Santo
Vigilio vescovo di Trento e martire
Tratto
dal Quotidiano Avvenire
un trentino di origine romana, vissuto
tra la fine del IV e l'inizio del V secolo, terzo vescovo di Trento. Su
suggerimento di Ambrogio, vescovo di Milano, Vigilio affida a tre presbiteri
cappadoci - Sisinnio, Martirio e Alessandro - l'evangelizzazione dell'Anaunia,
oggi Val di Non. I tre, che aveva personalmente formato, verranno poi
martirizzati. Vigilio invia le reliquie dei tre a Costantinopoli e a Milano,
dove vengono accolte rispettivamente da Giovanni Crisostomo e Simpliciano.
Un'antica tradizione racconta che il martirio del vescovo, patrono di Trento,
si sia consumato a colpi di zoccolo in Val Rendena.
Martirologio Romano: A Trento, san
Vigilio, vescovo, che, ricevute da sant’Ambrogio di Milano le insegne del suo
mandato e una istruzione pastorale, si adoperò per consolidare nel suo
territorio l’opera di evangelizzazione ed estirpare a fondo i residui di
idolatria; si tramanda poi che abbia subito il martirio per la fede in Cristo,
colpito a morte da rozzi pagani
TRATTO da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/59600
E’ un trentino, ma di origine romana, e
nei documenti lo troviamo già vescovo di Trento. Ha avuto l’incarico da
Ambrogio, vescovo di Milano, che all’epoca ha autorità su tutta l’Italia del
Nord: al momento della sua nomina (nell’ultimo decennio del IV secolo) il Papa
è Siricio, energico sostenitore del primato romano su tutta la comunità
cristiana. (In quell’epoca, infatti, scrivendo al vescovo di Tarragona in
Spagna, afferma deciso: "L’apostolo Pietro in persona sopravvive nel
vescovo di Roma"). Però lascia che Ambrogio sovrintenda al NordItalia,
dove la struttura cristiana è tutt’altro che consolidata. Vigilio, per esempio,
è solo il terzo vescovo di Trento; e parti importanti del suo territorio non
sono ancora evangelizzate. Gli manca il personale adatto, cosicché deve
rivolgersi appunto ad Ambrogio per avere validi missionari. Ambrogio glieli
trova e glieli manda. Sono orientali, della Cappadocia (regione dell’attuale
Turchia), ossia di un’area che sta dando all’intera Chiesa apostoli e maestri.
Così arrivano nel Trentino questi tre orientali: Sisinnio, Martirio e
Alessandro suo fratello.
Il vescovo Vigilio affida loro la predicazione nell’Anaunia, ossia nella Val di Non. E certo li prepara al difficile compito secondo il suo personale stile di pastore, arricchito dalla conoscenza delle popolazioni da raggiungere. Non vuole farne dei travolgenti conquistatori, ma piuttosto dei veicoli della Parola con l’intera loro vita, attraverso l’esempio, l’amicizia e la carità senza distinzioni. E’ molto efficace la loro parola, perché i tre sono i soccorritori di tutti, gli amici di tutti, e accolgono tutti nella casa che si sono costruiti con le loro mani. Dopo dieci anni di annuncio attraverso l’esempio, ecco però una tragica crisi: una lite a Sanzeno, tra seguaci dei vecchi culti e un cristiano che rifiuta di venerare Saturno, scatena una parte degli abitanti contro i tre missionari, percossi a morte e poi bruciati.
Accorre Vigilio a raccogliere quanto rimane di loro; tuttavia, anche di fronte alla tragedia, il suo stile non muta. Onorati i martiri, egli si oppone risolutamente al castigo dei colpevoli: li perdona e poi chiede di persona la grazia per essi all’imperatore Onorio (che all’epoca è un ragazzo: in suo nome governa il generale Stilicone). Il gesto riassume tutta la linea pastorale del vescovo Vigilio: "Vincere soccombendo", come scrive in una lettera. Egli manda poi reliquie dei tre evangelizzatori a Costantinopoli, dove le accoglie san Giovanni Crisostomo; e a Milano, dove a riceverle c’è san Simpliciano, successore di Ambrogio. Nel XX secolo, Milano donerà parte di quei resti alla chiesa di Sanzeno. Non sappiamo come sia morto Vigilio: un tardo racconto, che parla di martirio, non convince gli studiosi. Una leggenda del suo martirio dice che venne ucciso a zoccolate in Val Rendena; altre versioni dicono che la sua lapidazione prese il via da una zoccolata datagli da una donna.
I suoi resti sono custoditi nella cattedrale di Trento.
Il vescovo Vigilio affida loro la predicazione nell’Anaunia, ossia nella Val di Non. E certo li prepara al difficile compito secondo il suo personale stile di pastore, arricchito dalla conoscenza delle popolazioni da raggiungere. Non vuole farne dei travolgenti conquistatori, ma piuttosto dei veicoli della Parola con l’intera loro vita, attraverso l’esempio, l’amicizia e la carità senza distinzioni. E’ molto efficace la loro parola, perché i tre sono i soccorritori di tutti, gli amici di tutti, e accolgono tutti nella casa che si sono costruiti con le loro mani. Dopo dieci anni di annuncio attraverso l’esempio, ecco però una tragica crisi: una lite a Sanzeno, tra seguaci dei vecchi culti e un cristiano che rifiuta di venerare Saturno, scatena una parte degli abitanti contro i tre missionari, percossi a morte e poi bruciati.
