martedì 19 dicembre 2017

18 dicembre santi italici ed italo greci


http://www.iconedimisura.it/2012/07/31/sebastiano/

IL 18 DI QUESTO STESSO MESE, MEMORIA DEL SANTO MARTIRE SEBASTIANO E DEI SUOI COMPAGNI ZOE, TRANQUILLINO, NICOSTRATO, CLAUDIO, TIBURZIO, CASTULO, MARCELLINO E MARCO. E DI SUA MOGLIE ZOE martiri a Roma sotto Diocleziano(nel 287)
http://sanmarcoefeso.blogspot.de/2014/12/18-dicemnbre-il-santorale.html



Nel 260 l’imperatore Galliano aveva abrogato gli editti persecutori contro i cristiani, ne seguì un lungo periodo di pace, in cui i cristiani pur non essendo riconosciuti ufficialmente, erano però stimati, occupando alcuni di loro, importanti posizioni nell’amministrazione dell’impero.

E in questo clima favorevole, la Chiesa si sviluppò enormemente anche nell’organizzazione; Diocleziano che fu imperatore dal 284 al 305, desiderava portare avanti questa situazione pacifica, ma poi 18 anni dopo, su istigazione del suo cesare Galerio, scatenò una delle persecuzioni più crudeli in tutto l’impero.

Sebastiano, che secondo s. Ambrogio era nato e cresciuto a Milano, da padre di Narbona (Francia meridionale) e da madre milanese, era stato educato nella fede cristiana, si trasferì a Roma nel 270 e intraprese la carriera militare intorno al 283, fino a diventare tribuno della prima coorte della guardia imperiale a Roma, stimato per la sua lealtà e intelligenza dagli imperatori Massimiano e Diocleziano, che non sospettavano fosse cristiano.
Grazie alla sua funzione, poteva aiutare con discrezione i cristiani incarcerati, curare la sepoltura dei martiri e riuscire a convertire militari e nobili della corte, dove era stato introdotto da Castulo, domestico (cubicolario) della famiglia imperiale, che poi morì martire. un giorno furono arrestati due giovani cristiani Marco e Marcelliano, figli di un certo Tranquillino; il padre ottenne un periodo di trenta giorni di riflessione prima del processo, affinché potessero salvarsi dalla certa condanna sacrificando agli dei.
Nel tetro carcere i due fratelli stavano per cedere alla paura, quando intervenne il tribuno Sebastiano riuscendo a convincerli a perseverare nella fede; mentre nel buio della cella egli parlava ai giovani, i presenti lo videro circondato di luce e tra loro c’era anche Zoe, moglie del capo della cancelleria imperiale, diventata muta da sei anni. La donna si inginocchiò davanti a Sebastiano, il quale dopo aver implorato la grazia divina fece un segno di croce sulle sue labbra, restituendole la voce.
A ciò seguì una collana di conversioni importanti, il prefetto di Roma Cromazio e suo figlio Tiburzio, Zoe col marito Nicostrato e il cognato Castorio; tutti in seguito subirono il martirio, come pure i due fratelli Marco e Marcelliano e il loro padre Tranquillino.
Sebastiano per la sua opera di assistenza ai cristiani, fu proclamato da papa s. Caio “difensore della Chiesa” e proprio quando, secondo la tradizione, aveva seppellito i santi martiri Claudio, Castorio, Sinforiano, Nicostrato, detti Quattro Coronati, sulla via Labicana, fu arrestato e portato da Massimiano e Diocleziano, il quale già infuriato per la voce che si diffondeva in giro, che nel palazzo imperiale si annidavano i cristiani persino tra i pretoriani, apostrofò il tribuno: “Io ti ho sempre tenuto fra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai operato nell’ombra contro di me, ingiuriando gli dei”.
