MOSTRE / Bologna espone l’inedita croce viaria del 1143 ritrovata a Santa Maria Maggiore
Santo Sisto I papa e patriarca di Roma (verso il 125)
Martirologio Romano: A Roma, san Sisto I, papa, che, al
tempo dell’imperatore Adriano, resse la Chiesa di Roma, sesto dopo il beato Pietro.
Papa dal 115 al 125).
Prete romano, fu eletto con i voti di tutto il clero. Fu lui a disporre che i calici e gli arredi sacri dell'altare potessero essere toccati solo dai sacerdoti
Prete romano, fu eletto con i voti di tutto il clero. Fu lui a disporre che i calici e gli arredi sacri dell'altare potessero essere toccati solo dai sacerdoti
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/48250
Verso
la fine del suo regno anche l'imperatore Traiano ritenne di dover mitigare la
propria politica persecutoria nei confronti dei cristiani, anche perchè l'
"infamia" di essere cristiano serviva più spesso a risolvere faide
politiche e famigliari che non a dirimere questioni religiose.
Questo clima di pseudo tolleranza, che non cambiò comunque i metodi e le persecuzioni, proseguì anche sotto l'imperatore Adriano il quale scrisse al proconsole d'Asia: "Se uno fa le sue accuse e dimostra che i cristiani operano contro le leggi, allora la colpa deve essere punita secondo la sua gravità. Ma se qualcuno si avvale di questo pretesto per calunniare allora quest'ultimo che deve essere punito".
In questa realtà nacque Sisto I, figlio di pastori romani, si presume sia assurto al soglio intorno al 115.
A Sisto primo si deve l'introduzione di molte norme di culto, tra le quali il divieto ai laici di toccare il sacro calice e la patena lasciando agli uomini di culto questi atti.
Questo clima di pseudo tolleranza, che non cambiò comunque i metodi e le persecuzioni, proseguì anche sotto l'imperatore Adriano il quale scrisse al proconsole d'Asia: "Se uno fa le sue accuse e dimostra che i cristiani operano contro le leggi, allora la colpa deve essere punita secondo la sua gravità. Ma se qualcuno si avvale di questo pretesto per calunniare allora quest'ultimo che deve essere punito".
In questa realtà nacque Sisto I, figlio di pastori romani, si presume sia assurto al soglio intorno al 115.
A Sisto primo si deve l'introduzione di molte norme di culto, tra le quali il divieto ai laici di toccare il sacro calice e la patena lasciando agli uomini di culto questi atti.
A Sisto I venne fatta risalire anche l'introduzione del triplice cantico "Sanctus" durante la celebrazione della messa ma questo è dubbio, come è dubbia l' attribuzione, a Sisto, l'introduzione dell'acqua nella celebrazione del rito eucaristico e dell'acqua santa per le abluzioni ( n.d.a: queste ultime attribuite al suo predecessore, Alessandro I).
La
tradizione lo considera sepolto accanto al corpo di Pietro, come per altro tutti
i predecessori ; l'unica cattedrale dove ancora viene celebrato come santo è
quella di Alatri (nda: cittadina in provincia di Frosinone). E' protettore
anche di Alife (CE) che lo festeggia l'11 agosto.
La festa di San Sisto ad Alife
https://blog.guideslow.it/la-festa-san-sisto-ad-alife/
Intorno all’anno 1130, Rainulfo, il conte normanno che in quel tempo
risiedeva ad Alife, si trovava
a Roma in compagnia dell’antipapa Anacleto
II, mentre tutta la contea di
Alife era flagellata da un’epidemia di peste.Il conte, allarmato e preoccupato, chiese ad Anacleto II di portare fino ad Alife una reliquia di un grande Santo affinchè con un miracolo ponesse fine alla tragedia.
Nonostante l’amicizia reciproca tra Rainulfo e Anacleto II, quest’ultimo non era d’accordo nel mandare in giro le reliquie dei Santi custodite nel Vaticano, visto l’impegno e gli sforzi che la Chiesa stava compiendo nel recuperarle dagli angoli più remoti di quello che un tempo era l’Impero Romano.
Una notte in cui il conte era ancora ospite dell’antipapa, una trave di legno che sosteneva una parte dell’antica Basilica di San Pietro, cadde su un altare scoperchiando la reliquia di San Sisto I.
