PICTORIAL DECORATION OF RUPESTRIAN CHURCHES DURING THE BYZANTINE EMPIRE: CAPPADOCIA AND SOUTHERN ITALY D.
https://docplayer.it/42824579-The-rupestrian-settlements-in-the-circum-mediterranean-area.html
Santo
Leonino Vescovo di Padova(verso il III secolo)
Tratto
da
https://it.wikipedia.org/wiki/San_Leonino
« patavus pauper sed
virtutibus radians » |
« Corpus beati Leolini
episcopi patavini » |
Leggere nche
il mistero di San Leolino
Santo
Ilario Vescovo di Padova (verso il IV secolo )
Tratto
da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91962
La piú
antica lista dei vescovi padovani che si conosca, premessa alla Cronica in
factis et circa Jacta Marchie Trivixane di Rolandino da Padova del 1267 ca. lo
dà come quindicesimo successore di s. Prosdocimo, mentre come sedicesimo lo
indica il Liber Niger della capitolare di Padova di tre secc. posteriore, che
aggiunge "episcopavit Anno Domini 346". Un secolo dopo B. Scardeone
lo dice di origine romana, tra padovano di sentimenti, aggiungendo che il 346
non sarebbe l'anno della sua elezione, ma quello della morte. Dallo Scardeone
dipendono Ferrari, Ughelli e Orsato: l'Ughelli però considera il 346 come
l'anno della consacrazione e, dandogli ventidue anni di episcopato, ne sposta
la morte al 368, mentre Orsato lo fa morire nel 363. In realtà si tratta di
date e fatti che non possono in alcun modo essere provati.
Monterosso e Giustiniani confessano di non saper come conciliare la data dell'episcopato patavino di Ilario, attestata dalla tradizione, con quella dell'episcopato patavino di Crispino, attestata da s. Atanasio proprio tra il 343 e 356. I maggiori storici della Chiesa patavina, G. Brunacci e Dondi Dall'Orologio, invece, non parlano d'un vescovo Ilario, neppure quando trattano dell'abbazia di S. Ilario ai confini del territorio padovano. A quanto si sa, fu lo Scardeone il primo testimone dell'identificazione di Ilario vescovo di Padova con l'omonimo titolare di quell'abbazia.
Fin dal 784 il doge Agnello (Angelo Partecipazio o Particiaco) aveva fondato, sul litorale matamancense della laguna veneta, una chiesetta dedicata a s. Ilario, confessore, che, nel magg. dell'819, Agnello e il figlio Giustiniano donarono ai Benedettini di S. Servolo "martire" con ricca dotazione di terre da loro possedute all'intorno, perché fondassero un'abbazia e vi si stabilissero. Questa abbazia, tomba di parecchi dogi e di altre personalità veneziane, decadde in seguito, tanto che nel sec. XVII non restava che una cappella ed ora vi sono solo poche rovine. Il titolo passò alla nuova chiesa di Malcontenta (1919), che, da filiale delle Gambarare, nel 1924 divenne parrocchiale e nel 1949 riprese il titolo abbaziale.
Già il Masieri aveva negato ogni relazione tra il vescovo di Padova e il titolare dell'abbazia. C. Agnoletti crede che quest'ultimo altri non sia che il vescovo di Poitiers, "che di fresco aveva avuto successore il nostro s. Venanzio". I Bollandisti, però, già prima avevano fatto rilevare come Ilario di Poitíers fosse festeggiato il 13 gennaio, quello di Aquileia il 16 marzo e quello di Arles il 5 maggio, mentre il titolare dell'abbazia del litorale veneto era celebrato nella sua chiesa il 29 giugno. Di questo fatto si fa forte A. Barzon per avvalorare la possibilità che il s. Ilario "confessore", cui era dedicata quella chiesa e quell'abbazia ai confini del territorio padovano, verso la laguna dove due secoli prima s'erano rifugiati i patavíni in fuga con il loro vescovo, possa essere l'Ilario che la tradizione vuole vescovo di Padova e pertanto, sia pure con molte riserve, lo inserisce appunto nella serie dei vescovi padovani del primo millennio da lui ricostruita. Lo stesso autore, però, rifiuta la data del 346, per collocare la sua presenza qualche tempo prima o dopo la distruzione di Padova ad opera dei Longobardi (602).
