Santo Quirino tribuno
militare martire a Roma sotto Antonino(verso il 130 )
TRATTO dal
quotidiano Avvenire
Era un
tribuno romano al quale furono affidati i martiri Alessandro, Evenzio e Teodulo,
arrestati per ordine dell'imperatore Traiano (53-117); si convertì dopo aver
visto i miracoli da loro operati e fu battezzato insieme con la figlia Balbina,
in seguito subì egli stesso il martirio, venendo decapitato un 30 marzo di un
anno dell'inizio del III secolo; il suo corpo fu sepolto nel cimitero di
Pretestato sulla via Appia. Un'epigrafe funeraria del secolo V ritrovata nel
cimitero, riporta il suo nome. Le reliquie del santo tribuno martire, ebbero
una storia a parte, come del resto quelle di tanti martiri delle catacombe
romane, che furono inviate in celebri monasteri e chiese di tutt'Europa.
Secondo un documento redatto a Colonia nel 1485, il suo corpo sarebbe stato
donato nel 1050 dal papa Leone IX ad una badessa di nome Gepa, la quale le trasferì
a Neuss sul Reno in Germania. Ancora oggi le reliquie si venerano nella
cattedrale di San Quirino (1206) di questa città. Il suo culto ebbe il maggior
picco nel 1471, durante l'assedio che Neuss subì; da questa città il culto si
diffuse in tutta la Germania specie a Colonia, in Belgio e in Italia
Martirologio Romano: A Roma nel cimitero di Pretestato
sulla via Appia, san Quirino, martire, che, tribuno, coronò con il martirio la
sua testimonianza di fede.
Santo Clinio di nazionalità greca monaco a MonteCassino e poi Abate di un
monastero nel territorio di Pontecorvo
Il
Baronio pose Clino nel Martirologio Romano al 30 marzo basandosi su di una
comunicazione del vescovo di Aquino, Flaminio Filonardi. Né i Bollandisti, né
il Ferrari, nella compilazione del suo Catalogus Sanctorum Italiae, poterono
avere questa comunicazione; tuttavia, il Ferrari riuscì a consultare alcune
memorie della Chiesa di Aquino, da cui raccolse brevi notizie intorno al santo.
Clino era di nazionalità greca; fu monaco e successivamente abate nel monastero
basiliano di S. Pietro della Foresta, tra Pontecorvo e Rocca Guillermo
(attualmente chiamata Esperia) nei primi decenni del sec. XI; infatti, il suo
nome figura in un atto di donazione del 1030 da lui sottoscritto. Più tardi,
nella seconda metà del sec. XI, il monastero passò sotto quello di
Montecassino, per cui il Ferrari dice Clino monaco cassinese. A S. Pietro della
Foresta Clino, illustre per santità e miracoli, morì prima del 1050; il suo
corpo fu trasferito nella chiesa di S. Maria di Rocca Guillermo (Esperia), dove
è festeggiato come patrono principale il 30 marzo.
Santo Zosimo vescovo di Siracusa(verso il 640)
Esercitava
un'umile funzione nel monastero di Santa Lucia, a Siracusa, perchè considerato
incapace di qualsiasi incombenza importante. Quando morì l'abate, il Vescovo,
sorprendentemente, lo designò per la carica. Governò con tanta saggezza e virtù
che finì per essere eletto Vescovo della città.
Martirologio Romano
A
Siracusa, san Zosimo, vescovo, che fu dapprima umile custode della tomba di
santa Lucia, poi abate del monastero del luogo.
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/47850
Zosimo, vescovo (VII secolo) era un
giovane monaco cui era stata affidata per la sua inettitudine la custodia della
tomba di Santa Lucia a Siracusa. Un giorno, desideroso di rivedere i genitori,
lasciò il monastero senza avvertire i superiori. I genitori, vedendolo arrivare
con aria di fuggitivo, lo rimproverarono e lo riaccompagnarono al monastero.
Venne perdonato dall'abate e riconsegnato al suo compito di "guardiano
della tomba", che tenne a lungo perché considerato incapace di altre e più
impegnative mansioni.
