sabato 31 marzo 2018

31 marzo Santi Italici ed italogreci



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Santa Balbina Martire a Roma



Tratto da quotidiano Avvenire

Secondo la tradizione era figlia del tribuno romano e martire Quirino con cui venne uccisa introno al 130 per poi essere seppellita sulla via Appia. Tuttavia il cimitero che vi si trova nonché la chiesa sul piccolo Aventino non avrebbe alcun legame con lei. Balbina era stata battezzata da Papa Alessandro I insieme al padre convertitosi al cristianesimo. Ammalatasi gravemente fu portata dal Pontefice che allora era imprigionato e ne venne guarita. Di estrazione nobile venne chiesta più volte in sposa ma rimase sempre fedele al suo voto di verginità. Arrestata insieme col padre per ordine dell'imperatore Adriano venne decapitata dopo lunghe torture. L'iconografia la raffigura con croce e scettro di gigli; talvolta anche con un angelo che indica il cielo. Altre immagini la rappresentano mentre tiene in mano una catena. Sarebbe infatti guarita dal mal di gola sfiorando le catene che tenevano imprigionato Papa Alessandro I.



Martirologio Romano: A Roma, commemorazione di santa Balbina, la cui basilica fondata sull’Aventino reca il suo venerando nome.











Tratto da






E' ricordata nel Martirologio Romano al 31 marzo. NelI'antichità Balbina non ha avuto culto né è commemorata nel Martirologio Geronimiano. Floro, nel suo Martirologio, la ricorda il 18 gennaio, tratto in errore da una commemorazione mal compresa del Martirologio Geronimiano. Adone la ricorda al 31 marzo, aggiungendo arbitrariamente che era sepolta nel cimitero di Pretestato sulla via Appia, perché, essendo figlia del martire Quirino, doveva essere sepolta vicino a lui.
La Vita leggendaria di Balbina è pervenuta a noi tramite due passiones: la prima è una passio Alexandri, forse del VI secolo, che confonde papa Alessandro con l'omonimo martire nomentano; la seconda è una passio ss. Balbinae et Hermetis, una specie di appendice alla passio Alexandri. Secondo queste due leggende, Balbina era figlia del martire Quirino, il quale, convertitosi alla fede cristiana, fu battezzato insieme con lei da papa Alessandro. Essendosi Balbina ammalata gravemente, fu portata dal padre al papa, che allora era imprigionato, e ne fu risanata. Per le sue ricchezze e per la sua nobiltà fu domandata in sposa da molti giovani, ma ella volle rimanere fedele al suo voto. Arrestata insieme col padre per ordine dell'imperatore Adriano (117-35), dopo non pochi tormenti fu decapitata.
A Roma erano indicati col nome di B. un titolo, del quale si ha col nome di B. un titolo, del quale si ha notizia nel sinodo del 595, ed un cimitero situato tra la via Appia e l'Ardeatina. Probabilmente l'eroina della leggenda agiografica fu la fondatrice dell'uno e dell'altro, ed in seguito, secondo un costume caro agli antichi agiografi, fu elevata alla dignità di martire.

Tratto da
https://it.wikipedia.org/wiki/Balbina_da_Roma
Di Balbina non si hanno molte notizie certe. La vita leggendaria di Balbina è pervenuta a noi tramite due tradizioni agiografiche: la ‘'passio Alexandri'’ (VI secolo), che confonde papa Alessandro I con l'omonimo martire della via Nomentana; e la ‘'passio ss. Balbinae et Hermetis'’, che della prima è un'appendice.
La leggenda narra che la figlia di Quirino un tribuno nell'esercito romano, al quale era stato ordinato di tenere in prigione a causa della loro fede cristiana papa Alessandro I e un uomo di nome Hermes. Poi convertitosi, Quirino chiese al Papa di guarire sua figlia Balbina che aveva una grande gozzo. Papa Alessandro gli chiese di portargli la figlia al suo cospetto, così Quirino rapidamente tornò a casa e portò la figlia al carcere dove era rinchiuso il papa; entrambi si inginocchiarono davanti a lui in segno di riverenza. Poiché Balbina baciava gli anelli delle catene con le quali il Papa era legato, quello le disse: "Non baciare queste catene, ma vai a trovare quelle di san Pietro e, una volta che le hai trovate, baciale con devozione e presto guarirai". Quirino sapeva dove Pietro era stato detenuto prima del suo martirio e immediatamente prese Balbina con sé, la portò lì e la fanciulla subito guarì. Quirino rilasciò papa Alessandro e Hermes liberi. Insieme con la moglie e la figlia fu battezzato dal papa. Papa Alessandro stabilì che il miracolo delle catene doveva essere celebrato da quel giorno in avanti e fece costruire la chiesa dedicata all'apostolo Pietro, nel luogo dove da allora sono tenute le catene, oggi San Pietro in Vincoli
Secondo un altro racconto a Quirino era stato ordinato di giustiziare Alessandro e altri due, Evenzio e Teodolo, che erano stati arrestati per ordine di Traiano . Quirino, però, si convertì al Cristianesimo dopo aver assistito ai miracoli compiuti da questi tre santi e fu battezzato insieme alla moglie e la figlia Balbina.
In entrambi i racconti Quirino fu poi arrestato come cristiano e martirizzato con la decapitazione il 30 marzo 116  Fu sepolto nella Catacombe di Pretestato sulla Via Appia. La sua tomba fu poi considerata con grande venerazione ed è indicato nelle antiche guide per i pellegrini delle catacombe romane. Non è noto cosa è successo a Balbina dopo la morte di suo padre: secondo una versione fu arrestata insieme a suo padre nel 116 e decapitata dopo lunghe torture; ma secondo altri racconti visse come un suora vergine fino alla sua morte: venne chiesta più volte in sposa ma rimase sempre fedele al suo voto di verginità. Poi nel 130 fu riconosciuta colpevole di essere cristiana e condannata a morte dall'imperatore Adriano  Venne annegata o sepolta viva, a seconda delle versioni dei racconti agiografici.
Dopo la sua morte, fu sepolta accanto a suo padre nella catacomba di Pretestato sulla Via Appia. In una data successiva, le ossa e le reliquie di Quirino e Balbina furono portate nella chiesa costruita in suo onore nel IV secolo .



