Santo
Liberale eremita in Veneto
Tratto
da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/51000
Una leggenda, che secondo R. degli
Azzoni Avogari, studioso trevigiano, sarebbe stata composta nel sec. X, sfruttando
anche elementi tolti da leggende d'altri santi, ed è conservata in un ms. della
fine del sec. XIV e in diversi compendi, dei quali alcuni anteriori al ms.,
racconta che Liberale, nato ad Altino da famiglia appartenente all'ordo
equester, fu educato nella fede cristiana da Eliodoro, primo vescovo della
città. Allo studio della dottrina cristiana, alle preghiere prolungate e alle
dure mortificazioni della carne egli univa l'assistenza ai poveri e agli
ammalati e l'azione vigorosa per sostenere il coraggio dei credenti, convertire
i pagani e gli ariani e opporsi alle loro prepotenze. Ogni giorno, assisteva
alla s. Messa e ogni domenica si comunicava e, presso cibo solo in quel giorno,
restava completamente digiuno il resto della settimana. Crescendo l'opposizione
dei pagani e degli ariani, Eliodoro affidò la sua sede al vescovo Ambrogio e si
ritirò nelle isole della laguna. Liberale, rimasto sulla breccia, dopo qualche
fempo, preoccupato dell'incapacità di Ambrogio a tener testa a pagani ed
eretici, decise d'andare alla ricerca di Eliodoro, ma volle prima chiedere lumi
al Signore. Mentre pregava nella cattedrale s'addormentò e nel sonno gli
apparve il suo angelo custode in forma d'uomo dall'aspetto risplendente, che lo
incoraggiò e gli preannunciò vicina la morte. Liberale, visitate un'ultima
volta le chiese della città e dei dintorni, andò a Castrazone ove era una
chiesa dedicata a s. Lorenzo. Non trovando modo di raggiungere l'isola ov'era
Eliodoro, si fermò là conducendo vita eremitica; ma colpito da grave malattia,
poco dopo morí, il 27 aprile. Clero e popolo lo seppellirono in quella chiesa
entro un'arca marmorea.
Attorno a queste linee essenziali e primitive della leggenda, delle quali però è pur difficile provare l'attendibilità, s'incrostarono in seguito miracoli ed episodi tolti per lo piú da leggende analoghe. Secondo R. degli Azzoni Avogari, il corpo di s. Liberale come quello dei martiri Teonisto, Tabra e Tabrata sarebbe stato portato a Treviso dagli abitanti di Altino, quando, nel 452, sotto la minaccia degli Unni di Attila o piú tardi sotto quella dei Longobardi, si rifugiarono numerosi in quella città, nella cui diocesi restarono incorporati definitivamente anche Altino e il suo territorio.
Invece, la sede vescovile nel 639, se non anche piú tardi, passò a Torcello, dove il doge Andrea Dandolo (m. 1354) e poco dopo il domenicano Pietro Calò affermarono essere stati portati anche i corpi di Liberale, Teonisto, Tabra e Tabrata, per essere collocati in quella cattedrale. Però la presenza e il culto a Treviso di quei corpi santi sono attestati, a cominciare dal 1082, da un crescendo di testimonianze monumentali ed archivistiche man mano che ci si avvicina alla fondazione, nel 1360 o nel 1365 della Confraternita di S. Liberale da parte del b. Enrico di Treviso.
Fin dal sorgere del libero comune nel sec. XII Liberale, cavaliere di Altino, era stato proclamato patrono di Treviso, pur restando gli apostoli Pietro e Paolo titolari della cattedrale. E patrono di Castelfranco Veneto lo vollero fin da principio i cittadini mandati da Treviso nel 1199 a fondare quel castello.
La sua tomba a Treviso è nella cripta della cattedrale e la sua festa è al 27 aprile.
La piú antica iconografia lo rappresenta vestito d'una lunga sottana simile al camice liturgico e d'una sopravveste più corta simile al colobion o alla tunicella o alla dalmatica. Invece nella figurina, scolpita intorno al sepolcro del b. Enrico di Treviso, è rivestito della clamide dei soldati. Giorgione nella celebre tela del duomo di Castelfranco lo rappresenta addirittura rivestito di corazza con in mano la bandiera sella città.
Attorno a queste linee essenziali e primitive della leggenda, delle quali però è pur difficile provare l'attendibilità, s'incrostarono in seguito miracoli ed episodi tolti per lo piú da leggende analoghe. Secondo R. degli Azzoni Avogari, il corpo di s. Liberale come quello dei martiri Teonisto, Tabra e Tabrata sarebbe stato portato a Treviso dagli abitanti di Altino, quando, nel 452, sotto la minaccia degli Unni di Attila o piú tardi sotto quella dei Longobardi, si rifugiarono numerosi in quella città, nella cui diocesi restarono incorporati definitivamente anche Altino e il suo territorio.
Invece, la sede vescovile nel 639, se non anche piú tardi, passò a Torcello, dove il doge Andrea Dandolo (m. 1354) e poco dopo il domenicano Pietro Calò affermarono essere stati portati anche i corpi di Liberale, Teonisto, Tabra e Tabrata, per essere collocati in quella cattedrale. Però la presenza e il culto a Treviso di quei corpi santi sono attestati, a cominciare dal 1082, da un crescendo di testimonianze monumentali ed archivistiche man mano che ci si avvicina alla fondazione, nel 1360 o nel 1365 della Confraternita di S. Liberale da parte del b. Enrico di Treviso.
Fin dal sorgere del libero comune nel sec. XII Liberale, cavaliere di Altino, era stato proclamato patrono di Treviso, pur restando gli apostoli Pietro e Paolo titolari della cattedrale. E patrono di Castelfranco Veneto lo vollero fin da principio i cittadini mandati da Treviso nel 1199 a fondare quel castello.
La sua tomba a Treviso è nella cripta della cattedrale e la sua festa è al 27 aprile.
