lunedì 30 aprile 2018

30 aprile santi italici ed italo greci



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Santa Sofia di Fermo

Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/51450
Lo storico Ughelli nella sua “Italia Sacra” vol. II, parlando della diocesi di Fermo (Ascoli Piceno), attesta che il corpo di santa Vissia riposa nella cattedrale e in effetti nella chiesa metropolitana della città, esistono parecchi reliquiari, fra i quali in un’urna distinta in ebano con ornamenti in metallo dorato di stile barocco, è conservato il capo di santa Vissia martire, stranamente in un’altra urna è pure conservato il capo di santa Sofia martire.
Questa coincidenza dei due crani, fa supporre che esse furono martirizzate nello stesso tempo, se non insieme e probabilmente decapitate.
Secondo tradizioni locali Sofia e Vissia subirono il martirio verso il 250, sotto l’impero di Decio (249-251) durante la settima persecuzione da lui indetta. Esiste nella cattedrale una lapide che descrive santa Vissia che nobilita la città natale con il suo martirio; i loro nomi facevano parte di una lista di santi venerati a Fermo, trasmessa il 5 agosto 1581 da un prelato locale, ad un sacerdote oratoriano e amico di Cesare Baronio, il quale come è risaputo compilò il primo “Martirologio Romano”, e inserì le due sante vergini e martiri insieme allo stesso giorno del 12 aprile.
Secondo alcuni documenti locali s. Sofia è stata celebrata anche il 30 aprile; a tutto ciò bisogna aggiungere che alcuni studiosi ritengono s. Sofia di Fermo, come del resto altre Sofie, come la vedova Sapienza (Sofia) martire, che in Occidente è venerata al 30 settembre insieme alle figlie Fede, Speranza, Carità e il cui culto è diffuso anche in Oriente con i nomi di Sofia, Pistis, Elpis, Agape e ricordate nel culto greco il 1° agosto.









Santo Lorenzo Vescovo di Novara e Martire (verso il 397)

Tratto dal quotidiano Avvenire

I preziosi dittici eburnei in cui sono riportati gli elenchi dei vescovi novaresi dei primi secoli, indicano al terzo posto il nome di Lorenzo, con la particolarità di quello della Cattedrale che, a differenza di quello della basilica di San Gaudenzio, non attribuisce tuttavia alla sua persona la qualifica di vescovo. Una simile precisazione è probabilmente da collegarsi con la tradizione che, a partire dal tempo di Pietro III vescovo dal 993 al 1032, fece di Lorenzo un sacerdote martirizzato, insieme ai fanciulli che stava catechizzando, al tempo di Giuliano l'Apostata, ad opera di alcuni sacerdoti pagani. Tale idea venne definitivamente codificata nella stesura della «Passio Sancti Laurentii», finendo, però, per far completamente dimenticare la fisionomia di Lorenzo come terzo vescovo novarese.
Tratto da
Dalle fonti documentarie oggi conosciute, la figura di Lorenzo di Novara emerge sotto un duplice aspetto: evangelizzatore e martire precedente il primo vescovo Gaudenzio, oppure terzo vescovo della città dopo Agabio. I preziosi dittici eburnei in cui sono riportati gli elenchi dei vescovi novaresi dei primi secoli, indicano al terzo posto il nome di Lorenzo, con la particolarità di quello della Cattedrale che, a differenza di quello della basilica di San Gaudenzio, non attribuisce tuttavia alla sua persona la qualifica di vescovo. Una simile precisazione è probabilmente da collegarsi con la tradizione che, a partire dal tempo di Pietro III vescovo dal 993 al 1032, fece di Lorenzo un sacerdote martirizzato, insieme ai fanciulli che stava catechizzando, al tempo di Giuliano l’Apostata, ad opera di alcuni sacerdoti pagani. Tale idea venne definitivamente codificata nella stesura della Passio S. Laurentii e nel racconto della Vita S. Gaudentii, entrando da allora a far parte della tradizione agiografica locale, finendo per far completamente dimenticare la fisionomia di Lorenzo come terzo vescovo novarese. Centro del culto tributato a questo santo evangelizzatore fu, fino al momento della sua demolizione nel 1552, la basilica sorta sul luogo della sua sepoltura, oltre le mura della città nei pressi dell’attuale stazione ferroviaria. Nell’edificio, cui era annesso un convento benedettino era conservato il suo sepolcro, indicato col termine puteus che, a partire dal XVI secolo, erroneamente identificato con un pozzo, venne ritenuto il luogo in cui fu gettato il cadavere del presunto martire, da quel momento chiamato Lorenzo al pozzo, finendo per diventare un elemento immancabile nella sua iconografia. Con la demolizione della basilica si è perso purtroppo molto materiale archeologico e documentario che avrebbe potuto aiutare a chiarire ulteriormente le vicende cultuali di Lorenzo, specialmente in rapporto alla metamorfosi della sua figura e all’origine della passio, composta probabilmente nella seconda metà del XI secolo. Tale datazione indurrebbe ad escludere l’identificazione di Lorenzo con un martire del IV secolo, la cui memoria sarebbe certo emersa già in epoca precedente, considerando la grande venerazione di cui godettero i martiri locali in chiese limitrofe come Torino e Milano. A Lorenzo vescovo sono attribuite tre omelie che costituiscono la più genuina testimonianza della sua opera evangelizzatrice e della sua sollecitudine di pastore: De Poenitentia, De Elemosyna, De Muliere Chananaea, opere che gli valsero nel medioevo l’appellativo di Dottore della Chiesa Novarese. Il culto a questo santo, nella sua fisionomia di prete e martire, si diffuse in diocesi a partire dal XVI secolo, specialmente dopo la conferma del culto ottenuta dal vescovo Bascapè, in seguito alla riforma di Pio V. Nelle chiese, cappelle ed altari lui dedicati il santo è sempre presentato con l’abito talare o con i paramenti sacerdotali, accompagnato dai fanciulli che si credeva con lui uccisi, accanto ad un pozzo, come nella chiesa di Crevola Sesia, Sassiglioni di Vocca, Ordrovago di Cravagliana e Cosasca. Anche nella città di Novara si è rispettata l’iconografia tradizionale, come si può vedere nello scurolo di San Gaudenzio, nel mosaico della cappella del Seminario e nell’altare della Cattedrale
dove riposano oggi le sue reliquie. Attualmente la memoria liturgica di San Lorenzo terzo vescovo, che gli antichi calendari e il Martyrologium Romanum fissano al 30 aprile, è celebrata in diocesi il 4 maggio.



