Santo
Marco di nazionalità galilea e discepolo di San Pietro Primo Vescovo in Abruzzo ad Atina e martire
sotto Domiziano (tra l’anno 82 e l’anno 92)
Tratto
da
L’elogio
di Marco quale vescovo di Atina e martire sotto Domiziano, riportato nel
Martirologio Romano il 28 aprile, deriva dalla leggenda che Pietro Diacono,
costretto a lasciare Montecassino nel 1128 al tempo dell’abate Senioretto,
compose per riconoscenza verso la città di Atina che lo aveva ospitato.
Secondo la leggenda e le notizie riferite nel Chronicon Atinense, Marco, galileo, discepolo dell’apostolo Pietro e da lui ordinato vescovo, dopo aver predicato la fede nella Campania, fu ucciso ad Atina dai pagani che, durante la persecuzione di Domiziano, verso l’anno 96, gli conficcarono due chiodi nel capo. Sul luogo della sua sepoltura fu costruita una chiesa, ma, andata questa in rovina, il corpo del santo fu dimenticato. Verso la metà del sec. XI, però, al tempo del vescovo Leone, in seguito a miracoli, il corpo fu ritrovato e portato alla chiesa cattedrale di S. Maria, ove rimase durante la ricostruzione della chiesa edificata sul suo primo sepolcro. Compiuta questa, il corpo vi fu riportato il 1° ott. 1057, e la chiesa fu dedicata il 5 ottobre.
E’ però da osservare che non è ben provata l’esistenza di una sede vescovile ad Atina. Il M. venerato dagli ateniesi sembra non sia diverso dal santo vescovo omonimo il cui culto, diffuso in diversi centri della Campania, ci è attestato dal Martirologio Geronimiano il 5 novembre ad Eca, nella località ove sorse poi Troia di Puglia.
Secondo la leggenda e le notizie riferite nel Chronicon Atinense, Marco, galileo, discepolo dell’apostolo Pietro e da lui ordinato vescovo, dopo aver predicato la fede nella Campania, fu ucciso ad Atina dai pagani che, durante la persecuzione di Domiziano, verso l’anno 96, gli conficcarono due chiodi nel capo. Sul luogo della sua sepoltura fu costruita una chiesa, ma, andata questa in rovina, il corpo del santo fu dimenticato. Verso la metà del sec. XI, però, al tempo del vescovo Leone, in seguito a miracoli, il corpo fu ritrovato e portato alla chiesa cattedrale di S. Maria, ove rimase durante la ricostruzione della chiesa edificata sul suo primo sepolcro. Compiuta questa, il corpo vi fu riportato il 1° ott. 1057, e la chiesa fu dedicata il 5 ottobre.
E’ però da osservare che non è ben provata l’esistenza di una sede vescovile ad Atina. Il M. venerato dagli ateniesi sembra non sia diverso dal santo vescovo omonimo il cui culto, diffuso in diversi centri della Campania, ci è attestato dal Martirologio Geronimiano il 5 novembre ad Eca, nella località ove sorse poi Troia di Puglia.
Consultare
anche
STORIA
DELL’ABRUZZO ( ATTRAVERSO LE SUE DIOCESI
https://francofrancescozazzara.files.wordpress.com/2014/06/storia-dabruzzo.pdf
Santo
Vitale ufficiale romano e padre dei Santi Gervasio e Protasio e martire a
Ravenna (verso il 171 sotto Marco
Aurelio)
Martirologio
Romano A
Ravenna, commemorazione di san Vitale: in questo giorno, come si tramanda,
sotto il suo nome fu dedicata a Dio la celebre basilica in quella città. Egli
insieme ai santi martiri Valeria, Gervasio, Protasio e Ursicino è da tempo
immemorabile venerato per l’impavida fede tenacemente difesa.
Tratto
da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91129
Vitale e Valeria, genitori dei santi
Gervasio e Protasio, anch’essi martiri, sono celebrati insieme il 28 aprile. In
particolare s. Vitale ha avuto, una raffigurazione nell’arte molto vasta, a lui
sono dedicate la basilica di S. Vitale in Ravenna, con i suoi magnifici
mosaici, la chiesa omonima a Venezia, dove è raffigurato vestito da soldato a
cavallo che solleva uno stendardo, con lancia, spada e mazza, strumento del
martirio della sua sposa Valeria. Ancora a lui è dedicata la chiesa di S.
Vitale a Roma, con gli affreschi narranti il suo martirio.
Le prime notizie che si hanno di Vitale e Valeria provengono da un opuscolo scritto da Filippo, che si nomina ‘servus Christi’ e a cui sono intitolati i più antichi nuclei di vita cristiana a Milano, come l’hortus Philippi e la domus Philippi; detto opuscolo fu rinvenuto accanto al capo dei corpi dei martiri Gervasio e Protasio, ritrovati da s. Ambrogio nel 396.
