martedì 16 gennaio 2018

SINASSARIO SANTI ITALICI ED ITALO GRECI PER 16 gennaio







Santa Priscilla martire a Roma  nel I secolo che sarebbe stata moglie di Manlio Acilio Glabrione e madre del senatore Pudente, e che avrebbe ospitato san Pietro nella propria villa a Roma situata nei pressi del cimitero di Priscilla sulla via Salaria- Martirologio Romano : 16 gennaio - A Roma santa Priscilla, la quale dedicò tutta se stessa e le sue sostanze nel pio servizio dei Martiri.
http://www.santiebeati.it/dettaglio/38150
La tradizione agiografica accolta nel Martirologio Romano ricorda al 16 gennaio una santa Priscilla che sarebbe stata moglie di Manlio Acilio Glabrione e madre del senatore Pudente, e che avrebbe ospitato san Pietro nella propria villa a Roma situata nei pressi del cimitero di Priscilla sulla via Salaria: il nome e la data compaiono in manoscritti tardi del Martirologio Geronimiano, sulla base dei quali sono confluiti nel Romano. il celebre cimitero sulla via Salaria, luogo della deposizione di martiri e di papi del IV sec. (Marcellino, Marcello, Silvestro, Liberio, secondo la Depositio episcoporum e il Liber pontificalis), è verosimilmente all'origine dello statuto di santità attribuito all'eponima fondatrice, forse membro della gens Acylia (una Priscilla di rango senatorio, sorella di Manius Acilius Vero, è ricordata in un'epigrafe nell'ipogeo degli Acilii Glabrioni situato nelI’area), oppure - come ritenuto da qualche studioso - una liberta.. È interessante notare che il 16 gennaio, ricorrenza di santa Priscilla, è anche la data tradizionale della depositio nel cimitero sulla Salaria di papa Marcello (Lib. pont., I, 164)


Santo Marcello I Papa e Patriarca di Roma probabilmente  martire verso il 310(per la tradizione romana: morto in esilio )  –Martirologio Romano A Roma nel cimitero di Priscilla sulla via Salaria Nuova, deposizione di san Marcellino I, papa, che, come attesta san Damaso, vero pastore, fieramente osteggiato dagli apostati che rifiutavano la penitenza da lui stabilita e disonorevolmente denunciato presso il tiranno, morì esule scacciato dalla patria.

San Marcello è anche un problema. Anzi, un groviglio di problemi, perché sulla sua figura fanno confusione anche i documenti antichi: Martirologio Romano e Geronimiano, Catalogo Liberiano, Liber pontificalis... E i dati contrastanti si possono capire: quelli di Marcello I erano tempi di sconvolgimento per la vita di tutta la Chiesa, in Roma e altrove, a causa della persecuzione che va sotto il nome dell’imperatore Diocleziano, ma che è stata voluta dal suo “vice”, e poi successore, Galerio (morto nel 311). Secondo il grande storico tedesco Theodor Mommsen e altri studiosi, addirittura Marcello non sarebbe stato vero Pontefice, bensì un semplice prete romano, che per qualche tempo può aver funzionato da reggente della Chiesa, dopo la morte di papa Marcellino nel 304.
Ma il pontificato di Marcello I, dopo alcuni anni oscuri, è bene attestato dalle fonti antiche. E di lui si sottolinea il comportamento nel dopo-persecuzione, verso i cosiddetti lapsi (ossia “caduti”, “scivolati”), come si chiamavano i cristiani che per paura avevano rinnegato la fede. Altrove (in Africa, per esempio) molti vogliono escluderli per sempre dalla Chiesa. Marcello non è così severo: li accoglierà, sì, ma soltanto dopo un periodo di penitenza. A questo proposito si cita l’elogio di Marcello dettato da papa Damaso I (366-384): "Manifestò ai lapsi l’obbligo di espiare il loro delitto con lacrime di penitenza: da quei miserabili fu considerato come un terribile nemico... Per il delitto di uno, che anche durante la pace rinnegò Cristo, Marcello è stato deportato, vittima della crudeltà di un tiranno".
Il Martirologio Romano, infatti, dice che fu perseguitato e costretto a fare lo stalliere nelle scuderie della posta imperiale, mentre secondo il Liber pontificalis lo mandarono in esilio  Nelle fonti antiche troviamo anche differenti date del pontificato e della morte.
Sappiamo infine con certezza che egli è stato sepolto nel cimitero detto di Balbina, lungo la via Ardeatina, a Roma.