1 Maggio Santi di Spagna e Portogallo



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Saints ORENS et PATIENCE, mari et femme martyrs à Huesca en Aragon (vers 240?).

Saint SATURNIN, martyr à Mérida en Espagne.


Sainte COLOMBE, martyre avec sa soeur à Evora au Portugal sous Dioclétien (303).


domenica 29 aprile 2018

1 Maggio Santi Martiri dal XVI al XXI secolo


 

Saints EUTHYME, IGNACE et ACACE de la skite du Précurseur au Mont Athos, martyrs par la main des Musulmans. Pour saints Ignace et Euthyme, cf. le 8 octobre et le 22 mars. Saint Acace fut martyrisé à Constantinople en 1815.

 http://www.johnsanidopoulos.com/2014/05/the-venerable-new-martyrs-akakios-of.html

 

Saint NICEPHORE de Chio, maître d'école, higoumène, puis ermite, hymnographe et historien, collaborateur de saint Macaire de Corinthe (cf. 17 avril), père spirituel des saints nouveaux-martyrs Démètre du Péloponnèse (cf. 14 avril), Marc le Jeune (cf. 5 juin) et Angélis (cf. 1er septembre), et thaumaturge (1821).

 http://www.johnsanidopoulos.com/2010/05/st.html

 

Sainte MARIE de Mérambélos en Crète, vierge, martyre par la main des Musulmans (1826).

Sainte NINA, martyre par la main des Communistes (Russie 1938).

1 Maggio Santi di Francia


Saint ANDEOL, Grec de Smyrne, sous-diacre, martyr en Vivarais sous Septime Sévère; il a donné son nom à la commune de Bourg-Saint-Andéol dans l'actuel département de l'Ardèche (208).

Saints ACHE, diacre, et ACHEUL, sous-diacre, martyrs (probablement à Carpentras dans le Comtat-Venaissin) sous Dioclétien, honorés à Amiens en Picardie (vers 303).

Saint AMATEUR, évêque de Troyes en Champagne (340).
Saint URSINIEN, prédécesseur de saint Orens sur le siège épiscopal d'Auch en Gascogne.

Saint ORENS, évêque d'Auch en Gascogne (vers 396); il est le patron principal des communes d'Auch et La Réole.

Saint AMATEUR, évêque d'Auxerre en Bourgogne (418), et sainte MARTHE, son épouse.

Saintes GERMAINE et HONOREE (HONORATA), martyres à Bar-sur-Aube en Champagne (vers 451).

Saint GERTRUDE, moniale, martyre à Vaux-en-Dieulet dans les Ardennes par la main des Francs encore païens (480).

Saint PRECORD, Irlandais de nation, ermite à Vailly en Picardie (VIème siècle).


Saint Brieuc.jpg


Saint BRIEUC ou BRIOC, Gallois de nation, fondateur de monastères en Bretagne; une de ses fondations est à l'origine de la ville de Saint-Brieuc, actuelle préfecture des Côtes-d'Armor (502 ou 510). (Office composé en français par le père Denis Guillaume et publié au tome XIV du Supplément aux Ménées.)

https://har22201.blogspot.com/2015/05/saint-brieuc-brioc-abbe-eveque-et.html

Saint MARCULPHE (MARCOUL, MARCOULF, probablement à l'origine MARKWULF), premier higoumène de Nanteuil au diocèse de Coutances en Normandie (558).
D'après la tradition française, c'est de lui que les rois de France tenait le pouvoir de guérir les écrouelles. Cependant, d'après Marc Bloch, le pélerinage du roi de France sur les reliques de saint Marcoul à Corbeny après son sacre n'est attesté qu'à partir de 1360, tandis que le rite de la guérison des écrouelles est attestée dès le règne de Philippe Ier (fils d'Anne de Kiev) en 1060. Ce qui ne veut pas dire que la tradition reliant la guérison des écrouelles à saint Marculphe ne soit pas beaucoup plus ancienne, et peut-être liée à des événements de l'époque mérovingienne, voire (hypothèse personnelle) au souvenir de thaumaturge laissé par le roi saint Gontran.
En tout cas, on invoque saint Marculphe contre la maladie des écrouelles.

