Santo Sisto III papa e patriarca di Roma confessore
della fede versus pelagiani e nestoriani (verso il 440)
Martirologio Romano: A Roma sulla via Tiburtina presso San
Lorenzo, deposizione di san Sisto III, papa, che ricompose i dissensi tra il
patriarcato di Antiochia e quello di Alessandria e nella città di Roma consegnò
al popolo di Dio la basilica di Santa Maria Maggiore sul colle Esquilino.
Consultare
tratto da http://www.lastampa.it/2017/12/15/vaticaninsider/ita/documenti/sisto-iii-il-papa-che-ricompose-i-dissensi-tra-antiochia-ed-alessandria-2jEO9jwJS1xxq0KUxoQtzN/pagina.html
Conciliatore
Sisto
III, Papa e santo, era romano di nascita. Il pontificato durò otto anni e
qualche giorno. La sua elezione al soglio pontificio avvenne il 31 luglio 432.
Cirillo di Alessandria ebbe premura di avvisare subito il nuovo Pontefice della
difficile situazione in cui versava l’unità della Chiesa in Oriente. Sisto,
mostrandosi in piena continuità con il suo predecessore, Celestino I, «secondo
il principio che quanto già deciso non deve essere cambiato», si fece mediatore
sollecitando la più larga riconciliazione possibile tra i contendenti d’Oriente
all’interno della Chiesa. Secondo il Martirologio Romano, Sisto «ricompose i
dissensi tra il patriarcato di Antiochia e quello di Alessandria».
Antiochia
e Alessandria
Giovanni
di Antiochia, rappresentante della scuola teologica antiochena, e Cirillo di
Alessandria, esponente della scuola teologica alessandrina, rappresentavano le
due fazioni, che si erano scontrate al Concilio di Efeso (431). Tranne il caso
di Nestorio, per il quale si ribadiva la condanna ferma e definitiva, Sisto
auspicava che tutti coloro che volessero ritornare nella Chiesa autentica
potessero farlo, riammessi a pieno titolo nella comunione ecclesiale. La
vicenda era così grave che lo stesso imperatore Teodosio II cercò di favorire
le trattative: il patriarca di Costantinopoli, interpellato dall’imperatore,
suggerì che entrambe le parti facessero un passo avanti sulla strada della
distensione: Giovanni di Antiochia avrebbe dovuto accettare la condanna di
Nestorio e Cirillo di Alessandria ritrattare i propri scritti contro Nestorio;
in seguito i due si sarebbero accordati su una formula di fede.
Il
Successore di Pietro
Nell’aprile
433 Cirillo annuncia ai suoi l’avvenuta conciliazione e Giovanni comunica
all’imperatore l’assenso alla deposizione e alla condanna di Nestorio. Il 15
settembre 433, Sisto III scrive sia a Giovanni di Antiochia che a Cirillo di
Alessandria, compiacendosi con entrambi per la ritrovata comunione; nelle sue
lettere il Pontefice pone in evidenza l’opportunità del riferimento alla Sede
romana, al Successore di Pietro, per edificare nell’unità e sulla roccia la
Chiesa di Cristo.
«Vices
apostolicae sedis»
«Sisto
difese con determinazione la giurisdizione della Sede romana nei confronti
delle Chiese dell'Illirico tramite il vicariato apostolico della sede di
Tessalonica», scrive Elena Cavalcanti. L'occasione fu determinata (435) dalla
presa di posizione di Perigene, vescovo di Corinto, che reclamava il diritto ad
esercitare funzioni di metropolita. Questa pretesa non rispettava Anastasio,
vescovo di Tessalonica, «vices apostolicae sedis». Sisto III scrisse a
Perigene, richiamando alla tradizione dei suoi predecessori che avevano sempre
riconosciuto la dignità di vicariato apostolico (dipendente da Roma) alla sede
di Tessalonica nei confronti delle Chiese della penisola balcanica (Illirico).
Il problema dell'influsso sull'Illirico emerse nuovamente nel 437: come si
comprende da una lettera di Sisto al patriarca Proclo, dall'Illirico alcuni
esponenti del clero si erano rivolti a Costantinopoli per alcune questioni; il
Papa ricorda a Proclo la documentata tradizione della giurisdizione del vescovo
di Tessalonica e lo invita a non accogliere alcun membro del clero
dell'Illirico che non sia munito di lettera di presentazione di quel fratello
nell'episcopato.
«Suburbicario»
Il Liber
pontificalis attribuisce a Sisto III la consacrazione di 52 vescovi delle
province suburbicarie: non è inutile chiarire che «suburbicario» deriva dal
latino tardo suburbicarius, composto di sub- e urbicarius
(derivato, come urbĭcus, di urbs, Urbs), significante «della
città di Roma». La denominazione si estendeva a tutte le diocesi soggette
all’episcopus urbicus, cioè al Vescovo di Roma.