San Mauricillo (Maurilio) Vescovo di Milano

Tratto da




San Mauricillo, detto anche Maurilio, è il 38° vescovo di Milano; gli antichi cataloghi dei vescovi milanesi, gli attribuiscono solo quattro mesi di episcopato, ma alcuni studiosi, asseriscono che bisognerebbe leggere 4 anni, oppure 10 anni e 4 mesi; non si conosce il giorno della sua morte, né il luogo della sepoltura; il suo episcopato è da collocarsi comunque, poco dopo la metà del secolo VII (dal 660 al 670).
Bisogna dire che san Mauricillo o Maurilio, non è ricordato dal Martirologio Romano; la prima opera agiografica che gli dà il titolo di santo, è il “Beroldo Nuovo” del XIII secolo.
Nei Messali ambrosiani, a partire dal XV secolo, si trova in data 31 marzo, un’Orazione e un Prefazio in suo onore.
A causa che la sua festa cadeva nel periodo della Quaresima, l’arcivescovo san Carlo Borromeo, nel 1578, tolse il suo nome dal Calendario Ambrosiano insieme ad altri santi.
San Mauricillo, è venerato di culto locale nella Basilica milanese di San Satiro, dove nel IX secolo l’arcivescovo Ansperto (868-881) ne aveva traslato le reliquie; in questa chiesa lo si festeggiava il 31 marzo, anche con una processione per le vie della città.
L’arcivescovo Filippo Visconti nel 1793, accordò al clero di San Satiro, l’Ufficiatura di san Mauricillo con rito solenne, mentre l’arcivescovo card. Gaysruk (1818-1846), volle che la festa fosse celebrata il 23 agosto, ma la disposizione durò finché egli visse, per ritornare poi al 31 marzo.
San Carlo Borromeo, nel 1611, fece una ricognizione canonica delle reliquie di s. Mauricillo, che attualmente si trovano sotto l’altare maggiore della Chiesa di San Satiro.



1 aprile i Santi di Francia


 


Saint INNOCENT, métropolitain de Rouen en Normandie (417).

aint GALONNEK "Grand Coeur", Irlandais de nation, ermite à Plouzevel, puis évêque de Quimper en Bretagne (VIème siècle).

Saint DALGON ou ALGON, ermite à Pleyben en Bretagne (VIème-VIIème siècles).

Saints CAIDOC et FRICOR, Irlandais de nation, missionnaires en Picardie (VIIème siècle).

Saints DODOLIN et LANDALENE, évêques de Vienne en Dauphiné (VIIème siècle).

Saint VALERY, originaire d'Auvergne, moine de Luxeuil en Franche-Comté puis fondateur de l'abbaye de Leucone (aujourd'hui Saint-Valéry-sur-Somme) et patron du Vimeu, petit pays de la Basse-Picardie (622).


http://celticsaints.org/2020/0401d.html

Sainte FLOBERTE ou FLODOBERTE ou LEUDEBERTHE, moniale à Faremoutiers (630).

Saint BERCHOUD ou BERCHOND, évêque d'Amiens en Picardie (avant 627).

Saint LEUCOIN (LEUCONIUS, LEUçOIN), évêque de Troyes en Champagne (vers 650).

Sainte MARCELLE, bergère à Chauriat près de Billom en Auvergne (Xème siècle).

1 Aprile Santi Martiri dal XVI al XXI secolo


 Risultati immagini per icone della resurrezione di lazzaro



Saint MICHEL, fol-en-Christ, martyr par la main des Communistes (Russie 1931).

 

Saint SERGE, prêtre, martyr par la main des Communistes (Russie 1938).

 

Saint MACAIRE, évêque devenu moine du Grand-Habit au monastère Saint-Macaire-le-Romain près de Lesna, martyr par la main des Communistes (1944).

venerdì 30 marzo 2018

30 Marzo Santi Italici ed Italo greci



 


Santo Quirino tribuno militare martire a Roma sotto Antonino(verso il 130 )

TRATTO dal quotidiano Avvenire

Era un tribuno romano al quale furono affidati i martiri Alessandro, Evenzio e Teodulo, arrestati per ordine dell'imperatore Traiano (53-117); si convertì dopo aver visto i miracoli da loro operati e fu battezzato insieme con la figlia Balbina, in seguito subì egli stesso il martirio, venendo decapitato un 30 marzo di un anno dell'inizio del III secolo; il suo corpo fu sepolto nel cimitero di Pretestato sulla via Appia. Un'epigrafe funeraria del secolo V ritrovata nel cimitero, riporta il suo nome. Le reliquie del santo tribuno martire, ebbero una storia a parte, come del resto quelle di tanti martiri delle catacombe romane, che furono inviate in celebri monasteri e chiese di tutt'Europa. Secondo un documento redatto a Colonia nel 1485, il suo corpo sarebbe stato donato nel 1050 dal papa Leone IX ad una badessa di nome Gepa, la quale le trasferì a Neuss sul Reno in Germania. Ancora oggi le reliquie si venerano nella cattedrale di San Quirino (1206) di questa città. Il suo culto ebbe il maggior picco nel 1471, durante l'assedio che Neuss subì; da questa città il culto si diffuse in tutta la Germania specie a Colonia, in Belgio e in Italia
Martirologio Romano: A Roma nel cimitero di Pretestato sulla via Appia, san Quirino, martire, che, tribuno, coronò con il martirio la sua testimonianza di fede.




