sabato 16 settembre 2017

17 settembre santi italici ed italo greci

Santa Sofia  Martire venerata insieme alle figlie Pistis, Elpis, Agape, nomi greci che tradotti sono Sapienza, Fede, Speranza, Carità. Tutte e quattro martiri sotto Traiano; la più antica notizia sulla loro esistenza e venerazione risale alla fine del sec. VI, come autore il presbitero Giovanni, il quale raccolse gli olii sui sepolcri dei martiri romani al tempo di s. Gregorio Magno (590-604);
Tropaire de sainte Sophie et ses 3 Filles ton 4

L'Eglise célèbre et se réjouit
En la Fête des 3 filles : Foi, Espérance et Charité
Et leur mère Sophie, nommée d'après sa sagesse :
Car en elles, c'est aux 3 vertus divines qu'elle donna naissance.
A présent elles demeurent à jamais auprès de leur Epoux, le Verbe de Dieu.
Réjouissons-nous spirituellement en leur mémoire et crions :
O vous nos 3 célestes Protectrices,
Etablissez, confirmez et renforcez nous
Dans la Foi, l'Espérance et la Charité.


Kondak de sainte Sophie et ses 3 Filles ton 1

Les enfants, Foi, Espérance et Charité,
Etaient comme 3 promesses de sainteté pour la vénérable Sophie.
A travers la divine grâce, elles confondirent la philosophie Grecque :
Elles combattirent et obtinrent une courone incorruptible de la part du Christ, le Maître de tout!
Ces Saintes Martyres vivaient en Italie sous le règne d'Hadrien (117-138). Elles étaient originaires d'une riche et pieuse famille, et leur mère Sophie les élevait dans la foi, l'espérance et la charité, dont elle leur avait donné les noms. Un jour qu'elles s'étaient rendu à Rome, les jeunes filles et leur mère furent capturées par les troupes de l'empereur, aux oreilles duquel était parvenue la renommée de leur piété et de leur vertu. Stupéfait de constater leur fermeté dans la foi malgré leur jeune âge, l'empereur les fit comparaître séparément, pensant que c'était par émulation mutuelle qu'elles osaient ainsi lui tenir tête.


Pistis, qui était âgée de douze ans, fut la première à paraître devant le tyran. A ses flatteries, elle répondit audacieusement, condamnant son impiété et ses vaines machinations envers les Chrétiens. Furieux, l'empereur fit mettre à nue la jeune fille et la fit flageller sans pitié. On lui arracha ensuite les seins, d'où sortit du lait au lieu de sang. Les autres tortures qu'il fit subir à la Sainte restèrent sans effet, protégée qu'elle était par le puissance de Dieu. Enfin, c'est encouragée par sa mère à supporter avec joie la mort qui devait l'unir au Christ, qu'elle eut la tête tranchée.
L'empereur fit ensuite venir Elpis, qui était âgée de dix ans. Tout aussi ferme pour confesser le Christ que sa soeur, elle fut flagellée puis jetée dans une fournaise ardente qui s'éteignit à son contact: tant l'amour de Dieu qui était en elle était plus brûlant que toute flamme sensible. Après bien d'autres inutiles tortures, elle mourut, elle aussi, par le glaive, en rendant grâce à Dieu.
Hadrien, dont la colère tournait à la folie, fit venir la troisième soeur, Agapée, qui n'était âgée que de neuf ans. Mais il trouva chez l'enfant la même fermeté virile que chez ses soeurs. Il la fit suspendre à un gibet et entraver si étroitement que ses membres se rompaient sous les liens. Jetée dans une fournaise, elle fut elle aussi délivrée par un Ange, et eut la tête tranchée. Leur mère, Sophie, exultant spirituellement de voir ses filles rejoindre si glorieusement les demeures des Saints, mais accablée par la douleur humaine, rendit quelques jours plus tard son âme à Dieu, sur le tombeau de ses filles



Santi  NARCISO  et CRESCENZIONE , martiri  a  Rome sotto  Valeriano  



Santo Giustino presbitero martire a Roma sotto Claudio II il Gotico  nel 269 ,

A Roma, sulla via Tiburtina, il natale di san Giustino, Prete e Martire, il quale, nella persecuzione di Valeriano e Gallieno, fu celebre per la gloria della confessione di fede . Questi seppellì i corpi del beato Pontefice Sisto secondo, di Lorenzo, Ippolito e moltissimi altri Santi, e finalmente, sotto Claudio, compì il martirio.