Saints CRIOU (CARIULPHE) et DOMARD, disciples de saint Marculphe à Nanteuil.

Saint THEODULPHE ou THIOU, troisième abbé au Mont-d'Or près de Reims en Champagne (590).

Saint ARIGE ou AREY, évêque de Gap, renommé pour sa lutte contre la simonie (604).

Saint BLANDIN, ermite près de Meaux en Brie (vers 651).

Saint ULTAN, Irlandais de nation, frère de saint Feuillen et de saint Fursy, premier higoumène de Fosses au pays de Liège (686).

Saint EVERMAR, pélerin frison, martyr avec six compagnons assassinés par des brigands à Russon près de Tongres en Limbourg (vers 700).

Saint KELLAN ou CEALLAN, Irlandais de nation, higoumène de Péronne en Picardie (730).
Saint THEODARD (AUDARD, DODARD), archevêque de Narbonne et patron de la ville de Montauban (893).

29 Aprile Santi Italici ed Italo greci




 Torpes of Pisa.jpg

Santo Torpete martire a Pisa nel I secolo



Tratto da




Secondo la tradizione, Pietro, prima di raggiungere Roma, giunse ad una cittadina poco lontana dalla futura Repubblica Marinara di Pisa. A ricordo del soggiorno di Pietro è la bellissima Chiesa di S. Piero a Grado, che ancora oggi testimonia le origini della presenza cristiana nella provincia pisana. Le scarse notizie su Torpete ci informano che fu contemporaneo a questi avvenimenti. Gli Atti del martirio di S. Torpete, che attestano la devozione per il santo pisano già dal IX secolo, ad opera dei Bollandisti e il Martirologio Romano, che contiene l’Elogio del santo martire, costituiscono le uniche scarse fonti, che sebbene debbano essere lette con molta prudenza, offrono un quadro generale plausibile sulla figura di Torpete.

Torpete visse in tempo di persecuzioni. L’impero romano, che ebbe spesso nei confronti della Chiesa Cristiana un rapporto conflittuale e talvolta di aperto contrasto, ricorse anche a pratiche intimidatorie ed eliminazioni fisiche dei seguaci di Gesù. Divenuto anch’egli cristiano, Torpete praticava di nascosto la nuova fede religiosa, il che non gli impediva di svolgere un ruolo importante presso l’amministrazione romana, come troviamo scritto in Filippesi 4, 22.

Tornato a Pisa, fu riconosciuto cristiano dal prefetto della città, Satellico, il quale tentò di riportarlo alla religione pagana. A nulla valsero i suoi sforzi: né le false promesse, né le prove fisiche convinsero Torpete a rinnegare Gesù Cristo, che raggiunse in cielo il 29 aprile, giorno del suo martirio. Dopo la morte, il suo corpo fu abbandonato sopra una imbarcazione, che si arenò presso Sino, un porto talvolta riconosciuto in Francia, in altre occasioni in Spagna o anche in Portogallo. Ciascuna di queste nazioni rivendicano infatti il corpo del martire, testimonianza del fatto che il culto del santo pisano è effettivamente molto antico, come dimostrano le Chiese dell’XI secolo dedicate in suo onore. Sempre nello stesso secolo, intorno al 1084, si trova traccia della Chiesa pisana di San Torpete.

L’importanza del santo pisano crebbe nei secoli anche in virtù dei numerosi miracoli riconosciuti a Torpete. Monsignor Federigo Visconti, vescovo di Pisa dal 1254 al 1278, riporta nel Sermone 36, recitato il giorno dell’Ascensione, che la chiesa di S. Piero ad Gradus era meta di molti pellegrini, non solo toscani, che concurrunt cum devozione maxima ad Ecclesiam istam beati Petri Apostoli. Il Codice Civile della Repubblica del 1284 stabiliva che il giorno 29 aprile si celebrasse la sua festa. Tra i segni prodigiosi compiuti dal santo pisano merita di essere ricordato quello del 29 aprile 1633: colpita da una gravissima peste, la città di Pisa ricorse alle preghiere ed alla intercessione di Torpete, e ne fu immediatamente liberata.





Tratto da 

http://www.associazioneamicidipisa.it/storia-e-fotografie-dei-santi-pisani-san-ranieri-san-sisto-santa-bona/71-san-torpe.html

Il culto di san Torpè è  legato direttamente ed esplicitamente con Pisa, tanto da sembrare “pisano” a tutti gli effetti, anche se con ogni probabilità si tratta di un culto importato.

Ad un agiografo vissuto nell’area pisano-lucchese è comunque da attribuire l’antica Passio, redatta probabilmente fra VII e VIII secolo, al più tardi all’inizio del IX, dal momento che ad essa fanno riferimento i martirologi carolingi, a partire da Adone (†855) e Rabano Mauro (†857); e sempre a Pisa si svolge la vicenda narrata dalla Passio. Tuttavia il culto di Torpè è certamente anteriore, poiché il suo nome compare nell’elenco di santi riportato all’interno del cosiddetto Dittico di Areobindo (secolo VI), elenco attribuito dal Guidi, su base paleografica, al secolo VI-VII. In realtà della linea 21 si leggono solo le prime tre lettere, “TOR”, tuttavia non appare possibile identificare con queste lettere alcun altro santo che abbia avuto un culto a Lucca, mentre è evidente che l’elenco dei santi del Dittico è chiaramente collegato con la Chiesa lucchese, come dimostra la presenza di san Frediano nell’ultima linea.

