venerdì 12 gennaio 2018

12 gennaio santi italici ed italo greci (ed elogio iconografico per Santa Tatiana diaconessa di Roma e martire )

 



 
 

Santa Tatiana(Taziana)  Diaconessa della Chiesa di Roma martire sotto Alessandro Severo (tra il 222 e il 235)





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La più antica notizia su questa santa, risale alla seconda metà del secolo VII e si trova in un “Itinerario” di quell’epoca, inserito da Guglielmo di Mamesbury nei suoi “Gesta regum Anglorum”, dove si legge: “Et in monte Nola sancta Tatiana (pausat)”.
E qui sorgono i problemi d’interpretazione, nessuna fonte antica o medioevale, nomina questo monte a Roma; d’altra parte gli antichi ‘Cataloghi’ delle chiese di Roma, attestano concordi che a Roma la chiesa di S. Taziana si trovava nei pressi di quella di S. Susanna, che come si sa sorge sul Quirinale; di conseguenza il monte Nola deve identificarsi con questo colle.
D’altra parte la ‘passio’ greca della santa, afferma che Taziana fu sepolta nella sesta regione (Augustea) che comprendeva appunto l’Alta Semita e il Quirinale.
Gli studiosi ipotizzano che il colle Quirinale, nel secolo VII fosse chiamato “monte Nola” perché in quel tempo sorgeva lì anche una chiesa dedicata a s. Felice di Nola, ricordato il 14 gennaio anche come s. Felice in Pincis.
Ma come per altri santi martiri, indicati come sepolti nelle chiese urbane di Roma, oppure venerati in queste chiese, lo stesso si può dire di Taziana, cioè che nella chiesa del Quirinale si festeggiava solo la dedicazione della stessa alla santa.
Nessuna altra fonte antica o medioevale conosce santa Taziana, tranne il già menzionato “Itinerario” e fu Cesare Baronio, nel secolo XVI che inserì il suo nome nel ‘Martirologio Romano’ al 12 gennaio, dietro indicazioni dei menologi greci..
Essa fu una giovane romana martirizzata a Roma, data in pasto alle belve nel 230. Il suo culto fu diffuso nella città tra il secolo VII e XV quando poi la chiesa venne distrutta.






https://doxologia.ro/sfanta-mucenita-tatiana-diaconita



il martirio di santa Tatiana versione della passio, tratta da un manoscritto del Capitolo di S. Maria Maggiore in Roma, si può leggere nella Historia delle sante vergini romane di Antonio Gallonio Romano, Roma, 1591, 6-11

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La santa vergine-martire Tatiana era nata in una illustre famiglia romana, suo padre era stato eletto console per tre volte. Era segretamente cristiano e crebbe sua figlia nella devozione a Dio e alla Chiesa. Dopo aver raggiunto l’età della maturità, Tatiana decise di rimanere vergine, dedicando tutti i suoi sforzi alla Chiesa di Cristo. Disdegnate le ricchezze terrene, cercò invece la ricchezza imperitura del Cielo. Fu fatta diaconessa in una delle chiese romane e servì Dio nel digiuno e nella preghiera, accudendo i malati e aiutando i bisognosi.

Quando Roma era governata dal sedicenne Alessandro Severo (222-235), tutto il potere si era concentrato nelle mani del reggente Ulpiano  malvagio nemico e persecutore dei cristiani. Il sangue cristiano scorreva come l’acqua. Anche la diaconessa Tatiana fu arrestata e portata al tempio di Apollo per costringerla a sacrificare all’idolo, ma quando la santa cominciò a pregare, improvvisamente ci fu un terremoto. L’idolo cadde distrutto in mille pezzi, anche una parte del tempio crollò e cadde sui sacerdoti idolatri e su molti pagani. Il demone che abitava l’idolo fuggì gridando da quel luogo e i presenti videro la sua ombra volare nell’aria.