La piú antica iconografia lo rappresenta vestito d'una lunga sottana simile al camice liturgico e d'una sopravveste più corta simile al colobion o alla tunicella o alla dalmatica. Invece nella figurina, scolpita intorno al sepolcro del b. Enrico di Treviso, è rivestito della clamide dei soldati. Giorgione nella celebre tela del duomo di Castelfranco lo rappresenta addirittura rivestito di corazza con in mano la bandiera sella città.
Tratto da
http://www.trevisotoday.it/blog/patrono-san-liberale-treviso-febbraio-2016.html
Il
simbolo di Treviso e il suo patrono
„
„
Patrono delle città di Treviso e Castelfranco
Veneto, San Liberale nacque ad
Altino, nell'antica città romana posizionata tra Padova e Aquileia. Di ricca
famiglia pagana, Liberale fin da giovane volle arruolarsi come soldato, convertitosi al cristianesimo con lo scopo di soccorrere i poveri
e pregare, venne educato nella fede cristiana da Eliodoro,
primo vescovo della città. Quando l'opposizione dei pagani e degli ariani,
divenne insostenibile, Eliodoro decise di affidare la sua sede al vescovo
Ambrogio, per ritirarsi poi nelle isole della laguna di Venezia. Dopo qualche
tempo, preoccupato per l'incapacità di Ambrogio di fronteggiare pagani ed
eretici, Liberale decise di intraprendere la ricerca
di Eliodoro, chiedendo prima consiglio al Signore.
Durante la preghiera nella cattedrale si addormentò e nel sonno gli apparve il suo angelo custode, che lo incoraggiò e
gli preannunciò la vicina morte.
Liberale decise così di recarsi a Castrazone, dove vi era una chiesa dedicata a
S. Lorenzo, non trovando modo di raggiungere l'isola dove risiedeva Eliodoro,
si fermò là conducendo vita eremitica.
Colpito da grave malattia, dopo poco tempo, morí
il 27 aprile del 437.
Pala di Santa Cristina di Quinto di Treviso
(1506) – Chiesa Parrocchiale
Riconosciuto subito come santo, il suo corpo venne seppellito nella chiesa di S. Lorenzo
entro un'arca marmorea, la leggenda afferma che in seguito alla sua morte, si
verificarono episodi di miracoli.
Il suo corpo, secondo fonti storiche, sarebbe stato portato a Treviso dagli abitanti di Altino nel 452 quando,
sotto la minaccia degli Unni di Attila, si rifugiarono numerosi in quella
città, nella cui diocesi restarono incorporati definitivamente anche Altino e
il suo territorio. Intorno al VII sec. la sede vescovile passò a Torcello, dove
vennero portati corpi di Liberale e degli altri martiri Teonisto, Tabra e
Tabrata, per essere collocati in quella cattedrale. La presenza ed il culto di quei corpi santi a Treviso sono
attestati, a cominciare dal 1082, da un crescendo di
testimonianze monumentali ed archivistiche man mano che ci si avvicina alla
fondazione, nel 1360 o nel 1365 della Confraternita di S. Liberale, da parte
del beato Enrico di Treviso. I resti si trovano tuttora nella cripta del Duomo
di San Pietro a Treviso.
“
Consultare anche
MINISTERO
DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA DIREZIONE
GENERALE DEL VENETO
LABORATORIO
DI DISEGNO, STORIA DELL’ARTE, EDUCAZIONE ARTISTICA E IMMAGINE
IL
SANTO CON LO STENDARDO: STORIA ED ICONOGRAFIA DI SAN LIBERALE
http://www.webalice.it/alfredo.sabato/ICONOGRAFIA%20DI%20SAN%20LIBERALE.htm
ed anche
Santo Anastasio
I Papa e Patriarca di Roma
Tratto dal
Quotidiano Avvenire
(Papa dal 27/11/399 al 19/12/401)
Il «Liber Pontificalis» lo dice romano di origine. Edificò a Roma la basilica Crescenziana, individuata, oggi, in San Sisto Vecchio. Combatté con energia il donatismo nelle provincie settentrionali dell'Africa, ratificando le decisioni del Concilio di Toledo del 400. Questo Pontefice è conosciuto specialmente per la controversia origenista. Nel 399 gli amici di san Gerolamo si adoperarono per ottenere da lui una formale condanna dell'origenismo. Sollecitato anche da lettere e da ambasciatori di Teofilo, vescovo di Alessandria, per la partecipazione dell'Occidente a questa lotta, condannò le proposizioni presentategli. Fu in ottimi rapporti con Paolino, poi vescovo di Nola. Della copiosa corrispondenza, che Anastasio dal Laterano indirizzò a personalità di vari paesi, sono rimaste poche lettere. Dopo un pontificato breve (399-401) e molto attivo, Anastasio morì il 19 dicembre 401.
Il «Liber Pontificalis» lo dice romano di origine. Edificò a Roma la basilica Crescenziana, individuata, oggi, in San Sisto Vecchio. Combatté con energia il donatismo nelle provincie settentrionali dell'Africa, ratificando le decisioni del Concilio di Toledo del 400. Questo Pontefice è conosciuto specialmente per la controversia origenista. Nel 399 gli amici di san Gerolamo si adoperarono per ottenere da lui una formale condanna dell'origenismo. Sollecitato anche da lettere e da ambasciatori di Teofilo, vescovo di Alessandria, per la partecipazione dell'Occidente a questa lotta, condannò le proposizioni presentategli. Fu in ottimi rapporti con Paolino, poi vescovo di Nola. Della copiosa corrispondenza, che Anastasio dal Laterano indirizzò a personalità di vari paesi, sono rimaste poche lettere. Dopo un pontificato breve (399-401) e molto attivo, Anastasio morì il 19 dicembre 401.
I
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/82250
il Liber Pontificalis lo dice romano di
origine; suo padre si chiamava Massimo. Edificò in Roma la basilica
Crescenziana, ricordata anche nel sinodo del 499 e individuata, oggi, in S.