Fu eletto vescovo di Roma nel 307 dopo la sedisvacanza dovuta alla persecuzione dioclezianea e alla morte di Marcellino  Diede opera a riorganizzare la comunità romana e dovette affrontare la questione dei lapsi, cioè di coloro che durante la persecuzione avevano ceduto e chiedevano di essere riammessi nella comunità. L'atteggiamento di M. dovette essere fermo: ne seguirono disordini che indussero Massenzio a eliminare la persona del vescovo. Forse condannò M. al servizio del catabulum(cioè i più umili servizi nelle stanze dei servizi imperiali)ma  più probabilmente lo spedì senz'altro in esilio.
L'incertezza delle fonti e le difficili questioni ch'esse presentano non permettono di accogliere molte altre notizie in esse riferite su M.: va peraltro rifiutata l'ipotesi di Th. Mommsen, il quale, per eliminare la difficoltà, pensa che M. non sia mai stato eletto vescovo di Roma, ma che abbia governato la Chiesa durante la vacanza come semplice prete. Tre lettere attribuite a M. (Patr. Lat., VII, coll. 1901-1100) sono false. La festa di M. è celebrata il 16 gennaio. Da lui prese nome uno degli antichi titoli presbiteriali sulla Via Lata.
Bibl.: Liber Pontificalis, ed. L. Duchesne, I, Parigi 1886, pp. lxxiii-lxxiv, xcix, 162-64; Acta Sanctorum, gennaio II, Anversa 1643, pp. 3-14; E. Amann, in Dictionnaire de theol. cath., IX, coll. 1991-1992; E. Caspar, in Zeitschrift f. Kirchengesch., XLVI, N. F., IX (1917), p. 321 segg.; A. Pincherle, in Studi italiani di filologia classica, n. s., VII (1929), p. 131 segg.; E. Caspar, Geschichte des Papsttums, Tubinga 1930, p. 97 segg.


