mercoledì 28 marzo 2018

28 Marzo Santi Italici ed italo greci



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Santo Sisto III papa e patriarca di Roma confessore della fede versus pelagiani e nestoriani (verso il 440)

Martirologio Romano: A Roma sulla via Tiburtina presso San Lorenzo, deposizione di san Sisto III, papa, che ricompose i dissensi tra il patriarcato di Antiochia e quello di Alessandria e nella città di Roma consegnò al popolo di Dio la basilica di Santa Maria Maggiore sul colle Esquilino.


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tratto da http://www.lastampa.it/2017/12/15/vaticaninsider/ita/documenti/sisto-iii-il-papa-che-ricompose-i-dissensi-tra-antiochia-ed-alessandria-2jEO9jwJS1xxq0KUxoQtzN/pagina.html

Conciliatore 
Sisto III, Papa e santo, era romano di nascita. Il pontificato durò otto anni e qualche giorno. La sua elezione al soglio pontificio avvenne il 31 luglio 432. Cirillo di Alessandria ebbe premura di avvisare subito il nuovo Pontefice della difficile situazione in cui versava l’unità della Chiesa in Oriente. Sisto, mostrandosi in piena continuità con il suo predecessore, Celestino I, «secondo il principio che quanto già deciso non deve essere cambiato», si fece mediatore sollecitando la più larga riconciliazione possibile tra i contendenti d’Oriente all’interno della Chiesa. Secondo il Martirologio Romano, Sisto «ricompose i dissensi tra il patriarcato di Antiochia e quello di Alessandria».  

Antiochia e Alessandria 
Giovanni di Antiochia, rappresentante della scuola teologica antiochena, e Cirillo di Alessandria, esponente della scuola teologica alessandrina, rappresentavano le due fazioni, che si erano scontrate al Concilio di Efeso (431). Tranne il caso di Nestorio, per il quale si ribadiva la condanna ferma e definitiva, Sisto auspicava che tutti coloro che volessero ritornare nella Chiesa autentica potessero farlo, riammessi a pieno titolo nella comunione ecclesiale. La vicenda era così grave che lo stesso imperatore Teodosio II cercò di favorire le trattative: il patriarca di Costantinopoli, interpellato dall’imperatore, suggerì che entrambe le parti facessero un passo avanti sulla strada della distensione: Giovanni di Antiochia avrebbe dovuto accettare la condanna di Nestorio e Cirillo di Alessandria ritrattare i propri scritti contro Nestorio; in seguito i due si sarebbero accordati su una formula di fede.  

Il Successore di Pietro 
Nell’aprile 433 Cirillo annuncia ai suoi l’avvenuta conciliazione e Giovanni comunica all’imperatore l’assenso alla deposizione e alla condanna di Nestorio. Il 15 settembre 433, Sisto III scrive sia a Giovanni di Antiochia che a Cirillo di Alessandria, compiacendosi con entrambi per la ritrovata comunione; nelle sue lettere il Pontefice pone in evidenza l’opportunità del riferimento alla Sede romana, al Successore di Pietro, per edificare nell’unità e sulla roccia la Chiesa di Cristo. 



«Vices apostolicae sedis» 
«Sisto difese con determinazione la giurisdizione della Sede romana nei confronti delle Chiese dell'Illirico tramite il vicariato apostolico della sede di Tessalonica», scrive Elena Cavalcanti. L'occasione fu determinata (435) dalla presa di posizione di Perigene, vescovo di Corinto, che reclamava il diritto ad esercitare funzioni di metropolita. Questa pretesa non rispettava Anastasio, vescovo di Tessalonica, «vices apostolicae sedis». Sisto III scrisse a Perigene, richiamando alla tradizione dei suoi predecessori che avevano sempre riconosciuto la dignità di vicariato apostolico (dipendente da Roma) alla sede di Tessalonica nei confronti delle Chiese della penisola balcanica (Illirico). Il problema dell'influsso sull'Illirico emerse nuovamente nel 437: come si comprende da una lettera di Sisto al patriarca Proclo, dall'Illirico alcuni esponenti del clero si erano rivolti a Costantinopoli per alcune questioni; il Papa ricorda a Proclo la documentata tradizione della giurisdizione del vescovo di Tessalonica e lo invita a non accogliere alcun membro del clero dell'Illirico che non sia munito di lettera di presentazione di quel fratello nell'episcopato. 




«Suburbicario» 
Il Liber pontificalis attribuisce a Sisto III la consacrazione di 52 vescovi delle province suburbicarie: non è inutile chiarire che «suburbicario» deriva dal latino tardo suburbicarius, composto di sub- e urbicarius (derivato, come urbĭcus, di urbs, Urbs), significante «della città di Roma». La denominazione si estendeva a tutte le diocesi soggette all’episcopus urbicus, cioè al Vescovo di Roma.  

