Saint BOUCOLE (BOUKOLOS), évêque de Smyrne (vers 100). (Office traduit en français par le père Denis Guillaume au tome II des Ménées.)
http://www.johnsanidopoulos.com/2011/02/saint-boukolos-first-bishop-of-smyrna.html
Saint ANTOLIEN, martyr en Auvergne (vers 265).
Virginmartyr Martha in
Egypt
The
Holy Virgin Martyrs Martha and Mary
were sisters who lived in Asia Minor, and fervently desired to suffer
for the Lord Jesus Christ. Once, a pagan military commander marched past
their house. The sisters went out to him and loudly declared that they
were Christians. At first the commander paid no attention to them, but
they persistently shouted after him, repeating their confession.
They were arrested together with their brother Lykarion. All three were crucified, and during the execution their mother came to them, encouraging them in their sufferings for Christ. The sisters were pierced with spears, and Lykarion was beheaded by the sword.
Saints FAUSTA, vierge, EVILASSIOS, sénateur, et MAXIME, préfet, martyrs à Cyzique sous Dioclétien et Maximien (vers 299).
They were arrested together with their brother Lykarion. All three were crucified, and during the execution their mother came to them, encouraging them in their sufferings for Christ. The sisters were pierced with spears, and Lykarion was beheaded by the sword.
Saints FAUSTA, vierge, EVILASSIOS, sénateur, et MAXIME, préfet, martyrs à Cyzique sous Dioclétien et Maximien (vers 299).
Saints DOROTHEE, vierge, et THEOPHILE, avocat, martyrs à Césarée de Cappadoce lors de la persécution de Dioclétien (vers 305).
Saint JULIEN, médecin, martyr à Emèse (aujourd'hui Homs en Syrie) (vers 312).
Saints FAUSTE, BASILE et SYLVAIN, martyrs morts par le glaive.
Saint JEAN de Lykos en Thébaïde d'Egypte, moine et thaumaturge.
Saint MUN, neveu de saint Patrick, évêque puis ermite en Irlande (Vème siècle).
Sainte ACHEE (ACIOLE), moniale en Bretagne (Vème siècle).
Saint JACQUES, disciple de saint Maron, ascète près de Cyr en Syrie (vers 460).
Saint MEL (MELCHNO), neveu de saint Patrick et premier évêque d'Ardagh en Irlande (vers 490).
Saints BARSANUPHE le Grand et JEAN le Prophète, qui brillèrent par leur ascèse et leur enseignement au monastère de l'abbé Séridos, à Gaza (VIème siècle).
http://www.johnsanidopoulos.com/2017/02/saints-barsanuphios-and-john-resource.html
San Barsanufio (o Barsanofio), anacoreta di origine egiziana, detto il Grande Anziano del Deserto, collocato nel contesto geografico e spirituale del deserto della Palestina, ove egli visse in perfetta solitudine, facendo della propria esistenza terrena uno spazio abitato dal silenzio nella preghiera e nella lotta spirituale per la ricerca della pura contemplazione divina. La solitudine di Barsanufio, però era gravida di un profondo desiderio di comunione. Egli non soltanto rispondeva ai suoi interlocutori, ma li prendeva sotto la sua paternità spirituale. Dettò all'Abate del cenobio Serido circa 800 lettere delle quali molte sono destinate al suo più illustre figlio spirituale, un altro Anziano del Deserto di Gaza Giovanni, detto "il profeta". La sua morte avvenuta in tarda età è normalmente collocata al 540. Fra gli storici antichi, Evagrio lo Scolastico dedicò a Lui un capitolo della sua "Storia Ecclesiastica" scritta attorno al 593
In queste Lettere Barsanufio è
indicato come il Grande Anziano e Giovanni come l'altro Anziano.
Cogliere nelle risposte dei due monaci una differenza sostanziale che ne
metta in risalto la diversa personalità è assai difficile comunque
esula da questa presentazione. Più evidente e significativa però, è la
perfetta concordia di visione spirituale nelle loro risposte che
potrebbero, alla fine, essere dettate indifferentemente da Barsanufio o
da Giovanni; lo prova il fatto che per alcune di esse non è accertato
chi fra i due ne sia l'autore.
