Santa Agnese vergine e martire a Roma
sotto Diocleziano verso il 304 Martirologio Romano Memoria di
sant’Agnese, vergine e martire, che, ancora fanciulla, diede a Roma la
suprema testimonianza di fede e consacrò con il martirio la fama della sua
castità; vinse così, sia la sua tenera età che il tiranno, acquisendo una
vastissima ammirazione presso le genti e ottenendo presso Dio una gloria
ancor più grande; in questo giorno si celebra la deposizione del suo corpo.
Tratto dal quotidiano Avvenire
Agnese nacque a Roma da genitori cristiani, di una illustre
famiglia patrizia, nel III secolo. Quando era ancora dodicenne, scoppiò una
persecuzione e molti furono i fedeli che s'abbandonavano alla defezione.
Agnese, che aveva deciso di offrire al Signore la sua verginità, fu denunciata
come cristiana dal figlio del prefetto di Roma, invaghitosi di lei ma respinto.
Fu esposta nuda al Circo Agonale, nei pressi dell'attuale piazza Navona. Un
uomo che cercò di avvicinarla cadde morto prima di poterla sfiorare e
altrettanto miracolosamente risorse per intercessione della santa. Gettata nel
fuoco, questo si estinse per le sue orazioni, fu allora trafitta con colpo di
spada alla gola, nel modo con cui si uccidevano gli agnelli. Per questo
nell'iconografia è raffigurata spesso con una pecorella o un agnello, simboli
del candore e del sacrificio. La data della morte non è certa, qualcuno la
colloca tra il 249 e il 251 durante la persecuzione voluta dall'imperatore Decio,
altri nel 304 durante la persecuzione di Diocleziano.
Tratto da
Agnese nacque a Roma da genitori cristiani,
appartenenti ad illustre famiglia patrizia, nel III secolo. Decise di
consacare al Signore la sua verginità. Quando era ancora dodicenne, scoppio
una persecuzione e molti furono i fedeli che s’abbandonavano in massa alla
defezione. Agnese rimase fedele al Cristo e gli sacrificò la sua giovane vita.
Fu denunciata come cristiana dal figlio del prefetto di Roma, invaghitosi di
lei e da lei respinto per mantenre fede al suo voto di verginità. Fu esposta
nuda al Circo Agonale, un luogo di piazza Navona (oggi cripta di Sant'Agnese)
delegato alle pubbliche prostitute. Un uomo che cercò di avvicinarla cadde
morto prima di poterla sfiorare e altrettanto miracolosamente risorse per
intercessione della santa. Gettata nel fuoco, questo si estinse per le sue
orazioni, fu allora trafitta con colpo di spada alla gola, nel modo con cui
si uccidevano gli agnelli. Per questo nell'iconografia è raffigurata spesso
con una pecorella o un agnello, simboli del candore e del sacrificio. S.
Ambrogio e S. Damaso hanno esaltato il suo esempio e il suo nome è scritto
nel canone della messa. Nel Martiriologo romano è riportato lo scritto del
beato Girolamo, che di lei dice: "Con gli scritti e con le lingue di
tutte le genti, specialmente nelle chiese, fu lodata la vita di Agnese; la
quale vinse e l'età e il tiranno, e col martirio consacrò la gloria della
castità". La principessa Costantina, figlia di Costantino il Grande,
fece erigere in suo nome una chiesa sulla via Nomentana dove ogni anno, il 21
gennaio, due agnelli allevati da religiose vengono benedetti e offerti al
papa perchè dalla loro lana siano tessute le bianche stole dei patriarchi e
dei metropoliti del mondo cattolico. E' patrona delle giovani, dei Trinitari,
dei giardinieri, degli ortolani e protettrice della castità. La data della
morte non è certa, qualcuno la colloca tra il 249 e il 251 durante la
persecuzione voluta dall'imperatore Decio e ordinata dal prefetto di Roma
Sinfronio, altri nel 304 durante la persecuzione ordinata da
Diocleziano.