Sisto Vecchio. Combatté con energia il donatismo nelle provincie settentrionali
dell'Africa: ratificò le decisioni del Concilio di Toledo del 400, nel quale
alcuni vescovi galiziani che avevano sconfessato Priscilliano, furono
conservati nel loro ufficio, purché la reintegrazione fosse stata approvata da
Anastasio. Il Liber Pontificalis ci informa come egli scoprisse a Roma un certo
numero di manichei. Viveva in lui lo spirito dei difensori della Chiesa contro
l'arianesimo; i diritti del patriarcato occidentale nell'Illirico trovarono in
lui un coraggioso difensore.
Anastasio è conosciuto specialmente per la controversia origenista e per la severità dimostrata verso Rufino. Nel 399 gli amici di s. Gerolamo si adoperarono per ottenere da lui una formale condanna dell'origenismo. Sollecitato anche da lettere e da ambasciatori di Teofilo, vescovo di Alessandria, per la partecipazione dell'Occidente a questa lotta, condannò le «proposizioni blasfematorie presentategli». Rufino, profondamente irritato da questa campagna, gli fece presentare una sua Apologia, «per cancellare ogni traccia di sospetto e per rimettere al papa la dichiarazione di fede». Questa Apologia non produsse, però, su Anastasio alcun effetto ed egli evitò di dirimere la questione delle vere intenzioni di Rufino come traduttore del Periarchon. Sull'origenismo scrisse parecchie lettere, di cui una indirizzata a Venerio di Milano.
Fu in ottimi rapporti con s. Paolino, poi vescovo di Nola, anzi si credette obbligato a riparare i dispiaceri recatigli dal suo predecessore. Dopo avere, infatti, scritto ai vescovi della Campania, facendo loro i suoi elogi, lo invitò direttamente a Roma per prender parte alla festa anniversaria della sua consacrazione, festa cui i papi solevano invitare solamente i vescovi. L'eccezione costituiva per Paolino un favore specialissimo e anche una riparazione. Quantunque egli non potesse in questa occasione andarvi, il papa accettò la sua lettera di scusa. Della copiosa corrispondenza, che Anastasio dal Laterano indirizzò a personalità di vari paesi, sono rimaste poche lettere.
Dopo un pontificato breve (399-401) e molto attivo, Anastasio morì il 19 dicembre 401, come ha dimostrato il Duchesne nel suo commento al Liber Pontificalis. Fu sepolto sulla Via Portuense in un monumento sepolcrale posto fra le basiliche di S. Candida e dei SS. Abdon e Sennen. S. Gerolamo, che aveva avuto parole di alto elogio per Anastasio, giunse a scrivere che se egli morì così presto, fu per un riguardo della Provvidenza, la quale non volle che un simile vescovo fosse testimone della caduta di Roma (avvenuta nel 410 per opera di Alarico). Tale elogio è entrato nel Martirologio Romano.
Il culto reso al pontefice e ai suoi predecessori, ad eccezione di Zosimo, fiorì in breve tempo: il suo nome figura già nel Martirologio Geronimiano datato alla metà del sec. V. La sua festa ricorre il 27 apr., giorno errato tratto dal Liber Pontificalis, che qui richiede una revisione.
Anastasio è conosciuto specialmente per la controversia origenista e per la severità dimostrata verso Rufino. Nel 399 gli amici di s. Gerolamo si adoperarono per ottenere da lui una formale condanna dell'origenismo. Sollecitato anche da lettere e da ambasciatori di Teofilo, vescovo di Alessandria, per la partecipazione dell'Occidente a questa lotta, condannò le «proposizioni blasfematorie presentategli». Rufino, profondamente irritato da questa campagna, gli fece presentare una sua Apologia, «per cancellare ogni traccia di sospetto e per rimettere al papa la dichiarazione di fede». Questa Apologia non produsse, però, su Anastasio alcun effetto ed egli evitò di dirimere la questione delle vere intenzioni di Rufino come traduttore del Periarchon. Sull'origenismo scrisse parecchie lettere, di cui una indirizzata a Venerio di Milano.
Fu in ottimi rapporti con s. Paolino, poi vescovo di Nola, anzi si credette obbligato a riparare i dispiaceri recatigli dal suo predecessore. Dopo avere, infatti, scritto ai vescovi della Campania, facendo loro i suoi elogi, lo invitò direttamente a Roma per prender parte alla festa anniversaria della sua consacrazione, festa cui i papi solevano invitare solamente i vescovi. L'eccezione costituiva per Paolino un favore specialissimo e anche una riparazione. Quantunque egli non potesse in questa occasione andarvi, il papa accettò la sua lettera di scusa. Della copiosa corrispondenza, che Anastasio dal Laterano indirizzò a personalità di vari paesi, sono rimaste poche lettere.
Dopo un pontificato breve (399-401) e molto attivo, Anastasio morì il 19 dicembre 401, come ha dimostrato il Duchesne nel suo commento al Liber Pontificalis. Fu sepolto sulla Via Portuense in un monumento sepolcrale posto fra le basiliche di S. Candida e dei SS. Abdon e Sennen. S. Gerolamo, che aveva avuto parole di alto elogio per Anastasio, giunse a scrivere che se egli morì così presto, fu per un riguardo della Provvidenza, la quale non volle che un simile vescovo fosse testimone della caduta di Roma (avvenuta nel 410 per opera di Alarico). Tale elogio è entrato nel Martirologio Romano.
Il culto reso al pontefice e ai suoi predecessori, ad eccezione di Zosimo, fiorì in breve tempo: il suo nome figura già nel Martirologio Geronimiano datato alla metà del sec. V. La sua festa ricorre il 27 apr., giorno errato tratto dal Liber Pontificalis, che qui richiede una revisione.
Sul culto del santo Anastasio papa in Turturano
http://www.storiedistoria.com/2018/02/sul-culto-del-santo-anastasio-papa-in-turturano/
Turturano, abitato sin dall’epoca
romana e, come farebbero pensare alcuni ritrovamenti archeologici, addirittura
in epoca messapica dal quale il toponimo del paese sembra derivare, è un
territorio ricco di storia e archeologia.