L’opuscolo oltre a narrare il martirio dei due fratelli, descrive anche quello dei due genitori Vitale e Valeria e del medico ligure, forse operante a Ravenna Ursicino, vissuti e morti nel III secolo; Vitale è un ufficiale che ha accompagnato il giudice Paolino da Milano a Ravenna.
Scoppiata la persecuzione contro i cristiani, accompagna, incoraggiandolo Ursicino condannato a morte, il quale durante il tragitto verso il luogo dell’esecuzione, era rimasto turbato dall’orrore di trovarsi davanti alla morte violenta. Ursicino viene decapitato e decorosamente sepolto dallo stesso Vitale, dentro la città di Ravenna.
Lo stesso Vitale viene arrestato e dopo aver subito varie torture per farlo apostatare dal cristianesimo, il giudice Paolino ordina che venga gettato in una fossa profonda e ricoperto di sassi e terra; così anch’egli diventa un martire di Ravenna e il suo sepolcro nei pressi della città, diviene fonte di grazie.
La moglie Valeria avrebbe voluto riprendersi il corpo del marito, ma i cristiani di Ravenna glielo impediscono, allora cerca di ritornare a Milano, ma durante il viaggio incontra una banda di villani idolatri, che la invitano a sacrificare con loro al dio Silvano; essa rifiuta e per questo viene percossa così violentemente, che portata a Milano, muore tre giorni dopo.
I giovani figli Gervasio e Protasio, vendono tutti i loro beni, dandoli ai poveri e si dedicano alle sacre letture, alla preghiera e dieci anni dopo vengono anch’essi martirizzati; il già citato Filippo ne cura la sepoltura.
Molti studiosi ritengono che la narrazione sia in parte fantasiosa, riconoscendo nei personaggi citati, altre figure di martiri omonimi venerati sia a Milano che a Ravenna; l’antica chiesa di S. Valeria a Milano, distrutta nel 1786, per gli studiosi non era che la ‘cella memoriæ’ della primitiva area cimiteriale milanese, intitolata appunto alla gens Valeria.
In ogni modo il racconto leggendario o veritiero è documentato da celebri monumenti anche di notevole antichità. La basilica ravennate consacrata il 17 maggio 548, è dedicata oltre che a S. Vitale anche ai suoi figli Gervasio e Protasio, le cui immagini sono poste sotto la lista degli apostoli, mentre un altare laterale è dedicato a s. Ursicino.
Nei mosaici di S. Apollinare Nuovo poi sono rappresentati tutti i cinque personaggi; dall’11° al 14° posto della fila dei santi vi sono i quattro uomini e al nono posto della fila delle sante c’è Valeria.
Numerosi documenti e Martirologi li nominano durante i secoli, specie s. Vitale e s. Ursicino martiri a Ravenna. A Milano sorsero le tre chiese che data la loro vicinanza, confermarono la stretta parentela dei martiri, come era uso costruire allora, la chiesa di S. Vitale, la chiesa di S. Valeria (poi distrutta) e S. Ambrogio dove riposano i due fratelli gemelli Gervasio e Protasio.
Le prime notizie che si hanno di Vitale e Valeria provengono da un opuscolo scritto da Filippo, che si nomina ‘servus Christi’ e a cui sono intitolati i più antichi nuclei di vita cristiana a Milano, come l’hortus Philippi e la domus Philippi; detto opuscolo fu rinvenuto accanto al capo dei corpi dei martiri Gervasio e Protasio, ritrovati da s. Ambrogio nel 396.
L’opuscolo oltre a narrare il martirio dei due fratelli, descrive anche quello dei due genitori Vitale e Valeria e del medico ligure, forse operante a Ravenna Ursicino, vissuti e morti nel III secolo; Vitale è un ufficiale che ha accompagnato il giudice Paolino da Milano a Ravenna.
Scoppiata la persecuzione contro i cristiani, accompagna, incoraggiandolo Ursicino condannato a morte, il quale durante il tragitto verso il luogo dell’esecuzione, era rimasto turbato dall’orrore di trovarsi davanti alla morte violenta. Ursicino viene decapitato e decorosamente sepolto dallo stesso Vitale, dentro la città di Ravenna.
Lo stesso Vitale viene arrestato e dopo aver subito varie torture per farlo apostatare dal cristianesimo, il giudice Paolino ordina che venga gettato in una fossa profonda e ricoperto di sassi e terra; così anch’egli diventa un martire di Ravenna e il suo sepolcro nei pressi della città, diviene fonte di grazie.
La moglie Valeria avrebbe voluto riprendersi il corpo del marito, ma i cristiani di Ravenna glielo impediscono, allora cerca di ritornare a Milano, ma durante il viaggio incontra una banda di villani idolatri, che la invitano a sacrificare con loro al dio Silvano; essa rifiuta e per questo viene percossa così violentemente, che portata a Milano, muore tre giorni dopo.
