sabato 22 settembre 2018

Domenica 1^del Vangelo di Luca-XVIII dopo Pentecoste- -Domenica del Vangelo della pesca miracolosa






Typikòn della 1 Domenica del Vangelo di Luca per le letture del Nuovo Testamento 



Lettura Apostolica 

 Seconda lettera di Paolo Apostolo ai cristiani di Corinto al  capitolo 9 versetti 6-11

Fratelli  Tenete presente questo: chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e
chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà.
Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia.
Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché,
avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le
opere di bene.Sta scritto infatti:
Ha largheggiato, ha dato ai poveri, la sua giustizia dura in eterno
Colui che dà il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, darà e
moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia.
Così sarete ricchi per ogni generosità, la quale farà salire a Dio l’inno di
ringraziamento per mezzo nostro

Pericope Evangelica 
Evangelo di Luca  capitolo 5 versetti 1-11
Un giorno la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio.
Egli, mentre se ne stava sulla riva del lago di Genesaret, *vide due barche ferme presso la riva.I pescatori che ne erano scesi stavano lavando le reti. *Egli salì su una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un po' da terra; poi, seduto dalla barca, si mise a insegnare alle folle. *
 
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: Vai al largo, dove l'acqua è profonda, e
calate le reti per la pesca. *Simone gli rispose: Maestro, abbiamo faticato tutta la notte senza prendere niente; ma sulla tua parola calerò le reti. *
Così fecero e presero una tale quantità di pesci *che le loro reti stavano per strapparsi.
Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca di venire ad aiutarli. Essi vennero e riempirono  tutte e due le barche al punto che quasi affondavano.

Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù,
dicendo: Signore, allontanati da me, perché sono peccatore. *
Infatti la grande pesca fatta lo aveva sconvolto assieme a tutti quelli che erano con lui, *
compresi Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone.
 
Ma Gesù disse a Simone: Non temere; d'ora innanzi tu prenderai uomini. *
Essi allora, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono


Per domenica 22 settembre 2019 il typikòn costantinopolitano prevede come lettura apostolica il testo  relativo alla XIV domenica dopo Pentecoste 

(II Corinti  1, 21 – 2, 4)

21 Or colui che ci conferma assieme a voi in Cristo e ci ha unti è Dio, 22 il quale ci ha anche sigillati e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori. 23 Or io chiamo Dio come testimone sulla mia stessa vita che, per risparmiarvi, non sono ancora venuto a Corinto. 24 Non già che dominiamo sulla vostra fede, ma siamo collaboratori della vostra gioia, perché voi state saldi per fede.
2:1 Or io avevo determinato in me stesso di non venire di nuovo da voi con tristezza. 2 Perché se io vi rattristo, chi mi rallegrerà, se non colui stesso che sarà stato da me rattristato? 3 E vi ho scritto in quel modo affinché, alla mia venuta, non avessi tristezza da coloro che dovrebbero rallegrarmi, avendo fiducia in voi tutti che la mia gioia è quella di voi tutti. 4 Vi ho scritto infatti con molte lacrime e con grande afflizione e angoscia di cuore, non perché foste rattristati, ma perché conosciate il grandissimo amore che ho per voi.


   






mercoledì 19 settembre 2018

19 settembre Memoria di San Teodoro di nazionalità greca, Arcivescovo di Canterbury (nel 690)












Prayer:

Almighty God, who didst call thy servant Theodore from Tarsus to Rome to
the see of Canterbury, and didst give him gifts of grace and wisdom to
establish unity where there had been division, and order where there had
been chaos: Create in thy Church, we pray, by the operation of the Holy
Spirit, such godly union and concord that it may proclaim, both by word
and example, the Gospel of the Prince of Peace; who liveth and reigneth
with thee and the Holy Spirit, one God, for ever and ever.




