Santo
Vincenzo primo vescovo di Bevagna in Umbria
con il suo diacono Santo Benigno ed altri cristiani martiri in Umbria
sotto Diocleziano
Tratto
https://www.montagneaperte.it/edicolesacre/vincenzo-vescovo-e-martire-e-benigno-diacono/
Nel suo apostolato fu aiutato dal diacono
Benigno che la storia ricorda come suo fratello.
Subirono il martirio durante le persecuzioni di Diocleziano e Massimiano.
Furono catturati e portati in catene davanti a Capitulino, pretore della Toscana.
Questi fece uccidere Benigno e gli altri cristiani, ma risparmiò sul momento Vincenzo.
Le spoglie mortali di Benigno furono riportate a Bevagna e qui seppellite.
Vincenzo fu sottoposto a interrogatori sfinenti e a incredibili sevizie, tra cui si narra che gli furono conficcati ben sette chiodi nella testa e che fu tenuto sommerso in acqua, riuscendo però a liberarsi.
Morì, secondo la tradizione, il 6 giugno.
Subirono il martirio durante le persecuzioni di Diocleziano e Massimiano.
Furono catturati e portati in catene davanti a Capitulino, pretore della Toscana.
Questi fece uccidere Benigno e gli altri cristiani, ma risparmiò sul momento Vincenzo.
Le spoglie mortali di Benigno furono riportate a Bevagna e qui seppellite.
Vincenzo fu sottoposto a interrogatori sfinenti e a incredibili sevizie, tra cui si narra che gli furono conficcati ben sette chiodi nella testa e che fu tenuto sommerso in acqua, riuscendo però a liberarsi.
Morì, secondo la tradizione, il 6 giugno.
Come accadde per le spoglie mortali di san
Feliciano, anche quelle di Vincenzo e Benigno furono trasferite a Metz, per
volere del vescovo di quella città (come già ricordato, parente
dell’Imperatore).
Lucio III, nel 1183 fece portare parte di quelle reliquie (con quelle di altri santi) nella natia Lucca; da questa città, in seguito, alcuni resti furono restituiti a Bevagna, mentre altre reliquie del Santo sono conservate nella chiesetta del Furlo.
Lucio III, nel 1183 fece portare parte di quelle reliquie (con quelle di altri santi) nella natia Lucca; da questa città, in seguito, alcuni resti furono restituiti a Bevagna, mentre altre reliquie del Santo sono conservate nella chiesetta del Furlo.
Tratto
da
https://it.wikipedia.org/wiki/Diocesi_di_Bevagna
La
diocesi di Bevagna ha origine antiche. La tradizione attribuisce la diffusione
del cristianesimo nel territorio al passaggio dei santi Pietro e Paolo[1] Una passio[2], non anteriore al VI secolo[3], riferisce del martirio che avrebbero
subito nel 303, durante la persecuzione di Diocleziano, il vescovo di Bevagna
Vincenzo e suo fratello Benigno, diacono della sua Chiesa; dopo vari tormenti,
Vincenzo morì a Mevania il 6 giugno, mentre Benigno era stato decapitato
a Perugia il 1º maggio precedente (4)
^
Alberti, Notizie di Bevagna cristiana, p. 73.
^
De SS. Vincentio episcopo, Benigno
diacono, et sociis, martyribus Mevaniae in Umbria, Acta Sanctorum juniii, vol.
I, Parigi-Roma 1867, pp. 613-617.
^ Leonardi, BS XII, col. 1138.
La
Bevagna cristiana dalle origini al
periodo
Precomunale
di
Anna Maria Fabbro
e
Massimo Berzetta
Santo
Artemio e sua moglie Santa Candida con la loro figlia Paolina martiri a Roma
sotto Diocleziano (nel 304)
Tratto
da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/93255
La santa martire Paolina è citata in
molte fonti agiografiche antiche, insieme ai genitori Artemio e Candida.
Questi martiri vengono commemorati al 6 giugno nel ‘Martirologio Romano’, sulla base della ‘Passio ss. Petri et Marcellini’ che racconta: Artemio era il custode del carcere romano dove erano prigionieri i due cristiani poi martiri Pietro e Marcellino ed aveva una figlia posseduta dal demonio, Paolina.