Secondo la Passio, che segue il classico modello agiografico martiriale, Torpè era un soldato romano vissuto al tempo di Nerone. Dopo aver ricevuto il battesimo per mano di Antonio, un eremita che viveva sul Mons Pisanus, si oppose risolutamente all'ordine dell'imperatore che cercava di imporre il culto della dea Diana, in onore della quale aveva fatto edificare un sontuoso tempio presso le mura, a nord della città. Imprigionato per ordine del prefetto Satellico e sottoposto a torture, fu infine condotto alla foce dell'Arno, dove fu decapitato. Il corpo fu collocato su una piccola imbarcazione insieme a un cane e un gallo (la pena che il diritto romano riservava ai parricidi, una “citazione erudita” dell’agiografo finalizzata ad accreditare l’antichità del testo) e lasciato alla deriva. Dopo una lunga navigazione la barca giunse nel porto di Sinus, dove fu raccolto da una nobildonna cristiana di nome Celerina, che edificò una chiesa in onore del martire. Secondo una tradizione successiva il luogo d'approdo sarebbe invece la Provenza, precisamente la località che in onore del santo fu denominata St. Tropez. La testa del martire, che era stata lasciata presso la foce dell'Arno, fu successivamente raccolta dai cristiani e collocata dapprima in una cappella eretta in suo onore in S. Rossore, quindi in una cappella in prossimità dell'attuale chiesa di S. Ranierino, infine nell'attuale chiesa di S. Torpè, presso i cosiddetti “Bagni di Nerone“, ruderi romani che probabilmente sono all'origine della fantasiosa storia del tempio di Diana e forse di tutta la Passio, che è evidentemente una elaborazione letteraria, costruita radunando luoghi comuni della tradizione martiriale.

La Passio è una interessante testimonianza dell'epoca dello scrivente ma è inutilizzabile per dare una identità al santo, sul quale non si può dire null'altro che in area pisano-lucchese, in età imprecisabile ma verosimilmente intorno al secolo VI, si è affermato il culto di un martire di nome Torpes, legato all’arrivo di una importante reliquia, che nulla vieta possa identificarsi con il cranio ancora oggi conservato nella chiesa cittadina a lui dedicata. Torpè è festeggiato il 29 aprile a Pisa, in Sardegna e a St. Tropez (Francia), dove, secondo la tradizione locale, sarebbe approdata l'imbarcazione con il corpo del martire, del quale però non c'è traccia.

Tratto da: G. Zaccagnini, Il santorale pisano nei calendari liturgici dei secoli XII e XIII, in Profili istituzionali della santità medievale. Culti importati, culti esportati e culti autoctoni nella Toscana Occidentale e nella circolazione mediterranea ed europea, a c. di C. Alzati e G. Rossetti, Pisa 2008 (= Piccola Biblioteca GISEM, 24), pp. 35-63 (pp.36-38)



Consultare anche

San Torpè primo fiore di Pisa  di  Rossella Mazzarella




Sta in







Santo Severo Vescovo di Napoli (verso il 409)



Tratto dal Quotidiano Avvenire

Della sua vita antecedente al ministero episcopale non sappiamo quasi nulla. Guidò la Chiesa campana dal febbraio 363 al 29 aprile 409. La sua opera si svolse in un periodo di ritorni al paganesimo e di eresie. Riportò nella città le spoglie del suo predecessore san Massimo, che era morto in esilio in Oriente, durante la persecuzione ariana. Fu amico di sant'Ambrogio (340-397) che conobbe durante il Concilio plenario campano del 392 a Capua. A Severo viene attribuita la costruzione del celebre Battistero di Napoli, il più antico dell'Occidente. Una «Vita» di Severo scritta nell'XI secolo, riporta un suo miracolo operato in vita: non potendo aiutare in altro modo una vedova, minacciata di schiavitù da un uomo, che pretendeva di essere pagato per un debito del defunto marito, Severo condusse l'uomo al sepolcro del defunto, richiamandolo in vita e da lui lo fece sbugiardare