Sebastiano fu condannato ad essere trafitto dalle frecce; legato ad un palo in una zona del colle Palatino chiamato ‘campus’, fu colpito seminudo da tante frecce da sembrare un riccio; creduto morto dai soldati fu lasciato lì in pasto agli animali selvatici.
Ma la nobile Irene, vedova del già citato s. Castulo, andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura, secondo la pia usanza dei cristiani, i quali sfidavano il pericolo per fare ciò e spesso venivano sorpresi e arrestati anche loro.
Ma Irene si accorse che il tribuno non era morto e trasportatelo nella sua casa sul Palatino, prese a curarlo dalle numerose lesioni. Miracolosamente Sebastiano riuscì a guarire e poi nonostante il consiglio degli amici di fuggire da Roma, egli che cercava il martirio, decise di proclamare la sua fede davanti a Diocleziano e al suo associato Massimiano, mentre gli imperatori si recavano per le funzioni al tempio eretto da Elagabolo, in onore del Sole Invitto, poi dedicato ad Ercole.
Superata la sorpresa, dopo aver ascoltato i rimproveri di Sebastiano per la persecuzione contro i cristiani, innocenti delle accuse fatte loro, Diocleziano ordinò che questa volta fosse flagellato a morte; l’esecuzione avvenne nel 304 ca. nell’ippodromo del Palatino, il corpo fu gettato nella Cloaca Massima, affinché i cristiani non potessero recuperarlo.
L’abbandono dei corpi dei martiri senza sepoltura, era inteso dai pagani come un castigo supremo, credendo così di poter trionfare su Dio e privare loro della possibilità di una resurrezione.
La tradizione dice che il martire apparve in sogno alla matrona Lucina, indicandole il luogo dov’era approdato il cadavere e ordinandole di seppellirlo nel cimitero “ad Catacumbas” della Via Appia.
Le catacombe, oggi dette di San Sebastiano, erano dette allora ‘Memoria Apostolorum’, perché dopo la proibizione dell’imperatore Valeriano del 257 di radunarsi e celebrare nei cosiddetti “cimiteri cristiani”, i fedeli raccolsero le reliquie degli Apostoli Pietro e Paolo dalle tombe del Vaticano e dell’Ostiense, trasferendoli sulla via Appia, in un cimitero considerato pagano.
Costantino nel secolo successivo, fece riportare nei luoghi del martirio i loro corpi e dove si costruirono poi le celebri basiliche.
Sulla Via Appia si costruì un’altra basilica costantiniana la “Basilica Apostolorum”, in memoria dei due apostoli.
Fino a tutto il VI secolo, i pellegrini che vi si recavano attirati dalla ‘memoria’ di s. Pietro e s. Paolo, visitavano in quel cimitero anche la tomba del martire, la cui figura era per questo diventata molto popolare e quando nel 680 si attribuì alla sua intercessione, la fine di una grave pestilenza a Roma, il martire s. Sebastiano venne eletto taumaturgo contro le epidemie e la chiesa cominciò ad essere chiamata “Basilica Sancti Sebastiani”.