La condanna di Pelagio 
Secondo Prospero d’Aquitania, il deposto vescovo Giuliano di Eclano si rivolse a Papa Sisto sperando di poter essere reintegrato nella sua sede. Al tempo di Papa Zosimo, Giuliano si era rifiutato, insieme ad altri 18 vescovi italiani, di sottoscrivere la lettera Tractoria che condannava Pelagio e Celestio ed aveva scritto due lettere al Papa con richiesta di spiegazioni; di conseguenza era stato deposto ed esiliato. Giuliano – secondo la notizia di Prospero – si rivolse a Sisto sperando in una riconciliazione, ma, per un intervento dell'arcidiacono Leone, il futuro Papa Leone I, non trovò soddisfazione. 


Il patrimonio architettonico e decorativo 
Durante il pontificato di Sisto III il patrimonio architettonico e decorativo cristiano nella città di Roma ebbe notevole impulso. In questa sede è impossibile trattarne in modo completo. Ricordiamo il contributo fornito all’edificazione della basilica di San Paolo sulla via Ostiense, dove è evidente la cosiddetta «tendenza classicista» dell’architettura dei luoghi di culto romani, in funzione di una vera e propria «renovatio urbis» sotto il segno del cristianesimo. Come nota Elena Cavalcanti: «La tendenza classicista si esprime, oltre che nella grandiosità dell'impianto, nella bellezza e coerenza stilistica dei particolari, nella ricchezza della decorazione, nell'armonia delle proporzioni. L'apice compositivo di tali moduli viene indicato nella basilica di Santa Sabina sull'Aventino, eretta intorno al 425 e portata a compimento dopo il 432 da Sisto III. L'armonia, l'eleganza e la leggiadria di quest’edificio ne fanno la gemma delle basiliche paleocristiane romane».  

Santa Maria Maggiore 
L’edificio maggiormente legato al nome di Sisto è la basilica di Santa Maria Maggiore: il ruolo di Sisto fu quello di portare l'opera a compimento. I mosaici della navata e quelli dell'arco di trionfo costituiscono uno dei più importanti documenti dell'arte paleocristiana e il più antico ciclo conservato a Roma quasi integralmente. Nel contesto decorativo dell'arco trionfale è inserita una famosa iscrizione dedicatoria: «Xystus episcopus plebi Dei». Un’altra iscrizione era ancora visibile alla fine del XVI secolo: si tratta di una solenne dedica celebrativa che evoca il dogma (Concilio di Efeso, 431) della divina maternità di Maria: «A Te, Vergine Maria, Sisto dedicò la nuova costruzione, degno riconoscimento al tuo grembo portatore di salvezza. O genitrice ignara dell'uomo, avendo Tu partorito, la nostra salvezza si produsse dalle [Tue] integre viscere». La costruzione della basilica di Santa Maria Maggiore da parte di Sisto è particolarmente significativa in quanto è l’unica delle chiese patriarcali che fu fondata e dotata di arredi e di beni (tra cui un altare di «argento purissimo» del peso di trecento libbre) per iniziativa del vescovo di Roma senza intervento dell’evergetismo imperiale.  

L’iscrizione «ad fontem» 
Sotto il pontificato di Sisto e all’insegna del classicismo avvenne anche il rimaneggiamento del Battistero Lateranense; in particolare, al tempo di Sisto e forse alla sua diretta iniziativa si attribuisce l'iscrizione «ad fontem» del ristrutturato Battistero Lateranense: «Qui, da un seme divino nasce un popolo, che sarà immortale nel cielo, / che lo spirito fecondatore generò con l'acqua. / Immergiti, o peccatore, tu che devi purificarti nella sacra corrente: / l'onda rinnoverà quello che ha accolto come vecchio. / Non vi è alcuna differenza tra quelli che rinascono, / perché unica la fonte, unico lo spirito, unica la fede compongono in unità. / La madre Chiesa genera con parto verginale mediante l'acqua i figli, / che concepisce per virtù dello Spirito di Dio. / Se vuoi essere mondo, purificati in questo lavacro, / sia che ti trovi oppresso dal peccato originale, sia dalla tua propria colpa. // Qui è la sorgente della vita, che rigenera tutto il mondo, / traendo origine dalla ferita di Cristo. / Voi, rinati in questo fonte, sperate il regno dei cieli; / la vita beata accoglie coloro che non una sola volta sono stati generati. / Né il numero dei suoi peccati o la loro gravità atterrisca qualcuno: / nato in questo lavacro, sarà santo».  