Quest’avvenimento fu interpretato da tutti i fedeli come segno che quel santo, San Sisto I, aveva intenzione di rispondere alle richieste dal conte Rainulfo.
Dopo queste vicende, pressato anche dalla coscienza ecclesiastica e dai fedeli, Anacleto II accettò di prestare la reliquia di San Sisto I al conte Rainulfo che la spedì verso Alife su una mula, delle guardie e degli emissari.
Le due versioni
Da
qui, la storia si divide in due diverse versioni che raccontano il cammino
della reliquia del Santo fino ad Alife.
La prima versione racconta che la mula che trasportava la reliquia, percorrendo la strada che portava ad Alife giunse ad un bivio che conduceva ad Alatri.
La mula iniziò a percorrere la strada che saliva verso Alatri e nonostante le percosse per ricondurla sulla strada predestinata, non volle cambiare rotta, raggiungendo testardamente la chiesa principale del paese di Alatri.
Qui la mula si inginocchiò e la popolazione di Alatri decise di tenere per sè il Santo, donando agli alifani un solo dito della reliquia.
La prima versione racconta che la mula che trasportava la reliquia, percorrendo la strada che portava ad Alife giunse ad un bivio che conduceva ad Alatri.
La mula iniziò a percorrere la strada che saliva verso Alatri e nonostante le percosse per ricondurla sulla strada predestinata, non volle cambiare rotta, raggiungendo testardamente la chiesa principale del paese di Alatri.
Qui la mula si inginocchiò e la popolazione di Alatri decise di tenere per sè il Santo, donando agli alifani un solo dito della reliquia.
La
seconda versione invece, racconta che la mula viaggiò senza
deviazioni fino ad Alife, dove raggiunse la chiesa extra
moenia (fuori le mura), e qui si inginocchiò lasciando la
propria orma in un sasso (ancora oggi custodito nel luogo dove si
inginocchiò). La Peste cessò e la reliquia venne custodita all’interno
della chiesa.
Oggi recenti studi hanno accertato che le cittadine di Alatri e Alife conservano ognuna la metà delle spoglie del Santo: da qui è nato il gemellaggio tra le due.
Oggi recenti studi hanno accertato che le cittadine di Alatri e Alife conservano ognuna la metà delle spoglie del Santo: da qui è nato il gemellaggio tra le due.
PS sull’Antipapa Anacleto II consultare
http://www.sapere.it/enciclopedia/Anacl%C3%A8to+II.html
Santo Attalo igumeno a Taormina
Secondo il chronicon benedettino
del 1483 Attalo fu abate nel secolo IX del monastero posto presso Taormina, e
morì il 3 Aprile.
Così
il chronicon: “Sanctus Attalus, Abbas monasterij positi apud
Tauromenium Siciliae, cuius natale solemnizatur III Nonas Aprilis“.
Santo Giuseppe
l’Innografo di nazionalità
siciliana monaco a Tessalonica e
confessore delle sante icone sotto Teofilo (verso 886)
Dal quotidiano Avvenire
Nacque
in Sicilia nell'816 e al tempo dell'invasione araba dell'827, con la sua
famiglia si rifugiò nella Grecia Meridionale. Nell'831 si recò a Tessalonica
nella Macedonia, entrando nel monastero di Latomia. Consacrato sacerdote, ebbe
come maestro spirituale San Gregorio il Decapolita, che verso l'840 lo condusse
a Costantinopoli. L'anno successivo Giuseppe fu inviato a Roma dal papa
Gregorio IV, per chiedere il suo aiuto nella lotta contro l'eresia iconoclasta.
La nave su cui era imbarcato, cadde però nelle mani di pirati arabi che lo
condussero a Creta; riscattato e liberato nell'843 tornò a Costantinopoli dove
trovò il suo maestro morto. Coinvolto nella vicenda della deposizione del
patriarca Ignazio, nell'858, fu esiliato a Cherson in Crimea, dove rimase
probabilmente fino al reintegro di Ignazio nell'867. L'imperatore Basilio I il
Macedone (812-886) gli affidò la custodia di Santa Sofia a Costantinopoli. Morì
nel 886. Sono celebri i suoi inni sacri da cui è derivato il nome «Innografo».
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91514
La
‘Vita’ di s. Giuseppe l’Innografo fu scritta dal suo discepolo e successore
Teofano; nacque in Sicilia nell’816 e al tempo dell’invasione araba dell’827,
con la sua famiglia si rifugiò nel Peloponneso (Grecia Meridionale).