Month of September
THE 19TH DAY

Commemoration of the Holy Bishop Theodore of Tarsus, Archbishop of Canterbury & Wonderworker of All England
Composed by Reader Isaac Lambertson

sta in

http://www.orthodoxengland.org.uk/servtheo.htm

https://www.facebook.com/groups/700078907162295/permalink/948429058993944/




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 Almighty God, who didst call thy servant Theodore from Tarsus to Rome to
the see of Canterbury, and didst give him gifts of grace and wisdom to
establish unity where there had been division, and order where there had
been chaos: Create in thy Church, we pray, by the operation of the Holy
Spirit, such godly union and concord that it may proclaim, both by word
and example, the Gospel of the Prince of Peace; who liveth and reigneth
with thee and the Holy Spirit, one God, for ever and ever.
Through the prayers of St Theodore and of all the Saints of Britain,
Christ our God, have mercy on us and save us!

ED ANCHE
https://www.johnsanidopoulos.com/2016/09/saint-theodore-of-tarsus-archbishop-of.html



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lunedì 17 settembre 2018

Domenica dopo Esaltazione della Croce in Parrocchia-

Ed avvenne....Domenica dopo l'Esaltazione della Croce con ancora posta alla venerazione di noi tutti  cristiani ortodossi la Santa Reliquia della Santa Croce del Signore Gesù Cristo (offerta per qualche giorno a noi dalla fraterna amicizia cristiana di Fratel  Biagio Conte,testimone serio del Risorto e del Suo Vangelo a Palermo).... Al momento del canto  che anticipa e presenta e poi accompagna  la  nostra Partecipazione ai Santi Misteri del Corpo e del Sangue del Signore... chiede al popolo santo di San Caralampo di recitare senza interruzione (L'apostolo Paolo nella prima  lettera ai tessalonicesi  al capitolo 5 versetti da 17 a 27 lo ricorda sempre 
17 non cessate mai di pregare; 
18 in ogni cosa rendete grazie, poiché tale è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
19 Non spegnete lo Spirito; 
20 non disprezzate le profezie;
21 ma esaminate ogni cosa e ritenete il bene; 
22 astenetevi da ogni specie di male. 
23 Or l’Iddio della pace vi santifichi Egli stesso completamente; e l’intero essere vostro, lo spirito, l’anima ed il corpo, sia conservato irreprensibile, per la venuta del Signor nostro Gesù Cristo. 
24 Fedele è Colui che vi chiama, ed Egli farà anche questo. 
25 Fratelli, pregate per noi.

26 Salutate tutti i fratelli con un santo bacio. 

27 Io vi scongiuro per il Signore a far sì che questa epistola sia letta a tutti i fratelli.)


---il parroco chiede che senza interruzione si reciti la preghiera del pubblicano..la preghiera del pentimento..la preghiera del cuore..

Signore Gesù Cristo figlio di Dio abbi pietà di me peccatore(di noi peccatori )

Doamne Iisuse Hristoase, Fiul lui Dumnezeu, miluieşte-mă pe mine păcătosul,


Κύριε Ἰησοῦ Χριστέ, Υἱὲ τοῦ Θεοῦ, ἐλέησόν με τὸν ἁμαρτωλόν.


Ed avvenne così..per intuizione di preghiera del parroco...per tutto il tempo della Partecipazione di noi tutti ai Santi Misteri e per il successivo ringraziamento.

Amin 


martedì 11 settembre 2018

11 settembreSanta Ia di Persia (in alcuni codici IAS) martire per mano dei Zoroastriani probabilmente alla fine del IV secolo

