ingresso della grotta Maritza. Grotte di Ortucchio ...
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Prima dell'anno mille, parte dei monaci della comunità del monastero di Prata, volle intraprendere un pellegrinaggio di devozione verso i Santi Apostoli nella città di Roma. Durante questo viaggio, quando giunsero nei pressi del lago di Fucino, il Beato Orante fu colto da gravi febbri e nei pressi di Ortucchio, impossibilitato a proseguire, si ritirò nell'antica Chiesa di S. Maria in Ortucia o Ortuchis, edificata su avanzi di mura megalitiche verso la fine dell'ottavo secolo (ricordata col titolo di S. Maria, già in una Bolla di Papa Pasquale II , 25 febb. 1115). Quest'accadimento, fece nascere una leggenda; egli dimorava nella detta chiesa di S. Maria riposando sulla nuda terra e viveva di elemosina, un giorno, arso dalla febbre, raggiunse a stento la Chiesa di cui trovò chiuse le porte, allora s'inginocchiò per pregare e così fu raggiunto dalla morte. Le campane delle chiese incominciarono a suonare a distesa e il mattino del 5 mar. 1031 si vide che i sarmenti avevano messo foglie e grappoli d'uva. Il corpo fu sepolto nella stessa chiesa che d'allora si chiamò di San Orante.
Verso la metà del secolo scorso, la magnifica e preziosa urna che conteneva le reliquie del santo, fu rubata dalla chiesa di S. Orante, i malfattori si sono poi disfatti delle reliquie gettandole in in aperta campagna. Alcuni contadini accortisi dell'accaduto le recuperarono ed ora sono state ricollocate sotto l'altare della citata Chiesa, dove si legge su una lapide la data della sua morte posticipata di oltre quattro secoli, rispetto all'epoca in cui visse insieme a S. Nicola Greco e agli altri compagni monaci italo-greci giunti in Abruzzo tra il X e XI scolo. E' sorprendente la coincidenza delle date di morte attribuite ai Santi Franco e Orante, è molto verosimile, che nel caso di S. Orante sia accaduto come a Francavilla al Mare per S. Franco, dove fu omologata per lungo tempo la data relativa alla sua traslazione (7 mag. 1431) avvenuta sotto il pontificato di Martino V, con quella della sua morte, successivamente corretta.
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Nell’antica città di Taverna (città natale di San Falco) i Saraceni intorno all’anno 977 portarono distruzione e morte, il Monastero Basiliano di Santa Maria di Pèsaca fu saccheggiato e incendiato dalle loro scorribande, è questa forse la data d’inizio dell’insolita immigrazione di alcuni monaci che si chiamavano tra di loro “fratelli” e morirono tutti in fama di santità, nacque la leggenda, un tempo assai diffusa nel volgo abruzzese, dei “sette santi fratelli”, leggenda che proliferò in altre spropositate dinastie di santi, dìsparatissimi tra loro per origine ed età. Alla fine del sec. X od XI, come si ha per antichissima tradizione, dagli estremi confini della Calabria, cacciatevi dalle incursioni dei Saraceni, l’Abate Ilarione, abbandonando la Badia di Pesica, non lontano da Cosenza, si recò in Abruzzo, e proprio nella valle del fiume Aventino, nel luogo detto Prata, tra Casoli e Civitella, con lui sette discepoli o compagni, tra cui S.Falco, S. Nicolò Greco, S. Rìnaldo, S. Franco,S. Giovanni, S. Stefano e Sant’Orante. Morto Ilarione, i sette, dapprima stabilitisi nella valle dell’Aventino, tra Casoli e Civitella Messer Raimondo, in un luogo detto Prata (o Piata), il cui prezzo fu questuato e pagato al Conte di Chieti, Crentidio Trasimondo mediante lo sborso di cento monete d’oro, non riuscendo ad eleggere un nuovo abate, si separarono, ritirandosi ciascuno in una località diversa :
Nicolò, detto Greco a Guardiagrele
Rinaldo a Fallascoso
Falco a Palena (nato a Taverna, in Calabria, verso la metà del X secolo morto a Falena il 13 gennaio versola metà dell’ undicesimo secolo.
Stefano, detto il Luto nell’eremo celestino di S. Spirito a Majella
Giovanni a Fossacesia
Orante ad Ortucchio dove morì il 5 marzo del 1031
Franco (forse italo-greco) a Francavilla a Mare
Sotto il pontificato di Leone XIII (pontefice dal 1878 al 1903) la S. Congregazione dei Riti approvò il culto reso ai sette, anteriore ad Urbano VIII (pontefice dal 1623 al 1644) Cesare Falcocchio: “Vita di San Falco” Vincenzo Ciarlante: “Memorie Ist. del Sannio”, Libr. V, pag. 416, cap. 3
Nacque intorno all'anno 1400. Fu un pellegrino anonimo proveniente dalla Calabria che viveva di elemosine. Durante il pellegrinaggio si ammalò gravemente e si fermò ad Ortucchio, in Abruzzo, vicino alla chiesa originariamente dedicata a Santa Maria in Ortucla (o Santa Maria in Ortuchís) e successivamente a lui intitolata.
Secondo il racconto agiografico, dopo una giornata di questua, avrebbe fatto ritorno al luogo di culto, trovandolo chiuso; così avrebbe deciso di pregare all'esterno, su un cumulo di viti secche. Era il 5 marzo 1431 di un inverno
ancora rigido, per questo sarebbe morto per assideramento avendo trovato la porta della chiesa sbarrata. La mattina seguente il paese avrebbe sentito suonare le campane a festa. Gli ortucchiesi, recatisi presso la chiesa, lo avrebbero ritrovato in ginocchio su quelle viti, non più secche ma che avrebbero prodotto nottetempo uva matura; non conoscendo il suo nome, lo chiamarono dalla posizione assunta «Orante»[1][2].
Alcuni storici ritengono che le fonti sulla data della morte del santo e quindi relative anche al periodo della sua esistenza non siano esatte, in quanto la data della morte sarebbe stata omologata per errore con quella della traslazione, risultando pertanto posticipata di circa quattro secoli[3][4].
La chiesa più antica di Ortucchio è stata intitolata al santo dopo la sua morte, le cui ossa sono ivi conservate. Nel 2018 il vescovo di Avezzano, Mons. Pietro Santoroha elevato la chiesa a santuario[5].
Sant'Orante è il patrono del comune abruzzese. I festeggiamenti si svolgono ad Ortucchio il 5 marzo, mentre la festa autunnale viene celebrata il 28 settembre[6].
consultare anche
Origine del "Movimento Eremitico Abruzzese".
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