Scarse sono le notizie in epoca romana,
che cominciano a diventare più “chiare” in epoca alto-medievale quando Tutorius
viene nominato in alcune carte geografiche. All’epoca il paese doveva
presentarsi come un semplice villaggio alto-medievale di campagna, in cui le
abitazioni erano prevalentemente in materiale deperibile, fango e paglia ma
anche legno. Non essendoci attestazioni archeologiche, il dato lo si può
ricavare dai documenti i quali concordano che le abitazioni del paese almeno
fino al XV secolo vengono realizzati in materiali “poveri”. Con la dominazione
normanna, le documentazioni riportano la dicitura locus Tuturanus nel
1097 e vicus Tuturanii nel 1107. Entrambi “aggettivi” si ritrovano nelle
donazioni fatte dal Conte Goffredo di Conversano e dalla Contessa
Sichelgaita al monastero delle monache Benedettine di Brindisi, alle quali
il casale fu donato.
Tuturano si trova in una zona
particolarmente fertile e nel medioevo, intorno alla cittadina, si trovavano
numerose zone paludose. Qui l’agricoltura ha conosciuto un forte sviluppo
grazie all’opera dei monaci greco-orientali, che sin dal VIII secolo si
stanziano in zona, sfuggendo alle “persecuzioni iconoclaste” di Leone III
Isaurico, patriarca di Costantinopoli. Detti monaci si stabiliscono prima
in anfratti naturali, o grotte, successivamente, passato il pericolo
iconoclasta, vi edificano numerosi monasteri, il più importante dei quali è
quello di San Nicola di Casole a Otranto.
Nella zona di Tuturano-Brindisi, in
località Saline esiste ancora una masseria denominata “Villanova”
risalente al secolo IX (anche se oggi la struttura è fortemente modificata), la
quale era un antico monastero basiliano denominato Santa Maria “de
Ferurellis”. Era una delle più importanti abbazie greco-orientali in zona
e costituì un elemento importante nella riorganizzazione del territorio in
epoca alto-medievale. I monaci greco-orientali (erroneamente definiti dalla
storiografia Basiliani la quale è un’ ”invenzione” della chiesa latina),
prendono appunto la loro regola da San Basilio il Grande, che con la sua
opera di promozione dei valori del monachesimo orientale, influenzò la cultura
monastica occidentale e in particolare quella Benedettina. I monaci “greci”
vivevano talvolta in piccoli gruppi comunitari sparsi nelle campagne, post
riforma iconoclasta, oppure anche in grotte e ipogei scavati nella roccia.
La storia del monachesimo greco-orientale
è fondamentale per capire le argomentazione della seguente tesi, che intendono
discernere i motivi della presenza del Santo Anastasio, Papa della Chiesa e
venerato come Santo, presente sulla torre medievale omonima sita nella piazza
principale del paese. Nella stessa piazza già dall’epoca medievale sorgeva una
delle due chiese medievali di Tuturano citate nei documenti, in cui il nome di
Sant’Anastasio non compare, i nomi delle chiese erano infatti S.Eustachio e S.S
Cosma e Damiano, nomi che se analizzati secondo le discipline agiografiche
potrebbero fornire interessanti “chiavi di lettura” della cultura tuturanese in
epoca medievale. Obiettivo della tesi è quindi come si è detto, quello di
discutere la presenza di un santo, quale è Sant’Anastasio, e rintracciarne
culto e origini che risalgono al V secolo d.C. Tenendo presente la “tradizione”
culturale della cittadina, che come tutto il Salento medievale si rifà alla
tradizione greco-bizantina, il santo in questione, pare una “nota stonata”
essendo un santo prettamente latino. E pur vero che a Tuturano, vi convivevano
sia il rito greco che quello latino, qui introdotto probabilmente dai
Longobardi. Siamo in effetti qui al confine, dal “cosiddetto” Limitone dei
Greci che in realtà non era un enorme muro come si pensa, ma una strada che
divideva le due fazioni appunto longobarde e bizantine nel Sud Salento. Il
territorio del paese viene a collocarsi quindi in una area di intensi traffici
attraversato a est dalla Via Traiana Calabra (impropriamente detta) che collegava
Brindisi a Otranto, a nord dalla Via Pubblica che da Brindisi conduceva a Porto
Cesareo (odierna Via Vittorio Emanuele, Via Colemi), a ovest una strada la
collegava a Mesagne, importante centro messapico, romano e nel periodo
medievale importante sotto gli svevi e sede di una commenda dell’Ordine
Teutonico. Dal medioevo si ha menzione di una “via de Sancto Martino” che
doveva passare nei pressi dell’odierno centro storico dove doveva trovarsi
l’antico casale medievale, e che la collegava al Tempio di San Miserino presso
il casale scomparso di Monticello, in agro di San Donaci. Proprio la chiesa di
San Miserino, doveva in realtà chiamarsi secondo gli studiosi proprio San
Martino “in locus Monticelli”, peraltro un santo fortemente venerato sul territorio
in epoca medievale. Dopo aver quindi brevemente sintetizzato il di per se già
complesso quadro storico, culturale, sociale e religioso del locus Tuturanus in
età medievale, ci apprestiamo ora ad entrare nel “vivo della questione”,
provando a rispondere già alla prima domanda: chi era quindi Sant’Anastasio?
Complessa appare la figura di questo
pontefice della Chiesa di Roma. Fu infatti egli persona molto colta. Successe
a Papa Siricio. Fu pontefice dal 27 novembre 399 al 19 dicembre del 401,
quindi tra le fine del IV e i primi anni del V secolo. Le notizie tratte dal Liber
Pontificalis romano lo dice romano di origine dalla famiglia De Massimo;
suo padre si chiamava Massimo. Edificò in Roma la basilica Crescenziana,
ricordata anche nel sinodo del 499 e individuata, oggi, in S. Sisto Vecchio.
Il Liber Pontificalis riferisce inoltre di alcune disposizioni atte a regolare
gli appelli dei chierici africani alla Sede romana, motivandole con la presenza
di manichei a Roma, il numero delle ordinazioni presbiteriali, diaconali ed
episcopali effettuate. Il Liber Pontificalis ci informa come egli scoprisse a
Roma un certo numero di manichei. Viveva in lui lo spirito dei difensori
della Chiesa contro l'arianesimo; i diritti del patriarcato occidentale
nell'Illirico trovarono in lui un coraggioso difensore.
