Pagina delle Beatitudini tratta dal Libro di Kells, seconda metà dell'VIII secolo e prima metà IX secolo.
http://scrittoria.altervista.org/storia.html
Santa Camilla di nazionalità italiana, probabile discepola di
San Giacomo d’Auxerre e addormentassi in Borgogna (verso il V secolo)
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/92290
Ericio, monaco di Auxerre vissuto nel sec. IX, nel suo opuscolo sui
Miracula S. Germani narra che il corpo del santo vescovo fu accompagnato
da Ravenna in Francia da un folto gruppo di fedeli. Tra questi vi erano
le cinque vergini sorelle Magnenzia, Pallasia, Camilla, Massima e
Porcaria; le prime tre morirono durante il viaggio prima di arrivare ad
Auxerre e sulle loro tombe furono edificate delle chiese, ben presto
frequentate dal popolo che le venerava come sante.
Ad Escoulives, presso Auxerre, esisteva veramente una chiesa dedicata a Camilla, il cui corpo fu poi bruciato dai calvinisti durante le guerre di religione, ma è incerto se la santa sia vissuta al tempo di s. Germano, sia perché nella Vita più antica del santo non si parla delle cinque sorelle, sia perché la notizia di Ericio è in contraddizione con la tradizione riguardante la festa di Camilla. Questa, infatti, è venerata il 3 marzo, mentre secondo Ericio sarebbe morta tra il 31 luglio e il 30 settembre (e più precisamente verso la fine di settembre), cioè tra la morte di s. Germano a Ravenna e la sua sepoltura ad Auxerre.
Ad Escoulives, presso Auxerre, esisteva veramente una chiesa dedicata a Camilla, il cui corpo fu poi bruciato dai calvinisti durante le guerre di religione, ma è incerto se la santa sia vissuta al tempo di s. Germano, sia perché nella Vita più antica del santo non si parla delle cinque sorelle, sia perché la notizia di Ericio è in contraddizione con la tradizione riguardante la festa di Camilla. Questa, infatti, è venerata il 3 marzo, mentre secondo Ericio sarebbe morta tra il 31 luglio e il 30 settembre (e più precisamente verso la fine di settembre), cioè tra la morte di s. Germano a Ravenna e la sua sepoltura ad Auxerre.
Tratto da
http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2015/3/3/SANTO-DEL-GIORNO-Il-3-marzo-si-festeggia-Santa-Camilla-di-Auxerre/586714/
Camilla era una donna pia e devota, al pari delle tre sorelle, con le
quali viveva in perfetta comunione spirituale. Le sorelle si chiamavano
Magnenzia, Pallaria e Porcaria, e tutte e quattro fecero voto di
verginità e castità per maggior gloria di Dio. Esse vissero nel IV
secolo, come ricorda il monaco Eircio circa cinque secoli dopo.
A quei tempi, in terra francese era noto il nome di Germano, che in seguito sarebbe stato proclamato Santo. San Germano era il vescovo di Auxerre, e tanto si adoperò e tanto fece per la sua comunità, che la sua fama era grande anche quando era ancora in vita. Così, quando si recò in Italia, e più esattamente a Ravenna, moltissimi fedeli accorsero per ascoltare le sue predicazioni. Tra questi fedeli vi era anche santa Camilla, che, accompagnata dalle sue sorelle, ebbe modo di conoscere il santo vescovo, avendo da lui parole di conforto e soprattutto lo sprone a continuare sulla strada di devozione a Dio che essa aveva già intrapreso.
Dio volle, però, che proprio in quei giorni dovesse terminare il santo ufficio terreno di Germano, il quale spirò santamente il 31 luglio 448. Il suo corpo doveva essere ricondotto nella sua terra, ad Auxerre: ma il viaggio da Ravenna alla Francia era lungo, e soprattutto tormentato dal caldo cocente di quelle giornate. Ciononostante, Camilla e le sue sorelle non vollero abbandonare il loro mentore. A loro si unì una quinta donna, secondo alcuni commentatori un'altra delle sorelle di Camilla, di nome Massima.