Alla morte dell'abate, i monaci si recarono dal vescovo per conoscere il nome del successore. Fra loro non c'era Zosimo, rimasto a casa come "inutile". Quando il vescovo ebbe davanti i monaci, chiese: "Ci siete tutti?". "No, - risposero - a casa c'è il guardiano della tomba di santa Lucia, ma è di poco conto". "Fatelo venire" ingiunse il vescovo. E quando Zosimo arrivò: "Ecco il vostro abate" affermò solennemente il vescovo.
Così Zosimo, tra la sorpresa di tutti, divenne abate del monastero dimostrando presto di quanta saggezza e virtù fosse ricco, a tal punto che il popolo lo volle quale proprio vescovo. Confermato da papa Teodoro, egli rimase sulla cattedra episcopale siracusana dal 647 al 662 guidando la diocesi con bontà e saggezza
Alla morte dell'abate, i monaci si recarono dal vescovo per conoscere il nome del successore. Fra loro non c'era Zosimo, rimasto a casa come "inutile". Quando il vescovo ebbe davanti i monaci, chiese: "Ci siete tutti?". "No, - risposero - a casa c'è il guardiano della tomba di santa Lucia, ma è di poco conto". "Fatelo venire" ingiunse il vescovo. E quando Zosimo arrivò: "Ecco il vostro abate" affermò solennemente il vescovo.
Così Zosimo, tra la sorpresa di tutti, divenne abate del monastero dimostrando presto di quanta saggezza e virtù fosse ricco, a tal punto che il popolo lo volle quale proprio vescovo. Confermato da papa Teodoro, egli rimase sulla cattedra episcopale siracusana dal 647 al 662 guidando la diocesi con bontà e saggezza
Santo ilario di
Otranto,quinto igumeno del monastero di san Nicola di Casole ad Otranto (XIII
secolo)
Tratto da http://www.otrantopoint.com/monastero-di-san-nicola-di-casole.html
L'Abbazia rappresenta il momento più alto
della diffusione nel Salento del monachesimo basiliano. Alcuni studiosi ritengono
il Monastero dedicato a San Nicola sia stato il più ricco dell’Europa di allora
(il suo massimo splendore lo raggiunse tra l’XI ed il XIII secolo) così come la
sua biblioteca la più grande e fornita di testi del Mondo dell’epoca.Origini
In questo periodo, e precisamente nel 1071, si assiste al subentro della dominazione normanna a quella bizantina nell'Italia Meridionale ed Otranto rappresenterà l'ultima roccaforte della presenza della cultura bizantina in Occidente.Il crociato Boemondo I, principe di Taranto e Antiochia, figlio di Roberto il Guiscardo condottiero Normanno, e di sua madre Costanza, allo scopo di aggraziarsi la simpatia dei monaci greci che vivevano nel Sud Italia, in particolare di quelli salentini nonché della popolazione salentina che appoggiava la religiosità greca, fondò il Monastero di San Nicola.
Ai Normanni interessava immediatamente di precludere ogni possibilità di conquista bizantina; non volevano infatti che Bisanzio si intromettesse politicamente in Italia e perciò era necessario affermare la giurisdizione romana nei territori greci del Sud (i normanni avevano dalla loro parte Roma e collaboravano per la conquista del Sud).
Quindi essi non volevano distruggere l'arte e la spiritualità bizantina radicata nel Sud; d'altra parte Roma non mirava tanto a sopprimere la chiesa greca, quanto a far ritornare sotto la propria giurisdizione quella chiesa greca che secoli prima si era staccata da lei (secoli VII-IX).
Boemondo per la prima volta nell'XI secolo lo chiamò di Casole (precedentemente il suo nome era solo "San Nicola"), perché questo fu eretto su un cenobio preesistente costituito da capanne, nicchie, grotte, e casole appunto dove i monaci si recavano per pregare. Boemondo donò il Casale di Casole ad un gruppo di Basiliani guidati da Giuseppe, che poi fu il primo Abate del monastero. San Nicola di Casole presentava delle caratteristiche particolari che fanno risalire la restaurazione proprio a Boemondo:
1.
Boemondo lo fece ricostruire (sicuramente dopo il 1000) in muratura mentre le
costruzioni italo-greche erano ricavate nella roccia;
2. i monasteri costruiti dai Normanni avevano
tutti un Corpus (codice) di regole canoniche che di solito erano quelle del
grande Basilio (fu il più grande riformatore, divenuto poi Santo, della Chiesa
Bizantina e l'espressione più alta di quella spiritualità; l'aggettivo
basiliano oggi equivale anche a bizantino). Papa Bonifacio IX, nel XIV secolo, ne ebbe una notevole considerazione; chiamò infatti diversi monaci casolani a dirigere altri monasteri sparsi per l'Italia.