Tratto da


Nel catalogo dei vescovi napoletani è al dodicesimo posto; della sua vita anteriore al suo ministero vescovile, non si sa praticamente nulla.
San Severo espletò il suo episcopato dal febbraio 363 al 29 aprile 409, quindi qualche decennio dopo la libertà di culto decretata da Costantino ai cristiani (313); fu certamente un periodo in cui le due religioni, pagana e cristiana, furono costrette a convivere, ed i rigurgiti del paganesimo erano frequenti.
La sua opera si svolse dopo questi ritorni pagani ed i violenti attacchi degli eretici ariani; i seguaci dell’eretico Ario di Alessandria (280-336) affermavano che il Verbo, incarnato in Gesù, non è della stessa sostanza del Padre, ma rappresenta la prima delle sue creature; l’eresia condannata dai Concili di Alessandria del 321 e Nicea del 325, provocò una lotta a volte anche violenta, fra le due posizioni esistenti nella Chiesa di allora.
La Chiesa di Napoli, con la sua guida illuminata, rifiorì nella fede genuina del cristianesimo; riportò nella città le spoglie del suo predecessore san Massimo (sec. IV), che era morto in esilio in Oriente, durante la persecuzione ariana.
Bisogna dire che s. Massimo fu il decimo vescovo di Napoli e s. Severo il dodicesimo, quindi fra i due ci fu l’usurpatore ariano Zosimo, che probabilmente ritornò, durante i suoi sei anni di episcopato, alla fede originale e quindi venne considerato l’11° vescovo legittimo.
Svariati antichi documenti confermano che si conquistò stima ed affetto non solo dei cristiani, ma anche dei pagani. Fu amico di s. Ambrogio (340-397) vescovo di Milano, che ebbe occasione di conoscerlo durante il Concilio plenario campano, tenutasi nel 392 a Capua.
Gli vengono attribuite le fondazioni di quattro basiliche, di cui una adorna di marmi e preziosi mosaici era dedicata al Salvatore, di questa antica basilica chiamata poi S. Giorgio Maggiore, è rimasto solo l’abside.
A Severo viene concordemente attribuita la costruzione del celebre Battistero di Napoli, anteriore di circa trenta anni a quello eretto al Laterano da Sisto III (432-440) e pertanto è il più antico dell’Occidente. Il Battistero è attualmente addossato alla basilica di Santa Restituta nel Duomo di Napoli; chiamato anche “San Giovanni in fonte”, si ispira a canoni orientali, con mosaici ritenuti i più preziosi fra quelli pervenutaci da altri battisteri.
Fuori delle mura della città, Severo fece costruire a poca distanza dalla Basilica di S. Fortunato, una basilica cimiteriale, dove fece deporre le reliquie del vescovo s. Massimo e che pare sia stata pure la sua prima sepoltura.
Da questa basilica, le sue reliquie furono trasferite verso la metà del IX secolo, in un oratorio della Basilica urbana di S. Severo nel Rione Sanità, tenuta da una Congregazione sacerdotale detta “della feria sesta”.
Nel 1310 l’arcivescovo Umberto d’Ormont, che era stato in precedenza insignito del titolo di abate della Basilica di S. Severo, collocò le reliquie sotto l’altare maggiore, innalzandovi sopra un magnifico ciborio di marmo, che alcuni studiosi attribuirono a Tino da Camaino o alla sua scuola.
Questo trasferimento di reliquie, risvegliò il culto per il santo vescovo, che si era alquanto sopito, dopo il 1294, per la sopravvenuta devozione verso il martire domenicano s. Pietro da Verona.
Il celebre Calendario Marmoreo di Napoli, scolpito nel IX secolo e conservato negli ambienti conglobati nel Duomo, riporta la sua festa al 29 aprile e con questa data è passato nel ‘Martirologio Romano’.
Una ‘Vita’ leggendaria di s. Severo scritta nell’XI secolo, riporta un miracolo operato in vita dal santo vescovo: non potendo aiutare in altro modo una povera vedova con piccoli figli, minacciata di schiavitù da un uomo, che pretendeva di essere pagato un debito del defunto marito; allora Severo lo condusse con sé, insieme al clero e molto popolo, al sepolcro del defunto, richiamandolo in vita e da lui pubblicamente fece sbugiardare il pretendente, perché non gli doveva niente.
È un tipo di miracolo che si trova anche nei racconti delle ‘Vite’ di altri celebri santi antichi, quindi è molto probabile che sia una leggenda aggiunta dall’anonimo agiografo di s. Severo.
Il santo è anche patrono della città e diocesi di S. Severo, in provincia di Foggia.











Tratto da https://vangelodelgiorno.org/main.php?language=IT&module=saintfeast&localdate=20170429&id=2174&fd=0



S

Severo fu il dodicesimo vescovo di Napoli. Il suo episcopato data dal 364 al 410, e s'inserisce d'autorità nella storia napoletana all'indomani di complesse vicende religiose e civili. Parche sono le notizie sulla vita del santo, ma un'importante testimonianza ne illumina lo spessore umano e religioso: una lettera a lui indirizzata da sant'Ambrogio nel 393. Anche il pagano Quinto Aurelio Simmaco, prefetto romano, riconosce le qualità di san Severo, come dimostra una sua lettera del 397-8 al console napoletano Decio Albino. A san Severo inoltre, secondo la leggenda, è legato il primo miracolo della liquefazione del sangue di san Gennaro.
L'episcopato severiano è caratterizzato da una forte spinta evangelizzatrice, concretizzatasi nella costruzione di diversi edifici di culto, tra cui la basilica di san Giorgio Maggiore dove, sotto la mensa dell'altare maggiore, sono tuttora conservate le venerande spoglie del santo, sottoposte a ricognizione tra il 1990 ed il 1992.

Il patronato di san Severo sulla città e diocesi omonima è attestato ai primi del Settecento, quasi certamente introdotto da mons. Carlo Francesco Giocoli (vescovo di San Severo dal 1703 al 1716).