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Agnese, santa, martire di Roma, morì
probabilmente verso la metà del III secolo. Il secolo successivo, secondo la
tradizione, sul luogo della sua sepoltura, Costantina, figlia di Fausta e
Costantino, volle costruire una chiesa per onorarla. Nel IX secolo il corpo di
S. Agnese, venerato in una arca fissata alla parte superiore della cripta, fu
privato della testa che venne trasportata nel Sancta Sanctorum. Plausibilmente
in quell'occasione vi si aggiunsero le spoglie di S. Emerenziana. Il 21 gennaio
del 1621 il corpo della santa fu riposto, unitamente ai resti d'Emerenziana, in
una cassa d'argento, sotto l'altare maggiore della basilica di Via Nomentana.
Il 7 ottobre 1625, durante alcuni lavori, venne operata una ricognizione del
loculo. L'insigne reliquia della testa, per volere di S. Pio X (1903-14), è
oggi venerata in un prezioso reliquiario, dono del cardinale Mariano Rampolla
del Tindaro, posto nella cappella, dovuta al principe Don Alfonso Doria
Pamphily, nella chiesa a lei dedicata a Piazza Navona. Il Posterla, nella sua
guida del 1707, Roma Sacra e Profana, menziona un prezioso reliquiario in
argento, contenente un braccio della Santa, custodito nella sagrestia di S.
Pietro in Vincoli.
Tratto da
Quando era dodicenne, scoppiò una
persecuzione e molti furono i fedeli che s'abbandonavano alla defezione.
Agnese, che aveva deciso di offrire al Signore la sua verginità, fu denunciata
come cristiana dal figlio del prefetto di Roma. Fu esposta nuda al Circo
Agonale, nei pressi dell'attuale piazza Navona. Un uomo che cercò di avvicinarla
cadde morto prima di poterla sfiorare e altrettanto miracolosamente risorse per
intercessione della santa. Fu trafitta con colpo di spada alla gola, nel modo
con cui si uccidevano gli agnelli
Le notizie sulla vita e il
martirio di Agnese sono varie e talvolta contrastanti, ma hanno riferimenti
antichi, primo fra tutti un carme inciso sulla sua lastra tombale, composto da
papa Damaso, morto nel 384, che riporta una fonte orale. Secondo Damaso, Agnese
affrontò il rogo con coraggio e con l’atto di coprirsi il corpo nudo con i
capelli. L’intrepido coraggio di Agnese, giovanissima eppure matura nella fede,
è esaltato da sant’Ambrogio nel De virginibus,
nell’inno Agnes beatae virginis e
nella lettera a Simpliciano dove la unisce a Tecla e Pelagia, che andarono
incontro al martirio come a una festa. Ambrogio, basandosi su tradizioni orali,
parla della costrizione a adorare dei pagani, e di un tiranno che la voleva in
sposa. Agnese preferì il martirio, e venne trafitta con la spada.
Il poeta cristiano spagnolo
Prudenzio celebra Agnese nel XIV inno del Peristephanon (405) introducendo un nuovo
elemento: la costrizione a essere esposta in un postribolo. I clienti non
osavano guardarla, eccetto un giovane, che non riuscì a possederla a causa di
un lampo scagliato da un angelo che lo accecò. La morte, secondo Prudenzio,
avvenne per decapitazione. Esistono poi due Passiones(racconti di martirio): una, latina del V
secolo, che probabilmente veniva proclamata nella festa di Agnese, e secondo
cui il carnefice fu il prefetto di Roma, padre del pretendente respinto: qui si
cita il denudamento forzato, il gesto di ricoprirsi e l’avvio di Agnese al
postribolo. Nella Passio greca, sempre del V secolo, Agnese è invece una donna
adulta che fa conoscere Cristo a molte matrone. Denunciata, viene esposta nel
postribolo, da cui però esce illesa, e in seguito martirizzata.