Santo Clinio di nazionalità greca  monaco a MonteCassino e poi Abate di un monastero nel territorio di Pontecorvo


Il Baronio pose Clino nel Martirologio Romano al 30 marzo basandosi su di una comunicazione del vescovo di Aquino, Flaminio Filonardi. Né i Bollandisti, né il Ferrari, nella compilazione del suo Catalogus Sanctorum Italiae, poterono avere questa comunicazione; tuttavia, il Ferrari riuscì a consultare alcune memorie della Chiesa di Aquino, da cui raccolse brevi notizie intorno al santo. Clino era di nazionalità greca; fu monaco e successivamente abate nel monastero basiliano di S. Pietro della Foresta, tra Pontecorvo e Rocca Guillermo (attualmente chiamata Esperia) nei primi decenni del sec. XI; infatti, il suo nome figura in un atto di donazione del 1030 da lui sottoscritto. Più tardi, nella seconda metà del sec. XI, il monastero passò sotto quello di Montecassino, per cui il Ferrari dice Clino monaco cassinese. A S. Pietro della Foresta Clino, illustre per santità e miracoli, morì prima del 1050; il suo corpo fu trasferito nella chiesa di S. Maria di Rocca Guillermo (Esperia), dove è festeggiato come patrono principale il 30 marzo.


Santo Zosimo vescovo di Siracusa(verso il 640)
Esercitava un'umile funzione nel monastero di Santa Lucia, a Siracusa, perchè considerato incapace di qualsiasi incombenza importante. Quando morì l'abate, il Vescovo, sorprendentemente, lo designò per la carica. Governò con tanta saggezza e virtù che finì per essere eletto Vescovo della città.

Martirologio Romano  
A Siracusa, san Zosimo, vescovo, che fu dapprima umile custode della tomba di santa Lucia, poi abate del monastero del luogo.



Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/47850

Zosimo, vescovo (VII secolo) era un giovane monaco cui era stata affidata per la sua inettitudine la custodia della tomba di Santa Lucia a Siracusa. Un giorno, desideroso di rivedere i genitori, lasciò il monastero senza avvertire i superiori. I genitori, vedendolo arrivare con aria di fuggitivo, lo rimproverarono e lo riaccompagnarono al monastero. Venne perdonato dall'abate e riconsegnato al suo compito di "guardiano della tomba", che tenne a lungo perché considerato incapace di altre e più impegnative mansioni.
Alla morte dell'abate, i monaci si recarono dal vescovo per conoscere il nome del successore. Fra loro non c'era Zosimo, rimasto a casa come "inutile". Quando il vescovo ebbe davanti i monaci, chiese: "Ci siete tutti?". "No, - risposero - a casa c'è il guardiano della tomba di santa Lucia, ma è di poco conto". "Fatelo venire" ingiunse il vescovo. E quando Zosimo arrivò: "Ecco il vostro abate" affermò solennemente il vescovo.
Così Zosimo, tra la sorpresa di tutti, divenne abate del monastero dimostrando presto di quanta saggezza e virtù fosse ricco, a tal punto che il popolo lo volle quale proprio vescovo. Confermato da papa Teodoro, egli rimase sulla cattedra episcopale siracusana dal 647 al 662 guidando la diocesi con bontà e saggezza


Santo ilario di Otranto,quinto igumeno del monastero di san Nicola di Casole ad Otranto (XIII secolo)

Tratto da http://www.otrantopoint.com/monastero-di-san-nicola-di-casole.html
L'Abbazia rappresenta il momento più alto della diffusione nel Salento del monachesimo basiliano. Alcuni studiosi ritengono il Monastero dedicato a San Nicola sia stato il più ricco dell’Europa di allora (il suo massimo splendore lo raggiunse tra l’XI ed il XIII secolo) così come la sua biblioteca la più grande e fornita di testi del Mondo dell’epoca.

Origini

In questo periodo, e precisamente nel 1071, si assiste al subentro della dominazione normanna a quella bizantina nell'Italia Meridionale ed Otranto rappresenterà l'ultima roccaforte della presenza della cultura bizantina in Occidente.
Il crociato Boemondo I, principe di Taranto e Antiochia, figlio di Roberto il Guiscardo condottiero Normanno, e di sua madre Costanza, allo scopo di aggraziarsi la simpatia dei monaci greci che vivevano nel Sud Italia, in particolare di quelli salentini nonché della popolazione salentina che appoggiava la religiosità greca, fondò il Monastero di San Nicola.
Ai Normanni interessava immediatamente di precludere ogni possibilità di conquista bizantina; non volevano infatti che Bisanzio si intromettesse politicamente in Italia e perciò era necessario affermare la giurisdizione romana nei territori greci del Sud (i normanni avevano dalla loro parte Roma e collaboravano per la conquista del Sud).
Quindi essi non volevano distruggere l'arte e la spiritualità bizantina radicata nel Sud; d'altra parte Roma non mirava tanto a sopprimere la chiesa greca, quanto a far ritornare sotto la propria giurisdizione quella chiesa greca che secoli prima si era staccata da lei (secoli VII-IX).
Boemondo per la prima volta nell'XI secolo lo chiamò di Casole (precedentemente il suo nome era solo "San Nicola"), perché questo fu eretto su un cenobio preesistente costituito da capanne, nicchie, grotte, e casole appunto dove i monaci si recavano per pregare. Boemondo donò il Casale di Casole ad un gruppo di Basiliani guidati da Giuseppe, che poi fu il primo Abate del monastero. San Nicola di Casole presentava delle caratteristiche particolari che fanno risalire la restaurazione proprio a Boemondo:
1. Boemondo lo fece ricostruire (sicuramente dopo il 1000) in muratura mentre le costruzioni italo-greche erano ricavate nella roccia;
2. i monasteri costruiti dai Normanni avevano tutti un Corpus (codice) di regole canoniche che di solito erano quelle del grande Basilio (fu il più grande riformatore, divenuto poi Santo, della Chiesa Bizantina e l'espressione più alta di quella spiritualità; l'aggettivo basiliano oggi equivale anche a bizantino).
Papa Bonifacio IX, nel XIV secolo, ne ebbe una notevole considerazione; chiamò infatti diversi monaci casolani a dirigere altri monasteri sparsi per l'Italia.

