppellirlo dentro la chiesa. Per cui si riunirono tutti i sacerdoti della città e delle vicinanze, i monaci, i secolari e i laici, uomini, donne e bambini. Non mancò neppure il vescovo con i suoi chierici. Trattenendosi tre giorni con salmi e inni, ceri e incensi, seppelliscono come è giusto il giusto, [seppelliscono] sacralmente il sacro nel luogo sacro della chiesa, ai piedi della venerata icona della purissima vergine Madre-di-Dio, fonte inesauribile di guarigioni per i devoti, a gloria e lode della santa e vivificante Trinità, del Padre, del Figlio e del Santo Spirito, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.
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Stichirà
Tutti coloro che seguono Cristo * portando sulle spalle la croce * inneggino in coro il venerando Cipriano.
La vita angelica che hai rivelato * o tutto beato, * hai ornato in modo a Dio gradito * trascinando e tiepidi a te imitare.
Tutto in te è stupendo, o Cipriano: * la vita e i costumi, la bellezza e il tratto,* la parola e l'azione, o ispirato da Dio.
Guarda, proteggi e custodisci, * o Cipriano tutto beato, * sempre il gregge che con fede * a te da' gloria.
Meravigliosa Madre di Dio, come nutri colui che nutre il mondo e reggi sulle braccia colui che regge il mondo?
Vigile de
l'Entrée au Temple de la Très Sainte-Mère de Dieu. (Office traduit en
français par le père Denis Guillaume au tome XI des Ménées.)
Troparion — Tone 4
Today Anna bequeaths joy to all instead of sorrow by bringing forth her fruit, the only ever-Virgin. / In fulfillment of her vow, / today with joy she brings to the temple of the Lord / the true temple and pure Mother of God the Word.Kontakion — Tone 4
Today the universe is filled with joy / at the glorious feast of the Mother of God, and cries out: / “She is the heavenly heavenly tabernacle.”Saints AMPELE et CAÏUS, martyrs à Messine en Sicile.
Saints OCTAVE, SOLUTEUR et ADVENTEUR, martyrs de la Légion thébaine (vers 286).
http://www.santiebe ati.it/dettaglio /35450
Saints EUSTATHE, THESPESSIOS et ANATOLE, frères selon la chair, natifs de Gangres en Galatie, martyrs à Nicée en Bithynie sous Maximien (vers 300).
Saint BASSOS, martyr avec QUARANTE-DEUX autres à Héraclée de Thrace.
Saint DASIOS, soldat, martyr à Durostorum (aujourd'hui Silistria sur la frontière roumano-bulgare) sous Maximien (vers 305).
Saint NIRSA, évêque, JOSEPH, son disciple, et leurs compagnons, martyrs morts par le glaive en Perse (343).
Les saints martyrs ISAAC, JEAN et CHAPOUR (SAPOR), morts lapidés en Perse.
Saints ONAM, PAPPIAS et ISAAC, martyrs en Perse.
Saint martyr GEÏTHAZET et ses compagnons SASSANIS, NOLIMARIS et ZAROUANTINIS, morts percés de lances.
Saintes vierges et martyres THECLE, BAOUTHA, DENACHIS, TENTOUS, MAMA, MALOCHIA, ANNA, NANA, ASTI et MALAKH, mortes par le glaive en Perse, lors de la même persécution.
Saint JEAN, ascète du désert de Nitrie en Egypte.
Saint APOTHEME (APOTHEMIUS, APOTEMIUS, HYPOTHEME), évêque d'Angers en Anjou (vers 389 ou 400).
Saint MAXIME, évêque de Mayence en Rhénanie, confesseur de la foi orthodoxe face à l'arianisme (fin du IVème siècle).
Saint ISAAC, catholicos d'Arménie (440). (Autre mémoire le 30 septembre.)
Saint PROCLUS, archevêque de Constantinople (434-446), confesseur de la foi orthodoxe face au nestorianisme (446). (Office traduit en français par le père Denis Guillaume au tome XI des Ménées.)
Saint BENIGNE, évêque de Milan en Lombardie (477). Saints EUSTATHE, THESPESSIOS et ANATOLE, frères selon la chair, natifs de Gangres en Galatie, martyrs à Nicée en Bithynie sous Maximien (vers 300).
Saint BASSOS, martyr avec QUARANTE-DEUX autres à Héraclée de Thrace.
Saint NIRSA, évêque, JOSEPH, son disciple, et leurs compagnons, martyrs morts par le glaive en Perse (343).
Les saints martyrs ISAAC, JEAN et CHAPOUR (SAPOR), morts lapidés en Perse.
Saints ONAM, PAPPIAS et ISAAC, martyrs en Perse.
Saint martyr GEÏTHAZET et ses compagnons SASSANIS, NOLIMARIS et ZAROUANTINIS, morts percés de lances.
Saintes vierges et martyres THECLE, BAOUTHA, DENACHIS, TENTOUS, MAMA, MALOCHIA, ANNA, NANA, ASTI et MALAKH, mortes par le glaive en Perse, lors de la même persécution.
Saint JEAN, ascète du désert de Nitrie en Egypte.