Tratto da http://www.santiebeati.it/dettaglio/65420



Essa ci è nota attraverso l’encomio anonimo greco pubblicato una prima volta negli Acta SS dal Pien, poi in edizione critica da H. Delehaye. Mettendo a confronto questo testo con gli Atti in siriaco dei santi martiri prigionieri, si nota una sostanziale identità letteraria e sarebbe assai interessante sottoporre il parallelismo dei due testi ad un esame completo per giungere a stabilire la loro esatta parentela, nonché i dati tratti da altre passiones relative alla stessa persecuzione.
Da tale esame, potrebbe infatti risultare che la passio greca di Ia non è se non un rimaneggiamento del testo siriaco, dal quale un redattore bizantino avrebbe preso soprattutto il quadro storico degli avvenimenti per mettere meglio in luce la figura della martire che godeva a Costantinopoli, come si vedrà, di un culto antico ed assai diffuso.
Dal testo della passio risulta che Ia aveva uno zelo ardente nella fede e che il suo ardore missionario aveva trovato efficace aiuto nella profonda conoscenza delle Sacre Scritture.
Quando i prigionieri, nel numero dei quali ella si trovava, giunsero nell’Huzistan, Ia trascorse il suo tempo a confortare nella fede i suoi compagni ed a predicare le verità cristiane alle donne pagane che sapeva accattivarsi con la simpatia e la carità. L’attività di Ia venne a conoscenza dei mariti delle nuove adepte, i quali se ne lagnarono con Sapore, descrivendola come dedita alle pratiche magiche di cui si serviva per allontanare le sue ammiratrici dal culto ufficiale, violando così direttamela le prescrizioni imperiali.
Il caso di Ia fu allora affidato a due maghi, Adarsabur e Adarphar, i quali non potendo toglierla dalla sua fede, la sottoposero ad una prima serie di tormenti e la fecero incarcerare. In capo a due mesi la sottoposero ad un nuovo interrogatorio senza giungere a migliore successo; per cui fu nuovamente torturata più crudelmente ancora e, morente, fu riportata in carcere. Sei mesi dopo subì la terza ed ultima prova. Dopo una serie di torture sempre più dolorose, conclusesi con il supplizio della pressa sotto cui le sue membra furono schiacciate, Ia fu infine decapitata.
Malgrado la proibizione di seppellire il suo corpo alcuni cristiani riuscirono a raccoglierne clandestinamente le spoglie e a collocarle in luogo sicuro. Il racconto termina precisando che il martirio ebbe luogo il 5 agosto.
I sinassari bizantini all’11 settembre, o al 10 e al 25 dello stesso mese, o ancora al 4 o al 5 agosto, commemorano Ia con una notizia che appare in stretta dipendenza con quella della passio riassunta in precedenza.
Oltre al testo della passio, ci è pervenuto anche un secondo documento agiografico greco. Si tratta di un panegirico, composto da Macario, monaco di Manganes (a Costantinopoli) che scriveva durante il regno di Andronico II (1282-1328), successore di Michele Paleologo. Come fa notare H. Delehaye pubblicando quest’opera, Macario «è un retore che dà libero corso più alla mania degli sviluppi attraverso i luoghi comuni, che alle sue facoltà inventive, quella mania propria ad un gran numero di agiografi».
Ciò che in questo discorso riguarda più direttamente Ia non è che un riassunto della passio greca. Il maggior interesse di questa composizione sta, comunque, in alcune notizie sul trasferimento a Costantinopoli, da parte di un imperatore che non è menzionato, delle reliquie di Ia, per le quali lo stesso imperatore fece costruire un santuario, fuori della Porta d’Oro. Questo avvenimento avrebbe avuto luogo in un’epoca piuttosto antica, perché, come riferisce Procopio, Giustiniano dovette far restaurare il tempio di Ia. Questa chiesa fu distrutta al tempo della presa di Costantinopoli da parte dei Crociati nel 1204 ed il corpo della santa fu trasferito nel monastero di Manganes.
Nel suo studio sulle chiese di Costantinopoli, R. Janin menziona, oltre quella della Porta d’Oro, altre due chiese dedicate a Ia nella capitale, una all'heptascalon e l’altra sul Bosforo. Di questi tre luoghi di culto si trova eco nei sinassari.
Oltre che nella Chiesa bizantina, occorre fare menzione di tracce di culto dedicato ad Ia nel Sinassario armeno di Ter Israel al 2 hori (= 11 settembre, una delle date dei sinassari bizantini) in cui Ia appare con il nome di Manousak. Occorre notare che si tratta in questo caso di una traduzione del nome secondo l’etimologia; infatti in greco la significa «violetta», e Manousak in armeno può essere tradotto letteralmente con «viola del pensiero». Si può stabilire una relazione tra il nome della martire e l’odore soave che si diffuse intorno dopo la sua esecuzione? Si può comunque pensare che la stessa lingua greca aveva già interpretato il nome della martire, che ci è sconosciuto nella forma siriaca.
Sebbene Ia manchi nel Sinassario Alessandrino di Michele, vescovo di Atrib e Malig, essa compare tuttavia nella traduzione geez all’11 mascara (= 8 settembre) nella forma Banafzez, nella quale si riconosce facilmente l’arabo Banafsag che vuol dire appunto «violetta».
Nelle due redazioni riassunte, le notizie dei sinassari armeni e geez sono, malgrado tutto, abbastanza chiare per potervi riconoscere la martire persiana.
C. Baronio ha introdotto Ia nel Martirologio Romano semplicemente nella forma greca, per la buona ragione che egli ne ha trovato la memoria a questa data nel sinassario bizantino da lui utilizzato.
Occorre infine ricordare la probabile identità tra Ia e l’Eudocia commemorata in alcuni sinassari bizantini al 4 agosto, come già abbiamo avuto occasione di affermare alla voce indicata.