Collazionando le fonti ne
escono alcuni dati: Agnese di famiglia romana e cristiana – forse patrizia, ma
secondo alcuni figlia di liberti – si consacrò giovanissima a Dio; a dodici
anni, durante le persecuzioni di Diocleziano, mentre molti cristiani
abiuravano, mantenne la sua fedeltà al Cristo. Il figlio del prefetto di Roma,
invaghitosi di lei e respinto, la denunciò alle autorità; forse lo stesso
prefetto la fece esporre nuda in un luogo per pubbliche prostitute nel circo
Agonale, oggi cripta di Sant’Agnese in piazza Navona. Fu gettata nel fuoco, ma
le fiamme si divisero senza lambirla, mentre i capelli le crebbero al punto di
ricoprire il corpo nudo. Fu infine trafitta con un colpo di spada alla gola,
così come si uccidevano gli agnelli. Anche per questo nell’iconografia è
raffigurata spesso con un agnello, simbolo del candore e del sacrificio. Il
martirio è stato collocato da alcuni fra 249 e 251 durante la persecuzione
decretata dall’imperatore Decio, altri lo pongono nel 304, durante l’ultima
grande persecuzione, voluta da Diocleziano. Dopo la sua morte, il corpo fu
sepolto nelle catacombe lungo la via Nomentana, oggi conosciute con il suo
nome. Qui la principessa Costantina, figlia di Costantino, fece edificare una
collegiata col proprio mausoleo. Papa Onorio I, nel VII secolo, fece erigere
poi una grandiosa basilica a doppio ordine di colonne, oggetto di ammirazione,
impreziosita tra l’altro con un ciclo di affreschi narrante la passio (perduto
nei rimaneggiamenti successivi). La basilica fu più volte abbellita, fra
Cinquecento e Settecento e rinnovata da Pio IX a metà Ottocento.
LA TRADIZIONE DEGLI AGNELLINI
Il culto di sant’Agnese è già presente a Roma nella prima metà del
IV secolo, incentrato sulla giovane età della martire e sull’esempio di
fortezza reso in un periodo in cui la cristianità subiva numerose defezioni. Il
nome stesso di Agnese, che ha radice greca nell’aggettivo haghnòs = puro, casto, si collega
soprattutto al termine latino agnus (agnello) di sapore biblico, ma anche di
riferimento simbolico: Agnese che vinse per il sangue dell’Agnello, realizzò in
sé le nozze mistiche che l’Agnello celebra con la Chiesa, sua sposa.
A Roma esisteva nei primi anni del secolo VIII un monastero e
oratorio col titolo di Sant’Agnese ad duo Furna, mentre la più famosa chiesa di
Sant’Agnese in piazza Navona, luogo del martirio, anch’essa citata a metà del
secolo VIII, fu rinnovata e riconsacrata da Callisto II nel 1123, e rifatta poi
nel Seicento.
Nel IX secolo il corpo di sant’Agnese, venerato in un’arca nella
cripta della basilica sulla Nomentana, fu privato della testa, trasportata nel
Sancta Sanctorum del Palazzo del Laterano. In quell’occasione, dal cimitero
Maggiore, dovettero essere unite le spoglie di santa Emerenziana, che la Passio
di Agnese definisce catecumena e sua sorella di latte, lapidata nello stesso
giorno dei funerali di sant’Agnese. Il 21 gennaio del 1621 il corpo della santa
fu riposto, unitamente ai resti di Emerenziana, in una cassa d’argento, sotto
l’altare maggiore della basilica di via Nomentana. L’insigne reliquia della
testa, che l’esame medico del 1903 riferisce ad una giovinetta di 11-12 anni,
per volere di Pio X, fu posta in un reliquiario nella cappella Doria Pamphili,
nella chiesa di piazza Navona. Si cita anche un reliquiario, con un braccio
della santa, nella sacrestia di San Pietro in Vincoli.
Il culto di Agnese fu molto diffuso già
dall’alto Medioevo, attestato dalla presenza di chiese a lei dedicate e dalla
rappresentazione della sua figura nelle teorie dei martiri e dei santi. Agnese fu
celebrata, nei secoli, con cicli di affreschi e molte volte il suo martirio fu
oggetto di sacre rappresentazioni. Secondo un’antica usanza, nella basilica
della Nomentana, ogni anno il 21 gennaio, vengono benedetti due agnelli
allevati da religiose; con la loro lana le benedettine di Santa Cecilia tessono
i sacri pallii, bianche stole dei patriarchi e dei metropoliti cattolici, che
vengono benedetti dal papa la sera del 28 giugno sulla tomba di san Pietro.
