Tratto da: https://www.johnsanidopoulos.com/2013/09/holy-hieromartyr-george-karastamatis.html
Traduzione a cura di Giovanni Fumusa
Traduzione a cura di Giovanni Fumusa
Di Pantelis Houlis
Padre Giorgio Karastamatis fu discendente di
una delle più importanti famiglie nobili del villaggio di Agia
Paraskevi, a Krini (Çeşme), proprietaria dell’arte della pesca, con vari
grandi pescherecci.
Membro sposato del clero, fu parroco della fatiscente Chiesa dei Santi Quaranta Martiri, una delle tre parrocchie del villaggio. Una delle sue caratteristiche erano i suoi capelli dai ciuffi ricci che divennero il motivo del suo soprannome, “Cupola” (Τρούλο), perché lo facevano assomigliare alla cupola di una chiesa.
Aveva un grande amore per l’Antica Grecia e fu conoscitore e amante della gloriosa cultura bizantina.
Non si stancò mai di parlare con orgoglio delle sue origini, e i suoi tratti caratteristici furono la sua bontà, la sua gentilezza ed il suo amore cristiano altruista che sempre lo caratterizzarono fin dalla giovinezza agli ultimi momenti della sua vita terrena. Fu un sacerdote scrupoloso con un’eccellente formazione in scienze liturgiche ortodosse. Aveva una voce stupenda e conosceva la musica bizantina. Diplomato alla Scuola Krinaiki, fu amato da tutti i suoi compaesani.
Il suo zelo e il suo amore per il ministero ricevuto lo portarono a finire lentamente gli uffici divini e la Divina Liturgia ed i suoi compaesani lo criticavano con il soprannome “Οψιμάκι” a causa della sua tardività.
La prima persecuzione dei greci avvenne tra gli anni 1914 e 1919, e Padre Giorgio fu costretto a fuggire con la famiglia in Grecia, probabilmente a Chio come la maggior parte degli abitanti della regione.
L’amore per la sua terra assieme all’atteggiamento -in parte giustificato- dei greci lo ferirono profondamente mentre giungeva al tramonto della propria vita.
Quando tornarono, dopo l’apparente ripresa dai misfatti, l’Anziano decise di non andarsene mai più dal luogo che Dio gli aveva ordinato, così da lodarLo e glorificarLo.
Sfortunatamente, i disordini presto rifecero la loro comparsa ed i calmi ed operosi abitanti di Çeşme presero la via definitiva dei rifugiati e degli esiliati.
La brutalità dei turchi portò al colpo finale e pesante contro l’ellenismo, le cui ferite sono ancora oggi aperte nei ricordi di noi tutti. I villaggi di Çeşme furono abbandonati dalle famiglie che, dalle case in cui avevano lavorato per secoli, salvarono ciò che poterono di ciò che apparteneva loro.
Chio, la Grecia Settentrionale e Skiathos divennero il rifugio della maggior parte di essi.
Ancora oggi, i discendenti di queste famiglie sono il segno della memoria dei rifugiati lungo il corso degli anni.
I parenti di Padre Giorgio lo supplicarono disperatamente di seguirli, sapendo bene che questa volta era finita per davvero, che questa volta la rabbia dei turchi sarebbe stata totale e altamente letale.
(Per quanto ci è dato sapere, una famiglia Karastamatis composta da sette persone si trasferì a Skiathos e, successivamente da lì a Salonicco, ad eccezione di Stamatia e di suo fratello Giorgos Alexandridis della famiglia Karastamatis e la figlia più giovane, che morì. Forse a Salonicco e nelle circostanti aree dei rifugiati si stabilirono altri parenti.)
Padre Giorgio Karastamatis fu irremovibile, la sua brillante barba bianca come un ermellino era pronta a colorarsi del porpora del suo sangue ed egli era pronto ad essere incoronato re con la corona del martirio.
I guerriglieri, che causarono i peggiori disastri, stavano avvicinandosi a Çeşme e Karastamatis attendeva nel villaggio con altri due anziani, due barbieri di nome Giorgio M. (forse Makridakis) e Nikoli K. (forse Karakouda) come citato a pagina 660 del libro di Giannis D. Aikaterinis “ΧΑΜΕΝΕΣ ΠΑΤΡΙΔΕΣ - ΤΟ ΧΩΡΙΟ ΜΟΥ Η ΑΓΙΑ ΠΑΡΑΣΚΕΥΗ ΤΟΥ ΤΣΕΣΜΕ 1760-1922” (“Patrie Perdute – Il mio villaggio di Agia Paraskevi a Çeşme 1760-1922”)
Membro sposato del clero, fu parroco della fatiscente Chiesa dei Santi Quaranta Martiri, una delle tre parrocchie del villaggio. Una delle sue caratteristiche erano i suoi capelli dai ciuffi ricci che divennero il motivo del suo soprannome, “Cupola” (Τρούλο), perché lo facevano assomigliare alla cupola di una chiesa.