Il Typikon di Casole: la sua storia
Il Codice, risalente al 1098-99, era detto Typikon e risultava composto da un insieme di norme che regolavano la vita monastica e materiale dei frati. Non possiamo dire quanto questo codice fosse di Boemondo e quanto del primo Abate Igumeno Giuseppe. Esso è contenuto in un manoscritto compreso nel Codice Torinese C111; questo codice prima si trovava nell'Università di Torino, poi è stato portato, ad opera del Consigliere della Corte d'Appello di Trani, L. De Simone, per motivi di studio alla Vaticana a Roma (1890), ma poi la Biblioteca di Torino l'ha rivendicato a sé.
Di
questo Codice abbiamo due copie: un codice quasi identico detto Barberiniano
greco 350 e il codice Barberiniano greco 383, custoditi nella Biblioteca
Vaticana a Roma. Il codice Barberiniano 350 era posseduto inizialmente da un
Arciprete di Soleto di nome Francesco Arcudi che poi lo regalò ad un Cardinale
Barberini. In seguito dai Barberini fu donato alla Biblioteca Vaticana. Il
Codice Barberiniano fu trascritto nel 1205 dal Typikon del 1098. Il Codice
Barberiniano 383, che è la copia della copia, non è identico all'originale. Al
momento della stesura del Typikon c'erano altri codici, ma di origine greca
(San Basilio, San Saba, San Teodoro). Esiste un gruppo di Typikà così detto
Atonito (gruppo autentico), risalente al decimo secolo. Ci sono poi dei gruppi
che provengono da altri o sono loro rifacimenti. I Typikà Otrantini sono quelli
che più si rifanno alle regole originali dei Typica’ Atoniti.
I principali Abati
Come
detto il primo Abate fu Giuseppe Igumeno, che nel 1098-99 fondò il monastero.
Ma il più importante in assoluto, fu il
settimo, il Nettario (1219-1235), chiamato così dopo essere divenuto Abate (ma
egli usava firmarsi sempre con il suo vero nome Nicola di Otranto). Fu molto
rigido con i monaci e di sua mano soppresse "come spregevole e contraria
alla regola dei Padri" la regola che esentava dal digiuno i monaci
pescatori. Il Nettario fondò la scuola poetica Otrantina. Fu protagonista di diverse missioni diplomatiche: nel 1205 e nel 1214 per conto di Papa Innocenzo III quale interprete ai cardinali che andavano a discutere a Costantinopoli sui rapporti tra Greci e Latini; nel 1223-1224, per conto di Federico II in Oriente, e nel 1232 a Roma, dal Papa, per discutere sulla validità del battesimo delle genti battezzate con il rito greco. Nettario, gran conoscitore del greco e del latino, creò la biblioteca di Casole con le migliaia di volumi greci e latini che raccolse nei suoi viaggi in Oriente.
Il decimo Abate fu Basilio, eletto nel 1259. Il 14 novembre 1267 fu trasferito in un monastero vicino a Taranto.
La Scuola Letteraria di Casole
Il
monastero di Casole è stato dal secolo XI centro propulsore di cultura e di
civiltà, anticipando e poi affiancando la famosa scuola siciliana di Federico
II da cui ha avuto inizio, nel ‘200, quel processo linguistico da cui sarebbe
derivata la lingua italiana. Infatti, qui, tra gli scogli più ad est d'Italia,
nascono alcuni tra i primi componimenti in poesia della letteratura nazionale.
Nella Terra d'Otranto, nell'Età oscura, la lingua greca, quella parlata
oltremare, nelle terre di Bisanzio, è la lingua con la quale si esprime la
maggior parte della popolazione e con la quale si esprime pure la comunità
italo-greca dei monaci basiliani che ha dato vita all'abbazia di Casole. Il
Circolo Poetico di Casole, che si poneva sotto l’ala protettrice di Federico
II, aveva come guida l'abate Nettario e si proponeva di trattare sia temi
religiosi sia temi profani.