 


Sainti LUCIA , vedova , et suo  figlio spirituale  GEMINIANO , martiri  a Roma  sotto  Dioceziano (vers 303). 

16 settembre - A Roma i santi Martiri Lucia, nobile matrona, e Geminiano, i quali dall'Imperatore Diocleziano, afflitti con gravissime pene e per lungo tempo tormentati, dopo l'onorata vittoria del martirio, furono fatti uccidere colla spada.


memoria dei santi martiri Lucia e Geminiano.

Il giovane Geminiano, colpito dalla gioiosa serenità della vecchia Lucia, che veniva deportata, volle seguirla per assisterla e, convertito dalle sue parole, abbracciò la fede cristiana. Probabilmente i due furono deportati in Sicilia dove Lucia si addormentò in pace, dopo molti tormenti, mentre Geminiano fu decapitato. Un successivo ritocco diede un pizzico di colore a questa storia, e così si disse che Lucia e Geminiano, prodigiosamente liberati, furono trasportati dagli angeli a Taormina dove operarono miracoli finché, alla morte di Lucia, Geminiano fu decapitato a Mendola di Siracusa. Un’altra versione della stessa storia racconta invece che i due furono decapitati a Roma, e che le loro reliquie furono deposte in seguito nella chiesa di Santa Lucia in Selce, sul colle Esquilino (e quindi solo dopo trasportate in Sicilia


Archimandrita Antonio Scordino


 http://www.johnsanidopoulos.com/2016/09/saints-lucy-widow-and-geminianus-her.html



SANTO SATIRO  Fratello di Santo Ambrogio  ed asceta (vers il383)


Le uniche fonti a nostra disposizione circa la vita di Uranio Satiro, fratello dei santi Aurelio Ambrogio di Milano e Marcellina, sono i due discorsi “De excessu fratris” (“Sulla dipartita del fratello”) che il santo vescovo pronunciò, uno il giorno della sua morte e l’altro una settimana dopo. Paolino, nella sua Vita di Ambrogio, non ne fa alcuna menzione.

Satiro nacque probabilmente nel 330 o nel 332 d. C. ed era il secondo dei tre fratelli, preceduto da Marcellina. Il luogo che gli diede i natali è discusso: forse Treviri, dove certamente nacque Ambrogio, o forse Roma, dove la famiglia si trasferì perché appartenente all’aristocrazia senatoria. In giovane età, i due fratelli maschi intrapresero la carriera forense e divennero governatori di due province dell’impero romano: quella di Emilia-Liguria per il minore, mentre per l’altro non è precisato quale fosse. Ciò che più conta è che fu, per i suoi sottoposti, «un padre piuttosto che un giudice», come è attestato nel primo dei due discorsi sopra citati.

Quando, nel 374, Ambrogio divenne vescovo di Milano, Satiro lasciò i suoi incarichi pubblici, con un intento preciso: sollevare il fratello dalle incombenze relative all’amministrazione della Diocesi, difendere Marcellina e il suo proposito di verginità e occuparsi del patrimonio di famiglia. Dato che, fra le virtù menzionate nei due discorsi funebri, risalta in maniera particolare la sua castità, pare certo che non si sia mai sposato, proprio per essere più libero nel sostenere i suoi congiunti.

A dimostrazione del suo operato attento, Ambrogio cita un fatto avvenuto probabilmente fra l’autunno del 377 e l’inverno del 378. Un certo Prospero, a cui erano stati affidati dei possedimenti in Africa, si era appropriato di una somma di denaro che non gli spettava e non intendeva restituirla; Satiro intervenne e risolse la situazione.