Nonostante
la straordinarietà della vita e
dei doni dei due reclusi, chi li accosta non prova il minimo senso di
diffidenza o di estraneità, come nei confronti di una superiorità
distaccata e inattingibile. Il loro discorso così discreto e
comunicativo colpisce anche oggi; questo stile e ora l'espressione di
un'alta e gioiosa tensione e vibrazione dello Spirito (67. e ultima parte di 70 e 71);
ora e il tono di una carità ardente, ora e severo, ironico, oppure
carico di una prudenza sapienziale che tonifica e sprona. Nella
corrispondenza con Eutimio prevalgono forse severità e ironia (66 68); in quella con Andrea (69 72),
se il rimprovero c'è, è sempre temperato, come di chi sa di rivolgersi a
un anziano infermo; nelle lettere poi al celebre Doroteo si rivela una
paternità particolarmente attenta e sollecita (75-76).
Due
punti capitali possono aiutare a capire bene il discorso delle lettere
dei due Anziani: il primo e la convinzione di non pronunziare parole
proprie, ma parole di Dio per mezzo dello Spirito. È raro imbattersi in
una risposta, per quanto breve, che non contenga almeno una citazione o
un riferimento biblico o anche solo un modulo stilistico da cui è
possibile risalire alla Parola ispirata.
Il secondo punto è che i consigli si rivolgono all'uomo interiore, o uomo dentro, come dice propriamente il testo. (Cf 72).
Si tratta del luogo dello Spirito Santo. C'e nell'uomo interiore una
struttura profonda che genera l'agire esterno, ed è il suo rapporto con
Dio solo, nell'amore e nella ricerca di lui. Il rapporto poi si dilata
in quelle opere buone che chiamiamo ora umiltà ora obbedienza, ora
pazienza e sopportazione e perseveranza ecc. Tutte queste opere
esprimono e attualizzano la consapevolezza della propria nullità di
fronte a Dio, di cui l'uomo vuole ripetere di continuo l'esperienza come
l'occasione di un rinnovato
amore con lui (66. 68. 71. 72...)
L'esistenza
terrena di san Barsanufio di Gaza, monaco di origine egiziana, si
colloca nel contesto geografico e spirituale del deserto della
Palestina, ove egli visse in perfetta solitudine, facendo della propria
esistenza terrena uno spazio abitato dal silenzio, nella lotta
spirituale e nella preghiera, per la ricerca della pura contemplazione
di Dio. "Fu nella sua cella - come scrisse di lui il santo monaco
athonita Nicodemo Agiorita
(1749-1809) - che raccolse e gustò il dolcissimo miele dell'esichia.
S'impose una penitenza così rigorosa da trovare consolazione soltanto
nelle lacrime... Poteva dimenticarsi di mangiare, di bere, di vestirsi
poiché il suo nutrimento, la sua bevanda, la sua veste erano il Santo
Spirito... Dopo avere purificato il cuore da tutte le passioni, fu
ritenuto degno di divenire il tempio e l'abitazione del Santo Spirito...
Oltre all'umiltà, gli fu concessa la più grande tra le virtù, il
discernimento. .. Al discernimento si aggiunse il dono di vedere e
scrutare le ragioni misteriose e spirituali degli esseri sensibili ed
intellegibili. Poi ricevette il dono di conoscere le cose lontane come
se fossero presenti, il dono di profezia, il dono di leggere nei cuori,
di conoscere i pensieri..." .
Barsanufio, in effetti, non si sottrasse a quanti domandavano il suo consiglio. Egli fu certamente uomo di silenzio e di solitudine, al punto da indurre qualcuno persino a dubitare della sua esistenza: un dubbio che egli fugò in una forma evangelicamente simbolica, ossia lavando i piedi dei monaci (Cf. Lettera 125). La solitudine di Barsanufio, però, era gravida di un profondo desiderio di comunione. Egli non soltanto rispondeva ai suoi interlocutori, ma prendeva a cuore ogni loro problema, ansia, desiderio, fatica, impegno... Proprio da questa sua intensa opera di paternità e di direzione spirituale ebbero origine le sue Lettere, pubblicate per un totale di 850 insieme con quelle del suo compagno e discepolo Giovanni di Gaza, detto "il Profeta".
Analogamente alla tradizione degli apoftegmi, anche queste lettere ci sono state trasmesse raggruppate a seconda dei destinatari. Quanto ad ampiezza, esse spaziano da testi alquanto brevi, ad altri più elaborati in risposta a diverse domande, a vere e proprie ampie lettere didattiche. Di queste ultime è autore specialmente Barsanufio. Egli, in ogni caso, non scriveva direttamente, bensì dettava le sue risposte e i suoi insegnamenti all'abate Seridos, il quale trascriveva con esattezza tutto ciò che ascoltava.