Sisto morì il 19 agosto 440 e fu sepolto nella catacomba di Ciriaca presso la tomba del martire Lorenzo, sulla via Tiburtina.. 
Tratto da
http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2015/3/28/SANTO-DEL-GIORNO-Il-28-marzo-si-celebra-San-Papa-Sisto-III/594216/

Nato nella città di Roma, la sua fama si diffuse ancor prima che diventasse papa soprattutto grazie al ruolo di primo piano che ricopriva tra i porporati romani e alla corrispondenza con Sant'Agostino. Dopo l'arrivo al soglio pontificio con la sua elezione, avvenuta il 31 luglio del 432, si trovò a fronteggiare l'avanzata delle eresie di stampo pelagiano e nestoriano, una situazione già difficile e complicata dal fatto che, a causa della sua indole pacifica e predisposta al dialogo, venne accusato ingiustamente diverse volte di simpatizzare per tali eresie. Nel corso del suo pontificato sottoscrisse gli Atti del Concilio di Efeso, nel quale si discusse non soltanto del tema riguardante la doppia natura di Gesù (umana e divina), ma anche della questione inerente alla possibilità di potersi rivolgere alla Vergine Maria usando l'appellativo "Madre di Gesù" o "Madre di Cristo": alla fine, i convenuti al concilio decisero di attribuire alla Madonna il titolo di "portatrice di Dio" (Theotokos, in lingua greca). Inoltre, viene ricordato anche per aver tentato una pacificazione tra Nestorio, patriarca di Costantinopoli, e Cirillo di Alessandria. Nell'ambito della controversia con Pelagio, si adoperò per impedire a Giuliano di Eclano di ritornare in comunione con la Chiesa cattolica, e si spese anche per allontanare dalla zone dell'Illiria sia le pretese avanzate dal vescovo di Costantinopoli, Proclo, sia quelle dei vescovi locali, attribuendo dunque all'arcivescovo di Salonicco il compito di guidare la chiesa illirica. Non di rado il nome di questo papa viene associato al periodo di forte sviluppo che l'edilizia religiosa conobbe nel corso del suo pontificato: tra le opere da lui fatte realizzare ci sono la chiesa di Santa Sabina, situata sull'Aventino. Sisto ordinò inoltre il restauro della Basilica di San Lorenzo fuori le mura e della Basilica di Santa Maria Maggiore, che si contraddistingue per la presenza dell'iscrizione "Virgo Maria, tibi Xystus nova tecta dictavi", riferita a quanto venne sancito nel Concilio di Efeso da lui stesso presieduto in merito al giusto appellativo da usare nel riferirsi alla Vergine Maria. Usò alcuni dei raffinati doni ricevuti dall'imperatore Valentiniano III per impreziosire gli interni della Basilica Laterana e quella di San Pietro, andando contro quanto sostenuto da San Girolamo, secondo il quale tanta ricchezza allontanava la Chiesa dal suo spirito originario. Sisto III lasciò anche alcuni scritti tra cui ricordiamo le "otto epistole", anche se gli sono state attribuite erroneamente altre opere, come, ad esempio, il “De divitiis”, il “De castitade” e il “De malis doctoribus”. Si è dimostrata inoltre falsa l'opera che parrebbe testimoniare il fatto che sia stato accusato di vari reati dal console Basso. Papa Sisto III morì il 19 agosto del 440. Ancora oggi le sue spoglie sono conservate all'interno della Basilica di San Lorenzo fuori le mura.


Saint CONON, higoumène italo-grec à Nési en Sicile; un des derniers témoins de l'Orthodoxie en Sicile (1236). On l'invoque contre les maux d'oreille

 
Tratto  dal quotidiano Avvenire

Cono, o Conone, Navacita nacque a Naso (Messina), nel 1139, figlio del conte normanno Anselmo, governatore della città. Ancora ragazzo abbandonò la casa, le ricchezze e si ritirò nel locale convento di San Basilio. Trasferito al Convento di Fragalà, nel comune di Frazzanò, ebbe come maestri spirituali san Silvestro da Troina e san Lorenzo da Frazzanò, che lo prepararono al sacerdozio. Conone, dopo l'ordinazione, continuò a manifestare segni di vocazione all'eremitaggio e, col permesso dei superiori, si ritirò in una grotta, che prese il nome di Rocca d'Almo. Ben presto la sua fama di santità superò i confini di Naso. Richiamato al monastero dai suoi superiori, fu eletto abate. In seguito, al ritorno a Naso da un pellegrinaggio in Terra Santa, elargì ai poveri la ricca eredità del padre e si ritirò nella grotta di San Michele. La città era afflitta da un morbo contagioso: i nasitani si rivolsero allora all'abate che li liberò dalla malattia: del miracolo vi è ricordo nello stesso stemma della città. Morì a 97 anni: era il 28 marzo 1236, Venerdì Santo. Canonizzato nel 1630, san Cono è patrono di Naso, i cui abitanti ancora oggi davanti alle reliquie pronunciano l'invocazione «Na vuci viva razzi i san Conu

Martirologio Romano: A Naso in Sicilia, san Cono, monaco secondo la disciplina dei Padri orientali, che, di ritorno da un pellegrinaggio ai luoghi santi, avendo trovato defunti i suoi genitori, distribuì tutto il suo patrimonio ai poveri e ed abbracciò la vita eremitica

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