Santa
Sofia di Fermo
Tratto
da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/51450
Lo storico Ughelli nella sua “Italia
Sacra” vol. II, parlando della diocesi di Fermo (Ascoli Piceno), attesta che il
corpo di santa Vissia riposa nella cattedrale e in effetti nella chiesa
metropolitana della città, esistono parecchi reliquiari, fra i quali in un’urna
distinta in ebano con ornamenti in metallo dorato di stile barocco, è
conservato il capo di santa Vissia martire, stranamente in un’altra urna è pure
conservato il capo di santa Sofia martire.
Questa coincidenza dei due crani, fa supporre che esse furono martirizzate nello stesso tempo, se non insieme e probabilmente decapitate.
Secondo tradizioni locali Sofia e Vissia subirono il martirio verso il 250, sotto l’impero di Decio (249-251) durante la settima persecuzione da lui indetta. Esiste nella cattedrale una lapide che descrive santa Vissia che nobilita la città natale con il suo martirio; i loro nomi facevano parte di una lista di santi venerati a Fermo, trasmessa il 5 agosto 1581 da un prelato locale, ad un sacerdote oratoriano e amico di Cesare Baronio, il quale come è risaputo compilò il primo “Martirologio Romano”, e inserì le due sante vergini e martiri insieme allo stesso giorno del 12 aprile.
Secondo alcuni documenti locali s. Sofia è stata celebrata anche il 30 aprile; a tutto ciò bisogna aggiungere che alcuni studiosi ritengono s. Sofia di Fermo, come del resto altre Sofie, come la vedova Sapienza (Sofia) martire, che in Occidente è venerata al 30 settembre insieme alle figlie Fede, Speranza, Carità e il cui culto è diffuso anche in Oriente con i nomi di Sofia, Pistis, Elpis, Agape e ricordate nel culto greco il 1° agosto.
Questa coincidenza dei due crani, fa supporre che esse furono martirizzate nello stesso tempo, se non insieme e probabilmente decapitate.
Secondo tradizioni locali Sofia e Vissia subirono il martirio verso il 250, sotto l’impero di Decio (249-251) durante la settima persecuzione da lui indetta. Esiste nella cattedrale una lapide che descrive santa Vissia che nobilita la città natale con il suo martirio; i loro nomi facevano parte di una lista di santi venerati a Fermo, trasmessa il 5 agosto 1581 da un prelato locale, ad un sacerdote oratoriano e amico di Cesare Baronio, il quale come è risaputo compilò il primo “Martirologio Romano”, e inserì le due sante vergini e martiri insieme allo stesso giorno del 12 aprile.
Secondo alcuni documenti locali s. Sofia è stata celebrata anche il 30 aprile; a tutto ciò bisogna aggiungere che alcuni studiosi ritengono s. Sofia di Fermo, come del resto altre Sofie, come la vedova Sapienza (Sofia) martire, che in Occidente è venerata al 30 settembre insieme alle figlie Fede, Speranza, Carità e il cui culto è diffuso anche in Oriente con i nomi di Sofia, Pistis, Elpis, Agape e ricordate nel culto greco il 1° agosto.
Santo
Lorenzo Vescovo di Novara e Martire (verso il 397)
Tratto
dal quotidiano Avvenire
I preziosi dittici eburnei in cui sono riportati gli elenchi
dei vescovi novaresi dei primi secoli, indicano al terzo posto il nome di
Lorenzo, con la particolarità di quello della Cattedrale che, a differenza di
quello della basilica di San Gaudenzio, non attribuisce tuttavia alla sua
persona la qualifica di vescovo. Una simile precisazione è probabilmente da
collegarsi con la tradizione che, a partire dal tempo di Pietro III vescovo dal
993 al 1032, fece di Lorenzo un sacerdote martirizzato, insieme ai fanciulli
che stava catechizzando, al tempo di Giuliano l'Apostata, ad opera di alcuni
sacerdoti pagani. Tale idea venne definitivamente codificata nella stesura
della «Passio Sancti Laurentii», finendo, però, per far completamente
dimenticare la fisionomia di Lorenzo come terzo vescovo novarese.