Anastasio è conosciuto
specialmente per la controversia origenista e per la severità dimostrata verso
Rufino.
Nel 399 gli amici di s. Gerolamo si adoperarono per ottenere da lui una formale
condanna dell'origenismo. Sollecitato anche da lettere e da ambasciatori di
Teofilo, vescovo di Alessandria, per la partecipazione dell'Occidente a questa
lotta, condannò le «proposizioni blasfematorie presentategli». Rufino,
profondamente irritato da questa campagna, gli fece presentare una sua
Apologia, «per cancellare ogni traccia di sospetto e per rimettere al papa la
dichiarazione di fede». Questa Apologia non produsse, però, su Anastasio alcun
effetto ed egli evitò di dirimere la questione delle vere intenzioni di Rufino
come traduttore del Periarchon. Egli tradusse molte opere dal greco, in
particolare scritti di alcuni Padri della Chiesa tra i quali appunto Origene.
Rufino replicò ad Anastasio con un sua lettera polemica Apologia ad
Anastasium papam.
Dopo un pontificato breve (399-401) e
molto attivo, Anastasio morì il 19 dicembre 401, come ha dimostrato il Duchesne
nel suo commento al Liber Pontificalis romano. Fu seppellito lungo la Via
Portuense nelle catacombe di Ponziano. L’itinerario alto-medievale di Roma
più famoso per il culto ai santi e ai martiri, la Notitia Ecclesiarum
informa che “Tunc ascendis et pervenies ad sanctum Anastasium papam et
martyrem”. S. Gerolamo, che aveva avuto parole di alto elogio per
Anastasio, giunse a scrivere che se egli morì così presto, fu per un riguardo
della Provvidenza, la quale non volle che un simile vescovo fosse testimone
della caduta di Roma (avvenuta nel 410 per opera di Alarico). Tale elogio è
entrato nel Martirologio Romano. Il culto reso al pontefice e ai suoi
predecessori, ad eccezione di Zosimo, fiorì in breve tempo: il suo nome figura
già nel Martirologio Geronimiano datato alla metà del sec. V. La sua festa
ricorre il 27 apr., giorno errato tratto dal Liber Pontificalis e che richiede
probabilmente una revisione al 19 dicembre. Le notizie che abbiamo sin qui
riportato ci fanno conoscere quindi Anastasio come un pontefice strettamente
“rigido” nella dottrina ecclesiastica, con un intenso spirito polemico contro
Tirannio Rufino.
Tornando nella frazione di Tuturano,
come detto in precedenza né nei secoli alto-medievali né per quelli basso
medievali si hanno notizie del culto di Sant’Anastasio papa. La sua
iconografia, tra l’altro, non ha una specifica base iconografica con cui
rappresentare il Santo. L’unico esemplare che conosciamo è datato al VII secolo
e si trova nell’oratorio di San Veneziano presso il Battistero Lateranense.
A Tuturano l’unica effige
che ci parla del culto di Sant’Anastasio si trova in cima alla torre medievale
omonima del XIII secolo, che prende il nome proprio
dall’effige di reimpiego del Santo posta sulla sua sommità. La lastra in pietra
reca scolpita l’immagine del Santo, indossante una tiara papale, abito
pontificale e bastone pastorale, con la mano benedicente alla latina,
identificato dalla scritta “Anastasius I”. La lastra è di epoca
post-medievale, probabilmente di XVI secolo e potrebbe appartenere alla
antica chiesa dedicata proprio a S.Anastasio che si trovava nella piazza
principale del paese, proprio di fronte la torre medievale. A questo punto
viene spontanea una domanda: esisteva quindi una chiesa di S.Anastasio? La
risposta è positiva, benchè questo attributo lo si conosca solo però in
epoca post-medievale, e soprattutto si hanno notizie del culto di S.Anastasio a
Tuturano in epoca post Tridentina. La chiesa, che un tempo si trovava in
piazza, era di culto greco e di origine medioevale e dopo molte
vicissitudini, anche burocratiche, crollò nel secolo scorso.
Scarse le notizie provenienti dagli
archivi, in cui si ricorda la celebrazione del culto greco nella chiesa fino al
1600, quando morì l’ultimo prete greco a Tuturano.
Si è prima parlato di Rufino, duramente
attaccato proprio da Anastasio, e se Madre Storia non è un’opinione, non si può
andare lontano da una conclusione leggendo alcune notizie proprio su Tirannio
Rufino, monaco, storico e teologo cristiano; si è parlato di monaci basiliani
nella zona, onnipresenti fin dal VIII secolo. Insomma ebbene si, Rufino pare
proprio legato ai Monaci greco-orientali, conosciuti come Basiliani dalla
storiografia ecclesiastica e non solo. Prima comunque di fare delle ipotesi,
ebbene riportare anche qualche notizia storica su Tirannio Rufino e capire
qualche “collegamento” in più con la presenza di Sant’Anastasio e, se ve ne
sono, nella frazione di Tuturano.
