martedì 3 aprile 2018

3 aprile Santi Italici ed Italo greci




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MOSTRE / Bologna espone l’inedita croce viaria del 1143 ritrovata a Santa Maria Maggiore


Santo Sisto I  papa e patriarca di Roma (verso il 125)

Martirologio Romano: A Roma, san Sisto I, papa, che, al tempo dell’imperatore Adriano, resse la Chiesa di Roma, sesto dopo il beato Pietro.

Papa dal 115 al 125).
Prete romano, fu eletto con i voti di tutto il clero. Fu lui a disporre che i calici e gli arredi sacri dell'altare potessero essere toccati solo dai sacerdoti

Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/48250

Verso la fine del suo regno anche l'imperatore Traiano ritenne di dover mitigare la propria politica persecutoria nei confronti dei cristiani, anche perchè l' "infamia" di essere cristiano serviva più spesso a risolvere faide politiche e famigliari che non a dirimere questioni religiose.
Questo clima di pseudo tolleranza, che non cambiò comunque i metodi e le persecuzioni, proseguì anche sotto l'imperatore Adriano il quale scrisse al proconsole d'Asia: "Se uno fa le sue accuse e dimostra che i cristiani operano contro le leggi, allora la colpa deve essere punita secondo la sua gravità. Ma se qualcuno si avvale di questo pretesto per calunniare allora  quest'ultimo che deve essere punito".

In questa realtà nacque Sisto I, figlio di pastori romani, si presume sia assurto al soglio intorno al 115.

A Sisto primo si deve l'introduzione di molte norme di culto, tra le quali il divieto ai laici di toccare il sacro calice e la patena lasciando agli uomini di culto questi atti.

A Sisto I venne fatta risalire anche l'introduzione del triplice cantico "Sanctus" durante la celebrazione della messa ma questo è dubbio, come è dubbia l' attribuzione, a Sisto, l'introduzione dell'acqua nella celebrazione del rito eucaristico e dell'acqua santa per le abluzioni ( n.d.a: queste ultime attribuite al suo predecessore, Alessandro I).
La tradizione lo considera sepolto accanto al corpo di Pietro, come per altro tutti i predecessori ; l'unica cattedrale dove ancora viene celebrato come santo è quella di Alatri (nda: cittadina in provincia di Frosinone). E' protettore anche di Alife (CE) che lo festeggia l'11 agosto.






La festa di San Sisto ad Alife

https://blog.guideslow.it/la-festa-san-sisto-ad-alife/
Intorno all’anno 1130, Rainulfo, il conte normanno che in quel tempo risiedeva ad Alife, si trovava a Roma in compagnia dell’antipapa Anacleto II, mentre tutta la contea di Alife era flagellata da un’epidemia di peste.
Il conte, allarmato e preoccupato, chiese ad Anacleto II di portare fino ad Alife una reliquia di un grande Santo affinchè con un miracolo ponesse fine alla tragedia.
Nonostante l’amicizia reciproca tra RainulfoAnacleto II, quest’ultimo  non era d’accordo nel mandare in giro le reliquie dei Santi custodite nel Vaticano, visto l’impegno e gli sforzi che la Chiesa stava compiendo nel recuperarle dagli angoli più remoti di quello che un tempo era l’Impero Romano.
Una notte in cui il conte era ancora ospite dell’antipapa, una trave di legno che sosteneva una parte dell’antica Basilica di San Pietro, cadde su un altare scoperchiando la reliquia di San Sisto I.
Quest’avvenimento fu interpretato da tutti i fedeli come segno che quel santo, San Sisto I, aveva intenzione di rispondere alle richieste dal conte Rainulfo.
Dopo queste vicende, pressato anche dalla coscienza ecclesiastica e dai fedeli, Anacleto II accettò di prestare la reliquia di San Sisto I al conte Rainulfo che la spedì verso Alife su una mula, delle guardie e degli emissari.