Aveva un grande amore per l’Antica Grecia e fu conoscitore e amante della gloriosa cultura bizantina.
Non si stancò mai di parlare con orgoglio delle sue origini, e i suoi tratti caratteristici furono la sua bontà, la sua gentilezza ed il suo amore cristiano altruista che sempre lo caratterizzarono fin dalla giovinezza agli ultimi momenti della sua vita terrena. Fu un sacerdote scrupoloso con un’eccellente formazione in scienze liturgiche ortodosse. Aveva una voce stupenda e conosceva la musica bizantina. Diplomato alla Scuola Krinaiki, fu amato da tutti i suoi compaesani.
Il suo zelo e il suo amore per il ministero ricevuto lo portarono a finire lentamente gli uffici divini e la Divina Liturgia ed i suoi compaesani lo criticavano con il soprannome “Οψιμάκι” a causa della sua tardività.
La prima persecuzione dei greci avvenne tra gli anni 1914 e 1919, e Padre Giorgio fu costretto a fuggire con la famiglia in Grecia, probabilmente a Chio come la maggior parte degli abitanti della regione.
L’amore per la sua terra assieme all’atteggiamento -in parte giustificato- dei greci lo ferirono profondamente mentre giungeva al tramonto della propria vita.
Quando tornarono, dopo l’apparente ripresa dai misfatti, l’Anziano decise di non andarsene mai più dal luogo che Dio gli aveva ordinato, così da lodarLo e glorificarLo.
Sfortunatamente, i disordini presto rifecero la loro comparsa ed i calmi ed operosi abitanti di Çeşme presero la via definitiva dei rifugiati e degli esiliati.
La brutalità dei turchi portò al colpo finale e pesante contro l’ellenismo, le cui ferite sono ancora oggi aperte nei ricordi di noi tutti. I villaggi di Çeşme furono abbandonati dalle famiglie che, dalle case in cui avevano lavorato per secoli, salvarono ciò che poterono di ciò che apparteneva loro.
Chio, la Grecia Settentrionale e Skiathos divennero il rifugio della maggior parte di essi.
Ancora oggi, i discendenti di queste famiglie sono il segno della memoria dei rifugiati lungo il corso degli anni.
I parenti di Padre Giorgio lo supplicarono disperatamente di seguirli, sapendo bene che questa volta era finita per davvero, che questa volta la rabbia dei turchi sarebbe stata totale e altamente letale.
(Per quanto ci è dato sapere, una famiglia Karastamatis composta da sette persone si trasferì a Skiathos e, successivamente da lì a Salonicco, ad eccezione di Stamatia e di suo fratello Giorgos Alexandridis della famiglia Karastamatis e la figlia più giovane, che morì. Forse a Salonicco e nelle circostanti aree dei rifugiati si stabilirono altri parenti.)
Padre Giorgio Karastamatis fu irremovibile, la sua brillante barba bianca come un ermellino era pronta a colorarsi del porpora del suo sangue ed egli era pronto ad essere incoronato re con la corona del martirio.
I guerriglieri, che causarono i peggiori disastri, stavano avvicinandosi a Çeşme e Karastamatis attendeva nel villaggio con altri due anziani, due barbieri di nome Giorgio M. (forse Makridakis) e Nikoli K. (forse Karakouda) come citato a pagina 660 del libro di Giannis D. Aikaterinis “ΧΑΜΕΝΕΣ ΠΑΤΡΙΔΕΣ - ΤΟ ΧΩΡΙΟ ΜΟΥ Η ΑΓΙΑ ΠΑΡΑΣΚΕΥΗ ΤΟΥ ΤΣΕΣΜΕ 1760-1922” (“Patrie Perdute – Il mio villaggio di Agia Paraskevi a Çeşme 1760-1922”)
I tre salutarono gli ultimi residenti di Agia Paraskevi e l’Anziano diede loro le sue sincere preghiere e la sua benedizione. Li aveva battezzati, li aveva uniti in matrimonio ed era stato al loro fianco come un vero ministro di amore. Il pastore lasciò andare il suo ragionevole gregge, mentre egli rimase indietro, irremovibile, pronto ad accettare la sofferenza e la morte in una terra ricca di santi come l’Asia Minore, in una seconda Caduta.
Domenica 4 Settembre 1922, una mattinata d’autunno, il silenzio che qualche ora prima avvolgeva il villaggio fu interrotto dal suono della campana. Questo messaggio crocifisso-risurrezionale suonò per l’ultima volta per il venerabile parroco dei Santi Quaranta Martiri.
Papas Giorgio si trovava lì, non volendo lasciare la sua parrocchia senza una Liturgia, nonostante le circostanze. La notte prima era giunto un gruppo di çete, guerriglieri turchi che formavano l’avanguardia ed erano un’unità militare informale usata da Kemal per sterminare i greci.
Indossando i paramenti sacri, iniziò a celebrare imperturbabilmente la Divina Liturgia, mentre gli altri due rimasero in preghiera, aspettandosi che la loro età avanzata sarebbe stata graziata dai turchi.