Santo Onorato abate a Fondi(verso il VI secolo)
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/95166
L'unica fonte di notizie circa questo santo sono i Dialoghi di Gregorio Magno.
Figlio di un fittavolo del senatore Venanzio, Onorato nacque in un paesello sui monti del Sannio e, fin dalla più tenera età, si distinse, in vista dei beni celesti, per il distacco dai beni terreni. L'astinenza  dalle carni fu la sua ascesi  ordinaria. Un giorno i genitori imbandirono un lauto banchetto; rifiutandosi Onorato di mangiare carne per non recedere dal suo proposito di astinenza, i genitori presero a deriderlo, obiettando l'impossibilità di procurargli del pesce su quei monti. Il Signore però volle premiare la virtù del suo servo fedele, facendo sí che dalla fonte da cui un servitore era andato ad attingere acqua per il banchetto, uscisse un grosso pesce sufficiente a nutrire Onorato per un giorno alla vista di tale prodigio i genitori cessarono di deriderlo.
Crescendo la fama delle sue virtù, il padrone gli diede la libertà ed egli, abbandonati i genitori, raggiunse Fondi e costruì un monastero, raccogliendo sotto il suo governo fino a duecento monaci. Secondo il Moricca il trasferimento di Onorato a Fondi dovette avvenire verso la metà del sec. V.
Del lungo periodo del governo del santo a Fondi, Gregorio non ricorda che un prodigio, l'arresto di un enorme macigno, con un semplice segno di croce e con l'invocazione del nome di Cristo. Senza il suo prodigioso intervento, il monastero sarebbe stato distrutto ed i confratelli sarebbero tutti periti.
Il macigno si ammira tuttora sospeso, senza sostegno, sicché pare sia sempre per precipitare in fondo alla valle.
L'anno della morte di Onorato è ignoto; il Mabillon la mette al 522, altri al 530 o 550. II Moricca, dice «non molto dopo il principio del sec. VI». Da Gregorio sappiamo che Libertino, secondo successore di Onorato, risuscitò un fanciullo, ponendogli sul petto una scarpa del santo abate che portava sempre con sé come reliquia. Il monastero, verso la fine del sec. VI, adottò la regola benedettina. Abbandonato, verso la metà del sec. IX, forse a causa delle invasioni dei Saraceni, fu ripristinato al principio del sec. X.
Secondo l'antica Legenda in gotico, che si conserva nell'archivio della chiesa ex-cattedrale di S. Pietro in Fondi, il corpo di Onorato, con quelli di s. Paterno e di s. Libertino, rimase sepolto per molto tempo nel monastero da lui edificato.
Nel 1215, secondo la testimonianza degli storici locali, sviluppatasi una pestilenza, i corpi di quei tre santi furono trasportati nella cattedrale di Fondi ed il morbo cessò.
Di Onorato, a quanto ancora assicurano gli storici locali, si conserva a Fondi solo il capo, rinchiuso nella testa del busto in argento del santo, essendo stato trasportato il corpo a Montecassino.
Onorato è patrono principale di Fondi, dove la sua festa si celebra solennemente il 10 ottobre con grande concorso di cittadini dei vicini comuni, richiamati anche dalla fiera di bestiame che si svolge nell'occasione. Nel Martirologio Romano è iscritto al 16 gennaio; in alcuni monasteri benedettini è festeggiato il 30 aprile, in Francia e nei Paesi Bassi il 17 dicembre.

Santo Valerio vescovo di Sorrento verso il VII secolo
Tratto da http://www.ilmegliodisorrento.com/il-terzo-vescovo-di-sorrento-san-valerio/
L’ antico ufficio del santo ci dice che era nato a Sorrento dalla famiglia de Apreda. Fu discepolo di San Renato e come lui predilesse la vita di solitudine, preghiera e contemplazione.
Non sappiamo con certezza in quale anno venne scelto dai suoi concittadini, né per quanto tempo governò la nostra chiesa: alcuni dicono nel 453, altri come il Patriarca Antiocheno, lo pongono tra il 499 ed il 595,
Nella prima lezione del suo antico ufficio si legge che “ancora in giovane età passo al cielo il 16 gennaio”. Alla sua morte i sorrentini ne seppellirono il corpo prima in una casetta attigua alla Chiesa di S. Severo, luogo dove aveva trascorso gran parte della sua vita prima di essere Vescovo, e poi lo traslarono nella chiesa, accanto a quello di San Renato
Di fronte a tanta penuria di informazioni certe è difficile perfino stabilire il periodo in cui San Valerio fu effettivamente Vescovo, ma – se fossero vere le indicazioni relative alla morte di San Renato, si dovrebbe ritenere che esso, per un breve periodo, fu alla guida della chiesa peninsulare a partire dal 450.
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Santo Tiziano vescovo di Oderzo (verso il 650)
Tratto da http://www.santiebeati.it/dettaglio/92160
È un santo vescovo nato e vissuto nella zona del Veneto comprendente Vittorio Veneto e buona parte della provincia di Treviso.
Tiziano nacque nella seconda metà del sec. VI da una nobile famiglia di Eraclea nel Veneto, antica città che fino al 1950 si chiamava Grisolera.
Ebbe come maestro s. Floriano vescovo di Opitergium, Comune veneto, attuale Oderzo e da lui fu ordinato diacono e sacerdote e poi economo di quella diocesi.
Primeggiò nell amore verso i poveri, che invitava a casa sua e nutriva con i propri mezzi; la sua fama si estese in tutta la regione.
S. Floriano lasciò poi la diocesi per diventare missionario nelle terre inospitali e al suo posto, il clero e il popolo elesse Tiziano vescovo di Oderzo, sebbene questi avesse tentato di far ritornare Floriano in sede.
Resse la diocesi di Oderzo in modo eccellente, ammaestrò con la parola e l esempio, visse molto santamente, divenne famoso per la sua appropriata predicazione, nel fuggire l ‘eresia ariana allora dilagante fra i Longobardi invasori, non accettando lo scisma istriano detto dei  Tre Capitoli
(Scisma provocato dal rifiuto dei vescovi di Aquileia e di Milano, di riconoscere l accettazione fatta nel 555 da papa Pelagio I della condanna emanata dal imperatore Giustiniano nel 544, degli scritti detti Tre Capitoli, di Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Ciro e Iba di Edessa, favorevoli all eresia nestoriana).
Pieno di meriti e santità, Tiziano morì ad Oderzo (Opitergium) il 16 gennaio 632 e fu sepolto nella chiesa cattedrale della sua città dove, dice la tradizione, avvennero molti miracoli.