Le due versioni

Da qui, la storia si divide in due diverse versioni che raccontano il cammino della reliquia del Santo fino ad Alife.
La prima versione racconta che la mula che trasportava la reliquia, percorrendo la strada che portava ad Alife giunse ad un bivio che conduceva ad Alatri.
La mula iniziò a percorrere la strada che saliva verso Alatri e nonostante le percosse per ricondurla sulla strada predestinata, non volle cambiare rotta, raggiungendo testardamente la chiesa principale del paese di Alatri.
Qui la mula si inginocchiò e la popolazione di Alatri decise di tenere per sè il Santo, donando agli alifani un solo dito della reliquia.
La seconda versione invece, racconta che la mula viaggiò senza deviazioni fino ad Alife, dove raggiunse la chiesa extra moenia (fuori le mura), e qui si inginocchiò lasciando la propria orma in un sasso (ancora oggi custodito nel luogo dove si inginocchiò). La Peste cessò e la reliquia venne custodita all’interno della chiesa.
Oggi recenti studi hanno accertato che le cittadine di Alatri e Alife conservano ognuna la metà delle spoglie del Santo: da qui è nato il gemellaggio tra le due.
PS  sull’Antipapa Anacleto II  consultare
http://www.sapere.it/enciclopedia/Anacl%C3%A8to+II.html













Santo Attalo igumeno a Taormina
Secondo il chronicon benedettino del 1483 Attalo fu abate nel secolo IX del monastero posto presso Taormina, e morì il 3 Aprile.
Così il chronicon: “Sanctus Attalus, Abbas monasterij positi apud Tauromenium Siciliae, cuius natale solemnizatur III Nonas Aprilis“.
































Santo Giuseppe l’Innografo  di nazionalità siciliana  monaco a Tessalonica e confessore delle sante icone sotto Teofilo (verso 886)

Dal quotidiano Avvenire

Nacque in Sicilia nell'816 e al tempo dell'invasione araba dell'827, con la sua famiglia si rifugiò nella Grecia Meridionale. Nell'831 si recò a Tessalonica nella Macedonia, entrando nel monastero di Latomia. Consacrato sacerdote, ebbe come maestro spirituale San Gregorio il Decapolita, che verso l'840 lo condusse a Costantinopoli. L'anno successivo Giuseppe fu inviato a Roma dal papa Gregorio IV, per chiedere il suo aiuto nella lotta contro l'eresia iconoclasta. La nave su cui era imbarcato, cadde però nelle mani di pirati arabi che lo condussero a Creta; riscattato e liberato nell'843 tornò a Costantinopoli dove trovò il suo maestro morto. Coinvolto nella vicenda della deposizione del patriarca Ignazio, nell'858, fu esiliato a Cherson in Crimea, dove rimase probabilmente fino al reintegro di Ignazio nell'867. L'imperatore Basilio I il Macedone (812-886) gli affidò la custodia di Santa Sofia a Costantinopoli. Morì nel 886. Sono celebri i suoi inni sacri da cui è derivato il nome «Innografo».










Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91514
La ‘Vita’ di s. Giuseppe l’Innografo fu scritta dal suo discepolo e successore Teofano; nacque in Sicilia nell’816 e al tempo dell’invasione araba dell’827, con la sua famiglia si rifugiò nel Peloponneso (Grecia Meridionale).
A quindici anni nell’831 si recò a Tessalonica (odierna Salonicco) nella Macedonia, prendendo l’abito religioso nel monastero di Latomia. Consacrato sacerdote, ebbe come maestro spirituale San Gregorio il Decapolita, che verso l’840 lo condusse con sé a Costantinopoli, dove insieme ad altri discepoli vissero nella chiesa di S. Antipa.
L’anno successivo Giuseppe fu inviato a Roma dal papa Gregorio IV, per chiedere il suo aiuto nella lotta ingaggiata dal suo maestro e i discepoli, contro l’eresia iconoclasta, iniziata dall’imperatore Leone III l’Isaurico nel 726.
La nave su cui era imbarcato, cadde però nelle mani dei pirati arabi che lo condussero a Creta; venne riscattato e liberato da persone caritatevoli e nell’843 tornò a Costantinopoli dove trovò il suo maestro Gregorio il Decapolita morto o moribondo.
Restò come eremita nella stessa chiesa di S. Antipa, poi per cinque anni fu nella chiesa di S. Giovanni Crisostomo, dove nell’850 fondò un monastero, diventando egumeno (abate), deponendovi anche le reliquie di Gregorio, del suo discepolo Giovanni e quelle di s. Bartolomeo, ottenute a Tessalonica.
Venne coinvolto nella vicenda della deposizione del patriarca Ignazio, avvenuta il 23 novembre 858 e perché amico e sostenitore del patriarca, fu esiliato dal potente cesare Bardas a Cherson in Crimea, dove rimase probabilmente fino al reintegro di Ignazio nell’867.
L’imperatore Basilio I il Macedone (812-886) gli affidò la custodia di S. Sofia a Costantinopoli, in questa funzione ricevé gli inviati del papa Adriano II al Concilio di Costantinopoli, il 25 settembre 869.
Dopo una interruzione, ricoprì la carica di nuovo fino all’886, anno in cui morì il 3 aprile, giorno della sua attuale celebrazione liturgica. Sono celebri i suoi inni sacri, accolti nella liturgia greca, da cui è derivato il nome ‘Innografo’.
Tratto da
http://www.ortodoxia.it/San_Giuseppe_Innografo.html