A quindici anni nell’831 si recò a Tessalonica (odierna Salonicco) nella Macedonia, prendendo l’abito religioso nel monastero di Latomia. Consacrato sacerdote, ebbe come maestro spirituale San Gregorio il Decapolita, che verso l’840 lo condusse con sé a Costantinopoli, dove insieme ad altri discepoli vissero nella chiesa di S. Antipa.
L’anno successivo Giuseppe fu inviato a Roma dal papa Gregorio IV, per chiedere il suo aiuto nella lotta ingaggiata dal suo maestro e i discepoli, contro l’eresia iconoclasta, iniziata dall’imperatore Leone III l’Isaurico nel 726.
La nave su cui era imbarcato, cadde però nelle mani dei pirati arabi che lo condussero a Creta; venne riscattato e liberato da persone caritatevoli e nell’843 tornò a Costantinopoli dove trovò il suo maestro Gregorio il Decapolita morto o moribondo.
Restò come eremita nella stessa chiesa di S. Antipa, poi per cinque anni fu nella chiesa di S. Giovanni Crisostomo, dove nell’850 fondò un monastero, diventando egumeno (abate), deponendovi anche le reliquie di Gregorio, del suo discepolo Giovanni e quelle di s. Bartolomeo, ottenute a Tessalonica.
Venne coinvolto nella vicenda della deposizione del patriarca Ignazio, avvenuta il 23 novembre 858 e perché amico e sostenitore del patriarca, fu esiliato dal potente cesare Bardas a Cherson in Crimea, dove rimase probabilmente fino al reintegro di Ignazio nell’867.
L’imperatore Basilio I il Macedone (812-886) gli affidò la custodia di S. Sofia a Costantinopoli, in questa funzione ricevé gli inviati del papa Adriano II al Concilio di Costantinopoli, il 25 settembre 869.
Dopo una interruzione, ricoprì la carica di nuovo fino all’886, anno in cui morì il 3 aprile, giorno della sua attuale celebrazione liturgica. Sono celebri i suoi inni sacri, accolti nella liturgia greca, da cui è derivato il nome ‘Innografo’.
A quindici anni nell’831 si recò a Tessalonica (odierna Salonicco) nella Macedonia, prendendo l’abito religioso nel monastero di Latomia. Consacrato sacerdote, ebbe come maestro spirituale San Gregorio il Decapolita, che verso l’840 lo condusse con sé a Costantinopoli, dove insieme ad altri discepoli vissero nella chiesa di S. Antipa.
L’anno successivo Giuseppe fu inviato a Roma dal papa Gregorio IV, per chiedere il suo aiuto nella lotta ingaggiata dal suo maestro e i discepoli, contro l’eresia iconoclasta, iniziata dall’imperatore Leone III l’Isaurico nel 726.
La nave su cui era imbarcato, cadde però nelle mani dei pirati arabi che lo condussero a Creta; venne riscattato e liberato da persone caritatevoli e nell’843 tornò a Costantinopoli dove trovò il suo maestro Gregorio il Decapolita morto o moribondo.
Restò come eremita nella stessa chiesa di S. Antipa, poi per cinque anni fu nella chiesa di S. Giovanni Crisostomo, dove nell’850 fondò un monastero, diventando egumeno (abate), deponendovi anche le reliquie di Gregorio, del suo discepolo Giovanni e quelle di s. Bartolomeo, ottenute a Tessalonica.
Venne coinvolto nella vicenda della deposizione del patriarca Ignazio, avvenuta il 23 novembre 858 e perché amico e sostenitore del patriarca, fu esiliato dal potente cesare Bardas a Cherson in Crimea, dove rimase probabilmente fino al reintegro di Ignazio nell’867.
L’imperatore Basilio I il Macedone (812-886) gli affidò la custodia di S. Sofia a Costantinopoli, in questa funzione ricevé gli inviati del papa Adriano II al Concilio di Costantinopoli, il 25 settembre 869.
Dopo una interruzione, ricoprì la carica di nuovo fino all’886, anno in cui morì il 3 aprile, giorno della sua attuale celebrazione liturgica. Sono celebri i suoi inni sacri, accolti nella liturgia greca, da cui è derivato il nome ‘Innografo’.