1. La nascita nell'isola di Eraclea

Il breve racconto che ci proponiamo di offrire ai lettori, ha come protagonista San Tiziano che fu vescovo di Oderzo tanti secoli or sono: cioè fra l'anno, circa, 610 - 632 dopo Cristo.
La diocesi di Vittorio Veneto - che fino al 1939 portava l'antico nome di Ceneda - lo venera da più di un millennio come Patrono Principale; la sua festa liturgica si celebra solennemente il 16 gennaio.
Secondo l'antica tradizione, San Tiziano, appartenente ad una facoltosa e distinta famiglia, nacque circa l'anno 555 d.C.: nell'isola di Melidissa, chiamata Eraclea dopo che l'imperatore d'Oriente Eraclio (610 – 641) vi fece costruire una piccola città.
Questo lembo di terra e di sabbia faceva parte della lingua detta “opitergina” che si estendeva lungo il litorale del mare Adriatico, tra le foci dei fiumi Piave e Livenza.
Il paesaggio e la topografia di questi luoghi, col passare dei secoli, sono mutati radicalmente. A causa dei detriti portati dai fiumi e dal prosciugamento delle paludi, l'isola di Eraclea rimase un po' alla volta interrata lasciando di sé solo il ricordo.

2. Alla scuola del vescovo San Floriano

Nel VI secolo d.C., l'unico centro importante di tutta la zona dell'entroterra era l'antichissima città di Oderzo (Opitergium), già “Municipium” romano e sede vescovile dalla fine, forse, del IV sec. d.C. A quei tempi, dunque, l'ampio territorio sul quale oggi si estende la nostra Diocesi era quasi disabitato.
Gli storici affermano che esisteva il “castro” fortificato di Ceneda costruito dai Romani a difesa della stretta Serravalle collegata a Oderzo con una strada: ed esisteva, forse, qualche piccolo villaggio abitato da contadini dediti alla coltivazione della poca terra non coperta da boschi e acquitrini.
San Tiziano nella sua adolescenza fu inviato ad Oderzo, dove era vescovo San Floriano che, ebbe cura di educare ed istruire il giovanetto come meglio era possibile in quei tempi.
Crescendo in età, San Tiziano sentì maturarsi in lui la vocazione al sacerdozio, sollecitato dalla sua inclinazione a mettersi al servizio della povera gente ma anche dagli esempi del suo maestro San Floriano. Questi, a tempo debito, fu ben felice di ordinarlo diacono e poi sacerdote.
In seguito, avendo dato prova di un'eccellente preparazione pastorale, a San Tiziano fu affidato l'incarico di economo e di arcidiacono della Chiesa opitergina.
Nell'esercizio di queste mansioni di fiducia, trovò una nuova occasione di esercitare la carità verso i poveri che anche in quei tempi erano molti.