Da tutte le Lettere traspare, insieme con un'intensa spiritualità e una perfetta assimilazione della Scrittura, una sapiente pedagogia per la crescita dell'uomo interiore. Ciò che, però, risalta immediatamente agli occhi del lettore è la costante presenza dei testi biblici. Si potrebbe dire che le parole della Sacra Scrittura sono i fili d'oro con i quali Barsanufio intesse la sua tela. È stato detto al riguardo che Barsanufio quasi passeggia nel paradiso delle Scritture e raccoglie ogni volta i fiori e le erbe curative che possono confortare e guarire i suoi figli spirituali nelle diverse loro situazioni corporali e spirituali. Più a fondo della materiale quantità dei testi biblici, però, e ultima giustificazione della loro diffusa presenza c'è il primato assoluto della Parola di Dio nella vita di Barsanufio. C'è qui un punto determinante del suo magistero spirituale.
Dalle stesse Lettere è possibile desumere alcuni, benché scarni, elementi biografici. Fra questi, c'è l'origine egiziana di Barsanufio, avendo il copto come lingua madre (Cf. Lettera 55), e 1'avere un fratello, il quale viveva nel mondo ed era anziano egli stesso (Cf. Lettera 348). L'epistolario ci permette di conoscere pure alcuni aspetti molto personali della sua ascesi e della sua faticosa maturazione spirituale. Scrive, ad esempio: "Credetemi, fratelli, la vanagloria mi ha dominato... Durante la mia giovinezza sono stato violentemente tentato dal demone della lussuria e faticavo molto nella mia lotta contro tali pensieri. Io però, gli resistevo e non acconsentivo ad essi..." (Lettera 74.258). In qualche altra lettera egli rammenta pure di essere stato più volte ammalato, senza per questo, però, tralasciare il lavoro manuale. Tra i padri del deserto Barsanufio è indicato come il "grande Anziano". La sua morte, avvenuta in tarda età, è normalmente collocata al 540.
Fra gli storici antichi, Evagrio lo Scolastico dedicò a Barsanufio un capitolo della sua "Storia Ecclesiastica" , scritta attorno al 593, ossia pochi decenni dopo la morte del santo asceta. La sua popolarità fu grande. L'immagine di san Barsanufio, come attestano Teodoro Studita e l'anonima prefazione del XV secolo alle opere spirituali dell'abate Doroteo, era riprodotta sulle nappe d'altare della "Grande Chiesa", ossia di Santa Sofia in Costantinopoli, insieme con quella dei santi Antonio, Efrem e altri. La venerazione di san Barsanufio in Costantinopoli dopo il X secolo è peraltro attestata dalla presenza del suo nome in alcuni manoscritti liturgici, che indicano il 6 febbraio (19 febbraio, secondo il nostro calendario "gregoriano" ) quale giorno per la sua festa.
Il "Martirologio Romano", invece, assegna la commemorazione di san Barsanufio all'11 aprile e nell'ultima edizione tipica del 2001 gli riserba le seguenti espressioni: Apud Gazam in Palaestina, sancti Barsanuphii, anachoretae, qui, aegyptius genere, singulari contemplationis virtute praeditus fuit et integritate vitae eximius.
Nella medesima data dell'11 aprile anche la Chiesa di Oria ha sempre celebrato, sino ad epoca recente, la festività del Patrono della Città e dell'intera Diocesi.
Essa, difatti, si vanta, unica fra tutte, di conservare le reliquie di san Barsanufio. Vi furono trasportate nella metà del IX secolo, quand'era vescovo Teodosio, personalità di grande prestigio - che godette la stima dei papi Adriano III e Stefano V - e uomo notevole per dottrina, capacità di governo e santità della vita. Egli, secondo la tradizione oritana, le accolse e le collocò in una chiesa, edificata presso una delle antiche porte della Città, quae Hebraica nuncupatur.
Barsanufio, in effetti, non si sottrasse a quanti domandavano il suo consiglio. Egli fu certamente uomo di silenzio e di solitudine, al punto da indurre qualcuno persino a dubitare della sua esistenza: un dubbio che egli fugò in una forma evangelicamente simbolica, ossia lavando i piedi dei monaci (Cf. Lettera 125). La solitudine di Barsanufio, però, era gravida di un profondo desiderio di comunione. Egli non soltanto rispondeva ai suoi interlocutori, ma prendeva a cuore ogni loro problema, ansia, desiderio, fatica, impegno... Proprio da questa sua intensa opera di paternità e di direzione spirituale ebbero origine le sue Lettere, pubblicate per un totale di 850 insieme con quelle del suo compagno e discepolo Giovanni di Gaza, detto "il Profeta".