Saint APOTHEME (APOTHEMIUS, APOTEMIUS, HYPOTHEME), évêque d'Angers en Anjou (vers 389 ou 400).
Saint MAXIME, évêque de Mayence en Rhénanie, confesseur de la foi orthodoxe face à l'arianisme (fin du IVème siècle).
Saint ISAAC, catholicos d'Arménie (440). (Autre mémoire le 30 septembre.)
Saint PROCLUS, archevêque de Constantinople (434-446), confesseur de la foi orthodoxe face au nestorianisme (446). (Office traduit en français par le père Denis Guillaume au tome XI des Ménées.)
Saint ERMEAUX, ermite à Mur-de-Bretagne (VIème siècle).
Saint SYLVESTRE, évêque de Chalon-sur-Saô ne en Bourgogne (vers 532).
Saint SIMPLICE, évêque de Vérone en Vénétie (vers 535).
Saint AUTBOD (AUBEU), Irlandais, ermite près de Laon en Picardie (690).
Saint HIPPOLYTE, évêque de Belley dans le Bugey, puis ermite à Saint-Claude en Franche-Comté (vers 776).
Saint GREGOIRE le Décapolite, natif de l'Isaurie, ascète en divers lieux d'Anatolie, aux îles des Princes, à Enos en Thrace, Thessalonique en Macédoine, Reggio en Calabre, Syracuse en Sicile et au Mont Olympe de Bithynie, visionnaire et confesseur des saintes Icônes (842). Depuis 1490 environ, ses reliques sont conservées au monastère de Bistrita dans le département de Vâlcea en Olténie. (Office traduit en français par le père Denis Guillaume au tome XI des Ménées. Office complet traduit en français par le même avec l'aide de la soeur Elisabeta au tome XI du Supplément aux Ménées.)
Saint THEOCTISTE, eunuque et patrice de la cour impériale, confesseur des saintes Icônes et un des artisans du Triomphe de l'Orthodoxie en 843, plus tard assassiné sur ordre du césar Bardas qui s'était emparé du pouvoir (855).
http://www.santiebe ati.it/dettaglio /78500
This past day (Nov. 20 [OS] / Dec. 3 [NS] )was also the Feast of St. Bernward of Hildesheim (+1022 AD).
Nel primo settore un personaggio regale è circondato da sette donne; al di sopra di esso è inscritto il nome bonitas; anche al di sopra delle altre figure sono indicati nomi che corrispondono ai sette nomi divini: justitia, virtus, ratio, veritas, essentia, vita, sapientia. Il tema non è nuovo: le sette arti liberali, la Sapientia e le sue sette figlie si incontrano spesso.
Nel secondo riquadro un mostro è posto all’interno di un medaglione circondato da queste parole: materia informis; esso simboleggia la terra « informe e vuota » della Genesi. Alla sua sinistra una donna regge una banderuola sulla quale è scritta la parola locus; alla sua destra un vegliardo porta l’iscrizione tempus. Così, in questo secondo riquadro, sono rappresentati il tempo e lo spazio.
Il terzo riquadro è occupato da un insieme di quattro miniature che raffigurano la creazione. La prima rappresenta gli angeli, la seconda gli uccelli, la terza i pesci e la quarta le piante, gli animali e la coppia umana.
Nell’ultimo riquadro si trova il volto aureolato di Cristo che sostiene tutto il cosmo e lo attira a sé per mezzo di un insieme di legami simbolici.
Saint SOZOMENE, ermite sur l'île de Chypre (XIIème siècle).
This past day (Nov. 20 [OS] / Dec. 3 [NS] )was also the Feast of St. Bernward of Hildesheim (+1022 AD).
Nel primo settore un personaggio regale è circondato da sette donne; al di sopra di esso è inscritto il nome bonitas; anche al di sopra delle altre figure sono indicati nomi che corrispondono ai sette nomi divini: justitia, virtus, ratio, veritas, essentia, vita, sapientia. Il tema non è nuovo: le sette arti liberali, la Sapientia e le sue sette figlie si incontrano spesso.
Nel secondo riquadro un mostro è posto all’interno di un medaglione circondato da queste parole: materia informis; esso simboleggia la terra « informe e vuota » della Genesi. Alla sua sinistra una donna regge una banderuola sulla quale è scritta la parola locus; alla sua destra un vegliardo porta l’iscrizione tempus. Così, in questo secondo riquadro, sono rappresentati il tempo e lo spazio.
Il terzo riquadro è occupato da un insieme di quattro miniature che raffigurano la creazione. La prima rappresenta gli angeli, la seconda gli uccelli, la terza i pesci e la quarta le piante, gli animali e la coppia umana.
Nell’ultimo riquadro si trova il volto aureolato di Cristo che sostiene tutto il cosmo e lo attira a sé per mezzo di un insieme di legami simbolici.
Saint SOZOMENE, ermite sur l'île de Chypre (XIIème siècle).
Saint DIODORE, moine à Yiouregiorsk (Russie 1633).
Saints MACAIRE, évêque d'Ekatérinoslav, ALEXIS, ALEXANDRE et VLADIMIR, prêtres, et HILARION, moine, martyrs par la main des Communistes (Russie 1937).
Sainte TATIENNE, moniale, martyre par la main des Communistes (après 1937).