3. Eletto Vescovo di Oderzo

Avendo San Floriano rinunciato all'episcopato, desideroso di farsi missionario tra i pagani, con la speranza, per di più, di cogliere la palma del martirio, clero e popolo opitergini non trovarono nessuna persona più degna di San Tiziano a succedergli come pastore e guida. Secondo l'antica tradizione, egli fu vescovo di Oderzo per circa 25 anni .
La vita cristiana della popolazione, nei secoli VII e VIII, era insidiata soprattutto da due gravissimi errori: la dottrina di Ario che in pratica negava la divinità di Cristo: e lo scisma da Roma detto dei Tre Capitoli, da parte di vari vescovi delle Venezie, per divergenze teologiche, disciplinari e anche politiche.
Contro questi errori San Tiziano ebbe a lottare strenuamente tanto che, come assicurano gli storici, la Diocesi di Oderzo rimase immune da cedimenti nei riguardi dell'ortodossia.
Pure la situazione civile, a quei tempi, era profondamente sconvolta dall'invasione dei Longobardi (568 d.C.) che però non occuparono subito la città di Oderzo la quale rimase ancora, per più di un secolo, caposaldo dell'impero bizantino delle Venezie.

4. Un tragico fatto di sangue

Proprio durante l'episcopato di San Tiziano – così dicono gli storici – sarebbe avvenuto un fatto assai grave, di natura politica, per cui egli ebbe molto a soffrire.
Ecco cosa accade.
Gisulfo, duca longobardo del Friuli (a.568 – 610 d.C.), morendo lasciò in Cividale quattro figli: due adolescenti Taso e Caco, e due ancora fanciulli Radoaldo e Grimoaldo.
Quando nell'anno 610 d.C. gli Avari assalirono Cividale, i quattro ragazzi riuscirono a mettersi in salvo. Passato il pericolo, Taso e Caco, i maggiori dei fratelli, ebbero assieme il governo del Ducato. Ma i due duchi durarono poco ed ebbero una fine tragica proprio ad Oderzo.
Il patrizio ravennate Gregorio, che dimorando in Oderzo reggeva quale governatore il litorale rimasto in potere dei Bizantini, aveva promesso a Taso, con inganno e intrighi politici, di radergli la barba, com'era il costume, facendolo così suo figlio adottivo.
Ma era un tranello ed il giovane duca, per la sua inesperienza e buona fede, non se ne accorse in tempo.
Entrato Taso con il fratello Caco in Oderzo, dove era stato invitato, Gregorio chiuse le porte della città ed assalì proditoriamente i due giovani e i loro compagni che caddero dopo aver combattuto coraggiosamente.
Compiuto il delitto, Gregorio, con crudele ironia, per non venir meno alla promessa, si fece portare innanzi la testa di Taso e ne rase di sua mano la barba (a.615 d.C.).
Difficile dire tutta l'amarezza provata dal santo vescovo Tiziano, per questa strage compiuta, si può dire, sotto i suoi occhi.
Grimoaldo non dimenticò mai il delitto compiuto a Oderzo con l'uccisione di Taso e Caco, e divenuto re dei Longobardi, vendicò la terribile offesa subita dai fratelli distruggendo Oderzo dalle fondamenta (a. 665 o 668).