Analogamente alla tradizione degli apoftegmi, anche queste lettere ci sono state trasmesse raggruppate a seconda dei destinatari. Quanto ad ampiezza, esse spaziano da testi alquanto brevi, ad altri più elaborati in risposta a diverse domande, a vere e proprie ampie lettere didattiche. Di queste ultime è autore specialmente Barsanufio. Egli, in ogni caso, non scriveva direttamente, bensì dettava le sue risposte e i suoi insegnamenti all'abate Seridos, il quale trascriveva con esattezza tutto ciò che ascoltava.
Da tutte le Lettere traspare, insieme con un'intensa spiritualità e una perfetta assimilazione della Scrittura, una sapiente pedagogia per la crescita dell'uomo interiore. Ciò che, però, risalta immediatamente agli occhi del lettore è la costante presenza dei testi biblici. Si potrebbe dire che le parole della Sacra Scrittura sono i fili d'oro con i quali Barsanufio intesse la sua tela. È stato detto al riguardo che Barsanufio quasi passeggia nel paradiso delle Scritture e raccoglie ogni volta i fiori e le erbe curative che possono confortare e guarire i suoi figli spirituali nelle diverse loro situazioni corporali e spirituali. Più a fondo della materiale quantità dei testi biblici, però, e ultima giustificazione della loro diffusa presenza c'è il primato assoluto della Parola di Dio nella vita di Barsanufio. C'è qui un punto determinante del suo magistero spirituale.
Dalle stesse Lettere è possibile desumere alcuni, benché scarni, elementi biografici. Fra questi, c'è l'origine egiziana di Barsanufio, avendo il copto come lingua madre (Cf. Lettera 55), e 1'avere un fratello, il quale viveva nel mondo ed era anziano egli stesso (Cf. Lettera 348). L'epistolario ci permette di conoscere pure alcuni aspetti molto personali della sua ascesi e della sua faticosa maturazione spirituale. Scrive, ad esempio: "Credetemi, fratelli, la vanagloria mi ha dominato... Durante la mia giovinezza sono stato violentemente tentato dal demone della lussuria e faticavo molto nella mia lotta contro tali pensieri. Io però, gli resistevo e non acconsentivo ad essi..." (Lettera 74.258). In qualche altra lettera egli rammenta pure di essere stato più volte ammalato, senza per questo, però, tralasciare il lavoro manuale. Tra i padri del deserto Barsanufio è indicato come il "grande Anziano". La sua morte, avvenuta in tarda età, è normalmente collocata al 540.
Fra gli storici antichi, Evagrio lo Scolastico dedicò a Barsanufio un capitolo della sua "Storia Ecclesiastica" , scritta attorno al 593, ossia pochi decenni dopo la morte del santo asceta. La sua popolarità fu grande. L'immagine di san Barsanufio, come attestano Teodoro Studita e l'anonima prefazione del XV secolo alle opere spirituali dell'abate Doroteo, era riprodotta sulle nappe d'altare della "Grande Chiesa", ossia di Santa Sofia in Costantinopoli, insieme con quella dei santi Antonio, Efrem e altri. La venerazione di san Barsanufio in Costantinopoli dopo il X secolo è peraltro attestata dalla presenza del suo nome in alcuni manoscritti liturgici, che indicano il 6 febbraio (19 febbraio, secondo il nostro calendario "gregoriano" ) quale giorno per la sua festa.
Il "Martirologio Romano", invece, assegna la commemorazione di san Barsanufio all'11 aprile e nell'ultima edizione tipica del 2001 gli riserba le seguenti espressioni: Apud Gazam in Palaestina, sancti Barsanuphii, anachoretae, qui, aegyptius genere, singulari contemplationis virtute praeditus fuit et integritate vitae eximius.
Nella medesima data dell'11 aprile anche la Chiesa di Oria ha sempre celebrato, sino ad epoca recente, la festività del Patrono della Città e dell'intera Diocesi.