Monterosso e Giustiniani confessano di non saper come conciliare la data dell'episcopato patavino di Ilario, attestata dalla tradizione, con quella dell'episcopato patavino di Crispino, attestata da s. Atanasio proprio tra il 343 e 356. I maggiori storici della Chiesa patavina, G. Brunacci e Dondi Dall'Orologio, invece, non parlano d'un vescovo Ilario, neppure quando trattano dell'abbazia di S. Ilario ai confini del territorio padovano. A quanto si sa, fu lo Scardeone il primo testimone dell'identificazione di Ilario vescovo di Padova con l'omonimo titolare di quell'abbazia.
Fin dal 784 il doge Agnello (Angelo Partecipazio o Particiaco) aveva fondato, sul litorale matamancense della laguna veneta, una chiesetta dedicata a s. Ilario, confessore, che, nel magg. dell'819, Agnello e il figlio Giustiniano donarono ai Benedettini di S. Servolo "martire" con ricca dotazione di terre da loro possedute all'intorno, perché fondassero un'abbazia e vi si stabilissero. Questa abbazia, tomba di parecchi dogi e di altre personalità veneziane, decadde in seguito, tanto che nel sec. XVII non restava che una cappella ed ora vi sono solo poche rovine. Il titolo passò alla nuova chiesa di Malcontenta (1919), che, da filiale delle Gambarare, nel 1924 divenne parrocchiale e nel 1949 riprese il titolo abbaziale.
Già il Masieri aveva negato ogni relazione tra il vescovo di Padova e il titolare dell'abbazia. C. Agnoletti crede che quest'ultimo altri non sia che il vescovo di Poitiers, "che di fresco aveva avuto successore il nostro s. Venanzio". I Bollandisti, però, già prima avevano fatto rilevare come Ilario di Poitíers fosse festeggiato il 13 gennaio, quello di Aquileia il 16 marzo e quello di Arles il 5 maggio, mentre il titolare dell'abbazia del litorale veneto era celebrato nella sua chiesa il 29 giugno. Di questo fatto si fa forte A. Barzon per avvalorare la possibilità che il s. Ilario "confessore", cui era dedicata quella chiesa e quell'abbazia ai confini del territorio padovano, verso la laguna dove due secoli prima s'erano rifugiati i patavíni in fuga con il loro vescovo, possa essere l'Ilario che la tradizione vuole vescovo di Padova e pertanto, sia pure con molte riserve, lo inserisce appunto nella serie dei vescovi padovani del primo millennio da lui ricostruita. Lo stesso autore, però, rifiuta la data del 346, per collocare la sua presenza qualche tempo prima o dopo la distruzione di Padova ad opera dei Longobardi (602).
Leggere
anche
“SANT’ILARIO DI FUSINA … DOVE INIZIAVA E FINIVA
VENEZIA SERENISSIMA.”
http://stedrs.blogspot.com/2017/02/santilario-di-fusina-dove-iniziava-e.html
Santo
Cassio Vescovo di Narni( verso il 558)
Martirologio Romano: A Narni in Umbria, san Cassio, vescovo,
che, come riferisce il papa san Gregorio Magno, ogni giorno offriva a Dio il
sacrificio di riconciliazione effondendosi in lacrime e tutto quel che aveva
dava in elemosina; infine, nel giorno in cui si celebra la solennità degli
Apostoli, per la quale tutti gli anni era solito recarsi a Roma, dopo aver
celebrato la Messa nella sua città e distribuito a tutti il corpo di Cristo,
fece ritorno al Signore.
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/59960
Le
notizie più importanti e più sicure intorno a Cassio sono attinte dai Dialogi
di san Gregorio Magno (III, 6; IV, 58) e dalla Homilia in Evang. (II, 37) dello
stesso. Assai importante come fonte è, inoltre, l'epitafio di Cassio (CIL, X,
2, n. 4164), che è tuttora visibile sulla parete esterna della cappella di San
Cassio nel duomo di Narni: nell'epigrafe è Cassio stesso che parla indicando
che, davanti al sepolcro dove egli riposa, giace anche Fausta, consorte
dilettissima della sua vita, e chiedendo per sé e per lei la preghiera dei
visitatori. Per ascendere agli ordini sacri si era separato dalla moglie, ma i
due sposi si erano uniti di nuovo nella morte. Sull'orlo inferiore della lastra
c'è un alfabeto scolpito contemporaneamente all'epitafio.