I giovani figli Gervasio e Protasio, vendono tutti i loro beni, dandoli ai poveri e si dedicano alle sacre letture, alla preghiera e dieci anni dopo vengono anch’essi martirizzati; il già citato Filippo ne cura la sepoltura.
Molti studiosi ritengono che la narrazione sia in parte fantasiosa, riconoscendo nei personaggi citati, altre figure di martiri omonimi venerati sia a Milano che a Ravenna; l’antica chiesa di S. Valeria a Milano, distrutta nel 1786, per gli studiosi non era che la ‘cella memoriæ’ della primitiva area cimiteriale milanese, intitolata appunto alla gens Valeria.
In ogni modo il racconto leggendario o veritiero è documentato da celebri monumenti anche di notevole antichità. La basilica ravennate consacrata il 17 maggio 548, è dedicata oltre che a S. Vitale anche ai suoi figli Gervasio e Protasio, le cui immagini sono poste sotto la lista degli apostoli, mentre un altare laterale è dedicato a s. Ursicino.
Nei mosaici di S. Apollinare Nuovo poi sono rappresentati tutti i cinque personaggi; dall’11° al 14° posto della fila dei santi vi sono i quattro uomini e al nono posto della fila delle sante c’è Valeria.
Numerosi documenti e Martirologi li nominano durante i secoli, specie s. Vitale e s. Ursicino martiri a Ravenna. A Milano sorsero le tre chiese che data la loro vicinanza, confermarono la stretta parentela dei martiri, come era uso costruire allora, la chiesa di S. Vitale, la chiesa di S. Valeria (poi distrutta) e S. Ambrogio dove riposano i due fratelli gemelli Gervasio e Protasio.
San Vitale di Ravenna e Ursicino Protomartire
di Mario Pierpaoli, Agosto 2011sta in
https://pierpaolimariostorico.wordpress.com/san-vitale-di-ravenna-e-ursicino-protomartire/
Consultare anche "Enciclopedia dell' Arte Medievale" - Treccani
Ravenna
http://www.treccani.it/enciclopedia/ravenna_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/
Basilica di San Vitale, capolavoro d’arte bizantina in Italia
In
https://expoitalyart.it/basilica-san-vitale-arte-bizantina/
ed anche
La basilica di San Vitale 525-547, Ravenna
http://www.multytheme.com/cultura/multimedia/didattmultitema/scuoladg/storiarte/artepaleocristianartebizantinabasilicavitale.html
Santa Valeria
moglie di San Vitale martire e madre dei
Santi Gervasio e Protasio martire a
Milano
fu la moglie di San Vitale e madre dei
santi Gervasio e Protasio.
Di origine milanese le fonti storiche fanno risalire la nascita intorno al III secolo. Il marito, Vitale, ufficiale dell’esercito, venne ucciso e martirizzato nella città di Ravenna. Valeria, durante il viaggio di rientro a Milano con la salma del marito, venne catturata da una banda di briganti pagani. Obbligata ad adorare il loro dio, abiurando il Dio cristiano, si rifiutò, venendo per questo percossa a morte.
Di origine milanese le fonti storiche fanno risalire la nascita intorno al III secolo. Il marito, Vitale, ufficiale dell’esercito, venne ucciso e martirizzato nella città di Ravenna. Valeria, durante il viaggio di rientro a Milano con la salma del marito, venne catturata da una banda di briganti pagani. Obbligata ad adorare il loro dio, abiurando il Dio cristiano, si rifiutò, venendo per questo percossa a morte.
Santo Panfilo di Sulmona Vescovo di
Corfino (verso il 700)
Tratto
dal quotidiano Avvenire
Chi si reca a Sulmona non può fare a
meno di visitare la cattedrale di San Panfilo, dedicata al patrono. Questi era
nato nell'VIII secolo nei dintorni della località abruzzese ed era figlio di un
pagano che lo ripudiò quando lui si convertì al cristianesimo. Si narra che per
questo lo sottopose a una prova: scendere da un carro su un dirupo. Ci riuscì e
fu acclamato alla guida della diocesi. Morì a Corfinio, di cui fu probabilmente
anche vescovo. Quattro chierici ne ritrovarono il corpo. Ma, mentre lo
riportavano a Sulmona, esso divenne pesante come pietra. Allora si fermarono
assetati presso la contrada Ficoroni, e apparve miracolosamente una fontana. La
cattedrale venne eretta sempre nell'VIII secolo sulle rovine di un tempio
pagano. Fu poi radicalmente rifatta nel 1075 dal vescovo Trasmondo e finita nel
1119 dal successore Gualtiero. Nei secoli ha subito molti danni. La parte più
antica è la cripta.
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