Il santo venne, dunque, ad affiancare san Severino con pari rango, finanche precedendolo nelle invocazioni sinodali a causa della corrispondenza col nome della città. Da subito fu istituita una processione in suo onore da farsi il 30 aprile di ogni anno, solennità del protettore.

Una prima reliquia del santo patrono si ottenne nel 1749, dono del duca di Torremaggiore. Un'altra, donata da mons. Bartolomeo Mollo, fu offerta alla venerazione dal 1753. Nel 1834 fu commissionata allo scultore napoletano Arcangelo Testa una mirabile statua di san Severo, che è quella tuttora venerata e portata in processione.

Nel 1945 mons. Francesco Orlando ottiene dalla Sacra Congregazione dei Riti, con decreto dell'8 novembre, il trasferimento della festa del santo - per la sola diocesi di San Severo - dal 30 aprile al 25 settembre.

Nel 1992, su richiesta di mons. Silvio Cesare Bonicelli, il card. Michele Giordano, arcivescovo di Napoli, concede a San Severo alcune reliquie insigni del patrono, portate nella cattedrale nel 1993 e collocate sotto l'altare del santo.

Consultare anche



 San Severo e il suo patronato-  Questioni agiografiche e cultuali



In

 Tesi di Dottorato di Lidya Colangelo-Università di Foggia-



 Dipartimento di Studi Umanistici, Lettere, Beni Culturali e Scienze della Formazione

Consultare anche

Napoli. La Chiesa di San Giorgio Maggiore-Fu costruita tra il IV e il V secolo per volere di San Severo, celebre vescovo di Napoli




http://www.ecampania.it/napoli/itinerari/napoli-chiesa-san-giorgio-maggiore-1

San Paolo II vescovo di Brescia



Tratto da



http://www.santiebeati.it/dettaglio/97363

San Paolo II è un vescovo di Brescia. Nella lista dei vescovi in alcuni casi risulta al diciottesimo posto in altri al diciannovesimo dopo san Tiziano e prima di san Cipriano. Si ritiene governò la diocesi nei primi anni del VI secolo. Alcuni studiosi gli assegnarono il nome di Paolino, confondendolo con l’omonimo predecessore Paolo I.
Su di lui non sappiamo nulla.
Le sue reliquie furono ritrovate, il 17 febbraio, non si sa se nel 1453 o nel 1455, presso un oratorio nelle vicinanze di San Pietro in Oliveto.
Nel 1798 dono state trasportate nella chiesa di Sant’Agata.
La sua festa viene celebrata il giorno 29 aprile
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30 Aprile Santi di Spagna e Portogallo

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 Saints AMATOR, prêtre, PIERRE, moine, et LOUIS (LUDOVICUS, LUDOVIC, LUIS), martyrs par la main des Musulmans à Cordoue en Andalousie (855). 


A Córdova nell’Andalusia in Spagna, santi martiri Amatore, sacerdote, Pietro, monaco, e Ludovico, che, durante la persecuzione dei Mori, furono crudelmente uccisi per non aver smesso di predicare apertamente il Vangelo di Cristo.


Amatore era un giovane prete di Tuni (Spagna) che, secondo s. Eulogio di Cordova, assieme al padre e ai fratelli lasciò il suo paese natale per recarsi a Cordova, desiderando migliorare la sua formazione spirituale e intellettuale. Ma ben presto si dedicò alla evangelizzazione dei maomettani che occupavano la città, aiutato nella sua opera dal monaco Pietro e da Ludovico, fratello di Paolo Diacono, ambedue di Cordova. Questa attività, però, fu ben presto stroncata dalle autorità musulmane, che misero a morte i tre predicatori il 30 aprile 855. I corpi dei martiri, gettati nel fiume Guadalquivir, dopo alcuni giorni furono trovati sulla riva, e venne data loro pia sepoltura. Pietro fu sepolto nel monastero di S. Salvatore, detto Pena de la Miel, alle porte di Cordova, Ludovico nella città di Palma e Amatore fu riportato nel suo paese natale, che da allora, in memoria del santo, si chiamò Martos, probabile alterazione del nome Amatore. Secondo un'altra versione, invece, il corpo di Amatore non fu mai ritrovato.

30 Aprile Santi di Francia





Saint EUTROPE, premier évêque de Saintes en Saintonge, martyr assassiné par des païens (IIIème siècle).

Saint MATERNIEN, frère de saint Materne de Milan, métropolitain de Reims en Champagne (368).

Sainte HOÏLDE ou HOU, moniale à Perthes en Champagne (Vème siècle).

Saint PULCHRONE ou POLYCHRONE, évêque de Verdun en Lorraine où il donna un éclat particulier aux décisions du concile d'Ephèse (440).

Saint MICHOMER, Irlandais de nation, moine, mort à Tonnerre en Bourgogne (444).

Saint QUIRILLE, évêque de Maëstricht en Limbourg (vers 489).

Saint DESIRE (DESIDERATUS), prêtre et ermite à Gourdon en Bourgogne (vers 569).

Saint AMMON, métropolite de Dol-de-Bretagne (VIIème siècle).

Sainte ONNEN, princesse de Domnonée, soeur de saint Judicaël et de sainte Eurielle, abbesse à Trehorentec en Bretagne (milieu du VIIème siècle).