La vita di San Giuseppe l’Innografo è stata scritta dal suo discepolo e successore Teofano. Giuseppe nacque a Siracusa l’816 e lì visse sino a che i continui attacchi dei saraceni imposero un’inevitabile fuga dalla Sicilia, che avvenne nel 827 ed egli, insieme alla famiglia, si rifugiò nel Peleponneso (Grecia meridionale). A 15 anni venne ordinato monaco nel monastero di Latomia presso Tessalonica. Successivamente, venne ordinato sacerdote giovanissimo. Dotato di una bella voce e di una capacità straordinaria nella composizione di inni, spesso lodava mediante il canto Dio e i suoi Misteri, la Theotokos e tutti i Santi. Ebbe come padre spirituale, San Gregorio il Decapolita, insigne difensore delle Icone e confessore della fede, che nell’840 unitamente ad altri confratelli si recarono a Costantinopoli ove vissero nella chiesa di Sant’Antipa. Quindi, nell’anno successivo venne mandato a Roma a chiedere sostegno al Papa nella lotta iconoclasta, ma durante il viaggio, la nave che avrebbe dovuto portarlo in Italia, venne intercettata dai saraceni e, pertanto, Giuseppe venne sequestrato e portato a Creta, durante la prigionia trascorse il tempo lodando Dio e grazie al pagamento del riscatto venne liberato. Quindi fece ritorno a Costantinopoli nell’843 ove trovò il suo padre spirituale che già aveva reso la sua anima a Dio, l’imperatore Teofilo morto e l’ortodossia in trionfo. Nell’850 con il discepolo San Giovanni fondarono un monastero ove custodire il corpo del padre spirituale, e successivamente del medesimo Giovanni oltre alle reliquie di San Bartolomeo precedentemente ottenute a Tessalonica ed ove Giuseppe compose innumerevoli e splendidi componimenti poetici, inni liturgici, che lo resero importante nella Chiesa bizantina. Fu coinvolto nella deposizione del Patriarca di Costantinopoli Sant’Ignazio, verso cui fu amico e fedele sostenitore e per tali motivi fu esiliato a Cherson (Crimea) dal potente cesare Bardas. Fu richiamato nel 867 dall’imperatore Basilio I Macedone, che altresì richiamò nella sede apostolica costantinopolitana Ignazio e deponendo a sua volta San Fozio. Ritornato nella capitale dell’impero venne nominato “schevofilace” (custode del tesoro dei vasi sacri) di Santa Sofia ed in tale veste accolse la delegazione papale inviata da Adriano II all’VIII Concilio (869-870), il 25 settembre 869. Alla dormizione di Sant’Ignazio, il santo siracusano si riconciliò con San Fozio, che prima della sua dormizione si riappacificò con il Papa di Roma, e mantenne la prestigiosa carica di schevofilace sino alla sua dormizione, avvenuta all’età di 70 anni circa, il 3 aprile 886. Il santo monaco siciliano, pur essendo stato coinvolto nella lotta iconoclasta, fu molto importante non tanto per la difesa delle Sacre Icone, quanto per la notevole mole e qualità di inni liturgici, che gli valsero unanimemente, tra i molteplici validi poeti della Chiesa costantinopolitana, il titolo di Innografo per antonomasia.


