Memoria dell’ordinazione episcopale di
Santo Eusebio come vescovo di Vercelli
nel 345
Tratto
da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/28500
Arriva in
gioventù dalla nativa Sardegna a Roma, segue gli studi ecclesiastici e si fa
apprezzare da papa Giulio I, che nel 345 lo nomina vescovo di Vercelli: è il
primo vescovo del Piemonte. Qui stabilisce per sé e per i suoi preti l’obbligo
della vita in comune, collegando l’evangelizzazione con lo stile monastico. Ora
i cristiani, non più perseguitati, cominciano a litigare tra loro: da una
parte, quelli che seguono la dottrina del concilio di Nicea (325) sul Figlio di
Dio, "generato, non creato, della stessa sostanza del Padre";
dall’altra, i seguaci dell’arianesimo, che nel Figlio vede una creatura, per
quanto eminente. Con l’appoggio della corte imperiale, gli ariani hanno il
sopravvento in molte regioni, e faranno esiliare per cinque volte il più
energico sostenitore della dottrina nicena: Atanasio, vescovo di Alessandria
d’Egitto, ammirato da Eusebio che l’ha conosciuto a Roma.
Annullato il
secondo suo esilio, un concilio ad Arles (Francia), con decisione illegale,
condanna Atanasio per la terza volta. Allora il papa Liberio manda
all’imperatore Costanzo (figlio di Costanzo il Grande) appunto Eusebio, già suo
compagno di studi, con Lucifero, vescovo di Cagliari. Ed essi ottengono di
rimettere la questione a un nuovo concilio, che si riunisce nel 355 a Milano,
dove viene anche il sovrano. E subito si riparla di condannare ed esiliare
Atanasio. Replica lucidamente Eusebio: prima di esaminare i casi personali,
mettiamoci piuttosto tutti d’accordo sui problemi generali di fede, firmando
uno per uno il Credo di Nicea. Una proposta ragionevole, che però scatena il
tumulto tra i vescovi e un altro tumulto dei fedeli contro i vescovi. Costanzo
fa proseguire i lavori nella residenza imperiale (senza i fedeli) e tutti
approvano la ri-condanna di Atanasio. Tutti meno tre: Eusebio, Lucifero, e
Dionigi, vescovo di Milano. Questi non cedono, e Costanzo li esilia.
Eusebio viene
mandato a Scitopoli di Palestina, e di lì scrive ai suoi vercellesi una lettera
giunta fino a noi. Poi è trasferito in Cappadocia (Asia Minore) e poi nella
Tebaide egiziana. Nel 361, morto l’imperatore Costanzo, si revocano le
condanne: Atanasio torna ad Alessandria e indice un concilio, presente anche
Eusebio, che poi però non torna subito a Vercelli: lo chiamano ad Antiochia di
Siria, dove l’estremismo del vescovo Lucifero fa litigare i cristiani
tra di loro. Ritrova infine Vercelli nel 362. Studia, scrive, riprende
l’evangelizzazione delle campagne, istituisce la diocesi di Tortona. Ma si
spinge anche in Gallia, insediando un vescovo a Embrun. La tradizione lo
considera pure fondatore di due illustri santuari: quello di Oropa (Biella) e
di Crea (Alessandria) . La morte lo coglie nella sua città episcopale che ne custodisce tuttora le reliquie
nel Duomo,
Secondo
S. Girolamo (De vir. ill., XCVI) avrebbe tradotto in latino i Commentarî ai
Salmi di Eusebio di Cesarea; gli
è stata anche attribuita la paternità del simbolo atanasiano quicumque (Patrol.
graeca, XXVIII, coll. 1581-1596).
Di lui ci rimangono tre lettere (Patrol.
lat., X, 713-714; XII, 947-954)
Nacque a Cagliari da famiglia benestante e cristiana. Il padre, di cui non si sa il nome, morì martire. La madre, di nome Restituta, fu una santa donna, e l'unica sorella, Eusebia, coronò la vita col martirio.
La sua educazione, più che a Cagliari, la ricevette in Roma, dove si recò all'età di quindici anni in compagnia della sorella. Qui venne istruito nella religione cristiana, specialmente nelle Sacre Scritture. Spessissimo si portava presso le tombe dei martiri per venerarne le reliquie e pregare. Questo influì non poco sul suo animo, che, infiammato dallo spirito del Signore, decise di dedicarsi totalmente all'apostolato tra i pagani. Si preparò quindi convenientemente con lo studio, e, nell'anno 335, venne ordinato sacerdote.
Ma la pietà e la erudizione del Santo non poteva sfuggire al Papa Giulio, che lo ordinò vescovo e lo mandò a reggere la diocesi di Vercelli.
Intanto in Oriente l'eresia di Ano si estendeva, e non tardò a penetrare anche in Italia e persino a Roma, nel centro del Cristianesimo. Quivi gli ariani, protetti dall'imperatore Costanzo, si impossessarono delle chiese. In tale frangente Eusebio, richiamato dal Papa, si portò sollecitamente a Roma, dove, trovando la chiesa di Santa Maria Maggiore già invasa dagli ariani, si presentò alle porte per prenderne possesso, ma essi gliele chiusero in faccia. Il santo Vescovo però non si sgomentò. Radunati i fedeli, li invitò a pregare ed a confidare nel Signore. Pochi giorni dopo andò processionalmente verso la chiesa con grande seguito di popolo, e, percossa leggermente la porta con il pastorale, subito si spezzarono i catenacci ed i battenti si aprirono. Atterriti da questo fatto gli ariani fuggirono, lasciando libero ingresso al santo Vescovo.
Scacciati dal centro dell'Italia, i nemici della fede non si rassegnarono, ma presero a spargere le loro false dottrine nell'Italia settentrionale; per questo il Papa Liberio dovette radunare a Milano un concilio è invitò Eusebio a parteciparvi. Saputo il Santo che si trattava di deporre e condannare Ario, acceso da divino zelo, non esitò: la sola sua presenza bastò a gettare la confusione tra gli eretici, e così la Chiesa d'Italia venne salvata.
Ma gli ariani giurarono vendetta contro il vescovo Eusebio e protetti dall'imperatore lo fecero relegare a Scitopoli nella Tebaide, coll'intento di farlo morire di fame. Ebbe invece abbondanti soccorsi dall'Italia, specialmente dai suoi fedeli di Vercelli, per cui scampò dalla morte. Infuriati maggiormente per questa protezione, i nemici, caricandolo di ingiurie, lo trascinarono in una oscura prigione. Eusebio non volle ricevere nessun cibo dalle mani di questi sacrileghi, e scrisse una protesta in questi termini: Io Eusebio, servo di Dio, lascio il mio corpo nelle mani dei miei persecutori, ma riserbo l'anima mia al mio Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo.
Martirologio Romano: Sant’Eusebio, primo vescovo di Vercelli, che consolidò la Chiesa in tutta la regione subalpina e per aver confessato la fede di Nicea fu relegato dall’imperatore Costanzo a Scitopoli e poi in Cappadocia e nella Tebaide. Ritornato otto anni più tardi nella sua sede, si adoperò strenuamente per ristabilire la fede contro l’eresia ariana.
Sant'Eusebio di Vercelli, illustrazione tratta dalle Cronache di Norimberga
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