Tratto
da
http://www.ortodoxia.it/San_Giuseppe_Innografo.html
La vita di San Giuseppe l’Innografo è
stata scritta dal suo discepolo e successore Teofano. Giuseppe nacque a
Siracusa l’816 e lì visse sino a che i continui attacchi dei saraceni imposero
un’inevitabile fuga dalla Sicilia, che avvenne nel 827 ed egli, insieme alla
famiglia, si rifugiò nel Peleponneso (Grecia meridionale). A 15 anni venne ordinato
monaco nel monastero di Latomia presso Tessalonica. Successivamente, venne
ordinato sacerdote giovanissimo. Dotato di una bella voce e di una capacità
straordinaria nella composizione di inni, spesso lodava mediante il canto Dio e
i suoi Misteri, la Theotokos e tutti i Santi. Ebbe come padre spirituale, San
Gregorio il Decapolita, insigne difensore delle Icone e confessore della fede,
che nell’840 unitamente ad altri confratelli si recarono a Costantinopoli ove
vissero nella chiesa di Sant’Antipa. Quindi, nell’anno successivo venne mandato
a Roma a chiedere sostegno al Papa nella lotta iconoclasta, ma durante il
viaggio, la nave che avrebbe dovuto portarlo in Italia, venne intercettata dai
saraceni e, pertanto, Giuseppe venne sequestrato e portato a Creta, durante la
prigionia trascorse il tempo lodando Dio e grazie al pagamento del riscatto
venne liberato. Quindi fece ritorno a Costantinopoli nell’843 ove trovò il suo
padre spirituale che già aveva reso la sua anima a Dio, l’imperatore Teofilo
morto e l’ortodossia in trionfo. Nell’850 con il discepolo San Giovanni
fondarono un monastero ove custodire il corpo del padre spirituale, e
successivamente del medesimo Giovanni oltre alle reliquie di San Bartolomeo
precedentemente ottenute a Tessalonica ed ove Giuseppe compose innumerevoli e
splendidi componimenti poetici, inni liturgici, che lo resero importante nella
Chiesa bizantina. Fu coinvolto nella deposizione del Patriarca di
Costantinopoli Sant’Ignazio, verso cui fu amico e fedele sostenitore e per tali
motivi fu esiliato a Cherson (Crimea) dal potente cesare Bardas. Fu richiamato
nel 867 dall’imperatore Basilio I Macedone, che altresì richiamò nella sede
apostolica costantinopolitana Ignazio e deponendo a sua volta San Fozio.
Ritornato nella capitale dell’impero venne nominato “schevofilace” (custode del
tesoro dei vasi sacri) di Santa Sofia ed in tale veste accolse la delegazione
papale inviata da Adriano II all’VIII Concilio (869-870), il 25 settembre 869.
Alla dormizione di Sant’Ignazio, il santo siracusano si riconciliò con San
Fozio, che prima della sua dormizione si riappacificò con il Papa di Roma, e
mantenne la prestigiosa carica di schevofilace sino alla sua dormizione,
avvenuta all’età di 70 anni circa, il 3 aprile 886. Il santo monaco siciliano, pur
essendo stato coinvolto nella lotta iconoclasta, fu molto importante non tanto
per la difesa delle Sacre Icone, quanto per la notevole mole e qualità di inni
liturgici, che gli valsero unanimemente, tra i molteplici validi poeti della
Chiesa costantinopolitana, il titolo di Innografo per antonomasia.
Tratto da
http://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-l-innografo_%28Enciclopedia-Italiana%29/
Nato
in Sicilia circa l'anno 816, si sottrasse alle incursioni dei Saraceni
riparando nel Peloponneso con la famiglia, che presto abbandonò per entrare in
un monastero di Salonicco. Condotto a Costantinopoli da San Gregorio
Decapolita, durante la persecuzione iconoclastica di Teofilo, fu incaricato di
una missione a Roma presso la S. Sede. Ma catturato in viaggio da pirati arabi,
fu tradotto schiavo a Creta. Riscattato da pie persone, rientrò a Bisanzio (11
marzo 843). Verso l'850 costruì per i suoi seguaci un monastero e una chiesa
dedicata a S. Bartolomeo e a S. Gregorio Decapolita, ove depose le reliquie dell'apostolo
e del suo maestro. Coinvolto nella disgrazia di S. Ignazio Patriarca, fu
esiliato nel Chersoneso, donde, richiamato, fu nominato custode dei vasi sacri
di S. Sofia. Morto Ignazio, riconobbe il successore Fozio, col quale visse poi
in buoni rapporti.