5. La morte di un Santo

Secondo la tradizione, San Tiziano, ricco di virtù e meriti, circondato dalla fama di taumaturgo, morì nell'anno circa 632 d. C. il 16 gennaio.
Fu deposto in sepolcro distinto presso la chiesa della sua città, dove il popolo accorse subito numeroso a venerarlo come santo, riconoscendone i grandissimi meriti acquistati in vita e testimoniando i molti miracoli che si ottenevano per sua intercessione. Gli eracleani dal canto loro non tardarono a rivendicare le reliquie, ma invano per la strenua opposizione degli opitergini.
Concittadini e parenti di San Tiziano, venuti un giorno a Oderzo da Eraclea col pretesto di visitarne il sepolcro, calata la notte, trafugarono il suo corpo, lo misero in una barca ormeggiata nelle acque del fiume Monticano e cercarono di fuggire per raggiungere il fiume Livenza. Gli opitergini, accortisi ben presto dell'accaduto, si diedero ad inseguire i rapinatori e li raggiunsero nelle vicinanze del castello di Motta, dove il Monticano confluisce nel Livenza. A questo punto entra in campo una bella leggenda tanto cara al popolo devoto di San Tiziano, e illustrata dal pittore Pomponio Amalteo in cinque splendide tavole (1530) conservate nel museo Diocesano d'Arte Sacra.
È bene tenere presente che non sempre la leggenda è solo frutto di fervida fantasia. Spesso riveste e infiora a sgargianti colori dei fatti realmente accaduti e che al lettore attento spetta riscoprire. Ecco dunque cosa si racconta:

6. La traslazione del corpo a Ceneda


Sulle sponde dunque del Livenza,opitergini ed eracleani si trovarono gli uni contro gli altri armati. Quando già stavano per azzuffarsi, comparve loro un vecchio misterioso che li esortò a non ricorrere alla violenza ma a lasciare piuttosto il corpo del Santo nella barca, pregando Dio affinché indicasse dove voleva che fosse portato. Poi, il vecchio disparve. La barca allora, con meraviglia di tutti, cominciò a risalire il Livenza fino ad una località detta Settimo (Portobuffolè) dove si fermò, incominciando qui il fiume ad essere poco navigabile. Il corpo fu allora deposto sulla sponda del fiume e quindi caricato su un carro trinato da buoi, avendo in animo gli opitergini di riporre il Santo nella loro città. Ma i buoi non riuscivano a smuovere il carro.
Riapparve il vecchio misterioso che esortò tutti a pregare ancora il Signore, perché facesse conoscere il suo divino oracolo.
Dopo un digiuno di tre giorni, una buona vedova del luogo fu mossa da una divina rivelazione ad attaccare a un carro la mucca ed il vitello che possedeva, poi a collocarvi sopra il corpo di San Tiziano e lasciare quindi che i due animali trainassero il carro per la strada voluta dal Signore. Fu così che quegli animali, fra lo stupore, le preghiere e le ovazioni della gente che intanto accorreva sempre più numerosa ad accompagnare il Santo, si diressero verso le amene colline dove sorgeva Ceneda.
Secondo la leggenda, alle porte della città San Tiziano compì un grande miracolo, risanando all'improvviso una giovane donna da molto tempo gravemente ammalata.
Il corpo del Santo fra l'entusiasmo di tutto un popolo fu, con tutti gli onori, collocato a Ceneda nell'antica chiesa dedicata alla Madonna Assunta.
Questi fatti sarebbero avvenuti nell'anno 652 d.C. circa, un decennio dopo la conquista di Oderzo (639 – 640) da parte di Rotari, re dei Longobardi.
Dicono gli storici locali che l'importante evento della traslazione a Ceneda del corpo di San Tiziano fu provvidenziale perché, nell'anno 665 o 668, Grimoaldo re dei Longobardi, come abbiamo già detto, distrusse Oderzo dalle fondamenta; le Reliquie del Santo sarebbero quindi andate perdute se fossero rimaste nel loro primitivo sepolcro. Gli studiosi moderni hanno cercato di scoprire nella tradizione antica e nella leggenda ciò che è realmente accaduto. Secondo le loro conclusioni i fatti si sarebbero svolti nel modo che segue.