Il Typikon di Casole: la sua storia

Il Codice, risalente al 1098-99, era detto Typikon e risultava composto da un insieme di norme che regolavano la vita monastica e materiale dei frati. Non possiamo dire quanto questo codice fosse di Boemondo e quanto del primo Abate Igumeno Giuseppe. Esso è contenuto in un manoscritto compreso nel Codice Torinese C111; questo codice prima si trovava nell'Università di Torino, poi è stato portato, ad opera del Consigliere della Corte d'Appello di Trani, L. De Simone, per motivi di studio alla Vaticana a Roma (1890), ma poi la Biblioteca di Torino l'ha rivendicato a sé.
Di questo Codice abbiamo due copie: un codice quasi identico detto Barberiniano greco 350 e il codice Barberiniano greco 383, custoditi nella Biblioteca Vaticana a Roma. Il codice Barberiniano 350 era posseduto inizialmente da un Arciprete di Soleto di nome Francesco Arcudi che poi lo regalò ad un Cardinale Barberini. In seguito dai Barberini fu donato alla Biblioteca Vaticana. Il Codice Barberiniano fu trascritto nel 1205 dal Typikon del 1098. Il Codice Barberiniano 383, che è la copia della copia, non è identico all'originale. Al momento della stesura del Typikon c'erano altri codici, ma di origine greca (San Basilio, San Saba, San Teodoro). Esiste un gruppo di Typikà così detto Atonito (gruppo autentico), risalente al decimo secolo. Ci sono poi dei gruppi che provengono da altri o sono loro rifacimenti. I Typikà Otrantini sono quelli che più si rifanno alle regole originali dei Typica’ Atoniti.

I principali Abati

Come detto il primo Abate fu Giuseppe Igumeno, che nel 1098-99 fondò il monastero.
Ma il più importante in assoluto, fu il settimo, il Nettario (1219-1235), chiamato così dopo essere divenuto Abate (ma egli usava firmarsi sempre con il suo vero nome Nicola di Otranto). Fu molto rigido con i monaci e di sua mano soppresse "come spregevole e contraria alla regola dei Padri" la regola che esentava dal digiuno i monaci pescatori. Il Nettario fondò la scuola poetica Otrantina.
Fu protagonista di diverse missioni diplomatiche: nel 1205 e nel 1214 per conto di Papa Innocenzo III quale interprete ai cardinali che andavano a discutere a Costantinopoli sui rapporti tra Greci e Latini; nel 1223-1224, per conto di Federico II in Oriente, e nel 1232 a Roma, dal Papa, per discutere sulla validità del battesimo delle genti battezzate con il rito greco. Nettario, gran conoscitore del greco e del latino, creò la biblioteca di Casole con le migliaia di volumi greci e latini che raccolse nei suoi viaggi in Oriente.
Il decimo Abate fu Basilio, eletto nel 1259. Il 14 novembre 1267 fu trasferito in un monastero vicino a Taranto.

La Scuola Letteraria di Casole

Il monastero di Casole è stato dal secolo XI centro propulsore di cultura e di civiltà, anticipando e poi affiancando la famosa scuola siciliana di Federico II da cui ha avuto inizio, nel ‘200, quel processo linguistico da cui sarebbe derivata la lingua italiana. Infatti, qui, tra gli scogli più ad est d'Italia, nascono alcuni tra i primi componimenti in poesia della letteratura nazionale. Nella Terra d'Otranto, nell'Età oscura, la lingua greca, quella parlata oltremare, nelle terre di Bisanzio, è la lingua con la quale si esprime la maggior parte della popolazione e con la quale si esprime pure la comunità italo-greca dei monaci basiliani che ha dato vita all'abbazia di Casole. Il Circolo Poetico di Casole, che si poneva sotto l’ala protettrice di Federico II, aveva come guida l'abate Nettario  e si proponeva di trattare sia temi religiosi sia temi profani.
Esso promosse un vero e proprio umanesimo italo-bizantino in Terra d'Otranto che determinò la sopravvivenza della lingua greca come lingua letteraria del Salento in un'età in cui invece a Palermo, alla corte del grande Federico II, l’italiano volgare prevaleva sulle lingue classiche. Nella penisola salentina, dunque, che stava con Bisanzio, aveva arte e cultura mentre il centro-nord d'Italia era attraversato dalle invasioni barbariche e segnato dalle lotte intestine tra guelfi e ghibellini e dalle conseguenze di un marcato analfabetismo.
Riportiamo di seguito un bellissimo sonetto in volgare scritto da Guglielmo d’Otranto (sec. XIII), che, collegandosi alla poesia religiosa toscana, esprime un inno alla SS. Trinità.
O salve, sancta Ostia sacrata
Immacolato sangue e carne pura
Summa creatura in Deo comunicata
De Virgo nata senza corruttura.
Oltre misura fosti tormentata
Morta lanzata misa en sepoltura
De la summa natura suscitata
Et enalzata sopra ogn’altra altura.
Tu sei quell’armatura per cui vencimo
L’antico primo perfido serpente
Percuziente spirito dannato.
Corpo sacrato en pane te vedimo
E certi simo che verasimente
Se’ Cristo onnipotente e Deo carnato.
Tra il Salento e la Grecia non ci fu rottura, ma complementarietà, unione, convergenza e ciò creò l'Umanesimo Salentino. Nel XIII sec. esisteva già in Italia una fioritura di "scuole" poetiche, di cui alcune si richiamavano alle scuole di Epiro e di Corfù; una era ad Otranto, un’altra presso Federico II in Sicilia. I poeti di queste scuole si conoscevano e si influenzavano a vicenda. Quella di Otranto è certamente la più antica e risente più delle altre dell'ambiente religioso, ecclesiastico e politico del tempo: la scuola si rivela filo-bizantina e filo-sveva (è il tempo dei principi svevi in Italia Federico I, Enrico IV, Federico II). Il circolo otrantino visse un suo Umanesimo e preluse al Rinascimento italiano. Gli scrittori del monastero di Casole formavano un gruppo compatto di amici, strettamente legati alle tradizioni storico, politiche e culturali del luogo e del tempo.