Pietro gli promise la liberazione della figlia se si fosse convertito al cristianesimo, Artemio si rifiutò, considerando il santo martire come un pazzo. Ma in seguito ad un miracolo si ricredette e si convertì insieme alla moglie Candida e alla figlia Paolina che fu guarita.
Denunciato come cristiano al tribunale del giudice Sereno, Artemio fu condannato a morte insieme alle sue congiunte, condotti sulla via Aurelia, le due donne Candida e Paolina furono gettate da un lucernario e poi sepolte sotto una massa di pietre, mentre Artemio venne ucciso con la spada.Di loro si dice che Artemio e Paolina erano sepolti presso la basilica di San Pancrazio sulla via Aurelia e Candida era sepolta in una chiesa della via Portuense.
Questi martiri vengono commemorati al 6 giugno nel ‘Martirologio Romano’, sulla base della ‘Passio ss. Petri et Marcellini’ che racconta: Artemio era il custode del carcere romano dove erano prigionieri i due cristiani poi martiri Pietro e Marcellino ed aveva una figlia posseduta dal demonio, Paolina.
Pietro gli promise la liberazione della figlia se si fosse convertito al cristianesimo, Artemio si rifiutò, considerando il santo martire come un pazzo. Ma in seguito ad un miracolo si ricredette e si convertì insieme alla moglie Candida e alla figlia Paolina che fu guarita.
Denunciato come cristiano al tribunale del giudice Sereno, Artemio fu condannato a morte insieme alle sue congiunte, condotti sulla via Aurelia, le due donne Candida e Paolina furono gettate da un lucernario e poi sepolte sotto una massa di pietre, mentre Artemio venne ucciso con la spada.Di loro si dice che Artemio e Paolina erano sepolti presso la basilica di San Pancrazio sulla via Aurelia e Candida era sepolta in una chiesa della via Portuense.
Tratto da
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/una-famiglia-unitadalla-scelta-di-fede_20130606
Perché una famiglia dovrebbe custodire
il patrimonio della fede? Una risposta potrebbe venire dalla storia dei due
sposi santi Artemio e Candida con la loro figlia Paolina, una famiglia romana
vissuta nel terzo secolo. Secondo quanto raccontato nella Passione dei santi
Pietro e Marcellino, Artemio era la guardia della prigione dove erano rinchiusi
i due futuri martiri, i quali vennero a sapere che la figlia dell'uomo,
Paolina, era posseduta da forze maligne. I due allora dissero che nella fede
cristiana questa situazione si sarebbe potuta vincere. Dopo alcune resistenze
Artemio si convinse, vedendo la propria figlia rinascere a nuova vita e
portando alla fede anche la moglie: nel Vangelo avevano trovato unità e
speranza. Ma la loro scelta li portò ben presto al martirio
Santo
Eustorgio II Vescovo di Milano(verso il 518)
Martirologio
Romano: A Milano, sant’Eustorgio II, vescovo, che, insigne per pietà, giustizia
e virtù di pastore, costruì un celebre battistero.
Tratto
da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/56070
l 6 giugno celebriamo la memoria di Sant’Eustorgio II,
ventiquattresimo vescovo di Milano (dal 512 al 518), da non confondere con
quello, cui dobbiamo la grandiosa basilica con il «Sepolcro dei Magi».
Eustorgio II riposa nella più discreta chiesa di San Sisto, presso San Lorenzo.
Egli fu amico sincero di Teodorico, che lo elogiò come «forte custode della
disciplina ecclesiastica». C’era tra loro reciproca fiducia: quando il vescovo
di Aosta fu accusato falsamente da alcuni membri del clero di tradimento,
Teodorico chiese ad Eustorgio di reintegrare il vescovo innocente e di decidere
la giusta punizione per gli ecclesiastici spergiuri: era certo che Eustorgio
avrebbe agito con giustizia e misericordia. Viceversa, Teodorico si impegnò ad
aiutare Eustorgio nel difendere i beni della Chiesa milanese in Sicilia, poiché
servivano a sfamare le migliaia di poveri, cui provvedeva la Chiesa ambrosiana.
