SINASSARIO
SANTI ITALICI ED ITALO GRECI PER 8
Novembre
Santi
Quattro Martiri Coronati a Sirmium nei Balcani al tempo di Diocleziano e le cui
reliquie sono venerate a Roma
Erano scalpellini di fede cristiana che lavoravano nelle grandi cave di marmo e di
porfido dell'attuale Jugoslavia, a nord di Sirmium. Si chiamavano Claudio,
Nicostrato, Simproniano e Castorio. Una
cosa era certa: i quattro tagliapietre cristiani erano i migliori artigiani tra
i molti che lavoravano nelle cave della Pannonia. L'imperatore Diocleziano, che
nella vecchiaia si era stabilito a Spalato, in Dalmazia, e si era dedicato a
grandi opere di architettura e decorazione, visitava spesso le cave della
Pannonia. Sceglieva i blocchi di materiali e commetteva volta per volta il
lavoro desiderato.
Egli conosceva i quattro bravissimi scultori e ammirava l'opera loro. Anche per questo, nessuno, tra i compagni di lavoro e tra i superiori, osava denunziare come cristiani gli ottimi tagliapietre.
Tutto andò per il meglio, finché l'imperatore fece scolpire agli artisti cristiani colonne di porfido in un sol blocco, capitelli a foglie, vasche ricavate da un solo blocco di pietra, e perfino un grande carro del sole trainato da cavalli. Gli scultori cristiani lo eseguirono alla perfezione, perché opera puramente decorativa.
Ma un giorno, l'imperatore ordinò loro di scolpire genietti e vittorie, amorini e figure mitologiche. Tra queste, un simulacro di Esculapio, dio della salute. Per il giorno fissato, genietti e amorini furono pronti, ma non la statua di Esculapio. Diocleziano pazientò, ordinando ancora aquile e leoni, che furono presto fatti. Non fu fatto, però, il simulacro di Esculapio.
Diocleziano interrogò personalmente gli scultori cristiani, mostrandosi assai generoso verso quegli artefici da lui così ammirati. Ma i compagni invidiosi e i superiori gelosi facevano pressione confermando che i quattro erano cristiani e quindi nemici dello Stato
Venne imbastito il processo e vennero gettati nel Danubio, chiusi entro botti di piombo.
Poco dopo, le loro reliquie furono portate a Roma, e ai Quattro Santi Coronati s'intitolò, sul Celio, una delle più antiche chiese romane, diventata poi titolo cardinalizio. Ma a Roma, quasi per gelosia di tanti onori dedicati a quattro Martiri stranieri, ai Coronati autentici, patroni degli scultori, vennero sovrapposti quattro leggendari Martiri di Roma, con i nomi di Severo, Severino, Carpoforo e Vittorino.
Egli conosceva i quattro bravissimi scultori e ammirava l'opera loro. Anche per questo, nessuno, tra i compagni di lavoro e tra i superiori, osava denunziare come cristiani gli ottimi tagliapietre.
Tutto andò per il meglio, finché l'imperatore fece scolpire agli artisti cristiani colonne di porfido in un sol blocco, capitelli a foglie, vasche ricavate da un solo blocco di pietra, e perfino un grande carro del sole trainato da cavalli. Gli scultori cristiani lo eseguirono alla perfezione, perché opera puramente decorativa.
Ma un giorno, l'imperatore ordinò loro di scolpire genietti e vittorie, amorini e figure mitologiche. Tra queste, un simulacro di Esculapio, dio della salute. Per il giorno fissato, genietti e amorini furono pronti, ma non la statua di Esculapio. Diocleziano pazientò, ordinando ancora aquile e leoni, che furono presto fatti. Non fu fatto, però, il simulacro di Esculapio.
Diocleziano interrogò personalmente gli scultori cristiani, mostrandosi assai generoso verso quegli artefici da lui così ammirati. Ma i compagni invidiosi e i superiori gelosi facevano pressione confermando che i quattro erano cristiani e quindi nemici dello Stato
Venne imbastito il processo e vennero gettati nel Danubio, chiusi entro botti di piombo.
Poco dopo, le loro reliquie furono portate a Roma, e ai Quattro Santi Coronati s'intitolò, sul Celio, una delle più antiche chiese romane, diventata poi titolo cardinalizio. Ma a Roma, quasi per gelosia di tanti onori dedicati a quattro Martiri stranieri, ai Coronati autentici, patroni degli scultori, vennero sovrapposti quattro leggendari Martiri di Roma, con i nomi di Severo, Severino, Carpoforo e Vittorino.