Allora iniziarono a percuotere la santa vergine sugli occhi, ma lei coraggiosamente sopportò tutto, pregando per i suoi aguzzini perché il Signore aprisse i loro occhi spirituali. E il Signore ascoltò la preghiera della sua serva. I carnefici videro quattro angeli che circondavano la santa e la difendevano dalle battiture dei suoi aguzzini; e si udì anche una voce dal cielo che si rivolgeva alla santa vergine. Tutti loro, otto uomini, credettero in Cristo e caddero in ginocchio davanti a santa Tatiana, chiedendole di perdonare il peccato commesso contro di lei. Confessandosi quali cristiani furono torturati e giustiziati, ricevendo il battesimo di sangue.





Nei giorni successivi santa Tatiana fu portata nuovamente dinanzi al malvagio giudice. Questi vedendo completamente guarite tutte le sue ferite, ordinò che venisse spogliata e fatta picchiare, e tagliassero il suo corpo con lame affilate. Allora dalle sue ferite iniziò a spandersi un meraviglioso profumo che riempì l’aria. Poi fu distesa per terra e picchiata per così tanto tempo che i servi dovettero essere sostituiti più volte. I torturatori stanchi dissero che una forza invisibile li stava percuotendo con sbarre di ferro. Infatti, gli angeli schermavano i colpi diretti verso di lei e li respingevano sui carnefici, e a causa di ciò nove di loro morirono. Quindi gettarono la santa in prigione, dove ella pregò tutta la notte cantando lodi al Signore insieme agli angeli.

Ancora una volta la martire fu ferocemente torturata. Fu appesa e raschiata con gli uncini di ferro, e le furono tagliati via i seni. Durante la notte nel carcere apparvero gli angeli che come prima guarirono le sue ferite. Il giorno seguente santa Tatiana fu portata al circo dove fu liberato ed aizzato contro di lei un leone affamato. La bestia non recò alcun male alla santa, ma umilmente andò a leccarle i piedi. Ma mentre veniva riportato alla sua gabbia, il leone con una zampata uccise uno dei torturatori. Allora Tatiana fu gettata nel fuoco, ma le fiamme non nocquero alla martire. I pagani, pensando che fosse una maga, le tagliarono i capelli pensando di toglierle i suoi poteri magici, poi la rinchiusero nel tempio di Zeus  Ma era impossibile togliere la potenza di Dio.

Tre giorni dopo giunsero al tempio i sacerdoti pagani, circondati da una folla di gente, con l’intenzione di offrire un sacrificio a Zeus. Ma all’apertura del tempio tutti videro l’idolo per terra, in frantumi, e la santa martire Tatiana che con gioia lodava il Nome del Signore Gesù Cristo. Il giudice, vedendo l’inutilità degli strumenti di tortura, emise una condanna di morte: la valorosa vittima fu decapitata con una spada. Insieme con lei fu giustiziato anche suo padre, perché la aveva allevata nella vera fede e portata all’amore di Cristo. 















Santo Giovanni chiamato Angelopte  Vescovo di Ravenna (verso il 489)





Il Liber Pontificalis parlandoci del vescovo Giovanni ci spiega l'appellativo di Angelopte:
'Dunque, mentre il beatissimo vescovo di Ravenna, il già nominato Giovanni, cantava una messa solenne nella basilica di Sant'Agata, svolgendo tutto secondo il rito dei pontefici, dopo la lettura del vangelo e la professione di fede, i catecumeni, ai quali fu dato, videro cose meravigliose. Mentre il beatissimo cominciava a pronunciare le parole del canone e a fare sull'ostia il segno di croce, all'improvviso scese un angelo dal cielo e si fermò dall'altra parte dell'altare di fronte al vescovo stesso. Dopo la consacrazione, assunto il corpo del Signore, il diacono avrebbe voluto completare il servizio di levita, ma non aveva visto il calice da porgere. D'un tratto venne dall'angelo scostato e l'angelo stesso porse il calice sacro al vescovo'