Le pie donne intrapresero il lungo cammino per riportare san Germano ad Auxerre, e la loro fede le sostenne per molte miglia. Ma due di loro morirono lungo il percorso, e nel luogo in cui esse tornarono alla casa del padre vennero costruite delle chiese. La stessa Camilla non riuscì a giungere ad Auxerre, ma il suo tragitto si fermò poco distante, ad Ecoulives. Lì ella morì, e il suo corpo santo venne imbalsamato, Le sue spoglie mortali operarono molti miracoli, tanto che essa fu dichiarata santa, ed oggi è festeggiata nel giorno 3 marzo. In seguito, il suo corpo venne bruciato dai calvinisti
A quei tempi, in terra francese era noto il nome di Germano, che in seguito sarebbe stato proclamato Santo. San Germano era il vescovo di Auxerre, e tanto si adoperò e tanto fece per la sua comunità, che la sua fama era grande anche quando era ancora in vita. Così, quando si recò in Italia, e più esattamente a Ravenna, moltissimi fedeli accorsero per ascoltare le sue predicazioni. Tra questi fedeli vi era anche santa Camilla, che, accompagnata dalle sue sorelle, ebbe modo di conoscere il santo vescovo, avendo da lui parole di conforto e soprattutto lo sprone a continuare sulla strada di devozione a Dio che essa aveva già intrapreso.
Dio volle, però, che proprio in quei giorni dovesse terminare il santo ufficio terreno di Germano, il quale spirò santamente il 31 luglio 448. Il suo corpo doveva essere ricondotto nella sua terra, ad Auxerre: ma il viaggio da Ravenna alla Francia era lungo, e soprattutto tormentato dal caldo cocente di quelle giornate. Ciononostante, Camilla e le sue sorelle non vollero abbandonare il loro mentore. A loro si unì una quinta donna, secondo alcuni commentatori un'altra delle sorelle di Camilla, di nome Massima.
Le pie donne intrapresero il lungo cammino per riportare san Germano ad Auxerre, e la loro fede le sostenne per molte miglia. Ma due di loro morirono lungo il percorso, e nel luogo in cui esse tornarono alla casa del padre vennero costruite delle chiese. La stessa Camilla non riuscì a giungere ad Auxerre, ma il suo tragitto si fermò poco distante, ad Ecoulives. Lì ella morì, e il suo corpo santo venne imbalsamato, Le sue spoglie mortali operarono molti miracoli, tanto che essa fu dichiarata santa, ed oggi è festeggiata nel giorno 3 marzo. In seguito, il suo corpo venne bruciato dai calvinisti
Tratto da https://www.newnotizie.it/2017/03/03/3-marzo-2017-si-festeggia-santa-camilla-auxerre/
Secondo la tradizione Camilla sarebbe stata una delle cinque sorelle
(Magnanzia, Palladia, Massima, Porcaria e, per l’appunto, Camilla),
originarie dell’Italia e discepole del vescovo Germano d’Auxerre, giunte
in Francia per accompagnare il feretro del loro maestro, morto a
Ravenna il 31 Luglio 448.
Il monaco di Auxerre Ericio, vissuto nel IX secolo, nel suo opuscolo
sui Miracula Sancti Germani, narra che Magnanzia, Palladia e Camilla
morirono durante il viaggio, che sulle loro tombe furono edificate delle
chiesette e, successivamente, i villaggi di Sainte-Magnance,
Sainte-Pallaye ed Escolives-Sainte-Camille.
Il corpo di Camilla sarebbe poi stato dato alle fiamme dai
calvinisti, mentre quelli di Magnanzia e Palladia riposerbbero nelle
cripte delle chiese a loro intitolate.
Porcaria invece, dopo i funerali di Germano, sarebbe rimasta in
Borgogna e, alla sua morte, sarebbe stata sepolta in un luogo ove in
seguito si sviluppò il borgo di Sainte-Porcaire.
Massima morì ad Auxerre; le sue reliquie furono conservate
nell’abbazia di San Germano fino al 1567, allorché vennero profanate e
disperse dagli ugonotti.
Di Magnanzia una “vita” anonima dice che era originaria di Civitavecchia.
San Tiziano di nazionalità germanica vescovo di Brescia (verso il 528)
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/43800
Nel elenco dei vescovi di Brescia occupa il 15° posto tra Vigilio e
Paolo II, il suo episcopato si pone alla fine del secolo V, nulla si sa
di lui oltre il nome.
Fu sepolto nella chiesa dei ss. Cosma e Damiano, forse fatta costruire proprio da lui, in seguito fu annesso un monastero, l intero complesso fu demolito dal vescovo Berardo Maggi nel 1302 per dare spazio al Palazzo Broletto, attualmente in Piazza del Duomo.