Tirannio Rufino (345-410) nacque a
Concordia, presso Pordenone, da genitori cristiani. Mentre attendeva agli studi
in Roma fece conoscenza con S.Girolamo. Ebbe una grande importanza per lo
sviluppo culturale dell'Occidente, in quanto con le sue traduzioni egli rese
accessibile ai latini il pensiero dei padri greci, particolarmente quello
di Origene. Dotato di una buona preparazione letteraria, si prefisse lo
scopo morale e intellettuale di ricercare il vantaggio di quanti sono sulla via
del progresso. Si possono suddividere le opere di Rufino in due gruppi
distinti: opere originarie (composizioni personali, per lo più occasionali) e
opere di traduzione. Monaco ad Aquileia, in Egitto, in Palestina, poi ancora in
Italia (Aquileia e infine Messina); amico e condiscepolo di s. Girolamo,
venne con lui in polemica all'ortodossia di Origene, decisamente affermata da
Rufino, che aveva fatto una traduzione del De principiis. Per la nostra
analisi, è importante sapere che egli tradusse, tra l'altro, diverse omelie di
Origene; il primo libro dell'Apologia a favore di Origene di Panfilo;
orazioni di s. Basilio Magno e s. Gregorio di Nazianzo; tradusse e aggiornò la Storia
ecclesiastica di Eusebio. Percorse i deserti del Basso Egitto, incontrando
molti celebri monaci: questi amici gli insegnarono tutto ciò che essi
apprendevano da Dio. Ad Alessandria frequentò maestri rinomati per scienza e
santità e soprattutto Didimo il Cieco, che gli fece scoprire i tesori
dell'esegesi e della teologia di Origene; si avvicinò anche ad altre opere di
altri Padri greci, tra cui Atanasio di Alessandria e i Cappadoci.
Gli anni passati in Egitto furono per
Rufino importanti nella sua formazione spirituale e intellettuale. Egli visitò
il deserto egiziano insieme a santa Melania l'Anziana. Verso il 377 Rufino
tornò a Gerusalemme e, sul Monte Oliveto, accanto al monastero femminile eretto
da Melania, gli fu affidato quello maschile. Queste due comunità divennero un
centro di attività spirituale, intellettuale e caritativa. Verso il 390
Rufino fu ordinato sacerdote dal vescovo Giovanni di Gerusalemme. Sembra,
che proprio per queste due comunità, egli adottò fortemente le “regole” già
dettate da San Basilio Magno, per le comunità monastiche.
Basilio scrisse le sue
“regole” intorno al 356 sulle rive del fiume Iris in Egitto, chiamate la Grande
Regola e la Piccola Regola. Altresì lo stesso Basilio, scrisse la
“regola”, per dare uno stile di vita unitario ai tanti anacoreti che vivevano
nel deserto egiziano, da lui visitati sempre intorno al 359-360. Vissuto
alla fine dell'era delle persecuzioni, detiene un posto di grande importanza
nella storia della liturgia cristiana. I riti della Chiesa che prima erano
affidati alla memoria e alla estemporaneità iniziarono a strutturarsi, la liturgia
iniziò ad essere influenzata da brevi rituali. L'influenza di Basilio in questi
rituali è ben attestata nelle fonti. Restano dubbi su quali parti della Divina
Liturgia di Basilio Magno siano state composte o riviste da lui e quali si
ispirano alle sue opere. Con il suo esempio e i suoi insegnamenti Basilio
esercitò una notevole influenza nella vita monastica del tempo, moderando
l'austerità che fino ad allora aveva caratterizzato la vita monastica.
Fornì anche un grande contributo nel coordinare le attività di lavoro e quelle
di preghiera per assicurarne un più equilibrato ritmo nella giornata del
monaco. Basilio figura tra le più influenti figure che hanno dato sviluppo
al monachesimo nella cristianità. Non solo è riconosciuto come il padre del
monachesimo orientale, ma gli storici gli attribuiscono anche una grande
importanza per lo sviluppo di quello occidentale, in particolare per l'influsso
che ebbe su San Benedetto. Benedetto stesso ne riconosce l'importanza
quando nella sua "Regola" chiede ai monaci di leggere oltre che la
Bibbia anche i Padri della Chiesa e la vita e la «Regola del nostro Santo
Padre, Basilio». A riprova di questa influenza restano i molti ordini religiosi
della Chiesa orientale che si rifanno ancora alla sua regola o che portano il
suo nome, nell'ambito della chiesa latina si annovera un istituto religioso
fondato nel XVIII secolo in Francia, i Preti di San Basilio.
Sembra interessante notare, da quanto
sopra detto, lo stretto collegamento tra le figure di Tirannio Rufino, Basilio e
Anastasio Papa. Uno, grande teologo e traduttore, tradusse gli scritti di
Origene, a cui rimase fedele, e le opere di San Basilio Magno, colui che diede
vita al cosiddetto “monachesimo Basiliano” in realtà greco-orientale. Queste
due figure confluiscono nelle dure critiche che Papa Anastasio I mosse proprio
nei confronti di Tirannio Rufino che da quella antica Tradizione orientale pare
servirsi per ordinare la vita dei suoi monaci.
Tuturano, terra da sempre posta a
confine, anche grazie alla vicinanza di Brindisi e del suo eccellente porto, ai
rapporti con l’Oriente Cristiano, ha risentito come tutto il Salento
dell’influsso greco-bizantino, il cui culto è rimasto vivo fino alla metà del
1600.
Nonostante già nel III-IV
secolo cominci il processo di “monarchizzazione” della Chiesa di Roma, periodo
questo in cui vivono i personaggi qui discussi, il Salento e la terra di
Brindisi e intorno alla città (già all’arrivo del vescovo Leucio
intorno al II-III secolo, la cui agiografia è una delle più sicure in Puglia,
seppur da usare sempre con cautela, insieme a quella dei vescovi Lorenzo di
Siponto e Sabino di Canosa) risulta essere ancora essenzialmente più vicina
ai rituali “pre-cristiani” che non quelli della Nuova Fede. Leucio nel
II-III secolo, infatti, quando arriva a Brindisi, vi trova una popolazione
che adora il Sole e la Luna. Più precisamente, come sottolinea nel suo
contributo sul web Filippo Caraffa, “si può pensare al culto del dio Mitra, il
sole invincibile, i cui misteri, celebrati in ipogei, prevedevano una complessa
iniziazione che, al pari di quella gnostica, si articolava in sette gradi.
Commistioni, somiglianze e analogie fra cristianesimo e mitraismo, anche sul
piano cultuale, furono per tempo rilevate da Giustino ciò che, di fatto, potrebbe
aver reso maggior efficacia all'azione evangelizzatrice di Leucio dalla
cattedra brindisina.