Tratto da




La figura di S., soldato e martire, già circonfusa di leggenda, risalta nell'anonima passio del sec. V.
L'anonimo compilatore lo crede oriundo di Narbona ed educato a Milano; inoltre asserisce che fu assai caro agl'imperatori Diocleziano e Massimiano, i quali gli affidarono il comando della prima coorte. Per la sua qualità di militare, S. può avvicinare Marco e Marcelliano, figli gemelli di Tranquillino e di Marcia, tenuti in custodia dal "primiscrinius" Nicostrato, e rafforzarli nella loro fede. Seguono infinite conversioni, anche a causa di prodigi. Durante la persecuzione "Maximiano et Aquilino consulibus facta" (Massimo e Aquilino del 286?), una parte delle persone convertite da S. va in altro luogo. Fra quelli che rimangono a Roma, Marco e Marcelliano sono eletti diaconi, Tranquillino prete, S. difensore della chiesa. Essi abitano presso il cristiano Castolo, cubiculario del palazzo imperiale sul Palatino. Ma comincia la decimazione: Zoe viene presa mentre prega alla confessione di S. Pietro durante l'anniversario degli Apostoli ed è gettata nel Tevere, Tranquillino è lapidato mentre va a pregare alla confessione di S. Paolo. Nicostrato, Claudio, Castorio, Vittorino, Sinforiano sono gettati in mare, Tiburzio è decapitato, Castolo propagginato, Marco e Marcelliano attaccati a pali. S. è pure scoperto e l'imperatore ordina di saettarlo. Il supplizio lo lascia esanime, ma non morto. Irene, madre di Castolo, se ne accorge e trasporta l'eroe nel proprio appartamento. In seguito a lunghe cure, S. risana. Ma un giorno che l'imperatore si trova presso i "gradus Heliogabali", S. lo apostrofa rimproverandogli di perseguitare i cristiani. L'imperatore comanda di verberarlo a morte. Il corpo, gettato nella Cloaca Massima, e ritrovato dalla pia matrona Lucina, fu seppellito sull'Appia "ad catacumbas", presso il luogo dove erano state temporaneamente deposte le salme degli apostoli Pietro e Paolo. Più tardi sorse in quel sito una basilica (l'odierna di S. Sebastiano).
Il redattore di questa passio scrisse certamente in Roma, perché registra con precisione i dati topografici. Egli anche mantiene un certo colorito storico, pur lavorando di molta immaginazione e applicando all'età dioclezianea i titoli di cariche sorte molto tempo dopo. Il martire sepolto al II miglio dell'Appia, in un ipogeo cemeteriale non più antico del sec. III, dovette essere una vittima di quella epurazione nelle file dell'esercito che compì Diocleziano prima ancora di emanare gli editti persecutorî. La cripta del martire fu, agli inizî del sec. V, sistemata da due presbiteri del titolo di Bizante, Proclino e Urso. La basilica superiore, dedicata dapprima alla memoria degli apostoli Pietro e Paolo, fu nel tardo Medioevo (dopo il sec. VIII) detta di S. Sebastiano. La festa del santo si celebra il 20 gennaio.
Iconografia. - Come s'è detto, il santo fu martirizzato con frecce che sino dalla remota antichità furono il simbolo della peste, perciò S. fu assunto come protettore contro questa epidemia. Già durante la peste del 680 Pavia gli aveva dedicato un altare, e nella stessa occasione i Romani nella chiesa di S. Pietro in Vincoli fecero eseguire un musaico con la sua immagine, tuttora esistente: vi appare vestito di tunica e di clamide palatina, recando la corona gemmata, e ha barba grigia e tonda. Rappresentazioni anteriori sono quelle del cimitero di Calisto (sec. V) e di Ravenna (sec. VI).
Con il sec. XIV il tipo cambia totalmente: giovane di bell'aspetto, è raffigurato nudo, legato a una colonna o anche a un tronco, il corpo crivellato di frecce.
In Germania, come a Venezia e in altre scuole pittoriche, spesso è rappresentato come un giovane vestito da guerriero o da paggio, con frecce in mano: altri suoi attributi sono la spada, la palma e la corona del martirio.
Assai comuni, specialmente nell'Umbria, le sue immagini votive isolate; quando è a lato della Vergine, spesso è accompagnato da altri santi protettori contro la peste, quali Antonio, Giorgio, Cosma e Damiano, Rocco. Comune anche è la scena del martirio; saettato da arcieri, impassibile al dolore, con un fondo di rovine classiche. Rari invece i cicli leggendarî (Semitecolo, 1367, nella libreria capitolare di Padova; Gubbio, S. Secondo, affreschi di Giovanni Bedi, 1458; Empoli, duomo, predella del Botticini, ecc.).
Bibl.: La passio è in Acta Sanctorum, gennaio, II, 265-278; altra redazione in B. Mombritius, Sanctuarium, vol. II dell'ed. Solesmense, pp. 459-76. Deduzioni critiche in A. Dufourcq, Étude sur les "Gesta Martyrum" romains, Parigi 1900, pp. 186-89, e 301. Sulle catacombe di S. Sebastiano, v.: O. Marucchi, Le catacombe romane, Roma 1933, pp. 251-81. Per la basilica superiore, v.: Chr. Huelsen, Le chiese di Roma, Firenze 1927, p. 460, n. 48; per S. Maria in Pallara, ibid., p. 353, n. 71. - Per l'iconografia, v.: D. v. Hadeln, Die wichtigsten Darstellungsformen d. hl. Sebastian i. d. italienischen Malerei bis zum Ausgang d. Quattrocento, Strasburgo 1906; K. Künstle, Ikonographie der Heiligen, Friburgo in B. 1926; G. Boudrès, Le thème iconographique de St. Sébastien vêtu dans la peinture en Occident au moyen-âge, in Revue de l'art, LXI (1932), pp. 117-30.