Santo Deusdedit papa di Roma che si
segnalò particolarmente nella carità e nella cura verso i lebbrosi (verso il
618)
Adeodato I, chiamato anche con il nome
latino Deusdedit (Roma, ... – 8 novembre 618), fu il 68º papa della chiesa
cattolica, dal 19 ottobre 615 alla sua morte. Nacque a Roma, figlio di un
suddiacono di nome Stefano. Secondo la tradizione fu il primo papa ad usare i
sigilli in piombo (bullae) sui documenti papali, che con il tempo presero il
nome di "bolle papali". Al momento dell'elezione pontificale (per il
cui beneplacito imperiale dovette comunque attendere cinque mesi) Adeodato era
già prete da quarant'anni. Secondo la tradizione, si sarebbe fatto monaco
benedettino prima di divenire papa. Adeodato fu scelto dal partito che si
opponeva alla politica filo-monastica di papa Gregorio I (590-604) e di papa
Bonifacio IV (608-615). Il Liber Pontificalis registra con molta soddisfazione
che «...egli amava molto il clero...» e che «...preferiva promuovere alle
cariche ecclesiastiche dei sacerdoti anziché dei monaci». Ordinò quindi
quattordici preti, i primi ordinati dopo la morte di Gregorio I. Inoltre
istituì per il clero un ufficio da recitarsi alla sera, a somiglianza di quello
del mattino. Ma a parte queste notizie, del suo pontificato di poco più di tre
anni si sa solo che Roma fu colpita da un terremoto, un'epidemia di scabbia e
una grave rivolta delle truppe bizantine in Italia, scontente per i mancati
pagamenti, a seguito della quale furono massacrati l'esarca Giovanni I Lemigio
e altri funzionari governativi di Ravenna. Adeodato rimase comunque fedele
all'imperatore Eraclio (610-641) durante tutta la sollevazione e diede un
caloroso saluto al nuovo esarca, Eleuterio, quando questi visitò Roma prima di
recarsi a Ravenna a reprimere la rivolta. Presto però anche Eleuterio abbracciò
la ribellione contro il governo bizantino, ma durante la marcia verso Roma fu
ucciso dalle sue stesse truppe. L'epitaffio di Adeodato, composto da papa
Onorio I, lo descrive semplice, pio, saggio e accorto. Sul letto di morte
lasciò un'indennità al suo clero, l'equivalente di un anno di paga per
ciascuno, come dono per la partecipazione ai suoi funerali. Morì l'8 novembre
615, e venne sepolto nella basilica di San Pietro in Vaticano. Papa Adeodato I
è venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalle Chiese ortodosse, e la sua
memoria liturgica cade l'8 novembre.
Il martirologio romano così lo ricorda:
« 8 novembre - A Roma presso san Pietro, san Deusdédit I, papa, che amò il suo clero e il suo popolo e fu insigne per semplicità e saggezza. »
la nostra santa madre Eufrosina. Nata in Grecia nel Pelepponeso. Vissuta e cresciuta in Calabria intorno all’ IX sec. Visse con grande ascesi e preghiera, rinchiusa nei sotterranei di un monastero di Constantinopoli. Conosciuta anche dall’imperatore Leone il saggio. Fondò il monastero "della signora Eufrosina".
Il martirologio romano così lo ricorda:
« 8 novembre - A Roma presso san Pietro, san Deusdédit I, papa, che amò il suo clero e il suo popolo e fu insigne per semplicità e saggezza. »
la nostra santa madre Eufrosina. Nata in Grecia nel Pelepponeso. Vissuta e cresciuta in Calabria intorno all’ IX sec. Visse con grande ascesi e preghiera, rinchiusa nei sotterranei di un monastero di Constantinopoli. Conosciuta anche dall’imperatore Leone il saggio. Fondò il monastero "della signora Eufrosina".
Eufrosina Pazza per Cristo
tratto da
http://www.ortodossia.it/w/index.php?option=com_content&view=article&id=5562:08-11-memoria-della-veneranda-eufrosina-pazza-per-cristo&catid=193:novembre&lang=it
Nata nel Peloponneso attorno all’854, sin da bambina visse in Calabria; raggiunta la maturità, abbandonò gli abiti femminili e, vestita come un pellegrino, per trenta anni si diede a passare da monastero in monastero. Giunta a Nuova Roma, riprese gli abiti femminili e si rinchiuse nel sotterraneo del Monastero della Fonte d’Acqua Viva. Sopraffatta dalla notorietà (anche l’imperatore Leone il Sapiente andava a trovarla per chiederne i consigli), Eufrosina uscì dallo scantinato dove sino allora era vissuta, e fondò il Monastero della Trinità, presso la porta di Calabro; in seguito si trasferì nel Monastero della Protezione della Tuttasanta, dove si addormentò in pace nel 923.
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