sabato 10 marzo 2018

10 Marzo santi italici ed italo greci


 Miniatura raffigurante Gesù Cristo crocifisso con la Madonna e San Giovanni Evangelista nel manoscritto Ordo Missae Pontificalis, primo-secondo decennio del XIII secolo, Trento, Museo Diocesano Tridentino

Miniatura raffigurante Gesù Cristo crocifisso con la Madonna e San Giovanni Evangelista nel manoscritto Ordo Missae Pontificalis, primo-secondo decennio del XIII secolo, Trento, Museo Diocesano Tridentino
 

Santo Simplicio papa e patriarca di Roma dal 468 al 483.Testimone della fede contro l’eresia del monofisismo

Nato a Tivoli, fu papa in un periodo tormentato della storia dell’Occidente che vide la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, quando il barbaro Odoacre nel 476 depose l’ultimo imperatore Romolo Augustolo. Contemporaneamente la Chiesa d’Oriente era travagliata dalle conseguenze dell’eresia monofisita, la quale sosteneva che in Cristo ci fosse unicamente la natura divina. Si hanno poche informazioni su Simplicio: prese netta posizione contro l’eresia anche nei confronti dell’imperatore d’Oriente Zenone, stabilì turni di presbiteri nelle principali basiliche cimiteriali e non soltanto restaurò e dedicò chiese a Roma ma, rispettoso della vera arte, salvò dalla distruzione i mosaici pagani della Chiesa di S. Andrea.
Martirologio Romano: A Roma presso san Pietro, san Simplicio, papa, che, al tempo delle invasioni dell’Italia e dell’Urbe da parte dei barbari, confortò gli afflitti, incoraggiò l’unità della Chiesa e rinsaldò la fede.

Tratto da
S. Simplicio, nativo di Tivoli, esercitò il ministero pontificio dal 468 al 483, in un periodo tormentato sia per la vita della Chiesa che per quella dello Stato. Com'è noto, Odoacre, poiché non venivano soddisfatte le richieste di terre da coltivare avanzate dai suoi Eruli, troncò ogni indugio: tolto di mezzo Oreste, ne depose il figlio Romolo Augustolo, ultimo rappresentante imperiale, che relegò in una villa napoletana con una rendita annuale di 6.000 libbre d'oro, e rinviò le insegne imperiali all'imperatore d'Oriente, Zenone.
Neppure questi d'altra parte aveva una vita tranquilla, poichè proprio nel 475-476 dovette fronteggiare la rivolta di Basilisco: riuscì ad averne ragione solo con l'aiuto di Teodorico, re degli Ostrogoti, che poi spodestò anche Odoacre. Questa serie di avvicendamento non restava senza conseguenze anche per la vita della Chiesa sia in Occidente che in Oriente. Odoacre, infatti, e anche Teodorico erano seguaci dell'eresia ariana, mentre Basilisco si appoggiava nella sua rivolta particolarmente sui seguaci dell'eresia monofisita.
Il monofisismo era stato suscitato da Dioscoro, patriarca di Alessandria d'Egitto, e soprattutto dal monaco Eutiche: la sua tesi centrale, che le dava anche il nome, era che in Cristo vi è una sola natura, quella divina. Nonostante l'importante ed energico intervento di S. Leone Magno, l'eresia trionfò in occasione del cosiddetto "latrocinio di Efeso", ma due anni dopo la dottrina ortodossa venne affermata con chiarezza nel concilio di Calcedonia, che assunse come articolo di fede il documento di S. Leone Magno.. La controversia sul monofisismo andò avanti ancora per qualche tempo: ne fu responsabile anche l'imperatore Zenone che nel 482 tentò un impossibile compromesso con il suo Henoticon, contro il quale papa Simplicio prese netta posizione.
Oltre a questa difesa della dottrina cristiana genuina, S. Simplicio si rese benemerito per aver restaurato e dedicato alcune chiese romane come S. Stefano Rotondo e S. Bibiana, e, mostrandosi rispettoso di ogni valida arte, fu lui ad ordinare che venissero salvati dalla distruzione i mosaici pagani della chiesa di S. Andrea. Le sue reliquie si venerano a Tivoli.


Consultare anche

SIMPLICIO, santo


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Santo Attala originario della Borgogna, successore di San Colombano come igumeno  prima del monastero di Luxeuil e poi di Bobbio in Lombardia (verso il 626 o 627 )

Martirologio Romano: Nel monastero di Bobbio in Emilia, sant’Attala, abate, che, cultore di vita cenobitica, si ritirò dapprima nel monastero di Lérins e poi in quello di Luxeuil, nel quale succedette a san Colombano, distinguendosi in particolare per lo zelo e la virtù del discernimento.