Wunibald Pontifikale Gundekarianum 11. Jahrhundert.jpg



Il monaco Vunibaldo nel Pontificale Gundenkariano


Saint WINEBAUD, figlio di un re anglo sassone e poi monaco a Monte Cassino ed infine igumeno in Baviera (verso il 760)




Tratto da
San Wunibald chiamato anche Wynnebald, nacque nel 701 nel Wessex, in Gran Bretagna, da genitori anglosassoni, il padre secondo tardive tradizioni, era un re di nome Riccardo e la madre si chiamava Wunna. 
Divenuto giovane, nell’estate del 721 insieme al padre ed al fratello Willibald, intraprese un pellegrinaggio a Roma, una vera impresa per quell’epoca, ma il padre arrivato a Lucca, morì durante il viaggio. 
Wunibald per motivi di studio, rimase a Roma in un monastero fino al 739, mentre il fratello Willibald proseguiva nel 723 fino alla Terra Santa, meta finale di molti pellegrinaggi medioevali. 
Nel 729-30 Wunibald ritornò brevemente in Gran Bretagna e qui convinse ai suoi ideali ascetici, un altro fratello, di cui non si sa il nome e insieme ripartirono per Roma. Nel 738 nella città pontificia incontrò s. Bonifacio Winfrid (680-755) suo parente, il grande monaco anglosassone, evangelizzatore della Germania; Wunibald attratto dall’ideale missionario di s. Bonifacio, lasciò la vita contemplativa del monastero romano e nel 739 giunse come missionario in Turingia, regione della Germania, qui fu consacrato sacerdote dallo stesso Bonifacio, il quale gli affidò la cura di sette chiese, stabilendo la sede a Sülzenbrücken a sud di Erfurt. 
Qui ritrovò anche suo fratello Willibald il quale fu consacrato nel 742, vescovo di Eichstätt, da s. Bonifacio, che era diventato arcivescovo di Magonza. Chiamato dal duca Odilone, Wunibald nel 744 si recò in Baviera per diffondere il suo apostolato missionario, nella regione presso il fiume Vils nel Pfalz Superiore. 
Dopo tre anni di intenso lavoro, nel 747 ritornò da Bonifacio, arcivescovo di Magonza, ma la sua permanenza in questa città non fu lunga, egli contrariamente al fratello, era sempre attratto dalla vita monastica e dalla solitudine e così d’accordo con il fratello vescovo, acquistò in una zona isolata presso Eichstätt, un terreno e insieme ad alcuni compagni, nel 752 ne iniziò la coltivazione e nello stesso tempo cominciò ad erigere il monastero di Heidenheim. 
Una volta completato il convento, ne divenne il primo abate, dedicandosi alle missioni ed al ripristino della fede cristiana nella popolazione, nel frattempo ricaduta nel paganesimo; fu ammirato ma anche odiato per il suo zelo e la sua austerità. 
Gli ultimi anni della sua vita furono provati da grave malattia, nonostante ciò egli fece ancora un faticoso viaggio a Würzburg, per incontrare il vescovo locale e poi al monastero di Fulda, dove era la tomba di s. Bonifacio, morto nel 755; questi viaggi avevano lo scopo di mantenere in vita e sostenere il suo monastero. 
Desiderava finire la sua vita a Montecassino, dove era già atteso, presso la tomba del patriarca s. Benedetto, alla cui Regola aveva affidato il suo monastero, ma il fratello vescovo Willibald lo distolse a causa dell’impedimento delle sue gravi infermità. Wunibald morì pertanto a Heidenheim, il 18 dicembre 761, assistito dal fratello e lì sepolto. 

La sorella s. Valburga, monaca a Wimborne era stata trasferita ad Heidenheim come badessa delle monache, chiamata dal fratello Willibald, in questo cosiddetto doppio monastero, il cui ramo maschile era diretto da Wunibald, alla morte di questi, divenne badessa generale del doppio monastero; nel 776 Willibald fece costruire una chiesa più grande e un anno dopo fece trasferire solennemente il corpo del fratello abate, nella nuova cripta, confermando in tal modo il culto che era iniziato subito dopo la morte

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