Accorre Vigilio a raccogliere quanto rimane di loro; tuttavia, anche di fronte alla tragedia, il suo stile non muta. Onorati i martiri, egli si oppone risolutamente al castigo dei colpevoli: li perdona e poi chiede di persona la grazia per essi all’imperatore Onorio (che all’epoca è un ragazzo: in suo nome governa il generale Stilicone). Il gesto riassume tutta la linea pastorale del vescovo Vigilio: "Vincere soccombendo", come scrive in una lettera. Egli manda poi reliquie dei tre evangelizzatori a Costantinopoli, dove le accoglie san Giovanni Crisostomo; e a Milano, dove a riceverle c’è san Simpliciano, successore di Ambrogio. Nel XX secolo, Milano donerà parte di quei resti alla chiesa di Sanzeno. Non sappiamo come sia morto Vigilio: un tardo racconto, che parla di martirio, non convince gli studiosi. Una leggenda del suo martirio dice che venne ucciso a zoccolate in Val Rendena; altre versioni dicono che la sua lapidazione prese il via da una zoccolata datagli da una donna.
I suoi resti sono custoditi nella cattedrale di Trento.
Tratto
da
http://www.enrosadira.it/santi/v/vigilio.htm
Vigilio è nato in Trentino da famiglia
di origine romana. Nella seconda metà del IV secolo viene consacrato terzo
vescovo di Trento, da sant'Ambrogio, vescovo di Milano, durante il pontificato
di papa Siricio. Una gran parte del terriorio della sua diocesi non è ancora
evangelizzata e mancano gli evangelizzatori, per cui chiede aiuto proprio ad
Ambrogio per avere validi missionari. Sant'Ambrogio, col quale Vigilio tiene
una corrispondenza epistolare, invia alcuni cristiani provvenienti della
Cappadocia (nell'attuale Turchia): Sisinnio e i fratelli Martirio e Alessandro Il vescovo Vigilio affida loro la predicazione
nella parte occidentale della diocesi costituita dalla regione dell’Anaunia
(Val di Non) compito assai arduo per l'ostilità delle popolazioni. Lo stesso
vescovo prepara i suoi inviati ad evangelizzare attraverso l'esempio della loro
vita, con amicizia e carità. L'evangelizzazione porta i suoi frutti, i tre sono
accolti, divengono soccorritori e amici di tutti. La loro casa diventa un luogo
di assemblea e di preghiera. Dopo una decina di anni, accade però un evento
tragico: scoppia a Sanzeno una lite tra pagani e un cristiano che si era
rifiutato di venerare una statua del dio Saturno. Una parte della popolazione
rimasta legata ai culti pagani individua nei tre missionari i responsabili
della presenza cristiana e li percuote a morte per poi bruciarli. I loro resti
vengono raccolti con cura e amore proprio dal vescovo Virgilio, che però non
cambia il suo stile di pastorale evangelica. Non solo perdona i responsabili
del martirio dei suoi missionari, ma lui stesso intercede per loro chiedendo la
grazia all’imperatore Onorio. Le reliquie dei tre evangelizzatori vengono
inviate a Costantinopoli, dove le accoglie san Giovanni Crisostomo e a Milano, dove ad accoglierle c’è il
succesore di Ambrogio, san Simpliciano. Nel XX secolo parte di quei resti
ritorneranno nella chiesa di Sanzeno in Trentino. Non si hanno invece notizie
certe sulla morte di Vigilio. La storia del suo martirio per lapidazione
avvenuto in Val Renden, dove egli stesso si era recato ad evangelizzare, non è
creduta dagli studiosi. Di questa leggenda resta una diffusa iconografia
popolare che lo rappresenta con accanto uno zoccolo, ritenuto lo strumento del
suo martirio. I suoi resti sono custoditi nel Duomo di Trento.