Furono momenti di apprensione, ed i due barbieri amici dell’Anziano trasalirono appena prima che i turchi entrassero in chiesa e riuscirono a fuggire e a nascondersi, come narrato dagli stessi.
Forse quel momento di pavidità mostrato dai due compagni gli ricordò dei Discepoli di Cristo nell’orto del Getsemani.
Forse gli ricordò il martirio dei Santi Quaranta Martiri nella cui chiesa aveva servito per anni. Quando si trovarono nel lago del loro martirio, uno di essi si scoraggiò e andò via e fu rimpiazzato da una sentinella di nome Aglaio, che aveva veduto in una visione le gloriose corone del martirio sopra le teste di quanti erano stati gettati nel lago ghiacciato.
L’umile Levita stava di fronte al Sacro Altare e non esitò a sacrificare l’Agnello. Poi vi furono delle urla, concitazione, colpi di arma da fuoco.
Il giorno passò, il sole si ritirò pieno di vergogna e di dolore, mentre Giorgio M. e Nikoli K. si azzardavano a lasciare il loro nascondiglio e ad avvicinarsi timidamente alla chiesa.
Il Santo Ieromartire Giorgio Karastamatis – come se mancasse uno degli atleti dell’affresco dei Santi Quaranta Martiri – era lì, battezzato nel sangue del suo Lago di Sebaste, disteso davanti alle Porte Sante con il cranio aperto, come il nuovo Ieromartire Philoumenos del Pozzo di Giacobbe nel 1979. Così giunse nel Paradiso che egli aveva amato e servito senza lamentarsi fino al suo ultimo respiro.
Giorgio M., che era fuggito in barca da Capo Koumoudi a Chio, fu testimone di ciò che vide e visse e riportò la propria testimonianza come umile sinassario per il nuovo Ieromartire Giorgio Karastamatis.
(La nipote dello Ieromartire, mia nonna, Stamatia Alexandridi-Houlis della famiglia Karastamatis, giunse come profuga all’isola di Skiathos all’età di 12 anni. Inoltre, la madre di Nonna Stamatia, Maria Karastamati, aveva un fratello di nome Giorgio Karastamati che divenne monaco al Monte Athos con il nome di Simone.)
La morte di Papas Giorgio fu un Martirio, un sacrificio, persino un’offerta sull’altare celeste e un’altra gemma preziosa che adorna la grande corona di Cristo Re.
La morte martiriale del Santo Metropolita Crisostomo di Smirne è celebrata fin dal 1923, così come la memoria di quanti morirono durante la Catastrofe dell’Asia Minore. Il Patriarcato di Alessandria fu il primo a concedere l’onore, raccomandando a tutte le Chiese Ortodosse di inserirli in accordo con la tradizione cristiana ortodossa tra i neomartiri.
Il massacro dei greci non ebbe soltanto una connotazione razziale, perché in Asia Minore si registra una lunga ed illustre presenza di fanatismo religioso, poiché tutto ciò che era cristiano fu profanato e distrutto con foga. La coscienza ecclesiastica del popolo greco e la moltitudine di profughi in territorio greco riconobbero la santità di quanti perirono nella terra di Ionia. Per tutti questi, la chiesa governante non poté che accettare questa coscienza ecclesiastica comune come criterio ultimo di verità e la fede della pienezza della Chiesa.
“Il Santo Sinodo della Chiesa di Grecia, nella sua riunione, su suggerimento del fu Metropolita di Patrasso Nicodemo, nell’enciclica n. 2556 del 5 Luglio 1993, annovera nel coro dei Santi della Chiesa Ortodossa quanti furono martirizzati nel 1922 in Asia Minore – Vescovi, sacerdoti e laici.”
Anche il Santo Ieromartire Giorgio Karastamatis fu annoverato tra le schiere di questi Santi Martiti. Mentre celebrava la Divina Liturgia, trovò la morte per mano di un’orda di guerriglieri nel suo villaggio, Agia Paraskevi di Çeşme. Il suo coraggio nello stare di fronte al Santo Altare, l’Altare che sarebbe stato il luogo del suo maritio, fu una confessione di fede.
Onore e benedizioni a tutti coloro i quali discendono da quella denerazione attraverso gli anni. È un dovere sacro rendere onore a questo nuovo Ieromartire della fede durante la celebrazione di quanti morirono durante la Catastrofe dell’Asia Minore, la domenica prima dell’Esaltazione della Santa Croce, ma in particolare nel giorno in cui rese l’anima, il 4 Settembre. Gli abitanti del villaggio di Agia Paraskevi, che adesso si trovano a Chio, onorano questo Ieromartire come Santo attraverso le storie della loro tradizione; la piazza davanti la Chiesa di Santa Parasceve porta il suo nome.
Prego affinché San Giorgio benedica e dia salute a noi tutti, intercedendo presso di Lui affinché la stirpe dei greci non debba rivivere quei giorni dolorosi.
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