Un articolo in inglese in

http://www.johnsanidopoulos.com/2016/09/holy-martyr-ia-of-persia.html


domenica 9 settembre 2018

9 settembre santi talici ed italo greci

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memoria dei Santi Giacinto, Alessandro e Tiburzio martiri nel Lazio (a metà del II secolo)




Il Martirologio Geronimiano al 9 settembre riporta questa notizia: "in Sabinis Miliario XXX Jacinti, Alexandri, Tiburti". L'affermazione fu ripresa dai martirologi medievali e dal Romano. Di un martire Giacinto nella Sabina la menzione piú antica di culto nella località la si ha nel Liber Pontificalis. Ivi infatti si narra che Leone III (795-816) donò alla basilica in Sabinia "ubi corpus eius requiescit, vestem de stauraci pulcherrimam"

9 settembre Santo Crisostomo Metropolita di Smirne neomartire nel 1922




Tratto da
http://preticattolici.altervista.org/la-coscienza-sporca-dei-turchi/?doing_wp_cron=1536406833.8129079341888427734375


Vittime di orribili torture, molti membri del clero ortodosso furono martirizzati dai turchi  per la loro fede. Tra i primi vi fu il Metropolita Crisostomo, martirizzato non solo per uccidere un uomo, ma per insultare la sacralità di una religione e un popolo antico e onorevole. Crisostomo fu intronizzato come Metropolita di Smirne il 10 Maggio 1910. Il Metropolita Crisostomo si oppose con coraggio alla furia anti-cristiana dei turchi e cercò si sollevare pressioni internazionali contro la persecuzione dei cristiani turchi. Scrisse molte lettere a capi europei e alla stampa occidentale in uno sforzo di rivelare le politiche di genocidio dei turchi. Nel 1922, nella Smirne priva di protezione, Crisostomo disse a quanti lo supplicavano di fuggire: “È tradizione della Chiesa greca e dovere del prete rimanere con la propria congregazione.”
Il 9 settembre la folla si accalcava nella cattedrale cercando rifugio quando Crisostomo, pallido per il digiuno e la mancanza di sonno, condusse la sua ultima preghiera. La Divina Liturgia terminò quando la polizia turca entrò in chiesa portando via Crisostomo. Il generale turco Nouredin Pasha, noto come il “macellaio della Ionia”, prima sputò sul Metropolita e quindi lo informò che un tribunale in Angora (ora Ankara) lo aveva già condannato a morte. Una folla si gettò su Crisostomo e gli strappò gli occhi. Sanguinante a profusione, fu trascinato per la barba attraverso le strade. Fu battuto e preso a calci, e gli furono tagliate membra del corpo. Per tutto il tempo Crisostomo, con il volto coperto di sangue, pregava: “Padre Santo, perdonali, perché non sanno quello che fanno.” Di tanto in tanto, quando ne aveva la forza, sollevava la mano per benedire i suoi persecutori; un turco, resosi conto di ciò che faceva il Metropolita, gli tagliò la mano con la spada. Il Metropolita Crisostomo fu quindi fatto a pezzi dalla folla adirata.