Una conferma ci viene da Avito, vescovo di Vienne, che lodò Eustorgio per la
sua generosa carità verso gli italici prigionieri di Gondebaldo, re dei
Burgundi. L’amicizia di Eustorgio richiama le parole di Ambrogio: «Che c’è di
più prezioso dell’amicizia, comune agli angeli e agli uomini? [...] Conservate,
o figli, l’amicizia che avete stretta con i vostri fratelli, perché è la più
bella tra le cose di quaggiù».
Santo Alessandro Vescovo di Fiesole martire per aver difeso
i diritti della Chiesa
Martirologio Romano: Nel territorio di
Bologna, transito di sant’Alessandro, vescovo di Fiesole, che, di ritorno da
Pavia dove aveva rivendicato presso il re dei Longobardi i beni della sua
Chiesa usurpati, fu da loro gettato nel fiume e affogato.
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/56110
Nacque
in Fiesole da nobile famiglia, e fino dalla giovinezza fu al servizio della
cattedrale, della quale fu nominato arcidiacono dal vescovo Leto. Alla morte di
Leto, fu eletto vescovo della propria città, intronizzato e condotto a Roma per
ricevere la consacrazione episcopale dal papa. Tornato a Fiesole, iniziò il suo
ministero con grande zelo, ma in mezzo a grandi difficoltà. La chiesa
fiesolana, che già in passato aveva subito spoliazioni e rovine, soffriva in
quel tempo per i soprusi dei feudatari fiesolani, che l'avevano privata di
tutti i suoi beni riducendola in assoluta povertà. Per rimediare a tanti mali
Alessandro si portò nell'823 a Pavia dall'imperatore Lotario, che lo accolse
benevolmente e, aderendo alle sue richieste, confermò a lui ed ai suoi
successori i beni ingiustamente sottratti e, con magnanima benevolenza,
concesse loro anche il possesso del castrum di Fiesole e di quello di Monteloro
in Val di Sieci. I signorotti fiesolani, venuti a conoscenza della cosa, gli
corsero incontro col pretesto di congratularsi con lui. Lo attesero sulle rive
del Reno, presso Bologna, e qui, fingendo di aiutarlo ad attraversare il fiume,
lo gettarono invece nei gorghi della corrente, dove trovò la morte. Era il 6
giugno.
Il suo cadavere fu trasportato a Fiesole per essere sepolto nella cattedrale, che allora era fuori della città, ai piedi del colle, ma, per ispirazione divina, fu portato, invece, entro le mura della rocca e inumato nell'unica chiesa ivi esistente, dedicata a San Pietro in Gerusalemme, sorta sulle rovine del tempio pagano degli «Auguri». Poco tempo dopo alcuni ricercatori d'oro nei sotterranei delle chiese, contro la volontà del vescovo Romano, suo successore, ne profanarono la tomba, dalla quale il corpo di Alessandro emanò bagliori così fulgenti, che essi, datisi a precipitosa fuga, morirono dallo spavento e dal terrore.
Per la santità della sua vita, per la nobiltà della causa per la quale egli morì e per i miracoli operati dopo la morte, Alessandro fu onorato dai fedeli come santo e come martire, ed a lui fu dedicata la chiesa, decorata del titolo di basilica, dove riposava il suo corpo. Le sue ossa, il 25 marzo 1580, furono racchiuse in un pregevole sarcofago di marmo, nel quale si trovano ancora, fatto costruire dal vescovo Francesco Cattani da Diacceto. In suo onore fu fondata la chiesa parrocchiale (oggi prepositura) di Incisa in Val d'Arno. Fiesole ne celebra la festa il 6 giugno, giorno in cui è ricordato nel Martirologio Romano. Una sua immagine si trova nella cattedrale di Fiesole, in un trittico di Bicci di Lorenzo.
Il suo cadavere fu trasportato a Fiesole per essere sepolto nella cattedrale, che allora era fuori della città, ai piedi del colle, ma, per ispirazione divina, fu portato, invece, entro le mura della rocca e inumato nell'unica chiesa ivi esistente, dedicata a San Pietro in Gerusalemme, sorta sulle rovine del tempio pagano degli «Auguri». Poco tempo dopo alcuni ricercatori d'oro nei sotterranei delle chiese, contro la volontà del vescovo Romano, suo successore, ne profanarono la tomba, dalla quale il corpo di Alessandro emanò bagliori così fulgenti, che essi, datisi a precipitosa fuga, morirono dallo spavento e dal terrore.