La chiesa e il monastero furono ricostruiti ad occidente della città, nella zona dei Campi Bassi ove stanno tuttora. Le sue reliquie vennero deposte dal vescovo Paolo Zane nel 1505 in un arca marmorea eretta sull altare nella cappella di sinistra.
Il suo primitivo sarcofago, dopo vari spostamenti, fu alla fine dell 800 posto a fontana in un angolo di piazzetta Tito Speri, ove è attualmente.
Fu sepolto nella chiesa dei ss. Cosma e Damiano, forse fatta costruire proprio da lui, in seguito fu annesso un monastero, l intero complesso fu demolito dal vescovo Berardo Maggi nel 1302 per dare spazio al Palazzo Broletto, attualmente in Piazza del Duomo.
La chiesa e il monastero furono ricostruiti ad occidente della città, nella zona dei Campi Bassi ove stanno tuttora. Le sue reliquie vennero deposte dal vescovo Paolo Zane nel 1505 in un arca marmorea eretta sull altare nella cappella di sinistra.
Il suo primitivo sarcofago, dopo vari spostamenti, fu alla fine dell 800 posto a fontana in un angolo di piazzetta Tito Speri, ove è attualmente.
Santa Artellaide, consacrata al Signore nella verginità e addormentatasi in Italia in Campania nel 570
Tratto da http://www.santiebeati.it/dettaglio/43770
a BHL (I, p. 116, nn. 718-20) ricorda tre vite di Artellaide. Questi
atti, di cui si ignora l'origine e l'epoca, contengono molti elementi
agiografici : secondo quanto in essi è riportato, Artellaide era figlia
del proconsole Lucio e di santa Antusa. Avendo l'imperatore Giustiniano
sentito parlare della sua bellezza, la voleva dare come sposa a qualcuno
della sua corte; ma Artellaide aveva fatto il voto di verginità, onde
la madre l'affidò a tre domestici con l'incarico di condurla in Italia
presso lo zio, il generale bizantino Narsete. Durante il viaggio la
giovanetta cadde in mano dei ladri, mentre i suoi domestici, dopo essere
fuggiti, si portarono nella chiesa di Santa Eulalia per chiedere la
liberazione della padroncina. I ladri giudicarono opportuno vendere la
santa vergine, ma il demonio li colpì a morte e l'angelo del Signore
rimise Artellaide in libertà. Ella poté così riunirsi ai domestici,
portandosi a Siponto nelle Puglie per offrire un dono alla chiesa di San
Michele sul monte Gargano. Narsete, avendo appreso da un sogno l'arrivo
della nipote, la condusse a Benevento, dove ella offrì un ricco dono
alla chiesa di Santa Maria.
Quì si stabilì e visse nella preghiera e negli esercizi di pietà, operando molti miracoli. Colpita dalla febbre, si fece trasportare nella chiesa di San Luca, dove, dopo avere ascoltato la messa e ricevuta la comunione, si addormentò nel Signore, il 3 marzo, giorno in cui si celebra la sua festa, forse del 570. Da questa chiesa le sue reliquie furono trasportate più tardi nella cattedrale di Benevento.
Quì si stabilì e visse nella preghiera e negli esercizi di pietà, operando molti miracoli. Colpita dalla febbre, si fece trasportare nella chiesa di San Luca, dove, dopo avere ascoltato la messa e ricevuta la comunione, si addormentò nel Signore, il 3 marzo, giorno in cui si celebra la sua festa, forse del 570. Da questa chiesa le sue reliquie furono trasportate più tardi nella cattedrale di Benevento.
Sant’Anselmo di Notantola abate ed igumeno (verso 803)
Martirologio Romano: A Nonantola in Emilia, sant’Anselmo,
fondatore e primo abate del monastero del luogo, che per cinquant’anni
promosse la disciplina monastica sia con l’insegnamento che con
l’esercizio delle virtù.
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/90975
Anselmo è uno dei personaggi più imponenti del monachesimo dell’Alto
Medioevo e l’unico santo longobardo di cui ci siano pervenute notizie
certe.
Di lui parlano numerosi documenti, bolle, rescritti, diplomi e una ‘Vita’ scritta nel secolo XI già nota dal ‘Catalogus Abbatum’ del 1037.
Si suppone che Anselmo sia nato verso il 720 a Cividale o Vicenza, figlio di Wectari di Vicenza, duca del Friuli, era fratello di Giseltrada sposa di re Astolfo (749-756) e di Aidin con cui possedeva insieme, beni terrieri a Verona e Vicenza (documenti del 797 e 820).