Saint PLACIDE, abbé de Saint-Symphorien d'Autun (début du VIIIème siècle).

sabato 28 aprile 2018

29 aprile Santi di Spagna e Portogallo


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Saint DANIEL, originaire d'Asie mineure, ermite et martyr en Espagne (IXème siècle).

28 aprile Santi Italici ed Italo greci


Santo Marco di nazionalità galilea e discepolo di San Pietro  Primo Vescovo in Abruzzo ad Atina e martire sotto Domiziano (tra l’anno 82 e l’anno 92)

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L’elogio di Marco quale vescovo di Atina e martire sotto Domiziano, riportato nel Martirologio Romano il 28 aprile, deriva dalla leggenda che Pietro Diacono, costretto a lasciare Montecassino nel 1128 al tempo dell’abate Senioretto, compose per riconoscenza verso la città di Atina che lo aveva ospitato.
Secondo la leggenda e le notizie riferite nel Chronicon Atinense, Marco, galileo, discepolo dell’apostolo Pietro e da lui ordinato vescovo, dopo aver predicato la fede nella Campania, fu ucciso ad Atina dai pagani che, durante la persecuzione di Domiziano, verso l’anno 96, gli conficcarono due chiodi nel capo. Sul luogo della sua sepoltura fu costruita una chiesa, ma, andata questa in rovina, il corpo del santo fu dimenticato. Verso la metà del sec. XI, però, al tempo del vescovo Leone, in seguito a miracoli, il corpo fu ritrovato e portato alla chiesa cattedrale di S. Maria, ove rimase durante la ricostruzione della chiesa edificata sul suo primo sepolcro. Compiuta questa, il corpo vi fu riportato il 1° ott. 1057, e la chiesa fu dedicata il 5 ottobre.
E’ però da osservare che non è ben provata l’esistenza di una sede vescovile ad Atina. Il M. venerato dagli ateniesi sembra non sia diverso dal santo vescovo omonimo il cui culto, diffuso in diversi centri della Campania, ci è attestato dal Martirologio Geronimiano il 5 novembre ad Eca, nella località ove sorse poi Troia di Puglia.



Consultare anche
STORIA DELL’ABRUZZO  ( ATTRAVERSO LE SUE DIOCESI

https://francofrancescozazzara.files.wordpress.com/2014/06/storia-dabruzzo.pdf

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Santo Vitale ufficiale romano e padre dei Santi Gervasio e Protasio e martire a Ravenna (verso il 171  sotto Marco Aurelio)

Martirologio Romano A Ravenna, commemorazione di san Vitale: in questo giorno, come si tramanda, sotto il suo nome fu dedicata a Dio la celebre basilica in quella città. Egli insieme ai santi martiri Valeria, Gervasio, Protasio e Ursicino è da tempo immemorabile venerato per l’impavida fede tenacemente difesa.
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91129
Vitale e Valeria, genitori dei santi Gervasio e Protasio, anch’essi martiri, sono celebrati insieme il 28 aprile. In particolare s. Vitale ha avuto, una raffigurazione nell’arte molto vasta, a lui sono dedicate la basilica di S. Vitale in Ravenna, con i suoi magnifici mosaici, la chiesa omonima a Venezia, dove è raffigurato vestito da soldato a cavallo che solleva uno stendardo, con lancia, spada e mazza, strumento del martirio della sua sposa Valeria. Ancora a lui è dedicata la chiesa di S. Vitale a Roma, con gli affreschi narranti il suo martirio.
Le prime notizie che si hanno di Vitale e Valeria provengono da un opuscolo scritto da Filippo, che si nomina ‘servus Christi’ e a cui sono intitolati i più antichi nuclei di vita cristiana a Milano, come l’hortus Philippi e la domus Philippi; detto opuscolo fu rinvenuto accanto al capo dei corpi dei martiri Gervasio e Protasio, ritrovati da s. Ambrogio nel 396.
L’opuscolo oltre a narrare il martirio dei due fratelli, descrive anche quello dei due genitori Vitale e Valeria e del medico ligure, forse operante a Ravenna Ursicino, vissuti e morti nel III secolo; Vitale è un ufficiale che ha accompagnato il giudice Paolino da Milano a Ravenna.
Scoppiata la persecuzione contro i cristiani, accompagna, incoraggiandolo Ursicino condannato a morte, il quale durante il tragitto verso il luogo dell’esecuzione, era rimasto turbato dall’orrore di trovarsi davanti alla morte violenta. Ursicino viene decapitato e decorosamente sepolto dallo stesso Vitale, dentro la città di Ravenna.
Lo stesso Vitale viene arrestato e dopo aver subito varie torture per farlo apostatare dal cristianesimo, il giudice Paolino ordina che venga gettato in una fossa profonda e ricoperto di sassi e terra; così anch’egli diventa un martire di Ravenna e il suo sepolcro nei pressi della città, diviene fonte di grazie.
La moglie Valeria avrebbe voluto riprendersi il corpo del marito, ma i cristiani di Ravenna glielo impediscono, allora cerca di ritornare a Milano, ma durante il viaggio incontra una banda di villani idolatri, che la invitano a sacrificare con loro al dio Silvano; essa rifiuta e per questo viene percossa così violentemente, che portata a Milano, muore tre giorni dopo.
I giovani figli Gervasio e Protasio, vendono tutti i loro beni, dandoli ai poveri e si dedicano alle sacre letture, alla preghiera e dieci anni dopo vengono anch’essi martirizzati; il già citato Filippo ne cura la sepoltura.
Molti studiosi ritengono che la narrazione sia in parte fantasiosa, riconoscendo nei personaggi citati, altre figure di martiri omonimi venerati sia a Milano che a Ravenna; l’antica chiesa di S. Valeria a Milano, distrutta nel 1786, per gli studiosi non era che la ‘cella memoriæ’ della primitiva area cimiteriale milanese, intitolata appunto alla gens Valeria.
In ogni modo il racconto leggendario o veritiero è documentato da celebri monumenti anche di notevole antichità. La basilica ravennate consacrata il 17 maggio 548, è dedicata oltre che a S. Vitale anche ai suoi figli Gervasio e Protasio, le cui immagini sono poste sotto la lista degli apostoli, mentre un altare laterale è dedicato a s. Ursicino.
Nei mosaici di S. Apollinare Nuovo poi sono rappresentati tutti i cinque personaggi; dall’11° al 14° posto della fila dei santi vi sono i quattro uomini e al nono posto della fila delle sante c’è Valeria.
Numerosi documenti e Martirologi li nominano durante i secoli, specie s. Vitale e s. Ursicino martiri a Ravenna. A Milano sorsero le tre chiese che data la loro vicinanza, confermarono la stretta parentela dei martiri, come era uso costruire allora, la chiesa di S. Vitale, la chiesa di S. Valeria (poi distrutta) e S. Ambrogio dove riposano i due fratelli gemelli Gervasio e Protasio.