Il circolo poetico

Questo gruppo di poeti, composto da quattro elementi, utilizzava la lingua bizantina e non disdegnava il ricorso a virtuositiche ed elaborate tecniche letterarie. Enorme è la valenza della loro produzione nel contesto storico e culturale in cui operarono.
Perché poetarono in greco ma erano partecipi di un'attività che pur nelle sue diversità linguistiche, il greco ed il volgare, rappresentava un'unita' culturale appena nata e che già spiccava il volo verso lidi successivamente noti. Dei quattro poeti due sono religiosi e due laici. Tra loro non vi furono rapporti sistematici, veri e propri contatti regolari. Solo reciproco rispetto ed intesa amichevole. Anche perché li divide per alcuni una generazione.
L’opera di Nettario fu proseguita da Giovanni Grasso, protonotario e maestro imperiale. Figlio di Giovanni Grasso e' l'altro poeta, Nicola d’Otranto. Infine Giorgio di Gallipoli il rappresentante più importante della scuola poetica greca nel Salento bizantino.


Il monastero di Casole  sta in


MAGNA  GRECIA  BIZANTINA  E TRADIZIONE CLASSICA
ATTI  DEL  DECIMOSETTIMO  CONVEGNO  DI  STUDI SULLA
MAGNA  GRECIA
TARANTO, 9-14  OTTOBRE  1977

STA IN
http://www.pugliadigitallibrary.it/media/00/00/91/2843.pdf




31 Marzo Santi di Spagna e Portogallo





Pintura mural del Banquet del rei Epuló conservat en el Museu Diocesà d'Urgell (Segle XII).


Saint RENOVAT ou RENOVATUS, Arien converti, higoumène de Cauliana au Portugal, puis évêque de Mérida en Espagne (633).

31 Marzo Santi Martiri dal XVI al XXI secolo


 

Saint DAVID de Garéja, moine, martyr par la main des Musulmans (Russie, XVIIème siècle).
 


Saint JEAN, prêtre, martyr par la main des Communistes (Russie 1938).

31 Marzo Santi di Francia

Risultati immagini per icone di Gertrude di Nivelles
 Gertrude di Nivelles (Landen, 626 circa – Nivelles, 17 marzo 664) è stata una badessa franca, una delle figlie di Pipino di Landen, maggiordomo di Austrasia. Negli Annales Xantenses viene definita: Gertrude vergine santa. Inoltre, alla morte di suo padre, Pipino, nel 647, la madre, Itta, nel 650, edificò il monastero di Nivelles, dove, su consiglio di Amando di Maastricht, si ritirò divenendo suora benedettina. Anche Gertrude decise di farsi religiosa e seguire la madre, secondo gli Annales Mettenses Priores, respingendo anche la proposta di matrimonio del re di Austrasia, Dagoberto II.

Il monastero fondato dalla madre era un monastero benedettino doppio, con un'ala maschile e una femminile, sottoposto all'autorità della badessa. Itta ne divenne la prima badessa, però, secondo un'altra versione, avrebbe rinunciato a tale dignità a favore della figlia Gertrude (che comunque le sarebbe succeduta alla sua morte, nel 657), che anche secondo gli Annales Marbacenses, era entrata nel convento della madre, Itta.

La cultura ebbe notevole impulso dalla sua gestione: fece arrivare da Roma numerosi manoscritti e chiamò dall'Irlanda molti monaci dotti (il che fa pensare che le monache potessero seguire la regola di san Colombano) come san Foillano, che rimase a Nivelles per educare i monaci, e il fratello di questi sant'Ultano, che si dedicò anche all'evangelizzazione delle vicine terre germaniche, ancora pagane.

Si dedicò allo studio e alla contemplazione: la tradizione la vuole mistica e visionaria.

Morì ancora giovane, secondo gli Annales Xantenses, nel 664, e venne acclamata subito come santa.

giovedì 29 marzo 2018

29 Marzo Santi italici ed italo greci


 Immagine correlata

ASTI : Chiesa collegiata di San Secondo


AFFRESCO raffigurante  Madonna con Bambino e San Secondo con modello della città risalente al 1400 circa.

Santo Secondo Martire ad Asti (verso il 119)

Nobile pagano di Asti, sembra che andasse nelle prigioni a visitare i martiri cristiani, nei confronti dei quali nutriva grande ammirazione. Grazie a S. Calogero si convertì al cristianesimo. A Milano incontrò S. Faustino e S. Giovita, anch’essi in carcere, dai quali ricevette il battesimo. Amico di Sapricio, prefetto romano di Asti, lo accompagnò a Tortona dove Marciano, vescovo della città, era in attesa di processo. Per aver sepolto il corpo di Marciano e per aver rifiutato di abiurare la propria fede, fu infine arrestato e martirizzato.

Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/47650

San Secondo di Asti fu certamente uno fra i primi martiri in terra piemontese, ma non va confuso con altri due santi omonimi venerati nella medesima regione: San Secondo di Salussola, venerato anche a Torino e Ventimiglia, e San Secondo di Pinerolo, entrambi ritenuti dalla tradizione popolare soldati della Legione Tebea. Maggior mistero aleggia sull’esistenza terrena del veneratissimo santo astigiano, i cui “Atti” raccolti dai bollandisti in quattro codici lo ritraggono quale uomo profondamente religioso ed assai famoso in Asti, associandolo però a figure di dubbia storicità.
Secondo sarebbe venuto a contatto con il cristianesimo grazie a San Calogero di Brescia, cui era solito far visita in prigione.Udendo che era giunto ad Asti il prefetto Sapricio, inviato dall’imperatore Adriano al posto di Antiochio, Secondo si recò da lui per chiedergli per quale buon motivo Calogero fosse stato imprigionato. Gli fu data quale motivazione che egli insegnava al popolo il disprezzo per i beni materiali, soggiungendo di aver saputo che a Tortona vi era un cristiano di nome Marciano e di aver intenzione di raggiungerlo. Secondo volle accompagnare il prefetto e Calogero  predisse al santo che sarebbe stato battezzato a Tortona ed al suo ritorno ad Asti avrebbe subito il martirio. Anche Martiniano, vescovo di Tortona, gli predisse le stesse cose.
Secondo si trasferì poi a Milano, ove incontrò i Santi Faustino e Giovita. Faustino lo battezzò e lo comunicò, affidandogli anche una particola consacrata da portare a Marciano e Calogero, quale segno del suo avvenuto battesimo. Fatto ritorno a Tortona, Secondo andò a trovare Marciano in prigione e gli portò la comunione, chiedendogli anche di pregare per lui. Il giorno seguente Marciano fu chiamato a comparire dinnanzi a Sapricio, il quale gli ordinò di offrire sacrifici agli dei, ma il cristiano rifiutò e fu allora fatto decapitare fuori della città. Sapricio rimase sorpreso alla notizia che Secondo aveva dato sepoltura al corpo del martire e lo mandò a chiamare, ma questi non si presentò ritenendo il prefetto reo di sangue innocente. Avendo rifiutato per ben tre volte la convocazione, infine fu allora arrestato ed obbligato a comparire davanti all’autorità, ove non esitò a confermare di essere cristiano. Venne dunque torturato e rispedito in cella.
il giorno seguente Secondo era scomparso ma la cella era chiusa.Sapricio, sempre più infuriato, diede allora ordine di tornare ad Asti per vendicarsi su Calogero: qui come per miracolo ritrovarono anche Secondo rinchiuso in cella con l’amico. Entrambi rifiutarono per l’ennesima volta di sacrificare agl’idoli pagani: Calogero fu nuovamente imprigionato e solo in un secondo momento trovò il martirio presso Albenga sulla riviera ligure di ponente, mentre Secondo fu subito condotto fuori della città e decapitato. Correva l’anno 119 circa..

Consultare anche
P.ANDREA  BRUSTOLON OMV
SANTI  PIEMONTESI DEI PRIMI TRE SECOLI

Sta in
http://www.villaschiari.it/insegnamenti/09_01.pdf

30 Marzo Santi Martiri dal XVI al XXI secolo

 

Saint ZACHARIE, évêque de Corinthe, martyr par la main des Musulmans (1684). 


 

30 Marzo Santi di Francia


Visualizza immagine di origine
Saint RIEUL (REGULUS), Grec de nation (?), premier évêque de Senlis et apôtre d'une partie de la Picardie (vers le IIIème siècle).

Saint MAMERTIN, higoumène du monastère des Saints-Côme-et-Damien à Auxerre en Bourgogne (462).

Saint PASTEUR, évêque d'Orléans, confesseur (557).

Saint KIRIO, ermite à Tredrez en Bretagne (VIème-VIIème siècles).

Saint VERON, arrière-petit-fils de Charlemagne (?) devenu valet de ferme et thaumaturge à Lembeek près de Hal en Brabant (863).

Sainte VERONA, soeur de saint Véron, morte à Leefdael en Brabant (IXème siècle).

mercoledì 28 marzo 2018

29 marzo Santi Martiri daL XVI al XXI secolo


 
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Saints PAUL VOÏNARSKY, prêtre, PAUL, et ALEXIS, martyrs par la main des Communistes (Russie 1919).

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Santo Sisto III papa e patriarca di Roma confessore della fede versus pelagiani e nestoriani (verso il 440)

Martirologio Romano: A Roma sulla via Tiburtina presso San Lorenzo, deposizione di san Sisto III, papa, che ricompose i dissensi tra il patriarcato di Antiochia e quello di Alessandria e nella città di Roma consegnò al popolo di Dio la basilica di Santa Maria Maggiore sul colle Esquilino.


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tratto da http://www.lastampa.it/2017/12/15/vaticaninsider/ita/documenti/sisto-iii-il-papa-che-ricompose-i-dissensi-tra-antiochia-ed-alessandria-2jEO9jwJS1xxq0KUxoQtzN/pagina.html

Conciliatore 
Sisto III, Papa e santo, era romano di nascita. Il pontificato durò otto anni e qualche giorno. La sua elezione al soglio pontificio avvenne il 31 luglio 432. Cirillo di Alessandria ebbe premura di avvisare subito il nuovo Pontefice della difficile situazione in cui versava l’unità della Chiesa in Oriente. Sisto, mostrandosi in piena continuità con il suo predecessore, Celestino I, «secondo il principio che quanto già deciso non deve essere cambiato», si fece mediatore sollecitando la più larga riconciliazione possibile tra i contendenti d’Oriente all’interno della Chiesa. Secondo il Martirologio Romano, Sisto «ricompose i dissensi tra il patriarcato di Antiochia e quello di Alessandria».  

Antiochia e Alessandria 
Giovanni di Antiochia, rappresentante della scuola teologica antiochena, e Cirillo di Alessandria, esponente della scuola teologica alessandrina, rappresentavano le due fazioni, che si erano scontrate al Concilio di Efeso (431). Tranne il caso di Nestorio, per il quale si ribadiva la condanna ferma e definitiva, Sisto auspicava che tutti coloro che volessero ritornare nella Chiesa autentica potessero farlo, riammessi a pieno titolo nella comunione ecclesiale. La vicenda era così grave che lo stesso imperatore Teodosio II cercò di favorire le trattative: il patriarca di Costantinopoli, interpellato dall’imperatore, suggerì che entrambe le parti facessero un passo avanti sulla strada della distensione: Giovanni di Antiochia avrebbe dovuto accettare la condanna di Nestorio e Cirillo di Alessandria ritrattare i propri scritti contro Nestorio; in seguito i due si sarebbero accordati su una formula di fede.  