Fu per qualche tempo anche duce del Friuli; nel 749, Anselmo però lascia tutte le attività e cariche politiche per dedicarsi ad una vita di santità; lascia il Friuli risalendo la valle dell’Alto Panaro, dove il cognato re Astolfo, gli dona la terra di Fanano e qui si ferma a fondare un cenobio per accogliere i monaci che ormai gli si erano radunati attorno e più in alto verso il passo di S. Croce Arcana, apre un ospizio per pellegrini che prende il nome di S. Jacopo di Val d’Amola.
L’opera di accoglienza dei pellegrini, molto numerosi nella valle, che era uno dei passaggi obbligati tra il Nord e la Toscana, costituisce un impegno primario e nessun pellegrino deve allontanarsi senza avere ricevuto con misericordia ogni assistenza.
Nel 751 il re Astolfo che comunque aveva mire espansionistiche, aveva occupata Ravenna e dona ad Anselmo un altro territorio tolto dal Ducato di Persiceta, di nome ‘Nonantolae’, che controllava le strade che da Verona e Piacenza scendevano a Bologna.
Il santo abate e i suoi monaci, si danno da fare per costruire una chiesa e il monastero, bonificando e coltivando quelle terre ormai abbandonate e incolte, producendo un vantaggio economico e sociale a tutta la regione.
Si sa che la chiesa dedicata alla Madonna venne consacrata l’8 ottobre del 752 dal vescovo Geminiano di Reggio Emilia per delega del papa Adriano I. Una seconda dedica questa volta agli Apostoli è fatta dall’arcivescovo di Ravenna, Sergio (748-769), la ‘Vita’ continua a narrare dicendo che nel 752 Anselmo insieme a re Astolfo va a Roma, per offrire in dono al papa Adriano I il monastero nonantolano.
Il Pontefice, conferisce ad Anselmo la dignità di abate e gli dona i ‘corpi santi’ di s. Silvestro papa e di altri martiri; così il 20 novembre 756 il vescovo di Bologna, Romano compie una terza dedicazione della chiesa e monastero questa volta a S. Silvestro I papa.
Alcune di queste notizie non sono certificate dalla realtà storica del periodo, come il dono delle reliquie, in realtà molte reliquie di martiri romani emigrarono verso il Nord a seguito delle spoliazioni di cimiteri suburbani compiute dai Longobardi durante l’assedio di Roma del 756.
L’opera dell’abate Anselmo è sottolineata dalla grandiosa attività di assistenza sociale e spirituale svolta a favore delle folle degli umili che si sviluppò e proseguì nei secoli, attraverso i suoi monasteri. Oltre quello di Fanano, egli fondò altri tre monasteri con annessi ospizi, dipendenti dall’abbazia di Nonantola: quello di S. Ambrogio dove il fiume Panaro taglia la via Emilia, quello del ‘Vicus Domnani’ a Vicenza (ora S. Silvestro) e quello non meglio identificato nel ‘luogo detto Susonia’ con l’oratorio di S. Giustina.
Oltre 1100 monaci da lui dipendenti si dedicarono all’ascesi, all’assistenza sociale, alla trascrizione dei codici, all’attività ospedaliera, alla bonifica dei terreni; per un certo numero di anni fu come in esilio a Montecassino, durante il regno di Desiderio (757-774), il perché ci è ignoto, ma Anselmo poté ritornare a Nonantola solo dopo la morte di Desiderio; nel periodo cassinese acquistò per la sua abbazia vari codici, infatti queste operazioni sono registrate nell’Archivio Nonantolano compilato verso il 1000.
Si prodigò per la pace fra longobardi e franchi, al punto che il re franco Carlo Magno, lo ringraziò con larghi benefici e privilegi per l’abbazia.
Morì il 3 marzo 803 ad 80 anni di età ed a 50 dalla fondazione del monastero; fu sepolto nella chiesa della stessa abbazia.
Nel 1400 l’abbazia aveva già una sua tipografia; codici miniati, pergamene, e reliquiari preziosi sono conservati nel tesoro della chiesa, costruita nelle forme romanico-lombarde e a cui lavorarono insigni artisti medioevali.
Di lui parlano numerosi documenti, bolle, rescritti, diplomi e una ‘Vita’ scritta nel secolo XI già nota dal ‘Catalogus Abbatum’ del 1037.