Tratto da
Dalle fonti documentarie oggi
conosciute, la figura di Lorenzo di Novara emerge sotto un duplice aspetto:
evangelizzatore e martire precedente il primo vescovo Gaudenzio, oppure terzo
vescovo della città dopo Agabio. I preziosi dittici eburnei in cui sono riportati
gli elenchi dei vescovi novaresi dei primi secoli, indicano al terzo posto il
nome di Lorenzo, con la particolarità di quello della Cattedrale che, a
differenza di quello della basilica di San Gaudenzio, non attribuisce tuttavia
alla sua persona la qualifica di vescovo. Una simile precisazione è
probabilmente da collegarsi con la tradizione che, a partire dal tempo di
Pietro III vescovo dal 993 al 1032, fece di Lorenzo un sacerdote martirizzato,
insieme ai fanciulli che stava catechizzando, al tempo di Giuliano l’Apostata,
ad opera di alcuni sacerdoti pagani. Tale idea venne definitivamente codificata
nella stesura della Passio S. Laurentii e nel racconto della Vita S. Gaudentii,
entrando da allora a far parte della tradizione agiografica locale, finendo per
far completamente dimenticare la fisionomia di Lorenzo come terzo vescovo
novarese. Centro del culto tributato a questo santo evangelizzatore fu, fino al
momento della sua demolizione nel 1552, la basilica sorta sul luogo della sua
sepoltura, oltre le mura della città nei pressi dell’attuale stazione
ferroviaria. Nell’edificio, cui era annesso un convento benedettino era
conservato il suo sepolcro, indicato col termine puteus che, a partire dal XVI
secolo, erroneamente identificato con un pozzo, venne ritenuto il luogo in cui
fu gettato il cadavere del presunto martire, da quel momento chiamato Lorenzo
al pozzo, finendo per diventare un elemento immancabile nella sua iconografia.
Con la demolizione della basilica si è perso purtroppo molto materiale
archeologico e documentario che avrebbe potuto aiutare a chiarire ulteriormente
le vicende cultuali di Lorenzo, specialmente in rapporto alla metamorfosi della
sua figura e all’origine della passio, composta probabilmente nella seconda
metà del XI secolo. Tale datazione indurrebbe ad escludere l’identificazione di
Lorenzo con un martire del IV secolo, la cui memoria sarebbe certo emersa già
in epoca precedente, considerando la grande venerazione di cui godettero i
martiri locali in chiese limitrofe come Torino e Milano. A Lorenzo vescovo sono
attribuite tre omelie che costituiscono la più genuina testimonianza della sua
opera evangelizzatrice e della sua sollecitudine di pastore: De Poenitentia, De
Elemosyna, De Muliere Chananaea, opere che gli valsero nel medioevo
l’appellativo di Dottore della Chiesa Novarese. Il culto a questo santo, nella
sua fisionomia di prete e martire, si diffuse in diocesi a partire dal XVI
secolo, specialmente dopo la conferma del culto ottenuta dal vescovo Bascapè,
in seguito alla riforma di Pio V. Nelle chiese, cappelle ed altari lui dedicati
il santo è sempre presentato con l’abito talare o con i paramenti sacerdotali,
accompagnato dai fanciulli che si credeva con lui uccisi, accanto ad un pozzo,
come nella chiesa di Crevola
Sesia, Sassiglioni di Vocca, Ordrovago di Cravagliana e Cosasca. Anche nella
città di Novara si è
rispettata
l’iconografia tradizionale, come si può vedere nello scurolo di San Gaudenzio,
nel mosaico della cappella del Seminario e nell’altare della Cattedrale
dove riposano oggi le sue reliquie.
Attualmente la memoria
liturgica di San Lorenzo terzo vescovo, che gli antichi calendari e il Martyrologium
Romanum fissano
al 30 aprile, è celebrata in diocesi il 4 maggio.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.