Tratto da
https://it.wikipedia.org/wiki/Crisostomo_di_Smirne

Figlio di Nikolaos Kalafatis e Kalliopi Lemonidou, nacque nel 1867 a Triglia di Bitinia sul Mar di Marmara. Seguì gli studi religiosi a Costantinopoli, alla Scuola Teologica del Patriarcato ecumenico di Halk. Successivamente Chrysostomos assunse la prestigiosa carica di Grande Protosynghellos del Patriarcato Ecumenico e in questa veste presiedette una commissione mista tra ortodossi e anglicani riunita per discutere sull'unità delle due chiese[1].
Nel 1901 venne nominato Metropolita di Drama, città della Macedonia, in Grecia settentrionale, all'epoca ancora sotto il dominio ottomano. Il giorno della sua ordinazione pronunciò la frase: Servirò la Chiesa e la Nazione con tutto il cuore e la mente. Se la Mitra che le tue sante mani hanno poggiato sulla mia testa dovesse un giorno perdere le sue pietre preziose, si trasformerà in una corona di spine di un prelato martire[1]. Il suo mandato a Drama durò fino al 1910. In questo periodo, malgrado  le difficoltà affrontate dall'azione terroristica dei komitatzìdes bulgari, riuscì a edificare, tra l'altro, scuole, case popolari per i lavoratori del tabacco, orfanotrofi e un ospedale nella sua sede episcopale.
Nel 1910 fu nominato Metropolita di Smirne, dove seguì in prima linea le drammatiche vicende della città nel settembre del 1922, seguendo fino alla fine il destino dei suoi fedeli. Crisostomo, nonostante gli avvisi di pericolo imminente dall'arrivo delle truppe turche in città e gli inviti alla fuga fatti da diverse autorità greche ed europee, decise di rimanere con il popolo greco che, disorientato, cercava una via di fuga da una città data alle fiamme  [1]. Nel 27 agosto, consegnato alla folla turca dal comandante militare turco Nureddin Pascià, venne assassinato: le orecchie, il naso e le mani gli vennero tagliate, poi fu sgozzato con un coltello.[2]
Crisostomo di Smirne, dichiarato santo dalla Chiesa di Grecia, è ricordato, assieme ai prelati Gregorio Kidonion, Ambrosio Moshonision, Prokopio Ikoniou, Efthymio di Zilon e tutti i sacerdoti e i laici morti durante la Catastrofe dell'Asia Minore, la domenica precedente la ricorrenza dell'Innalzamento della Santa Croce nel mese di settembre[1].

1.       ^ a b c d Pasquale Totaro (a cura di), Memorie Dimenticate (PDF)[ Torino, La Nuova Grafica, 2007, p. 27.
2.       ^ Marjorie Dobkin, Smyrna: The Destruction of a City, passim.


articolo in inglese da tradurre

 https://www.johnsanidopoulos.com/2017/09/saints-and-feasts-of-sunday-before.html 


sabato 8 settembre 2018

8 settembre Santi Italici ed Italo greci

Memoria dei santi Ine, re del Wessex, e della sua consorte Ethelburga



Sainto INE, re del Wessex (688-726), che poi abdica per diventare monaco a Roma (dopo il 726). A Roma costituisce la Schola Saxorum. Durante il regno promulga un codice di leggi scritte per la sua nazione con il contributo di Santo Earcovaldo Vescovo di Londra
Sainta Ethelburga sposa di Santo Ine re del Wessex, morta monaca a Roma (dopo il 726).