Si suppone che Anselmo sia nato verso il 720 a Cividale o Vicenza, figlio di Wectari di Vicenza, duca del Friuli, era fratello di Giseltrada sposa di re Astolfo (749-756) e di Aidin con cui possedeva insieme, beni terrieri a Verona e Vicenza (documenti del 797 e 820).
Fu per qualche tempo anche duce del Friuli; nel 749, Anselmo però lascia tutte le attività e cariche politiche per dedicarsi ad una vita di santità; lascia il Friuli risalendo la valle dell’Alto Panaro, dove il cognato re Astolfo, gli dona la terra di Fanano e qui si ferma a fondare un cenobio per accogliere i monaci che ormai gli si erano radunati attorno e più in alto verso il passo di S. Croce Arcana, apre un ospizio per pellegrini che prende il nome di S. Jacopo di Val d’Amola.
L’opera di accoglienza dei pellegrini, molto numerosi nella valle, che era uno dei passaggi obbligati tra il Nord e la Toscana, costituisce un impegno primario e nessun pellegrino deve allontanarsi senza avere ricevuto con misericordia ogni assistenza.
Nel 751 il re Astolfo che comunque aveva mire espansionistiche, aveva occupata Ravenna e dona ad Anselmo un altro territorio tolto dal Ducato di Persiceta, di nome ‘Nonantolae’, che controllava le strade che da Verona e Piacenza scendevano a Bologna.
Il santo abate e i suoi monaci, si danno da fare per costruire una chiesa e il monastero, bonificando e coltivando quelle terre ormai abbandonate e incolte, producendo un vantaggio economico e sociale a tutta la regione.
Si sa che la chiesa dedicata alla Madonna venne consacrata l’8 ottobre del 752 dal vescovo Geminiano di Reggio Emilia per delega del papa Adriano I. Una seconda dedica questa volta agli Apostoli è fatta dall’arcivescovo di Ravenna, Sergio (748-769), la ‘Vita’ continua a narrare dicendo che nel 752 Anselmo insieme a re Astolfo va a Roma, per offrire in dono al papa Adriano I il monastero nonantolano.
Il Pontefice, conferisce ad Anselmo la dignità di abate e gli dona i ‘corpi santi’ di s. Silvestro papa e di altri martiri; così il 20 novembre 756 il vescovo di Bologna, Romano compie una terza dedicazione della chiesa e monastero questa volta a S. Silvestro I papa.
Alcune di queste notizie non sono certificate dalla realtà storica del periodo, come il dono delle reliquie, in realtà molte reliquie di martiri romani emigrarono verso il Nord a seguito delle spoliazioni di cimiteri suburbani compiute dai Longobardi durante l’assedio di Roma del 756.
L’opera dell’abate Anselmo è sottolineata dalla grandiosa attività di assistenza sociale e spirituale svolta a favore delle folle degli umili che si sviluppò e proseguì nei secoli, attraverso i suoi monasteri. Oltre quello di Fanano, egli fondò altri tre monasteri con annessi ospizi, dipendenti dall’abbazia di Nonantola: quello di S. Ambrogio dove il fiume Panaro taglia la via Emilia, quello del ‘Vicus Domnani’ a Vicenza (ora S. Silvestro) e quello non meglio identificato nel ‘luogo detto Susonia’ con l’oratorio di S. Giustina.
Oltre 1100 monaci da lui dipendenti si dedicarono all’ascesi, all’assistenza sociale, alla trascrizione dei codici, all’attività ospedaliera, alla bonifica dei terreni; per un certo numero di anni fu come in esilio a Montecassino, durante il regno di Desiderio (757-774), il perché ci è ignoto, ma Anselmo poté ritornare a Nonantola solo dopo la morte di Desiderio; nel periodo cassinese acquistò per la sua abbazia vari codici, infatti queste operazioni sono registrate nell’Archivio Nonantolano compilato verso il 1000.
Si prodigò per la pace fra longobardi e franchi, al punto che il re franco Carlo Magno, lo ringraziò con larghi benefici e privilegi per l’abbazia.
Morì il 3 marzo 803 ad 80 anni di età ed a 50 dalla fondazione del monastero; fu sepolto nella chiesa della stessa abbazia.
Nel 1400 l’abbazia aveva già una sua tipografia; codici miniati, pergamene, e reliquiari preziosi sono conservati nel tesoro della chiesa, costruita nelle forme romanico-lombarde e a cui lavorarono insigni artisti medioevali.
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