Il Successore di Pietro 
Nell’aprile 433 Cirillo annuncia ai suoi l’avvenuta conciliazione e Giovanni comunica all’imperatore l’assenso alla deposizione e alla condanna di Nestorio. Il 15 settembre 433, Sisto III scrive sia a Giovanni di Antiochia che a Cirillo di Alessandria, compiacendosi con entrambi per la ritrovata comunione; nelle sue lettere il Pontefice pone in evidenza l’opportunità del riferimento alla Sede romana, al Successore di Pietro, per edificare nell’unità e sulla roccia la Chiesa di Cristo. 



«Vices apostolicae sedis» 
«Sisto difese con determinazione la giurisdizione della Sede romana nei confronti delle Chiese dell'Illirico tramite il vicariato apostolico della sede di Tessalonica», scrive Elena Cavalcanti. L'occasione fu determinata (435) dalla presa di posizione di Perigene, vescovo di Corinto, che reclamava il diritto ad esercitare funzioni di metropolita. Questa pretesa non rispettava Anastasio, vescovo di Tessalonica, «vices apostolicae sedis». Sisto III scrisse a Perigene, richiamando alla tradizione dei suoi predecessori che avevano sempre riconosciuto la dignità di vicariato apostolico (dipendente da Roma) alla sede di Tessalonica nei confronti delle Chiese della penisola balcanica (Illirico). Il problema dell'influsso sull'Illirico emerse nuovamente nel 437: come si comprende da una lettera di Sisto al patriarca Proclo, dall'Illirico alcuni esponenti del clero si erano rivolti a Costantinopoli per alcune questioni; il Papa ricorda a Proclo la documentata tradizione della giurisdizione del vescovo di Tessalonica e lo invita a non accogliere alcun membro del clero dell'Illirico che non sia munito di lettera di presentazione di quel fratello nell'episcopato. 




«Suburbicario» 
Il Liber pontificalis attribuisce a Sisto III la consacrazione di 52 vescovi delle province suburbicarie: non è inutile chiarire che «suburbicario» deriva dal latino tardo suburbicarius, composto di sub- e urbicarius (derivato, come urbĭcus, di urbs, Urbs), significante «della città di Roma». La denominazione si estendeva a tutte le diocesi soggette all’episcopus urbicus, cioè al Vescovo di Roma.  

La condanna di Pelagio 
Secondo Prospero d’Aquitania, il deposto vescovo Giuliano di Eclano si rivolse a Papa Sisto sperando di poter essere reintegrato nella sua sede. Al tempo di Papa Zosimo, Giuliano si era rifiutato, insieme ad altri 18 vescovi italiani, di sottoscrivere la lettera Tractoria che condannava Pelagio e Celestio ed aveva scritto due lettere al Papa con richiesta di spiegazioni; di conseguenza era stato deposto ed esiliato. Giuliano – secondo la notizia di Prospero – si rivolse a Sisto sperando in una riconciliazione, ma, per un intervento dell'arcidiacono Leone, il futuro Papa Leone I, non trovò soddisfazione. 


Il patrimonio architettonico e decorativo 
Durante il pontificato di Sisto III il patrimonio architettonico e decorativo cristiano nella città di Roma ebbe notevole impulso. In questa sede è impossibile trattarne in modo completo. Ricordiamo il contributo fornito all’edificazione della basilica di San Paolo sulla via Ostiense, dove è evidente la cosiddetta «tendenza classicista» dell’architettura dei luoghi di culto romani, in funzione di una vera e propria «renovatio urbis» sotto il segno del cristianesimo. Come nota Elena Cavalcanti: «La tendenza classicista si esprime, oltre che nella grandiosità dell'impianto, nella bellezza e coerenza stilistica dei particolari, nella ricchezza della decorazione, nell'armonia delle proporzioni. L'apice compositivo di tali moduli viene indicato nella basilica di Santa Sabina sull'Aventino, eretta intorno al 425 e portata a compimento dopo il 432 da Sisto III. L'armonia, l'eleganza e la leggiadria di quest’edificio ne fanno la gemma delle basiliche paleocristiane romane».  

Santa Maria Maggiore 
L’edificio maggiormente legato al nome di Sisto è la basilica di Santa Maria Maggiore: il ruolo di Sisto fu quello di portare l'opera a compimento. I mosaici della navata e quelli dell'arco di trionfo costituiscono uno dei più importanti documenti dell'arte paleocristiana e il più antico ciclo conservato a Roma quasi integralmente. Nel contesto decorativo dell'arco trionfale è inserita una famosa iscrizione dedicatoria: «Xystus episcopus plebi Dei». Un’altra iscrizione era ancora visibile alla fine del XVI secolo: si tratta di una solenne dedica celebrativa che evoca il dogma (Concilio di Efeso, 431) della divina maternità di Maria: «A Te, Vergine Maria, Sisto dedicò la nuova costruzione, degno riconoscimento al tuo grembo portatore di salvezza. O genitrice ignara dell'uomo, avendo Tu partorito, la nostra salvezza si produsse dalle [Tue] integre viscere». La costruzione della basilica di Santa Maria Maggiore da parte di Sisto è particolarmente significativa in quanto è l’unica delle chiese patriarcali che fu fondata e dotata di arredi e di beni (tra cui un altare di «argento purissimo» del peso di trecento libbre) per iniziativa del vescovo di Roma senza intervento dell’evergetismo imperiale.  

L’iscrizione «ad fontem» 
Sotto il pontificato di Sisto e all’insegna del classicismo avvenne anche il rimaneggiamento del Battistero Lateranense; in particolare, al tempo di Sisto e forse alla sua diretta iniziativa si attribuisce l'iscrizione «ad fontem» del ristrutturato Battistero Lateranense: «Qui, da un seme divino nasce un popolo, che sarà immortale nel cielo, / che lo spirito fecondatore generò con l'acqua. / Immergiti, o peccatore, tu che devi purificarti nella sacra corrente: / l'onda rinnoverà quello che ha accolto come vecchio. / Non vi è alcuna differenza tra quelli che rinascono, / perché unica la fonte, unico lo spirito, unica la fede compongono in unità. / La madre Chiesa genera con parto verginale mediante l'acqua i figli, / che concepisce per virtù dello Spirito di Dio. / Se vuoi essere mondo, purificati in questo lavacro, / sia che ti trovi oppresso dal peccato originale, sia dalla tua propria colpa. // Qui è la sorgente della vita, che rigenera tutto il mondo, / traendo origine dalla ferita di Cristo. / Voi, rinati in questo fonte, sperate il regno dei cieli; / la vita beata accoglie coloro che non una sola volta sono stati generati. / Né il numero dei suoi peccati o la loro gravità atterrisca qualcuno: / nato in questo lavacro, sarà santo».  