Risultati immagini per foto abbazia del wessex

L'arco e il transetto di Malmesbury Abbey, nel Wiltshire, Inghilterra, L'abbazia fu fondata come un monastero benedettino intorno 676 dallo studioso-poeta Aldhelm, un nipote di Re Ine del Wessex. L Abbazia  è stata sostanzialmente completata da 1180 ma la sua torre è sprofondata  in una tempesta intorno a 1500 distruggendo gran parte della Chiesa, compresi i due terzi della navata e transetto


venerdì 7 settembre 2018

7 settembre santi italici ed italo greci



San Chiaffredo o Theofredus soldato della Legione Tebana martire a Saluzzo in Piemonte nel IV secolo


La tradizione narra di Teofredo o Chiaffredo o Jafredo, soldato della famosa legione tebea di stanza in Gallia, fuggito in Piemonte per non sacrificare agli idoli e martirizzato a Crissolo nel territorio della città di Saluzzo nel 270, sotto Diocleziano e Massimiano.

Santo Anastasio  nativo di Aquileia  e lavandaio di mestiere, martire a Salona in Dalmazia sotto Diocleziano verso il 304
Anastasio era originario di Aquileia: durante la persecuzione di Diocleziano si trovava a Salona dove fu arrestato e condannato ad essere gettato in mare con una pietra al collo. La matrona Asclepia lo fece seppellire fuori Salona in uno splendido mausoleo a due piani, attorno al quale si sviluppò il cimitero di Marusinac e che alla fine del sec. IV fu incluso in un santuario. Il papa Giovanni IV(640-42) ne fece trasportare a Roma le reliquie insieme con quelle di altri santi della Dalmazia e le pose nella cappella di S. Venanzio presso il battistero lateranense, dove il martire è raffigurato nello splendido mosaico ivi posto.



San Panfilo, di nazionalità greca, vescovo di Capua in Campania verso il 400

Nato da genitori greci, visse insigne nella mansuetudine e nell'amore del prossimo. Morì il 7 settembre, dopo il corpo fu trasferito in Benevento da Arechi Duca de' Longobardi nel 767, dove tuttora riposa sotto l'antica chiesa di S. Sofia. Durante il suo episcopato venne celebrato in Capua il famoso Sinodo plenario di tutta la chiesa occidentale, convocato da S. Siricio Papa nel Natale del 391, e presieduto da Santo Ambrogio


San Grato, di nazionalità greca in Laconia, Vescovo d’Aosta e patrono dell’intera Val d’Aosta (verso il 470)

Egli fu quasi certamente il presbitero che, dichiarandosi inviato di Eustasio protovescovo di Aosta, firmò la lettera del Concilio Provinciale di Milano inviata nel 451 a papa Leone Magno, in occasione della soluzione del problema delle due nature in Cristo. Alla morte di Eustasio, nella seconda metà del V secolo, Grato divenne vescovo di Aosta. Sono state avanzate anche due ipotesi. Eustasio e Grato potrebbero essere stati di origine greca. Entrambi potrebbero avere studiato nel cenobio eusebiano di Vercelli perché Aosta era compresa nel territorio di questa città e perché Sant'Ambrogio, nella lettera ai vercellesi, dice che le Chiese dell'Italia settentrionale si rivolgevano a quel cenobio per scegliere i propri pastori.



“I santi Universali” 7 settembre dal sinassario della Grande Chiesa di Cristo Santo Apostolo Evodio vescovo di Antiochia e Santo Apostolo Onesiforo Vescovo vescovo di Colofonia entrambi nell’elenco dei settanta discepoli del Signore



Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/69450

La notizia più certa che riguarda s. Onesiforo è la lettera di s. Paolo, allora prigioniero a Roma, indirizzata a Timoteo che si trovava ad Efeso: “Faccia il Signore misericordia alla famiglia di Onesiforo; poiché egli spesso mi riconfortò e non arrossì della mia prigionia, ma venuto a Roma premurosamente cercò di me e mi ritrovò. Gli conceda il Signore di trovare misericordia presso di Lui in quel giorno. E quanti servizi mi abbia reso ad Efeso tu lo sai molto bene…. saluta Prisca e Aquila e la famiglia di Onesiforo”. 
Quindi il discepolo era oriundo di Efeso, dove aveva lasciato la famiglia per venire a trovare a Roma l’apostolo Paolo; si suppone che quando s. Paolo scrisse a Timoteo, Onesiforo fosse già morto. 
Egli è commemorato in date diverse nei sinassari e menei bizantini, con descrizioni discordanti secondo la data. Una versione lo classifica come vescovo di Kolôfonia, un’altra come vescovo di Koroneia; in altra data, il 30 giugno, compare nella lista dei settantadue discepoli ancora come vescovo, mentre il 6 dicembre insieme a sei discepoli, non reca nessun titolo vescovile. 
Le notizie si complicano quando al 16 luglio, sempre nei sinassari, Onesiforo è commemorato insieme al suo servo Porfirio, ma non più originario di Efeso, ma di Iconio (Lacaonia), dove sarebbe stato battezzato da s. Paolo e l’avrebbe seguito nell’opera di evangelizzazione. Con l’apostolo e Porfirio sarebbe giunto a Pario nell’Ellesponto e poi a Gerusalemme e Roma, giungendo fino in Spagna e ritornando poi nell’Ellesponto. 
Avendo rifiutato di obbedire agli ordini del proconsole Adriano, fu sottoposto insieme a Porfirio a diverse torture e infine costretti a correre legati a due cavalli selvatici, che trascinandoli posero fine al loro martirio. 
Tralasciando altre versioni e commemorazioni, citiamo che in Occidente fu Adone che inserì “Onesiforo discepolo di s. Paolo” nel suo ‘Martirologio’ scegliendo la data del 6 settembre. 
Cesare Baronio l’introdusse nel ‘Martirologio Romano’ alla stessa data, conservando la memoria della lettera di s. Paolo, ma associandogli Porfirio nel martirio. 
Nella recente edizione del ‘Martirologio Romano’ viene commemorato solo in base alla lettera paolina e quindi non vi è più associata la figura di Porfirio, mentre è rimasta immutata la data del 6 settembre.

Dagli Atti di Paolo e Tecla

Tratto da
http://www.giovannigiorgi.it/dwn/apocrifi/Atti_di_Paolo.pdf

[1] Paolo a Iconio. Allorché Paolo, fuggito da Antiochia, saliva a Iconio, aveva come compagni di viaggio Demas ed Ermogene, il calderaio, i quali pieni di ipocrisia adulavano Paolo facendo mostra di volergli bene. Paolo, non vedendo altro che la bontà di Cristo non nutriva verso di loro alcun sospetto, anzi dimostrava molto affetto, spiegava e rendeva ad essi gradite tutte le parole del Signore, sull'insegnamento e sull'interpretazione del vangelo, sulla nascita e sulla risurrezione del prediletto, narrando parola per parola tutte le grandezze di Cristo, come gli erano state rivelate. [2] Un uomo, di nome Onesiforo, avendo udito che Paolo si avvicinava a Iconio, uscì per andargli incontro con i suoi figli Simia e Zerro e con la moglie Lettra per offrirgli ospitalità. Era stato Tito, infatti, a descrivergli l'aspetto di Paolo, non conoscendolo egli fisicamente, ma solo spiritualmente. [3] Egli percorreva la via regia che conduce a Listra, si fermava ad attenderlo e osservava attentamente i passanti in base alla descrizione di Tito. Scorse Paolo che stava venendo: era un uomo di bassa statura, la testa calva, le gambe arcuate, il corpo vigoroso, le sopracciglia congiunte, il naso alquanto sporgente, pieno di amabilità; a volte infatti aveva le sembianze di un uomo, a volte l'aspetto di un angelo. [4] Quando vide Onesiforo, Paolo sorrise. Onesiforo gli disse: "Salve, ministro di Dio benedetto!". Ed egli a lui: "La grazia sia con te e con la tua famiglia!"

Gli Atti di Paolo e Tecla (latino: Acta Pauli et Theclae) sono un testo cristiano scritto in greco che narra delle gesta e della predicazione di Paolo di Tarso e della sua discepola Tecla di Iconio.