Agnese patrona delle giovani, è protettrice della castità, dei
giardinieri, degli ortolani. Inoltre è patrona dell’Ordine dei Trinitari:
infatti il 28 gennaio del 1193, ottava del martirio di sant’Agnese (quando
secondo la tradizione i suoi genitori si recarono alla sua tomba e Agnese
apparve loro con un agnello in braccio, simbolo di Cristo), san Giovanni de
Matha ebbe la visione di Cristo nel gesto di scambiare schiavi cristiani e
musulmani e la conseguente ispirazione di fondare un ordine che esercitasse il
riscatto dei prigionieri. Agnese è anche patrona della casata dei Visconti,
signori di Milano.
Santo
Epifanio Vescovo di Pavia(verso il 496)-Martirologio
Romano A Pavia, sant’Epifanio, vescovo, che, al tempo delle invasioni
barbariche, si impegnò molto per la riconciliazione dei popoli, per la
liberazione dei prigionieri e per la ricostruzione della città distrutta.
Tratto da quotidiano Avvenire
Epifanio
fu uno dei vescovi più importanti del suo tempo, meritandosi l'appellativo di
"luce e padre dei vescovi". Nato a Pavia nel 438, a otto anni fu
accolto tra i lettori dal vescovo Crispino. Divenne poi diacono. Crispino lo
volle come successore e, alla sua morte, fu consacrato a Milano nel 466. Fu
l'ottavo vescovo di Pavia e si adoperò per la ricostruzione della città
distrutta nel 467 dalle contrapposte armate di Oreste e Odoacre. L'Impero
romano d'Occidente crollava sotto la pressione dei barbari. In quei tempi di
guerra soccorse sempre le vittime e impetrò clemenza per gli sconfitti.
Epifanio morì nel 496. Fu sepolto nella chiesa di San Vincenzo con la sorella
Onorata e le vergini Luminosa, Speciosa e Liberata. Una cronaca del X secolo
parla della traslazione delle spoglie a Hildesheim (Germania) in età ottoniana.
Epifanio
nacque a Pavia da genitori di nobile stirpe. Una luce miracolosa sarebbe stata
vista risplendere sulla culla del bambino, felice presagio della sua futura
grandezza. Ci sono noti i nomi dei genitori: Mauro il padre e Focaria la madre,
che sarebbe stata della famiglia di s. Mirocle, vescovo cli Milano all'epoca
dell'editto costantiniano del 313. I1 vescovo di Pavia Crispino I (v.)
ricevette Epifanio, a otto anni d'età, tra i lettori della sua chiesa;
successivamente lo ordinò suddiacono a diciotto anni, diacono a venti e lo
raccomandò, sentendosi vicino alla morte, ad un certo Rusticio di Milano,
illustris vir, affinché fosse il suo successore sulla cattedra episcopale
pavese. Alla morte di Crispino, Epifanio fu consacrato vescovo in Milano dal
suo metropolita, il cui nome, tuttavia, non ci è stato tramandato da Ennodio.
La sua elezione episcopale era stata salutata con vera gioia dal popolo che
altamente apprezzava la sua santa vita, i cui cardini erano: la preghiera, cui
dedicava anche ogni minìmo ritaglio di tempo; la lettura attenta e devota della
S. Scrittura; l'attività febbrile per il bene delle anime; la mortificazione
corporea più austera, che comprendeva anche l'astensione dai bagni "ne
nitorem animae et interioris hominis fortitudinem balnea magis sordibus amica
confringerent".
Da vescovo fu incaricato più voite di ambascerie da e presso i diversi re germanici, che si erano insediati nel territorio dell'Tmpero romano d'Occidente ormai in sfacelo. Andò a Roma dall'imperatore Antemio (467-72) come legato di Ricimero e successivamente a Tolosa da Eurico, re dei Visigoti, per incarico dell'imperatore Giunio Nepote (474-75).