Dall'epigrafe apprendiamo che Cassio fu consacrato il 9 ottobre 536 e san Gregorio, lodandolo, dice che visse ai tempi di Totila. Cassio illustrò la sede episcopale di Narni nel tempo delle guerre gotiche e fu uno dei vescovi che, in quel triste periodo di sciagure per l'Italia, attuò con zelo e prudenza le direttive della Chiesa nel ministero pastorale. San Gregorio racconta che nel territorio di Narni un portaspada di Totila, posseduto dal demonio, fu liberato per le preghiere di Cassio.
Per la festa di san Pietro (29 giugno) il santo vescovo soleva recarsi a Roma, ma, avuta la rivelazione che sarebbe morto in quella occasione, desistette dal viaggio; tuttavia, la morte lo colse proprio in quel giorno. San Gregorio narrò al popolo raccolto nella chiesa di San Sebastiano sulla via Appia, come la profezia si fosse avverata dopo qualche anno. L'iscrizione tombale dice che morì il 30 giugno 558. Nelle tragiche circostanze del sacco di Narni fu fatta la traslazione delle reliquie di Cassio e di Giovenale, anch'egli vescovo di Narni, da quella città a Lucca: intorno all'anno del sacco e della conseguente traslazione sono state emesse molte ipotesi (Anal. Boll., XLVIII [1930], p. 409).
Contiene la narrazione di questa traslazione un documento forse del sec. IX o X (in MGH, Scriptores, XXX, pp. 976-83). Cassio è ricordato nel Martirologio Romano al 29 giugno; il suo elogio è stato ripreso dai Dialogi e dall'omelia di san Gregorio Magno.
Dall'epigrafe apprendiamo che Cassio fu consacrato il 9 ottobre 536 e san Gregorio, lodandolo, dice che visse ai tempi di Totila. Cassio illustrò la sede episcopale di Narni nel tempo delle guerre gotiche e fu uno dei vescovi che, in quel triste periodo di sciagure per l'Italia, attuò con zelo e prudenza le direttive della Chiesa nel ministero pastorale. San Gregorio racconta che nel territorio di Narni un portaspada di Totila, posseduto dal demonio, fu liberato per le preghiere di Cassio.
Per la festa di san Pietro (29 giugno) il santo vescovo soleva recarsi a Roma, ma, avuta la rivelazione che sarebbe morto in quella occasione, desistette dal viaggio; tuttavia, la morte lo colse proprio in quel giorno. San Gregorio narrò al popolo raccolto nella chiesa di San Sebastiano sulla via Appia, come la profezia si fosse avverata dopo qualche anno. L'iscrizione tombale dice che morì il 30 giugno 558. Nelle tragiche circostanze del sacco di Narni fu fatta la traslazione delle reliquie di Cassio e di Giovenale, anch'egli vescovo di Narni, da quella città a Lucca: intorno all'anno del sacco e della conseguente traslazione sono state emesse molte ipotesi (Anal. Boll., XLVIII [1930], p. 409).
Contiene la narrazione di questa traslazione un documento forse del sec. IX o X (in MGH, Scriptores, XXX, pp. 976-83). Cassio è ricordato nel Martirologio Romano al 29 giugno; il suo elogio è stato ripreso dai Dialogi e dall'omelia di san Gregorio Magno.
Tratto da
https://cattedraledinarni.weebly.com/san-cassio.html
Fu Vescovo di Narni dal 536 al 558. Il Papa San Gregorio nei “Dialoghi” e nelle “Omelie” parla della sua vita e della sua santità. Sappiamo che era sposato a Fausta che egli chiamava “consors dulcissima vitae” e che morì alcuni anni prima di lui.
Resse la Chiesa di Narni durante le invasioni barbariche, si adoperò per ammansire la furia degli invasori, affrontò personalmente il re Totila che aveva distrutto Terni e Carsulae ottenendo che la città di Narni fosse risparmiata.
Si narra che morì attorniato da tutti i suoi presbiteri. Il suo culto è molto vivo fin dall’alto medioevo; è considerato patrono di Narni congiuntamente a San Giovenale, Vescovo proveniente dall’Africa.
Le sue reliquie furono trafugate nell’850 e portate nella Basilica di San Frediano in Lucca. Nel 1676 una parte di esse fu restituita alla città di Narni e di nuovo riposte nel Sacello, all’interno della Cattedrale, ove era stato sepolto.
Un’antica epigrafe con una bella iscrizione metrica risalente al VI secolo (30 giugno 558), posta all’interno dell’antico Sacello, glorifica il Santo e sua moglie.
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