Morì
il 3 aprile 886.
Si
meritò il nome di Innografo per il numero stragrande di canoni liturgici
da lui composti, specialmente in onore di santi. Egli ordinò la Paracletica (Παρακλητική),
che oltre all'Ottoeco di S. Giovanni Damasceno contiene anche gli uffici
di tutti i giorni, i cui canoni sono dovuti appunto a G., e non a S. Giuseppe
di Tessalonica (morto il 15 aprile 832), fratello di S. Teodoro Studita.
Ediz.:
I Canoni oltre che nei libri liturgici, in Migne, Patrol. Graeca,
CV, coll. 983-1426; Christ-Paranikas, Anthol. graecacarminum
christianor., Lipsia 1871, XLVII, p. 242 segg. La Vita scritta da Giovanni
diacono in Migne, Patrol. Graeca, loc. cit. La Vita
scritta da Teofane monaco, in A. Papadopulos-Kerameus, Monumenta ad
historiam Photii pertinentia, II (Pietroburgo 1901). L'Encomio di
Teodoro Pediasimo in M. Treu, Theodori Pediasimi quae exstant, Potsdam
1899.
Bibl.:
M. Théarvic, in Échos d'Orient, VII (1904); P. Van de Vorst, in Analecta
Bollandiana, XXXVIII (1920).
Tratto da
Vicariato Ortodosso delle Puglie
l 3
aprile si festeggia il Santo italo-greco: San Giuseppe l'Innografo di Siracusa
San
Giuseppe l’Innografo nacque a Siracusa nell’816 da dove fuggì insieme alla sua
famiglia a causa degli orrori perpetrati dai musulmani ai danni della
popolazione cristiana, le cui avvisaglie si ebbero sin dal 740, per rifugiarsi
nel Peloponneso. A soli 15 anni, si allontanò dalla famiglia per recarsi al
Monastero di Latoma ove fu ordinato monaco. Nel Santo siracusano emersero
immediatamente la sua bella voce, nonché la sua vena poetica con cui dava lode
a Dio ed ai suoi Misteri, alla Madre di Dio ed ai Santi. Di estrema importanza
è la conoscenza che San Giuseppe l’Innografo fece di San Gregorio il
Decapolita, quest’ultimo protettore delle icone e difensore della fede, di cui
divenne discepolo. I due santi si recarono a Costantinopoli nel l’840 durante
la guerra iconoclastica condotta allora dall’imperatore Teofilo. All’incontro
con gli altri Santi iconoduli, San Giuseppe l’Innografo fu scelto per recarsi a
Roma per richiedere l’appoggio, alla suddetta Sede Apolistica, per la difesa
delle icone, ma durante il viaggio fu rapito dai saraceni e portato a Creta. Il
tempo della reclusione in prigione lo trascorse nel canto delle lodi a Dio.
Appena liberato,nell’843, San Giuseppe l’Innografo tornò a Costantinopoli ove
trovò il maestro morente ed il trionfo dell’ortodossia. Nell’850 fondò un
monastero insieme al condiscepolo San Giovanni per deporre le reliquie del
maestro e lì realizzò i numerosi inni liturgici che lo resero venerabile dalla
Santa Chiesa. Successivamente venne esiliato a Chersone, Crimea, dal potente
cesare Bardas a causa della sua fedeltà all’imperatore Sant’Ignazio per poi
essere richiamato nel 867 dall’imperatore Macedone I (867- 886), che depose
l’imperatore San Fozio e rientegrò Sant’Ignazio. Fu nominato “schevofilace”
(custode del tesoro dei vasi sacrI) presso Santa Sofia indi accolse
ufficialmente la delegazione del Papa Adriano II all’VIII Concilio (869-870).
Alla morte di Sant’Ignazio, San Giuseppe l’Innografo si riconciliò con San
Fozio, che si spense in pace con Roma, e mantenne l’importante carica sino alla
morte, che lo colse all’età di 63 anni, il 3 aprile 886. La notevole quantità
unita alla profondità teologica degli inni liturgici consentirono San Giuseppe
ad essere insignito del titolo di Innografo per antonomasia rispetto agli altri
numerosi Santi poeti che popolano la Santa Chiesa Ortodossa.
Consultare anche l’articolo
I Santi innografi
http://wwwbisanzioit.blogspot.it/2013/07/i-santi-innografi.html
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.