Lavorò attivamente alla ricostruzione di Pavia saccheggiata e distrutta nel 476 dalle armate rivali di Oreste e di Odoacre. Soccorse con inesausta carità ogni sorta di miserie e di sofferenze. Spesso si recò presso i vincitori a impetrarne ia clemenza per i vinti: in modo particolare implorò con successo la clemenza di Odoacre, di Teodorico e del re dei Burgundi, Gundobaldo, da cui ottenne la liberazione di seimila prigionieri da lui catturati in Italia nel 490 combattendo contro Odoacre. Di ritorno da Ravenna, ove si era recato per una ennesima legazione presso re Teodorico a favore di Pavia e di tutta la provincia della Liguria romana, a Parma si ammalò mortalmente a causa di un grave disturbo polmonare. Volle essere trasportato a Pavia, ove morì all'età di cinquantotto anni, dopo trent'anni di episcopato
Da vescovo fu incaricato più voite di ambascerie da e presso i diversi re germanici, che si erano insediati nel territorio dell'Tmpero romano d'Occidente ormai in sfacelo. Andò a Roma dall'imperatore Antemio (467-72) come legato di Ricimero e successivamente a Tolosa da Eurico, re dei Visigoti, per incarico dell'imperatore Giunio Nepote (474-75).
Lavorò attivamente alla ricostruzione di Pavia saccheggiata e distrutta nel 476 dalle armate rivali di Oreste e di Odoacre. Soccorse con inesausta carità ogni sorta di miserie e di sofferenze. Spesso si recò presso i vincitori a impetrarne ia clemenza per i vinti: in modo particolare implorò con successo la clemenza di Odoacre, di Teodorico e del re dei Burgundi, Gundobaldo, da cui ottenne la liberazione di seimila prigionieri da lui catturati in Italia nel 490 combattendo contro Odoacre. Di ritorno da Ravenna, ove si era recato per una ennesima legazione presso re Teodorico a favore di Pavia e di tutta la provincia della Liguria romana, a Parma si ammalò mortalmente a causa di un grave disturbo polmonare. Volle essere trasportato a Pavia, ove morì all'età di cinquantotto anni, dopo trent'anni di episcopato
Santo Zosimo
Vescovo di Siracusa(verso il 662) –Martirologio Romano A Siracusa, san Zosimo, vescovo, che fu
dapprima umile custode della tomba di santa Lucia, poi abate del monastero del
luogo.
Zosimo,
vescovo (VII secolo) era un giovane monaco cui era stata affidata per la sua
inettitudine la custodia della tomba di Santa Lucia a Siracusa. Un giorno,
desideroso di rivedere i genitori, lasciò il monastero senza avvertire i
superiori. I genitori, vedendolo arrivare con aria di fuggitivo, lo
rimproverarono e lo riaccompagnarono al monastero. Venne perdonato dall'abate e
riconsegnato al suo compito di "guardiano della tomba", che tenne a
lungo perché considerato incapace di altre e più impegnative mansioni.
Alla morte dell'abate, i monaci si recarono dal vescovo per conoscere il nome del successore. Fra loro non c'era Zosimo, rimasto a casa come "inutile". Quando il vescovo ebbe davanti i monaci, chiese: "Ci siete tutti?". "No, - risposero - a casa c'è il guardiano della tomba di santa Lucia, ma è di poco conto". "Fatelo venire" ingiunse il vescovo. E quando Zosimo arrivò: "Ecco il vostro abate" affermò solennemente il vescovo.
Così Zosimo, tra la sorpresa di tutti, divenne abate del monastero dimostrando presto di quanta saggezza e virtù fosse ricco, a tal punto che il popolo lo volle quale proprio vescovo. Confermato da papa Teodoro, egli rimase sulla cattedra episcopale siracusana dal 647 al 662 guidando la diocesi con bontà e saggezza
Alla morte dell'abate, i monaci si recarono dal vescovo per conoscere il nome del successore. Fra loro non c'era Zosimo, rimasto a casa come "inutile". Quando il vescovo ebbe davanti i monaci, chiese: "Ci siete tutti?". "No, - risposero - a casa c'è il guardiano della tomba di santa Lucia, ma è di poco conto". "Fatelo venire" ingiunse il vescovo. E quando Zosimo arrivò: "Ecco il vostro abate" affermò solennemente il vescovo.