Il santo conferì alla chiesa locale una
strutturazione forse prima sconosciuta e che i documenti del V secolo lasciano
intravedere; da qui la convinzione che Leucio avesse fondato la sede episcopale
di Brindisi sposata all'altra, questa non errata, che a lui si dovesse la prima
massiva evangelizzazione del Salento”. Ciò fa capire quindi come il Salento,
la terra di Brindisi, sia stata sempre una terra di “difficile conquista
cristiana” proprio soprattutto per il suo carattere rurale, in cui le città
sono poche e concentrate tutte lungo le coste da cui si dipartono le vie di
comunicazione con l’interno. E’ chiaro che anche il territorio circostante
abbia subito una influenza, se non diretta, almeno parziale di ciò che nelle
città si andava affermando.
Con l’arrivo dell’età
alto-medievale, a partire dal VIII secolo, il Salento, con le persecuzioni
iconoclaste di Leone III Isaurico, vede affermarsi il monachesimo greco-orientale.
L’Editto del 796 emanato dall’Isaurico contro il culto delle immagini scatenerà
una lotta senza precedenti, che porterà ad una “frattura” tra la chiesa di
Oriente, Bizantina, e quella di Occidente, Latina, nel 1054. In età
post-medievale, il potere di Roma, dopo la Riforma Tridentina del 1545-1563,
affermò nuovamente la sua egemonia, la Chiesa ne uscì rinnovata e chiunque
dovette, in ogni ambito della liturgia e del costume cristiano, adattarsi ai
Canoni stabiliti dal Concilio. Nel Salento il monachesimo orientale,
cominciò lentamente a esautorarsi, il rito greco-bizantino ad abbandonarsi.
Piccoli focolai rimanevano proprio nell’area di Tuturano – San Donaci – Mesagne
– Campi Salentina – Veglie ancora nel XVI secolo. Durante il XVI secolo, il
culto greco, ancora esistente in Tuturano, venne man mano sostituito dal culto
latino.
La chiesa “greca” di
S.Anastasio, era situata nella Piazza Regina Margherita, venne progressivamente
abbandonata, chiusa, e come dimostrano monumenti d’archivi, nel secolo scorso
ci fu il crollo. Ciò che ne resta, è solo un acquerello depositato in
Archivio di Stato a Brindisi. E ci sono notizie reperite in uno studio del
prof. Pasquale Cordasco, dell’Università di Bari, che cita espressamente dei
“processi” veri e propri per riformare al rito latino i monaci greci, nel XVI
secolo a Tuturano.
Da Annibale De
Leo, fonte storica delle più importanti per la città di Brindisi e
per la storia del suo territorio, apprendiamo che alla fine del XI secolo i “Greci”, cioè coloro che praticavano il
rito bizantino, crescono sotto il placido consenso della Contessa
Sichelgaita allora già vedeova del marito il Conte Goffredo di
Conversano. Il loro figlio Tancredi di Conversano fu spogliato del possesso di
Brindisi dal Re Ruggero. I Greci odiarono fortemente questo sovrano e ci fu una
“ribellione” contro costui dal quale la città ne uscì “espugnata e distrutta”.
Il Conte Goffredo morì nel 1101, come attesta Lupo Protospatario, notizia
confermata anche in una lettera della Contessa Sichelgaita del 1107 alle
Monache di San Benedetto in cui si attesta che il conte Goffredo è già morto. La chiesa brindisina, come si apprende sempre dal De Leo, mantenne
il Rito Latino dalla sua nascita fino al IX secolo, in cui fu totalmente
devastata dai Longobardi nell’838. I Bizantini nel secolo XI riprendono in mano la città
ricostruendola e quindi importando l’uso del Rito Greco a
Brindisi e nella sua zona.
Facendo un salto nella documentazione disponibile, dall’arcivescovo di Brindisi Bernardino de Figueroa (1571-1586) ci perviene una esposizione di una indagine da lui compiuta tra il 17 e 21 marzo 1575 sulle comunità greche della sua diocesi. Il primo giorno si presentò Antonio Pirico, prete greco di Brindisi che dichiarò di essere stato consacrato dal vescovo di Corone inviato dal patriarca di Costantinopoli. Attualmente egli considerava come suo vescovo ordinario Timoteo Gravinensis inviato dall’arcivescovo di Ocrida con giurisdizione su tuti i Greci di Puglia, al suo vicario un certo Cesare Capuziniado. Questo vescovo Gravinesis non si vedeva in Terra d’Otranto secondo il Pirico da circa dodici anni ma si diceva che comunque si trovava ancora in Puglia. Il giorno dopo il 18 marzo 1575 Pirico fu di nuovo ascoltato dalla Commissione recitando il Simbolo in greco (credo ndr) con l’omissione del Filioque, presentando l’Orologhion , che conteneva il testo in Greco. Tra i sacramenti egli non riconosceva quelli della Confermazione e dell’Estrema Unzione, ma ammetteva di imitare se richiesto le usanze latine. Il 20 marzo 1575 si presentano davanti alla Commissione, insieme al loro prete i laici di rito greco viventi a Brindisi: sono 34 in tutto e in buona parte “schiavoni” o immigrati da poco dalle regioni greche sotto controllo veneziano.
Facendo un salto nella documentazione disponibile, dall’arcivescovo di Brindisi Bernardino de Figueroa (1571-1586) ci perviene una esposizione di una indagine da lui compiuta tra il 17 e 21 marzo 1575 sulle comunità greche della sua diocesi. Il primo giorno si presentò Antonio Pirico, prete greco di Brindisi che dichiarò di essere stato consacrato dal vescovo di Corone inviato dal patriarca di Costantinopoli. Attualmente egli considerava come suo vescovo ordinario Timoteo Gravinensis inviato dall’arcivescovo di Ocrida con giurisdizione su tuti i Greci di Puglia, al suo vicario un certo Cesare Capuziniado. Questo vescovo Gravinesis non si vedeva in Terra d’Otranto secondo il Pirico da circa dodici anni ma si diceva che comunque si trovava ancora in Puglia. Il giorno dopo il 18 marzo 1575 Pirico fu di nuovo ascoltato dalla Commissione recitando il Simbolo in greco (credo ndr) con l’omissione del Filioque, presentando l’Orologhion , che conteneva il testo in Greco. Tra i sacramenti egli non riconosceva quelli della Confermazione e dell’Estrema Unzione, ma ammetteva di imitare se richiesto le usanze latine. Il 20 marzo 1575 si presentano davanti alla Commissione, insieme al loro prete i laici di rito greco viventi a Brindisi: sono 34 in tutto e in buona parte “schiavoni” o immigrati da poco dalle regioni greche sotto controllo veneziano.