La
condanna di Pelagio
Secondo
Prospero d’Aquitania, il deposto vescovo Giuliano di Eclano si rivolse a Papa
Sisto sperando di poter essere reintegrato nella sua sede. Al tempo di Papa
Zosimo, Giuliano si era rifiutato, insieme ad altri 18 vescovi italiani, di
sottoscrivere la lettera Tractoria che condannava Pelagio e Celestio ed aveva
scritto due lettere al Papa con richiesta di spiegazioni; di conseguenza era
stato deposto ed esiliato. Giuliano – secondo la notizia di Prospero – si
rivolse a Sisto sperando in una riconciliazione, ma, per un intervento
dell'arcidiacono Leone, il futuro Papa Leone I, non trovò soddisfazione.
Il
patrimonio architettonico e decorativo
Durante
il pontificato di Sisto III il patrimonio architettonico e decorativo cristiano
nella città di Roma ebbe notevole impulso. In questa sede è impossibile
trattarne in modo completo. Ricordiamo il contributo fornito all’edificazione
della basilica di San Paolo sulla via Ostiense, dove è evidente la cosiddetta
«tendenza classicista» dell’architettura dei luoghi di culto romani, in
funzione di una vera e propria «renovatio urbis» sotto il segno del
cristianesimo. Come nota Elena Cavalcanti: «La tendenza classicista si esprime,
oltre che nella grandiosità dell'impianto, nella bellezza e coerenza stilistica
dei particolari, nella ricchezza della decorazione, nell'armonia delle
proporzioni. L'apice compositivo di tali moduli viene indicato nella basilica
di Santa Sabina sull'Aventino, eretta intorno al 425 e portata a compimento
dopo il 432 da Sisto III. L'armonia, l'eleganza e la leggiadria di
quest’edificio ne fanno la gemma delle basiliche paleocristiane
romane».
Santa Maria Maggiore
L’edificio
maggiormente legato al nome di Sisto è la basilica di Santa Maria Maggiore: il
ruolo di Sisto fu quello di portare l'opera a compimento. I mosaici della
navata e quelli dell'arco di trionfo costituiscono uno dei più importanti
documenti dell'arte paleocristiana e il più antico ciclo conservato a Roma
quasi integralmente. Nel contesto decorativo dell'arco trionfale è inserita una
famosa iscrizione dedicatoria: «Xystus episcopus plebi Dei». Un’altra
iscrizione era ancora visibile alla fine del XVI secolo: si tratta di una
solenne dedica celebrativa che evoca il dogma (Concilio di Efeso, 431) della
divina maternità di Maria: «A Te, Vergine Maria, Sisto dedicò la nuova
costruzione, degno riconoscimento al tuo grembo portatore di salvezza. O
genitrice ignara dell'uomo, avendo Tu partorito, la nostra salvezza si produsse
dalle [Tue] integre viscere». La costruzione della basilica di Santa Maria
Maggiore da parte di Sisto è particolarmente significativa in quanto è l’unica
delle chiese patriarcali che fu fondata e dotata di arredi e di beni (tra cui
un altare di «argento purissimo» del peso di trecento libbre) per iniziativa
del vescovo di Roma senza intervento dell’evergetismo imperiale.
L’iscrizione
«ad fontem»
Sotto
il pontificato di Sisto e all’insegna del classicismo avvenne anche il
rimaneggiamento del Battistero Lateranense; in particolare, al tempo di Sisto e
forse alla sua diretta iniziativa si attribuisce l'iscrizione «ad fontem»
del ristrutturato Battistero Lateranense: «Qui, da un seme divino nasce un
popolo, che sarà immortale nel cielo, / che lo spirito fecondatore generò con
l'acqua. / Immergiti, o peccatore, tu che devi purificarti nella sacra
corrente: / l'onda rinnoverà quello che ha accolto come vecchio. / Non vi è
alcuna differenza tra quelli che rinascono, / perché unica la fonte, unico lo
spirito, unica la fede compongono in unità. / La madre Chiesa genera con parto
verginale mediante l'acqua i figli, / che concepisce per virtù dello Spirito di
Dio. / Se vuoi essere mondo, purificati in questo lavacro, / sia che ti trovi
oppresso dal peccato originale, sia dalla tua propria colpa. // Qui è la
sorgente della vita, che rigenera tutto il mondo, / traendo origine dalla ferita
di Cristo. / Voi, rinati in questo fonte, sperate il regno dei cieli; / la vita
beata accoglie coloro che non una sola volta sono stati generati. / Né il
numero dei suoi peccati o la loro gravità atterrisca qualcuno: / nato in questo
lavacro, sarà santo».
Sisto
morì il 19 agosto 440 e fu sepolto nella catacomba di Ciriaca presso la tomba
del martire Lorenzo, sulla via Tiburtina..