Essa, difatti, si vanta, unica fra tutte, di conservare le reliquie di san Barsanufio. Vi furono trasportate nella metà del IX secolo, quand'era vescovo Teodosio, personalità di grande prestigio - che godette la stima dei papi Adriano III e Stefano V - e uomo notevole per dottrina, capacità di governo e santità della vita. Egli, secondo la tradizione oritana, le accolse e le collocò in una chiesa, edificata presso una delle antiche porte della Città, quae Hebraica nuncupatur.
Saint GWELAN, fondateur de paroisse à Langoëlan en Bretagne
(VIème ou VIIème siècle).
Saint MACAIRE.
Saint ANGUL, ermite au diocèse de Saint-Brieuc en Bretagne.
Saint DOMNOLET, comte de Limoges, tué en défendant la ville contre Théodebert d'Austrasie et considéré martyr (vers 535).
Saint MACAIRE.
Saint ANGUL, ermite au diocèse de Saint-Brieuc en Bretagne.
Saint DOMNOLET, comte de Limoges, tué en défendant la ville contre Théodebert d'Austrasie et considéré martyr (vers 535).
-icona del western rite-
Saint VAAST ou GASTON, évêque d'Arras en Artois à qui l'on confia aussi le diocèse de Cambrai (540).(Office composé en français par le père Denis Guillaume et publié au tome XIII du Supplément aux Ménées.)
Saint Vaast (ou Gaston), prêtre de l'antique Eglise de Toul, catéchiste du Roi Clovis et évêque d'Arras
Saint CONSTANTIEN, Auvergnat d'origine, fondateur du monastère de Javron près de Laval (570).
Saint
AMAND, originaire de Nantes, évêque régionnaire et missionnaire en
Flandre, en Gascogne et parmi les Slaves de Carinthie, puis évêque de
Maëstricht en Limbourg, de nouveau missionnaire parmi
les Basques et enfin moine à Elnon près de Tournai (675 ou 679). (Office
composé en français par le père Denis Guillaume et publié au tome II du
Supplément aux Ménées.) Visse come eremita a Bourges per quindici anni
prima di iniziare una lunga e fruttuosa carriera missionaria all'età di
quarantacinque anni. Essendo stato ordinato vescovo senza sede fissa,
predicò il Vangelo nelle Fiandre, fra gli Slavi danubiani, forse in
Guascogna e intorno ad Anversa, dove non ebbe molto successo. Poi, per
un breve periodo, fu vescovo residente a Maastricht; ma le difficoltà
che vi incontrò erano troppo grandi per lui e, benché il papa - san
Martino lo avesse incoraggiato a perseverare, egli tornò alla sua vita
itinerante di missionario. Sant'Amando ebbe l'appoggio dei re franchi,
ma spesso incontrò una forte opposizione da parte dei popoli che tentava
di convertire; rimproverò aspramente re Dagoberto I per aver
incoraggiato l'uso della forza per
ottenere le conversioni, e così pure per altri crimini. Per consolidare
la sua opera missionaria fondò diverse case religiose, in particolare
Mont-Blandín (e forse Saint-Bavon) a Gand e l'abbazia di Elnon. In
quest'ultima si ritirò quando fu vicino ai novant'anni, e là morì, dopo
aver dettato il suo testamento di cui sopravvive il testo
Saint ANDRE, moine d'Elnon et disciple de saint Amand (vers 690).
Saint INA, roi de Wessex, puis moine (vers 730).
Sainte RELINDE, soeur selon la chair de sainte Harlinde et fondatrice avec elle de l'abbaye Notre-Dame d'Eike (c'est-à-dire du Chêne) à Mayseck.
Saints NICEPHORE et PERGETIS.
Saint ARSENE d'Ikaltho (Géorgie 1127). Saint Arsen of Iqalto was a translator, researcher, compiler of manuscripts, hymnographer, philosopher, and a great defender of the Georgian Christian Faith.
Sainte DOROTHEE de Kachin, princesse devenue ascète et moniale du Grand-Habit (Russie 1629).
Saints DEMETRE, prêtre, et ANATOLE, laïque, martyrs par la main des Communistes (Russie 1921).
Saint BASILE, prêtre, martyr par la main des Communistes (Russie 1930).
Saint THEOPHANE (Bystrov), archevêque de Poltava et de Péréiaslav, par la suite émigré à Constantinople (1920-21), en Yougoslavie (1921-25), en Bulgarie (1925-31) et enfin en France où il mourut ermite à Limeray près de Blois dans l'Orléanais (1940)
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