La casula dell'Angelopte merita inoltre di essere ricordata in quanto custodita e venerata come reliquia all'interno della cattedrale nella cappella del SS. Sacramento. Francesco Beltrami autore nel '700 di una guida locale, “Il forestiere instruito delle cose notabili della città di Ravenna” riporta la notizia:

'Nei due Tabernacoli lateralmente collocati, e adorni (...), si custodiscono gli Oli Santi con molte sagre Reliquie, fra le quali evvi una Pianeta antica sacerdotale di seta color pavonazzo, adornata di lunette, e aquile col lembo, e fascia lavorati di piccole lame d'oro, creduta di S. Giovanni Anglopte nostro Arcivescovo, il quale tenne questa Cattedra nel quinto secolo'.
Sainte TATIENNE, diaconnesse de l'Eglise de Rome, martyre sous Alexandre Sévère (entre 222 et 235). (Office traduit en français par le père Denis Guillaume au tome I des Ménées.) 
 Sainte Tatienne était fille d'un riche et illustre consul romain devenu Diacre de l'Eglise, sous le règne de l'empereur Alexandre Sévère (222-235). Dénoncée comme Chrétienne, elle comparut devant le souverain, confessa bravement le Nom du Christ, et lorsqu'on la conduisit dans le temple elle renversa à terre les vaines idoles par le seul pouvoir de sa prière. Les sodats se précipitèrent sur elle avec fureur, la frappèrent au visage, lui déchirèrent les joues avec des crochets de fer; puis, après l'avoir suspendue à une potence, ils lui labourèrent le corps avec des ongles et des peignes de fer, l'outragèrent en lui tondant la chevelure et la jetèrent dans une fournaise ardente. Comme elle restait indemne, ils la livrèrent aux fauves qui n'osèrent pas l'approcher. Finalement, on lui offrit le trophée de la victoire en lui tranchant la tête.
 Saint ZOTIQUE ou GETULE, martyr à Tivoli (126). (Autre mémoire le 10 juin.) 
Saint PROBE, évêque de Vérone (vers 236).
 Saint JEAN, évêque de Ravenne (vers 489).

il 12 di questo mese, memoria del nostro santo padre Ilarione di Canale di Calabria e dei suoi discepoli.


ntorno all'anno 980, alcune Comunità di Monaci italo-greci, in seguito ad eventi traumatici che li costrinsero ad abbandonare i loro monasteri d'origine, sono venute a stabilirsi in Abruzzo.
Parliamo propriamente di monaci greci che vivevano in Calabria nel Monastero di S. Martino di Canale, una frazione del Comune di Pietrafitta (Cosenza) e nel Monastero di Santa Maria di Pèsaca in Taverna (Catanzaro), fondato nel 970 dagli stessi monaci. Nell'anno 977 queste comunità di monaci furono costrette ad abbandonare il Monastero di S. Martino di Canale per sottrarsi alle invasioni dei saraceni, ventinove confratelli, fra i quali il loro egumeno San Ilarione, insieme ad altri compagni del Monastero di Santa Maria di Pèsaca, dopo un lungo peregrinare dalle terre calabre, scelsero di rifugiarsi alle pendici orientali della Maiella lungo la valle dell'Aventino, in provincia di Chieti, nel Castellum de Prata, presso Casoli, e rifondare un nuovo Monastero su un terreno acquistato dal conte di Chieti Trasmondo I . Dopo alcuni anni dalla fondazione del Monastero di Prata, l'anziano egumeno Ilarione morì ed il suo Santo corpo riposa molto probabilmente, tuttora nel Feudo di Prata. In una nota il Canonico C. Falcocchio nel 1847 scrive: << ... si vuole che il corpo di S. Ilarione Abb. giaccia ancora ignoto in Prata >>. Infatti la sua salma, non fu mai traslata dal Monastero e le ricerche del suo corpo, a più di mille anni dalla sua morte, non sono mai state effettuate. 

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