Sisto morì il 19 agosto 440 e fu sepolto nella catacomba di Ciriaca presso la tomba del martire Lorenzo, sulla via Tiburtina.. 
Tratto da
http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2015/3/28/SANTO-DEL-GIORNO-Il-28-marzo-si-celebra-San-Papa-Sisto-III/594216/

Nato nella città di Roma, la sua fama si diffuse ancor prima che diventasse papa soprattutto grazie al ruolo di primo piano che ricopriva tra i porporati romani e alla corrispondenza con Sant'Agostino. Dopo l'arrivo al soglio pontificio con la sua elezione, avvenuta il 31 luglio del 432, si trovò a fronteggiare l'avanzata delle eresie di stampo pelagiano e nestoriano, una situazione già difficile e complicata dal fatto che, a causa della sua indole pacifica e predisposta al dialogo, venne accusato ingiustamente diverse volte di simpatizzare per tali eresie. Nel corso del suo pontificato sottoscrisse gli Atti del Concilio di Efeso, nel quale si discusse non soltanto del tema riguardante la doppia natura di Gesù (umana e divina), ma anche della questione inerente alla possibilità di potersi rivolgere alla Vergine Maria usando l'appellativo "Madre di Gesù" o "Madre di Cristo": alla fine, i convenuti al concilio decisero di attribuire alla Madonna il titolo di "portatrice di Dio" (Theotokos, in lingua greca). Inoltre, viene ricordato anche per aver tentato una pacificazione tra Nestorio, patriarca di Costantinopoli, e Cirillo di Alessandria. Nell'ambito della controversia con Pelagio, si adoperò per impedire a Giuliano di Eclano di ritornare in comunione con la Chiesa cattolica, e si spese anche per allontanare dalla zone dell'Illiria sia le pretese avanzate dal vescovo di Costantinopoli, Proclo, sia quelle dei vescovi locali, attribuendo dunque all'arcivescovo di Salonicco il compito di guidare la chiesa illirica. Non di rado il nome di questo papa viene associato al periodo di forte sviluppo che l'edilizia religiosa conobbe nel corso del suo pontificato: tra le opere da lui fatte realizzare ci sono la chiesa di Santa Sabina, situata sull'Aventino. Sisto ordinò inoltre il restauro della Basilica di San Lorenzo fuori le mura e della Basilica di Santa Maria Maggiore, che si contraddistingue per la presenza dell'iscrizione "Virgo Maria, tibi Xystus nova tecta dictavi", riferita a quanto venne sancito nel Concilio di Efeso da lui stesso presieduto in merito al giusto appellativo da usare nel riferirsi alla Vergine Maria. Usò alcuni dei raffinati doni ricevuti dall'imperatore Valentiniano III per impreziosire gli interni della Basilica Laterana e quella di San Pietro, andando contro quanto sostenuto da San Girolamo, secondo il quale tanta ricchezza allontanava la Chiesa dal suo spirito originario. Sisto III lasciò anche alcuni scritti tra cui ricordiamo le "otto epistole", anche se gli sono state attribuite erroneamente altre opere, come, ad esempio, il “De divitiis”, il “De castitade” e il “De malis doctoribus”. Si è dimostrata inoltre falsa l'opera che parrebbe testimoniare il fatto che sia stato accusato di vari reati dal console Basso. Papa Sisto III morì il 19 agosto del 440. Ancora oggi le sue spoglie sono conservate all'interno della Basilica di San Lorenzo fuori le mura.


Saint CONON, higoumène italo-grec à Nési en Sicile; un des derniers témoins de l'Orthodoxie en Sicile (1236). On l'invoque contre les maux d'oreille

 
Tratto  dal quotidiano Avvenire

Cono, o Conone, Navacita nacque a Naso (Messina), nel 1139, figlio del conte normanno Anselmo, governatore della città. Ancora ragazzo abbandonò la casa, le ricchezze e si ritirò nel locale convento di San Basilio. Trasferito al Convento di Fragalà, nel comune di Frazzanò, ebbe come maestri spirituali san Silvestro da Troina e san Lorenzo da Frazzanò, che lo prepararono al sacerdozio. Conone, dopo l'ordinazione, continuò a manifestare segni di vocazione all'eremitaggio e, col permesso dei superiori, si ritirò in una grotta, che prese il nome di Rocca d'Almo. Ben presto la sua fama di santità superò i confini di Naso. Richiamato al monastero dai suoi superiori, fu eletto abate. In seguito, al ritorno a Naso da un pellegrinaggio in Terra Santa, elargì ai poveri la ricca eredità del padre e si ritirò nella grotta di San Michele. La città era afflitta da un morbo contagioso: i nasitani si rivolsero allora all'abate che li liberò dalla malattia: del miracolo vi è ricordo nello stesso stemma della città. Morì a 97 anni: era il 28 marzo 1236, Venerdì Santo. Canonizzato nel 1630, san Cono è patrono di Naso, i cui abitanti ancora oggi davanti alle reliquie pronunciano l'invocazione «Na vuci viva razzi i san Conu

Martirologio Romano: A Naso in Sicilia, san Cono, monaco secondo la disciplina dei Padri orientali, che, di ritorno da un pellegrinaggio ai luoghi santi, avendo trovato defunti i suoi genitori, distribuì tutto il suo patrimonio ai poveri e ed abbracciò la vita eremitica