Poco prima che Rotari occupasse Oderzo, il vescovo San Magno e una parte della popolazione di erano già messi in salvo nelle isole dell'estuario veneto.
In tutto quello che era stato l'agro opitergino, al governo bizantino era subentrato quello longobardo.
I Longobardi, fin dalla loro discesa nelle Venezie, avevano già provveduto ad attivare nelle nostre terre l'amministrazione civile creando, nel 568 d.C., il Ducato di Ceneda. Più tardi diedero anche vita ad una nuova sede vescovile a Ceneda (fine sec. VII o inizio sec. VIII) per colmare il vuoto che, nel campo religioso, il vescovo San Magno aveva lasciato quando, abbandonata Oderzo, si era rifugiato nella laguna opitergina. Per convalidare tale loro decisione, i Longobardi provvidero a trasportare a Ceneda il corpo di San Tiziano già riconosciuto come patrono a cui erano legati, secondo la concezione di quei tempi, tradizione, diritti e privilegi dell'antica sede opitergina.
I documenti che parlano del culto a lui tributato iniziano poco tempo dopo la sua morte.
Una recente ed aggiornata pubblicazione riporta l'iconografia, forse completa, di San Tiziano, raccolta nei luoghi dove è vivo il suo culto.
In suo onore esistono chiese, oratori, capitelli un po' ovunque, non solo nella nostra Diocesi ma anche in quella di Venezia, Treviso e Belluno.

 Sainte PRISICLLE, qui mit sa personne et ses biens au service des martyrs (Rome, Ier siècle).

Saints MARIN, prêtre, et ETIENNE, diacre, martyrs à Brescia sous Adrien (entre 117 et 138). 


Saints ANAN et MARIUS, martyrs à Rome sur la Via Appia

NEUF SOLDATS martyrs à Rome sur la Via Corneliana

Saint HONORIUS et TREIZE autres, martyrs à Rome. 

 

Saint DANACTE ou DANAX, lecteur de l'Eglise d'Aulone en Illyrie, martyr. 
Vissuto nel IX secolo, originario di Valona (Albania) , S.Dana approdò nel Capo di Leuca insieme con alcuni suoi connazionali. Prestò servizio, come diacono, nel Santuario di S. Maria di Leuca. in seguito a una incursione di Mori, nell'approssimarsi delle navi saracene, il giovane diacono prese con sé la pisside con l' Eucaristia e fuggì verso Montesardo, luogo sicuro e difeso. Ma lungo il percorso a 5 miglia da Leuca, in località "La Mora" fu raggiunto e ucciso in odio alla fede cristiana. Ebbe il tempo di consumare le Sacre Particole per non esporle alla profanazione. Sul Luogo del martirio sorge una stele marmorea, che dista circa 200 metri dal paesino che porta il suo nome 




Il 16 di questo mese, memoria del santo martire Danacte (Dana) il Lettore, venerato nel Salento.

tratto da 
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Vissuto nel IX secolo, originario di Valona nell'Illirico, approdò secondo la tradizione nel Salento, dove prestò servizio come diacono (o lettore) presso il Santuario italogreco di Santa Maria di Leuca. Durante un attacco dei Saraceni al Santuario, prese con sé la pisside contenente l'Eucaristia e fuggì per metterla in salvo verso il casale di Montesardo, meglio difeso. Ma a poche miglia dal paese, in località la Mora, venne raggiunto e ferito. Prima di morire, per evitare la profanazione dell'Eucaristia, ebbe però il tempo di consumare le Particole Sacre. Sul luogo della sua uccisione, 200 metri fuori l'abitato di San Dana, che da lui ha preso il nome, sorge ora una stele in suo ricordo. Le origini molto antiche del paese di San Dana sono riscontrabili dalle testimonianze pre-bizantine che si trovano nella cripta di Santa Apollonia realizzata dai monaci greci. Si ipotizza che San Dana, in antichità, fosse una masseria di proprietà dei vescovi greci di Leuca.
Stando ad alcune ipotesi storiche, il paese di San Dònaci (BR) prenderebbe il nome dal santo.

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