Il giorno successivo è la volta di due preti
greci del casale di Tuturano, Demetrio Pretori e Procano Spata, le cui risposte non differiscono molto da
quello del prete brindisino su menzionato, salvo che si dichiarano consacrati
rispettivamente a Mesagne e Tuturano, 14 anni prima da un Gabriele, vescovo
Gravinensis, cui subentro Timoteo.
Alla fine tutti e tre i preti greci
accettarono di essere sottomessi all’autorità della chiesa di Roma e di
accogliere le correzioni elencate dall’arcivescovo, sotto pena di scomunica. Dove infatti si conservava il rito greco da
secoli, e la popolazione si era “italianizzata”, le forze della Chiesa di Roma, la latina, decretarono l’estinzione
del rito, mediante la sospensione delle ordinazioni sacerdotali e la graduale
sostituzione dei preti greci defunti con clero latino.
Queste notizie, ci fanno capire l’enorme
portata di questo “movimento riformatore”, che attuato fin da subito, dopo il
Concilio Tridentino, smantellò tutto ciò che fosse estraneo al rito latino. Chiese di rito geco, furono quindi latinizzate, o ridedicate, come
sembra appunto il caso della chiesa medievale di S.Anastasio,
il cui culto non è attestato nel medioevo, ma solo in epoca post-medievale e
post-tridentina. Sopravvivono ancora oggi nel basso Salento, tradizioni legate
all’uso del “griko” questo antico dialetto,
che non è di origine greca bensì bizantina, e con cui si celebrava messa fin
dal Medioevo in tutto il Salento. Un uso che oggi è scomparso, una Tradizione
che sembra lontana, ma ancora viva nella cultura e nelle mente di un popolo.
Della chiesa di S.Anastasio, di culto greco,
che probabilmente era quella dedicata di rito greco, a S.Eustachio, non rimane
nulla, rimane in
piedi la chiesa “vecchia”, di origine medievale del XIII secolo, dedicata alla Vergine del Giardino, che nel passato medievale della
cittadina di Tuturano, doveva essere dedicata a SS.Cosma e Damiano. Scavi sotto
la piazza, durante lavori di sistemazione della stessa, nel secolo scorso hanno
messo in evidenza tracce di sepolture medievali e addirittura, forse una
messapica. A ciò si aggiunge la tradizione, tramandata dagli abitanti del
posto, che vuole sotto la Torre di S. Anastasio una grotta sede di culto
basiliano. Per la verifica di queste situazioni ed emergenze, che potrebbero
fare chiarezza sulla storia della cittadina, ad oggi non è possibile accedere,
chiuse come scrigni di “tesori”, che potrebbero contenere pagine interessanti
di storia e cultura, di questa comunità.
BIBLIOGRAFIA
Pietro Bradascio, Tuturano, Amici della “De
Leo”, Brindisi, 1989
Dell'origine del rito greco nella Chiesa di Brindisi, a cura di Rosario Jurlaro, Brindisi: Amici della A. de Leo, 1974
Codice diplomatico brindisino [raccolto da] Annibale de Leo. Vol. 1: 492-1299, a cura di Gennaro Maria Monti e collaboratori, Trani: Vecchi e C., 1940
Sophia Boesch Gajano, Storia della Santità nel Cristianesimo Occidentale, Viella Edizioni, 2005 (volume utile a capire le dinamiche di “santificazione” e i processi nel territorio)
Ada Campione, Brindisi, San Leucio, In Santuari d’Italia a cura di Giorgio Otranto e Immacolata Aulisa, De Luca Editore d’Arte, Roma 2012
Comunità bizantine in Terra d’Otranto, Pasquale Corsi in “Ad Ovest di Bisanzio: il Salento medioevale, atti del Seminario Internazionale di Studi, a cura di Benedetto Vetere, Galatina, Congedo Editore, 1990
Enciclopedia dei Santi, Biblioteca Sanctorum, Pontificia Università Lateranense, Vol. 1, Roma, Città Nuova, 1987
FONTI WEB
Filippo Caraffa, S.Anastasio I Papa in www.santibeatietestimoni.it/dettaglio/82250.
Dell'origine del rito greco nella Chiesa di Brindisi, a cura di Rosario Jurlaro, Brindisi: Amici della A. de Leo, 1974
Codice diplomatico brindisino [raccolto da] Annibale de Leo. Vol. 1: 492-1299, a cura di Gennaro Maria Monti e collaboratori, Trani: Vecchi e C., 1940
Sophia Boesch Gajano, Storia della Santità nel Cristianesimo Occidentale, Viella Edizioni, 2005 (volume utile a capire le dinamiche di “santificazione” e i processi nel territorio)
Ada Campione, Brindisi, San Leucio, In Santuari d’Italia a cura di Giorgio Otranto e Immacolata Aulisa, De Luca Editore d’Arte, Roma 2012
Comunità bizantine in Terra d’Otranto, Pasquale Corsi in “Ad Ovest di Bisanzio: il Salento medioevale, atti del Seminario Internazionale di Studi, a cura di Benedetto Vetere, Galatina, Congedo Editore, 1990
Enciclopedia dei Santi, Biblioteca Sanctorum, Pontificia Università Lateranense, Vol. 1, Roma, Città Nuova, 1987
FONTI WEB
Filippo Caraffa, S.Anastasio I Papa in www.santibeatietestimoni.it/dettaglio/82250.
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consultare anche
http://www.treccani.it/enciclopedia/santo-anastasio-i_%28Enciclopedia-dei-Papi%29/
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