In ogni caso, non era nuovo a comportamenti del genere: quando, come in tutte le famiglie, sorgevano dissidi fra il fratello vescovo e la sorella vergine consacrata, veniva da loro scelto come arbitro e riusciva sempre a non scontentare nessuno dei due. L’armonia e l’accordo erano in realtà predominanti, a tal punto che, quando Ambrogio veniva scambiato per Satiro in base ad una particolare somiglianza fisica fra di loro, gioiva se gli venivano rivolte delle lodi che in realtà andavano a suo fratello.

Di ritorno dall’Africa, fatta tappa in Sicilia, l’uomo avvertì i sintomi di una non ben precisata malattia. Forse a quell’epoca risale un episodio che avrebbe poi goduto di una certa fortuna in campo iconografico: durante il ritorno a casa, la nave di Satiro incappò in una tempesta. Lui non aveva ancora completato il cammino dei sacramenti cristiani, ma richiese con insistenza ai compagni di viaggio un frammento di pane eucaristico: se lo legò al collo con un fazzoletto e poi si gettò in mare, «ritenendosi in tal modo – afferma Ambrogio – protetto e difeso a sufficienza». Giunto a riva, quasi certamente in Sardegna, avrebbe voluto ricevere il Battesimo, ma, una volta appreso che il vescovo locale aderiva allo scisma di Lucifero, vescovo di Cagliari, decise di rimandare finché non avrebbe trovato un suo pari, fedele però alla Santa Fede  Finalmente «ricevette la sospirata grazia di Dio e, ricevutala, la conservò integra», vivendo in maniera sobria e trattando il denaro senza attaccarsi troppo ad esso.

Non visse molto a lungo dopo quell’incidente: la malattia ricomparve e lo condusse alla morte nel 378. Ambrogio, come detto, lo ricordò pubblicamente e volle che i suoi resti mortali riposassero accanto a quelli del martire Vittore, nel sacello detto di San Vittore in Ciel d’Oro. Da lì furono traslati, insieme a quelli dell’altro santo, in un sarcofago pagano riadattato ad uso cristiano, e vi rimasero anche quando le ossa di Vittore furono portate nella basilica detta appunto di San Vittore in Corpo, retta dai Benedettini Olivetani. Intorno al 1560, però, i monaci del luogo affermarono di possedere gli autentici resti del fratello di Ambrogio: sorse una disputa che si concluse definitivamente solo nel 1941, quando, sotto l’episcopato del  cardinal Alfredo Ildefonso Schuster, una relazione storica, archeologica ed anatomica stabilì che nel sarcofago conservato nella Basilica Ambrosiana c’erano i resti di un uomo sui quarant’anni, di corporatura normale, molto simili a quelli del santo vescovo milanese. Dal 1980 sono collocati in un’urna di cristallo, nella prima cappella a destra per chi entra in sant’Ambrogio.

Il culto di san Satiro è attestato per la prima volta intorno al IX secolo, quando l’arcivescovo Ansperto da Biassono fece costruire una piccola basilica dedicata ai santi Satiro, Ambrogio e Silvestro, ponendola sotto la giurisdizione del monastero benedettino di sant’Ambrogio. Consacrata forse nel 1036 dall’arcivescovo Ariberto d’Intimiano, fu poi inglobata nella chiesa di Santa Maria presso San Satiro, progettata dal Bramante.

Dal X secolo il nome del santo compare in alcuni calendari e libri liturgici ambrosiani alla data del 18 settembre, forse per confusione con un altro personaggio omonimo. La sua memoria liturgica è stata poi fissata al giorno precedente.

In base al suo amore per l’Eucaristia e al ruolo rivestito accanto al fratello vescovo, i sacrestani dell’Arcidiocesi di Milano considerano san Satiro il loro patrono. Come però osserva monsignor Marco Navoni, Dottore della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana, il suo patrocinio andrebbe esteso su tutti quei laici che spendono tempo ed energie per aiutare i sacerdoti ad essere più liberi nel compiere la loro missione fondamentale.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.