Così Zosimo, tra la sorpresa di tutti, divenne abate del monastero dimostrando presto di quanta saggezza e virtù fosse ricco, a tal punto che il popolo lo volle quale proprio vescovo. Confermato da papa Teodoro, egli rimase sulla cattedra episcopale siracusana dal 647 al 662 guidando la diocesi con bontà e saggezza
http://www.johnsanidopoulos.com/2010/02/4th-century-icon-of-st-agnes-in-rome.html
Sainte AGNES, vierge, martyre à Rome sous Dioclétien (vers 304). Agnese nacque a Roma da genitori cristiani, di una illustre famiglia patrizia, nel III secolo. Quando era ancora dodicenne, scoppiò una persecuzione e molti furono i fedeli che s'abbandonavano alla defezione. Agnese, che aveva deciso di offrire al Signore la sua verginità, fu denunciata come cristiana dal figlio del prefetto di Roma, invaghitosi di lei ma respinto. Fu esposta nuda al Circo Agonale, nei pressi dell'attuale piazza Navona. Un uomo che cercò di avvicinarla cadde morto prima di poterla sfiorare e altrettanto miracolosamente risorse per intercessione della santa. Gettata nel fuoco, questo si estinse per le sue orazioni, fu allora trafitta con colpo di spada alla gola, nel modo con cui si uccidevano gli agnelli
Sant'Agnese con i papi Onorio e Simmaco, mosaico absidale, VII sec
Saint PUBLIUS, premier évêque de Malte (?), puis évêque d'Athènes (?), martyr sous Trajan (vers 112).
ainte AGNES, vierge, martyre à Rome sous Dioclétien (vers 304)
Saint EPIPHANE, évêque de Pavie (496)
Saint ZOSIME, évêque de Syracuse en Sicile (662
Saint
MAXIME le Grec, originaire d'Arta, ancien compagnon de Savonarole à
Florence, puis moine de
Vatopédi au Mont Athos, puis traducteur et confesseur en Russie (Sergiev
Possad, 1556). (Office traduit en français par le père Denis Guillaume
au tome I du Supplément aux Ménées.)
Il 21 di questo mese, memoria del nostro santo padre Zaccaria del Mercurion, detto l’Angelico.
tratto da
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=2151397384957093&set=a.1001927373237439&type=3&theater
Il 21 di questo mese, memoria del nostro santo padre Zaccaria del Mercurion, detto l’Angelico.
tratto da
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Monaco italogreco, vissuto nel X secolo nell’area calabrese del Mercurion. San Zaccaria fu un maestro di vita cenobica e si racconta di lui in quanto accolse insieme a san Fantino, il giovane san Nilo, che era di ritorno dal monastero di San Nazario nel Cilento meridionale, dove era stato tonsurato monaco.
Il periodo di massimo splendore della zona di Mercurion fu raggiunto nei secoli X-XI, in cui fu definito nuova Tebaide, e divenne uno dei maggiori centri del monachesimo dell'Italia meridionale e della Sicilia, in tale periodo infatti vissero o studiarono, presso i monasteri locali, un gran numero di personalità che saranno venerate come santi dalla chiesa, tra cui: San Fantino il giovane, San Nicodemo da Cirò, San Saba del Mercurion, San Luca di Demenna o d'Armento, San Macario Abate e, probabilmente il più importante, San Nilo da Rossano. Successivamente, con la conquista normanna e la conseguente espansione del rito romano, iniziò la decadenza che porterà i monasteri di rito greco ad essere assoggettati ad abbazie latine, nello specifico alla Badia di Cava quelli ricadenti in territorio longobardo e alla Badia di Santa Maria della Matina quelli in territorio bizantino, e quindi alla liquidazione dell'eparchia.
Il periodo di massimo splendore della zona di Mercurion fu raggiunto nei secoli X-XI, in cui fu definito nuova Tebaide, e divenne uno dei maggiori centri del monachesimo dell'Italia meridionale e della Sicilia, in tale periodo infatti vissero o studiarono, presso i monasteri locali, un gran numero di personalità che saranno venerate come santi dalla chiesa, tra cui: San Fantino il giovane, San Nicodemo da Cirò, San Saba del Mercurion, San Luca di Demenna o d'Armento, San Macario Abate e, probabilmente il più importante, San Nilo da Rossano. Successivamente, con la conquista normanna e la conseguente espansione del rito romano, iniziò la decadenza che porterà i monasteri di rito greco ad essere assoggettati ad abbazie latine, nello specifico alla Badia di Cava quelli ricadenti in territorio longobardo e alla Badia di Santa Maria della Matina quelli in territorio bizantino, e quindi alla liquidazione dell'eparchia.
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