Tratto da
http://blog.zingarate.com/ilmiraggio/san-vigilio-patrono-trento/
Dai documenti ritrovati, conosciamo la
sua storia solo a partire dal suo vescovato a Trento: tutto quello che successe
prima risulta ancora un mistero. Sappiamo solo che visse a cavallo tra il IV
e il V secolo d.C., ha origine romane ma che si trasferì con la
famiglia in Trentino e fu il terzo vescovo della città. Vigilio fu
mandato a Trento dal vescovo di Milano, Ambrogio che all’epoca aveva potere in
tutto il nord Italia, con lo scopo di cristianizzare il Trentino ancora
in gran parte pagano. Fu molto attivo come missonario ai tempi di papa
Siricio, si trovò da solo ad operare soprattutto nella Valle dell’Adige e
nella zona di Trento e a causa del lavoro abnorme, Vigilio chiese ad Ambrogio
di avere accanto a sè dei missionari che lo aiutassero nel suo compito. A
supporto, vennero mandati ben tre missionari, provenienti dalla
Cappadoccia: Sisinnio, Martirio e suo fratello Alessandro. I tre
vennero mandati in Val di Non, preparati al duro compito di
evangelizzazione: Vigilio non voleva dei conquistatori senza cuore ma piuttosto
delle persone umili che attraverso la loro vita, dessero l’esempio di vita
cristiana, di carità e di umilità senza far distinzione di alcun tipo. Il
loro lavoro fu piuttosto duro e si racconta che dopo qualche anno in Val di
Non, ci furono delle forti liti a Sanzeno con alcuni seguaci dei vecchi culti
pagani perché un cristiano rifiutò di venerare Saturno; scatenando così lo
sfogo di una parte degli abitanti contro i tre missionari, percossi a morte e
bruciati.
Vigilio andò avanti senza cambiare il
suo stile e solo dopo aver onorato i tre martiri, con l’intenzione di non
volere punire i colpevoli, anzi li perdonò e chiese la grazia per loro all’imperatore
Onorio: questo comportamento metteise in evidenza la linea pastorale del
vescovo, “vincere soccombendo” come scrisse in una lettera lo stesso Vigilio.
Le reliquie dei tre martiri vennero mandate a Costantinopoli e
a Milano, solo nel XX secolo Milano ridonerà queste alla comunità di
Sanzeno.
Per quanto riguarda Vigilio, la sua
morte rimane ancora un mistero e gli storici sono tutt’ora
disaccordi. Si vuole Vigilio in Val Rendena a combattere l’idolatria e una
leggenda vuole che venne ucciso a zoccolate perché celebrò una messa e gettò
nel fiume Sarca una statua pagana che rappresentava Saturno; mentre altre
versioni vogliono che sia stata una donna ad iniziare a colpirlo con gli
zoccoli, uccidendolo.
I resti di Vigilio sono tutt’ora
custoditi nella cripta dell’antica della cattedrale di Trento: la cattedrale,
infatti è stata costruita sull’antico monumento dedicato proprio a San Vigilio.
Tratto
da
http://napolimonitor.it/un-santo-al-giorno-26-giugno-san-viglio/
Nato probabilmente a Trento,
Vigilio, divenne vescovo della città, terzo della serie tridentina.
Collocato in una regione periferica egli ebbe da Ambrogio vescovo di Milano le
institutionis insignia, con una lettera impegnativa sui modi
dell’evangelizzazione. Il momento della cristianità era infatti particolare:
l’imperatore Teodosio aveva reso la fede cristiana la sola legittima
nell’impero (mentre i Germani premevano sempre più: nel 410 sarebbe
avvenuto il sacco di Roma). Le conversioni in massa non erano
conversioni intime e convinte, mentre le istituzioni politiche tendevano a
favorirle anche con la forza. Nella regione trentina la fede era stata
annunciata in città, dove una comunità esisteva, ma poco o nulla era avvenuto
nelle valli, anche in quelle più vicine.
Vigilio aveva
accolto, su indicazione di Ambrogio, tre giovani preti arrivati a Milano
dalla Cappadocia: Sisinnio, Martirio e Alessandro. I tre
giovani vengono inviati nel territorio della Val di Non, ma nel 397
vengono uccisi: era loro riuscito di costruire un luogo di culto, ci fu un
contrasto tra pagani e neoconvertiti che degenerò in rissa e i tre, postisi a
difesa dei cristiani, furono sottoposti a diverse forme di martirio.
Il nome di Vigilio
è legato a questa vicenda, oltre che in genere alla sua opera di vescovo
evangelizzatore. Gennadio di Marsiglia lo descrive come martire
mentre tenta di evangelizzare un’altra valle, la Valle Rendéna: avendo
abbattuto un idolo, messosi a predicare, sarebbe stato lapidato dai pagani, ma
sulla storicità del martirio qualche critico ha dubitato. Il martirio di Vigilio
può essere la duplicazione immediata, nella coscienza e nell’immaginario della
gente trentina, di quello dei tre giovani cappadoci, tanto nella loro vicenda
egli stesso con la sua comunità si era immedesimato. Il suo corpo fu messo
in un sepolcro nella chiesa cimiteriale della città, che è poi diventata, dopo
varie strutturazioni e ricostruzioni, l’attuale cattedrale. Molte chiese gli
sono dedicate in Italia del nord (soprattutto in Trentino e in Tirolo)
e in Baviera. È rappresentato come vescovo, imberbe, con in mano uno
degli strumenti con cui fu ucciso.
Per
la relazione epistolare tra San Vigilio di Trento con Santo Simpliciano Vescovo
di Milano e San Giovanni Crisostomo Don Vigilio Covi ha curato per il sito
Lettere di San Vigilio,
Vescovo di Trento,
a San Simpliciano, Vescovo di Milano,
e a San Giovanni Crisostomo, Vescovo di
Costantinopoli.
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