In origine il testo rappresentava, unitamente ad altre opere apocrife riferite a Paolo (Lettera dei Corinzi a PaoloTerza lettera ai CorinziMartirio di Paolo), gli Atti di Paolo, ma in seguito le varie sezioni hanno avuto tradizioni distinte.
Dal punto di vista canonico, il testo è considerato un apocrifo del Nuovo Testamento

Tratto da
http://www.treccani.it/enciclopedia/santo-evodio-d-antiochia_%28Enciclopedia-Italiana%29/

EVODIO d'Antiochia, santo. - È menzionato da Eusebio (HistEccl., III, 22) come predecessore di S. Ignazio nella sede vescovile d'Antiochia. Da molti documenti risulta con certezza che è un personaggio storico, ma s'ignorano le date della sua elevazione al vescovato e della sua morte. Pare sia stato martirizzato sotto Galba (68-69 d. C.)

Tratto da
https://it.wikipedia.org/wiki/Evodio_di_Antiochia

Evodio di Antiochia (... – 69 circa) è stato un vescovo siro, vescovo di Antiochia dopo san Pietro. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa.
Poco è noto della vita di Evodio; egli fu un pagano convertito al cristianesimo da San Pietro.
Quando Pietro partì da Antiochia per giungere a Roma, Evodio fu nominato suo successore e rimase vescovo di Antiochia fino probabilmente al 69  Dopo di lui fu nominato sant'Ignazio di Antiochia l'Illuminatore. Si pensa che Evodio sia morto di morte naturale e, quindi, non martirizzato.
Fu uno dei primissimi gentili a convertirsi alla nuova fede e per questo sia la Chiesa cattolica che quella ortodossa lo venerano come santo; la sua memoria liturgica ricorre, per la prima il 6 maggio, mentre per la seconda il 7 settembre.

Tratto da
https://it.aleteia.org/2017/05/08/santo-evodio-vescovo-antiochia-cristianesimo/

Sant'Evodio è stato il secondo vescovo di Antiochia dopo San Pietro

Negli Atti degli Apostoli, san Luca menziona la città di Antiochia e il grande contributo che ha dato al cristianesimo:
“Barnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo e trovatolo lo condusse ad Antiochia. Rimasero insieme un anno intero in quella comunità e istruirono molta gente; ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani”. (Atti 11:25-26)
Ma San Luca non entra nei dettagli su come venne fuori la denominazione di “cristiani”. La tradizione fa riferimento a Sant’Evodio, la cui festa è il 6 maggio.
Si dice che San Pietro Apostolo sia stato il primo vescovo di Antiochia e si ritiene che lì abbia fondato la comunità cristiana primitiva. Sebbene non sia rimasto molto ad Antiochia, Pietro nominò un successore prima di partire. Quel successore fu Sant’Evodio, che divenne il secondo vescovo di Antiochia.
Sant’Ignazio, che fu il terzo vescovo di Antiochia, fa riferimento a lui in una delle sue lettere, dicendo: “Ricordate il vostro beato padre Evodio, reso vostro primo pastore dagli Apostoli”.
Si sa poco di Sant’Evodio, ma una tradizione afferma che fosse uno dei 70 discepoli designati e inviati da Gesù Cristo (cfr Luca 10:1). E si ritiene anche che in principio sia stato Sant’Evodio a nominare i seguaci di Gesù “cristiani” (in greco Χριστιανός o Christianos, che significa “seguaci di Cristo”).
A quell’epoca Antiochia ospitava molti ebrei di fede cristiana, fuggiti da Gerusalemme dopo la lapidazione di Santo Stefano. E lì cominciarono a predicare ai Gentili. La nuova missione diventò molto efficace e portò ad una forte comunità di credenti. La maggior parte degli studiosi biblici vede la definizione di “cristiano” come un primo modo per distinguere la propria comunità, in continua crescita, dagli altri ebrei della città.
La tradizione ritiene che Evodio abbia servito la comunità cristiana in Antiochia per 27 anni, e la chiesa ortodossa insegna che morì martire nell’anno 66, sotto l’imperatore romano Nerone.

leggere un testo inglese
https://www.johnsanidopoulos.com/2016/09/holy-apostles-evodos-and-onesiphoros-of.html
https://www.johnsanidopoulos.com/2009/09/apostolic-testimony-of-evodus.html