Per la santità della sua vita, per la nobiltà della causa per la quale egli morì e per i miracoli operati dopo la morte, Alessandro fu onorato dai fedeli come santo e come martire, ed a lui fu dedicata la chiesa, decorata del titolo di basilica, dove riposava il suo corpo. Le sue ossa, il 25 marzo 1580, furono racchiuse in un pregevole sarcofago di marmo, nel quale si trovano ancora, fatto costruire dal vescovo Francesco Cattani da Diacceto. In suo onore fu fondata la chiesa parrocchiale (oggi prepositura) di Incisa in Val d'Arno. Fiesole ne celebra la festa il 6 giugno, giorno in cui è ricordato nel Martirologio Romano. Una sua immagine si trova nella cattedrale di Fiesole, in un trittico di Bicci di Lorenzo.
Tratto
da
http://www.exibart.com/profilo/sedeV2.asp?idelemento=6059
seppure coperta da tradizioni e leggende, una
figura storica. Alessandro fu vescovo nel IX secolo, in un momento di grande
crisi della chiesa fiesolana il cui patrimonio si andava via via
sostanzialmente riducendo. Esistono, nell'archivio vescovile e in alcune
biblioteche fiorentine, antichi codici che riportano notizie sulla sua vita.
Nacque a Fiesole, non si conosce quando, e fu prima assistente del vescovo Leto
e arcidiacono della Cattedrale finché, alla morte del Vescovo, gli successe
sulla cattedra di S. Romolo.
Per porre rimedio alla grave situazione del patrimonio ecclesiastico fiesolano, ricorse all'imperatore Lotario e si recò a Pavia dove lo incontrò tra il maggio e il giugno dell' 823. Ebbe ascolto e, oltre alla conferma dei beni, entrò in possesso di Fiesole e del castello di Monteloro. Questo rafforzamento dei poteri del vescovo significò, di fatto, un sostanziale ridimensiona-mento di quello dei locali signorotti e suscitò una loro immediata reazione contro Alessandro che fu ucciso, nel suo viaggio di ritorno da Pavia, sulle sponde del fiume Reno. Il ritorno a Fiesole delle spoglie del vescovo è descritto in un Passionario custodito nell'Archivio Vescovile di Fiesole: l'ingresso del mesto corteo in città, la ripida salita verso l'altura e la deposizione nella chiesa, evidentemente, in quel momento, la più importante tra quelle esistenti e che, a partire da quel momento, prese il nome di S. Alessandro. Non è infatti questo il "titolo" più antico: il precedente, forse quello di fondazione, era a S. Pietro in Gerusalemme, era cioè dedicata all'apostolo Pietro nel momento iniziale della sua predicazione sui gradini del tempio.
Per porre rimedio alla grave situazione del patrimonio ecclesiastico fiesolano, ricorse all'imperatore Lotario e si recò a Pavia dove lo incontrò tra il maggio e il giugno dell' 823. Ebbe ascolto e, oltre alla conferma dei beni, entrò in possesso di Fiesole e del castello di Monteloro. Questo rafforzamento dei poteri del vescovo significò, di fatto, un sostanziale ridimensiona-mento di quello dei locali signorotti e suscitò una loro immediata reazione contro Alessandro che fu ucciso, nel suo viaggio di ritorno da Pavia, sulle sponde del fiume Reno. Il ritorno a Fiesole delle spoglie del vescovo è descritto in un Passionario custodito nell'Archivio Vescovile di Fiesole: l'ingresso del mesto corteo in città, la ripida salita verso l'altura e la deposizione nella chiesa, evidentemente, in quel momento, la più importante tra quelle esistenti e che, a partire da quel momento, prese il nome di S. Alessandro. Non è infatti questo il "titolo" più antico: il precedente, forse quello di fondazione, era a S. Pietro in Gerusalemme, era cioè dedicata all'apostolo Pietro nel momento iniziale della sua predicazione sui gradini del tempio.
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