Esso promosse un vero e proprio umanesimo
italo-bizantino in Terra d'Otranto che determinò la sopravvivenza della lingua
greca come lingua letteraria del Salento in un'età in cui invece a Palermo,
alla corte del grande Federico II, l’italiano volgare prevaleva sulle lingue
classiche. Nella penisola salentina, dunque, che stava con Bisanzio, aveva arte
e cultura mentre il centro-nord d'Italia era attraversato dalle invasioni
barbariche e segnato dalle lotte intestine tra guelfi e ghibellini e dalle
conseguenze di un marcato analfabetismo.
Riportiamo
di seguito un bellissimo sonetto in volgare scritto da Guglielmo d’Otranto
(sec. XIII), che, collegandosi alla poesia religiosa toscana, esprime un inno
alla SS. Trinità.
O
salve, sancta Ostia sacrata
Immacolato sangue e carne pura
Summa creatura in Deo comunicata
De Virgo nata senza corruttura.
Oltre misura fosti tormentata
Morta lanzata misa en sepoltura
De la summa natura suscitata
Et enalzata sopra ogn’altra altura.
Tu sei quell’armatura per cui vencimo
L’antico primo perfido serpente
Percuziente spirito dannato.
Corpo sacrato en pane te vedimo
E certi simo che verasimente
Se’ Cristo onnipotente e Deo carnato.
Tra il Salento e la Grecia non ci fu rottura,
ma complementarietà, unione, convergenza e ciò creò l'Umanesimo Salentino. Nel
XIII sec. esisteva già in Italia una fioritura di "scuole" poetiche,
di cui alcune si richiamavano alle scuole di Epiro e di Corfù; una era ad
Otranto, un’altra presso Federico II in Sicilia. I poeti di queste scuole si
conoscevano e si influenzavano a vicenda. Quella di Otranto è certamente la più
antica e risente più delle altre dell'ambiente religioso, ecclesiastico e
politico del tempo: la scuola si rivela filo-bizantina e filo-sveva (è il tempo
dei principi svevi in Italia Federico I, Enrico IV, Federico II). Il circolo
otrantino visse un suo Umanesimo e preluse al Rinascimento italiano. Gli
scrittori del monastero di Casole formavano un gruppo compatto di amici,
strettamente legati alle tradizioni storico, politiche e culturali del luogo e
del tempo.Immacolato sangue e carne pura
Summa creatura in Deo comunicata
De Virgo nata senza corruttura.
Oltre misura fosti tormentata
Morta lanzata misa en sepoltura
De la summa natura suscitata
Et enalzata sopra ogn’altra altura.
Tu sei quell’armatura per cui vencimo
L’antico primo perfido serpente
Percuziente spirito dannato.
Corpo sacrato en pane te vedimo
E certi simo che verasimente
Se’ Cristo onnipotente e Deo carnato.
Il circolo poetico
Questo
gruppo di poeti, composto da quattro elementi, utilizzava la lingua bizantina e
non disdegnava il ricorso a virtuositiche ed elaborate tecniche letterarie.
Enorme è la valenza della loro produzione nel contesto storico e culturale in
cui operarono.
Perché poetarono in greco ma erano partecipi
di un'attività che pur nelle sue diversità linguistiche, il greco ed il
volgare, rappresentava un'unita' culturale appena nata e che già spiccava il
volo verso lidi successivamente noti. Dei quattro poeti due sono religiosi e
due laici. Tra loro non vi furono rapporti sistematici, veri e propri contatti
regolari. Solo reciproco rispetto ed intesa amichevole. Anche perché li divide
per alcuni una generazione. L’opera di Nettario fu proseguita da Giovanni Grasso, protonotario e maestro imperiale. Figlio di Giovanni Grasso e' l'altro poeta, Nicola d’Otranto. Infine Giorgio di Gallipoli il rappresentante più importante della scuola poetica greca nel Salento bizantino.
Il monastero di Casole sta in
MAGNA
GRECIA BIZANTINA E TRADIZIONE CLASSICA
ATTI
DEL DECIMOSETTIMO CONVEGNO
DI STUDI SULLA
MAGNA
GRECIA
TARANTO, 9-14 OTTOBRE
1977
STA IN
http://www.pugliadigitallibrary.it/media/00/00/91/2843.pdf
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.