Tratto da
http://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-l-innografo_%28Enciclopedia-Italiana%29/
Nato in Sicilia circa l'anno 816, si sottrasse alle incursioni dei Saraceni riparando nel Peloponneso con la famiglia, che presto abbandonò per entrare in un monastero di Salonicco. Condotto a Costantinopoli da San Gregorio Decapolita, durante la persecuzione iconoclastica di Teofilo, fu incaricato di una missione a Roma presso la S. Sede. Ma catturato in viaggio da pirati arabi, fu tradotto schiavo a Creta. Riscattato da pie persone, rientrò a Bisanzio (11 marzo 843). Verso l'850 costruì per i suoi seguaci un monastero e una chiesa dedicata a S. Bartolomeo e a S. Gregorio Decapolita, ove depose le reliquie dell'apostolo e del suo maestro. Coinvolto nella disgrazia di S. Ignazio Patriarca, fu esiliato nel Chersoneso, donde, richiamato, fu nominato custode dei vasi sacri di S. Sofia. Morto Ignazio, riconobbe il successore Fozio, col quale visse poi in buoni rapporti.
Morì il 3 aprile 886.
Si meritò il nome di Innografo per il numero stragrande di canoni liturgici da lui composti, specialmente in onore di santi. Egli ordinò la Paracletica (Παρακλητική), che oltre all'Ottoeco di S. Giovanni Damasceno contiene anche gli uffici di tutti i giorni, i cui canoni sono dovuti appunto a G., e non a S. Giuseppe di Tessalonica (morto il 15 aprile 832), fratello di S. Teodoro Studita.
Ediz.: I Canoni oltre che nei libri liturgici, in Migne, Patrol. Graeca, CV, coll. 983-1426; Christ-Paranikas, Anthol. graecacarminum christianor., Lipsia 1871, XLVII, p. 242 segg. La Vita scritta da Giovanni diacono in Migne, Patrol. Graeca, loc. cit. La Vita scritta da Teofane monaco, in A. Papadopulos-Kerameus, Monumenta ad historiam Photii pertinentia, II (Pietroburgo 1901). L'Encomio di Teodoro Pediasimo in M. Treu, Theodori Pediasimi quae exstant, Potsdam 1899.
Bibl.: M. Théarvic, in Échos d'Orient, VII (1904); P. Van de Vorst, in Analecta Bollandiana, XXXVIII (1920).




Tratto da
Vicariato Ortodosso delle Puglie

l 3 aprile si festeggia il Santo italo-greco: San Giuseppe l'Innografo di Siracusa
San Giuseppe l’Innografo nacque a Siracusa nell’816 da dove fuggì insieme alla sua famiglia a causa degli orrori perpetrati dai musulmani ai danni della popolazione cristiana, le cui avvisaglie si ebbero sin dal 740, per rifugiarsi nel Peloponneso. A soli 15 anni, si allontanò dalla famiglia per recarsi al Monastero di Latoma ove fu ordinato monaco. Nel Santo siracusano emersero immediatamente la sua bella voce, nonché la sua vena poetica con cui dava lode a Dio ed ai suoi Misteri, alla Madre di Dio ed ai Santi. Di estrema importanza è la conoscenza che San Giuseppe l’Innografo fece di San Gregorio il Decapolita, quest’ultimo protettore delle icone e difensore della fede, di cui divenne discepolo. I due santi si recarono a Costantinopoli nel l’840 durante la guerra iconoclastica condotta allora dall’imperatore Teofilo. All’incontro con gli altri Santi iconoduli, San Giuseppe l’Innografo fu scelto per recarsi a Roma per richiedere l’appoggio, alla suddetta Sede Apolistica, per la difesa delle icone, ma durante il viaggio fu rapito dai saraceni e portato a Creta. Il tempo della reclusione in prigione lo trascorse nel canto delle lodi a Dio. Appena liberato,nell’843, San Giuseppe l’Innografo tornò a Costantinopoli ove trovò il maestro morente ed il trionfo dell’ortodossia. Nell’850 fondò un monastero insieme al condiscepolo San Giovanni per deporre le reliquie del maestro e lì realizzò i numerosi inni liturgici che lo resero venerabile dalla Santa Chiesa. Successivamente venne esiliato a Chersone, Crimea, dal potente cesare Bardas a causa della sua fedeltà all’imperatore Sant’Ignazio per poi essere richiamato nel 867 dall’imperatore Macedone I (867- 886), che depose l’imperatore San Fozio e rientegrò Sant’Ignazio. Fu nominato “schevofilace” (custode del tesoro dei vasi sacrI) presso Santa Sofia indi accolse ufficialmente la delegazione del Papa Adriano II all’VIII Concilio (869-870). Alla morte di Sant’Ignazio, San Giuseppe l’Innografo si riconciliò con San Fozio, che si spense in pace con Roma, e mantenne l’importante carica sino alla morte, che lo colse all’età di 63 anni, il 3 aprile 886. La notevole quantità unita alla profondità teologica degli inni liturgici consentirono San Giuseppe ad essere insignito del titolo di Innografo per antonomasia rispetto agli altri numerosi Santi poeti che popolano la Santa Chiesa Ortodossa.

Consultare anche  l’articolo

I Santi innografi


http://wwwbisanzioit.blogspot.it/2013/07/i-santi-innografi.html

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