San Vitale di Ravenna e Ursicino Protomartire

di Mario Pierpaoli, Agosto 2011
sta in
https://pierpaolimariostorico.wordpress.com/san-vitale-di-ravenna-e-ursicino-protomartire/





Consultare anche "Enciclopedia dell' Arte Medievale" - Treccani


Ravenna
http://www.treccani.it/enciclopedia/ravenna_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/

Basilica di San Vitale, capolavoro d’arte bizantina in Italia

In

https://expoitalyart.it/basilica-san-vitale-arte-bizantina/

 

ed anche

La basilica di San Vitale 525-547, Ravenna

http://www.multytheme.com/cultura/multimedia/didattmultitema/scuoladg/storiarte/artepaleocristianartebizantinabasilicavitale.html

valeria13web

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Santa Valeria moglie di San Vitale martire  e madre dei Santi Gervasio e Protasio   martire a Milano

fu la moglie di San Vitale e madre dei santi Gervasio e Protasio.
Di origine milanese le fonti storiche fanno risalire la nascita intorno al III secolo. Il marito, Vitale, ufficiale dell’esercito, venne ucciso e martirizzato nella città di Ravenna. Valeria, durante il viaggio di rientro a Milano con la salma del marito, venne catturata da una banda di briganti pagani. Obbligata ad adorare il loro dio, abiurando il Dio cristiano, si rifiutò, venendo per questo percossa a morte.



Santo Panfilo di Sulmona Vescovo di Corfino (verso il 700)
Tratto dal quotidiano Avvenire
Chi si reca a Sulmona non può fare a meno di visitare la cattedrale di San Panfilo, dedicata al patrono. Questi era nato nell'VIII secolo nei dintorni della località abruzzese ed era figlio di un pagano che lo ripudiò quando lui si convertì al cristianesimo. Si narra che per questo lo sottopose a una prova: scendere da un carro su un dirupo. Ci riuscì e fu acclamato alla guida della diocesi. Morì a Corfinio, di cui fu probabilmente anche vescovo. Quattro chierici ne ritrovarono il corpo. Ma, mentre lo riportavano a Sulmona, esso divenne pesante come pietra. Allora si fermarono assetati presso la contrada Ficoroni, e apparve miracolosamente una fontana. La cattedrale venne eretta sempre nell'VIII secolo sulle rovine di un tempio pagano. Fu poi radicalmente rifatta nel 1075 dal vescovo Trasmondo e finita nel 1119 dal successore Gualtiero. Nei secoli ha subito molti danni. La parte più antica è la cripta.

29 Aprile Santi Martiri dal XVI al XXI secolo

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Saint STANKO, enfant, martyr par la main des Musulmans 

alors qu'il gardait des brebis (Monténégro 1712).

29 aprile Santi di Francia



Una stupenda canzone dell'epoca dei Longobardi

Saint LUPIEN, disicple de saint Hilaire de Poitiers, mort à Rézé en Bretagne (IVème siècle).

Saint URSION, prêtre et confesseur à Isle-Aumont près de Troyes en Champagne (vers 375).

Saint MAURELE, hiéromoine et confesseur à Isle-Aumont près de Troyes en Champagne (vers 545).

Saint SECONDEL (SECOND), diacre, fondateur de paroisse en Bretagne (vers 560).

Saint AME, archevêque de Sens en Bourgogne (vers 689).

Sainte AVE ou AVA, aveugle guérie au tombeau de sainte Renfroi, moniale à Denain (vers 850).