Tratto da
http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2015/3/28/SANTO-DEL-GIORNO-Il-28-marzo-si-celebra-San-Papa-Sisto-III/594216/
Nato
nella città di Roma, la sua fama si diffuse ancor prima che diventasse papa
soprattutto grazie al ruolo di primo piano che ricopriva tra i porporati romani
e alla corrispondenza con Sant'Agostino. Dopo l'arrivo al soglio pontificio con
la sua elezione, avvenuta il 31 luglio del 432, si trovò a fronteggiare
l'avanzata delle eresie di stampo pelagiano e nestoriano, una situazione già
difficile e complicata dal fatto che, a causa della sua indole pacifica e
predisposta al dialogo, venne accusato ingiustamente diverse volte di
simpatizzare per tali eresie. Nel corso del suo pontificato sottoscrisse gli
Atti del Concilio di Efeso, nel quale si discusse non soltanto del tema
riguardante la doppia natura di Gesù (umana e divina), ma anche della questione
inerente alla possibilità di potersi rivolgere alla Vergine Maria usando
l'appellativo "Madre di Gesù" o "Madre di Cristo": alla
fine, i convenuti al concilio decisero di attribuire alla Madonna il titolo di
"portatrice di Dio" (Theotokos, in lingua greca). Inoltre, viene
ricordato anche per aver tentato una pacificazione tra Nestorio, patriarca di
Costantinopoli, e Cirillo di Alessandria. Nell'ambito della controversia con
Pelagio, si adoperò per impedire a Giuliano di Eclano di ritornare in comunione
con la Chiesa cattolica, e si spese anche per allontanare dalla zone
dell'Illiria sia le pretese avanzate dal vescovo di Costantinopoli, Proclo, sia
quelle dei vescovi locali, attribuendo dunque all'arcivescovo di Salonicco il
compito di guidare la chiesa illirica. Non di rado il nome di questo papa viene
associato al periodo di forte sviluppo che l'edilizia religiosa conobbe nel
corso del suo pontificato: tra le opere da lui fatte realizzare ci sono la
chiesa di Santa Sabina, situata sull'Aventino. Sisto ordinò inoltre il restauro
della Basilica di San Lorenzo fuori le mura e della Basilica di Santa Maria
Maggiore, che si contraddistingue per la presenza dell'iscrizione "Virgo
Maria, tibi Xystus nova tecta dictavi", riferita a quanto venne sancito
nel Concilio di Efeso da lui stesso presieduto in merito al giusto appellativo
da usare nel riferirsi alla Vergine Maria. Usò alcuni dei raffinati doni
ricevuti dall'imperatore Valentiniano III per impreziosire gli interni della
Basilica Laterana e quella di San Pietro, andando contro quanto sostenuto da
San Girolamo, secondo il quale tanta ricchezza allontanava la Chiesa dal suo
spirito originario. Sisto III lasciò anche alcuni scritti tra cui ricordiamo le
"otto epistole", anche se gli sono state attribuite erroneamente
altre opere, come, ad esempio, il “De divitiis”, il “De castitade” e il “De
malis doctoribus”. Si è dimostrata inoltre falsa l'opera che parrebbe
testimoniare il fatto che sia stato accusato di vari reati dal console Basso.
Papa Sisto III morì il 19 agosto del 440. Ancora oggi le sue spoglie sono
conservate all'interno della Basilica di San Lorenzo fuori le mura.
Saint
CONON, higoumène italo-grec à Nési en Sicile; un des derniers témoins de
l'Orthodoxie en Sicile (1236). On l'invoque contre les maux d'oreille
Tratto
dal quotidiano Avvenire
Cono,
o Conone, Navacita nacque a Naso (Messina), nel 1139, figlio del conte normanno
Anselmo, governatore della città. Ancora ragazzo abbandonò la casa, le
ricchezze e si ritirò nel locale convento di San Basilio. Trasferito al
Convento di Fragalà, nel comune di Frazzanò, ebbe come maestri spirituali san
Silvestro da Troina e san Lorenzo da Frazzanò, che lo prepararono al
sacerdozio. Conone, dopo l'ordinazione, continuò a manifestare segni di
vocazione all'eremitaggio e, col permesso dei superiori, si ritirò in una
grotta, che prese il nome di Rocca d'Almo. Ben presto la sua fama di santità
superò i confini di Naso. Richiamato al monastero dai suoi superiori, fu eletto
abate. In seguito, al ritorno a Naso da un pellegrinaggio in Terra Santa,
elargì ai poveri la ricca eredità del padre e si ritirò nella grotta di San Michele.
La città era afflitta da un morbo contagioso: i nasitani si rivolsero allora
all'abate che li liberò dalla malattia: del miracolo vi è ricordo nello stesso
stemma della città. Morì a 97 anni: era il 28 marzo 1236, Venerdì Santo.
Canonizzato nel 1630, san Cono è patrono di Naso, i cui abitanti ancora oggi
davanti alle reliquie pronunciano l'invocazione «Na vuci viva razzi i san Conu
Martirologio Romano: A Naso in Sicilia, san Cono, monaco
secondo la disciplina dei Padri orientali, che, di ritorno da un pellegrinaggio
ai luoghi santi, avendo trovato defunti i suoi genitori, distribuì tutto il suo
patrimonio ai poveri e ed abbracciò la vita eremitica
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.