Tratto da

Sant’Attala era originario della Borgogna, ove nacque da una nobile famiglia. Per una sua conveniente educazione venne affidato ad Aredio, vescovo di Gap, città del Delfinato. Desiderando però uno stile di vita più rigido, Attala fuggì e per qualche tempo si rifugiò nel monastero di Lérins. Anche questa sistemazione però non lo soddisfece e decise dunque di trasferirsi a Luxeuil, il monastero fondato da San Colombano: qui poté finalmente trovare l’austerità tanto desiderata e porsi sotto la guida del grande santo irlandese. Quando Colombano venne bandito dalla Francia per aver rinfacciato i vizi del re Teodorico d’Austrasia, portò con sé in Lombardia alcuni compagni, tra i quali proprio Attala. Si stabilirono a Bobbio, su un terreno donato dal re longobardo Agilulfo, marito della celebre Teodolinda. Colombano aveva ormai una settantina d’anni, venerabile età per quel tempo, e sopravvisse solo un anno. Buona parte del merito nella fondazione del monastero di Bobbio si deve infatti a Sant’Attala, che dal 615 gli succedette quale abate.
Venuta meno l’autorità carismatica del santo fondatore, furono avanzate dai monaci varie obiezioni all’austerità della vita comunitaria, ma Attala non si lasciò condizionare e lasciò andara coloro che erano insoddisfatti. Alcuni di questi fecero però poi ritorno ed egli li accolse con affetto e benevolenza. Giona di Susa, suo agiografo, lo ricorda quale “uomo benevoluto da tutti, di grande fervore, carità per i poveri e i pellegrini. Sapeva tenere testa all’orgoglioso, ma era umile con i più umili, non si lasciava zittire in conversazioni con le persone intelligenti ma con i semplici sapeva parlare dei segreti di Dio. Saggio quando si imbatteva in problemi spinosi, fermo se contestato dagli eretici, era forte nelle avversità, disciplinato nei periodi favorevoli, sempre temperato e discreto. Mostrava amore e rispetto verso i suoi subalterni, saggezza con i suoi discepoli. In sua presenza nessuno poteva essere smodatamente triste o felice”.
Come San Colombano, anche Attala si trovò a dover combattere l’arianesimo, diffuso nei dintorni di Milano. Ammalatosi gravemente, chiese di essere disteso fuori della cella, vicino alla quale era posta una croce che egli toccava ogni volta che entrava o usciva, e di essere lasciato solo. Come testimoniò un monaco rimasto nei paraggi, il santo ormai morente pregò con fervore ed ebbe per diverse ore una visione del paradiso. Riportato infine nella sua cella morì il giorno seguente: era l’anno 627. Sant’Attala fu sepolto a fianco di San Colombano e pochi anni dopo anche San Bertolfo, loro successore, li raggiunse nella stessa tomba e condivise con loro il culto.

Tratto da http://www.saintcolumban.eu/sito/b-il_santo/b_04-la_vita/b_04_02-santita_colombaniana/documenti/12-sant_attala.pdf
Attala, nativo di Borgogna, fu prima affidato alle cure del vescovo Aredio di Gap; poi si fece monaco a Lérins, ma non vi trovandovi la regolare osservanza che cercava, si diresse a Luxeuil e qui fu accolto
benevolmente da s. Colombano, il quale scoprì subito nel novizio i doni di Dio e lo predilesse, tanto che nella lettera scritta dall’esilio ai suoi monaci di Luxeuil, mentre era perseguitato dal Brunichilde,
raccomanda loro di obbedire ad Attala come a lui stesso.
Quando Colombano, dopo il lungo errare da un regno all’altro, arrivò alle Alpi della Rezia per passare in Italia, Attala, più desideroso di obbedire
che di governare, lasciò Luxeuil per raggiungere il suo maestro che accompagnò fino a Bobbio.
Qui, un anno dopo, e cioè alla morte del fondatore (615), fu eletto a succedergli come abate. Ma dopo l’elezione alcuni monaci abbandonarono il nuovo abate che invano aveva cercato di trattenerli
e si dispersero, aggiungendo le calunnie alla diserzione.
Ma la morte repentina e tragica di tre di essi fece rins
avire gli altri, che Attala riaccolse con l’abbraccio di pace. In circa dodici anni di governo, Attala mantenne in fiore la pietà e la disciplina specialmente con l’esempio della penitenza e dell’umiltà. Aveva spirito penetrante e pratico che gli permise di superare difficoltà anche gravi. Finché fisse, combatté l’arianesimo dei Longobardi conquistatori.
Oltre al fatto prodigioso del torrente Bobbio, Giona d
i Susa, coevo del santo, racconta che con la saliva
e un segno di croce Attala riattaccò alla mano del monaco Fraimerico il pollice staccato da un colpo di
vomere, e a Milano risanò all’istante un bambino in fin di vita. Morì nel luglio del 626 ai piedi della
croce che aveva eretto davanti alla porta della sua cella per baciarla ogni volta che entrava o usciva.
La sua festa si celebra il 10 marzo.

BIBL.: V. Barral , Chronologia sanctorum et aliorum virorum inlustriumac abbatum sacre insulae Lerinensis, Lione 1613, pp. 97-103


Consultare anche
IONA HEBRAICE, PERISTERA GRAECE COLUMBA LATINE”
PER UN RIESAME CRITICO DELLE FONTI SULL’ESPERIENZA COLOMBANIANA TRA VI E VII SECOLO (FRANCIA E ITALIA)
Sta in
http://tesi.cab.unipd.it/22915/1/tommaso_leso.pdf


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