Santo
Erasmo presbitero(per alcuni codici Vescovo) originario di Antiochia e martire sotto Massimiano nel 303.Le sue
reliquie dall’anno 842 probabilmente si trovano a Gaeta e secondo un’altra e
venerabile tradizione è stato vescovo di Formia
Tratto
dal quotidiano Avvenire
Fonti sicure attestano l’esistenza di un sant’Erasmo vescovo
di Formia, martire al tempo di Diocleziano e Massimiano (303) e sepolto nella
località costiera del Lazio meridionale. Di storico su di lui si sa, però,
poco. La «Passio» che lo riguarda, compilata nel VI secolo, è leggendaria.
Venerato nel Lazio e in Campania, è menzionato, oltre che negli antichi
martirologi, anche nel Calendario marmoreo di Napoli. Nell’842, dopo che Formia
era stata distrutta dai Saraceni, le reliquie furono nascoste nella vicina
Gaeta. Quando furono ritrovate, nel 917, il martire venne proclamato patrono
della diocesi del Golfo. Nel 1106 Pasquale II consacrò la cattedrale di Gaeta,
dedicandola alla Vergine e a sant’Erasmo. È invocato contro le epidemie e le
malattie dell’intestino per il fatto che, nel martirio, gli sarebbero state
strappate le viscere. I marinai lo venerano con il nome di Elmo
Tratto da
Fonti
degne di fede attestano l'esistenza di un s. Erasmo, martire, vescovo di
Formia, il cui culto era molto diffuso nella Campania e nel Lazio. La più
antica è il Martirologio Geronimiano in cui Erasmo è ricordato il 2 giugno S.
Gregorio Magno alla fine del sec. VI, scrivendo al vescovo Bacauda di Formia,
attesta che il corpo del santo era conservato in quella chiesa: "Formianae
ecclesiae in qua corpus beati Herasmi martyris requiescit". Lo stesso
pontefice ricorda due monasteri dedicati ad Erasmo: uno a Napoli e l'altro
posto "in latere montis Pepperi" presso Cuma. Anche Roma aveva un
monastero dedicato al santo sul Celio, nel quale fu educato da giovane il papa
Adeodato I (m. 619) che poi, da pontefice, lo ampliò e lo arricchì di beni e
privilegi. Altri monasteri intitolati ad Erasmo erano presso Formia (detto
anche di Castellone) e presso Itri "in valle Itriana".
Il nome di Erasmo, oltre che nei martirologi storici, donde è passato nel Romano, era inserito nel Calendario marmoreo di Napoli. Nell'842, dopo che Formia era stata distrutta dai Saraceni, le sue reliquie vennero trasferite a Gaeta e nascoste in un pilastro della chiesa di S. Maria, dove furono rinvenute nel 917 dal vescovo Bono. Da quel tempo Erasmo fu proclamato patrono di Gaeta e furono anche coniate monete con la sua effigie. Il 3 febbraio 1106 Pasquale II consacrò la cattedrale di Gaeta in onore della Vergine e di Erasmo Nel Medio Evo il santo fu annoverato tra i cosidetti santi Ausiliatori e invocato specialmente contro le epidemie, mentre i marinai lo venerano come patrono col nome di S. Elmo.
Sulla personalità di Erasmo purtroppo siamo male informati poiché la passio, compilata con molta probabilità verso il sec. VI, è favolosa e leggendaria, né può aver maggior valore una biografia attribuita, senza solido fondamento, a Gelasio II (1118-19). Da questi scritti appare evidente come gli autori niente sapessero di sicuro intorno ad Erasmo se non ch'era stato vescovo di Formia ed era morto martire al tempo forse di Diocleziano.
Secondo la passio, dunque, Erasmo era oriundo di Antiochia. Quando scoppiò la persecuzione era già vescovo e si nascose per sette anni in una caverna del monte Libano. Ritornato in città fu arrestato e condotto al tribunale dell'imperatore che con lusinghe e tormenti cercò di persuaderlo a sacrificare agli dei; ma Erasmo rimase saldo nella fede e fu rinchiuso in carcere. Liberato miracolosamente, si recò nell'Illirico dove in sette anni convertì quattrocentomila persone. Arrestato ancora una volta per ordine di Massimiano, fu condotto a Sirmio dove abbatté un simulacro e convertì altre quattrocentomila persone, molte delle quali furono immediatamente uccise, mentre Erasmo, dopo essere stato ancora tormentato orribilmente, era rinchiuso in carcere. Fu liberato allora dall'arcangelo Michele che lo condusse a Formia, ed ivi sette giorni dopo placidamente morì.
Il nome di Erasmo, oltre che nei martirologi storici, donde è passato nel Romano, era inserito nel Calendario marmoreo di Napoli. Nell'842, dopo che Formia era stata distrutta dai Saraceni, le sue reliquie vennero trasferite a Gaeta e nascoste in un pilastro della chiesa di S. Maria, dove furono rinvenute nel 917 dal vescovo Bono. Da quel tempo Erasmo fu proclamato patrono di Gaeta e furono anche coniate monete con la sua effigie. Il 3 febbraio 1106 Pasquale II consacrò la cattedrale di Gaeta in onore della Vergine e di Erasmo Nel Medio Evo il santo fu annoverato tra i cosidetti santi Ausiliatori e invocato specialmente contro le epidemie, mentre i marinai lo venerano come patrono col nome di S. Elmo.
Sulla personalità di Erasmo purtroppo siamo male informati poiché la passio, compilata con molta probabilità verso il sec. VI, è favolosa e leggendaria, né può aver maggior valore una biografia attribuita, senza solido fondamento, a Gelasio II (1118-19). Da questi scritti appare evidente come gli autori niente sapessero di sicuro intorno ad Erasmo se non ch'era stato vescovo di Formia ed era morto martire al tempo forse di Diocleziano.
Secondo la passio, dunque, Erasmo era oriundo di Antiochia. Quando scoppiò la persecuzione era già vescovo e si nascose per sette anni in una caverna del monte Libano. Ritornato in città fu arrestato e condotto al tribunale dell'imperatore che con lusinghe e tormenti cercò di persuaderlo a sacrificare agli dei; ma Erasmo rimase saldo nella fede e fu rinchiuso in carcere. Liberato miracolosamente, si recò nell'Illirico dove in sette anni convertì quattrocentomila persone. Arrestato ancora una volta per ordine di Massimiano, fu condotto a Sirmio dove abbatté un simulacro e convertì altre quattrocentomila persone, molte delle quali furono immediatamente uccise, mentre Erasmo, dopo essere stato ancora tormentato orribilmente, era rinchiuso in carcere. Fu liberato allora dall'arcangelo Michele che lo condusse a Formia, ed ivi sette giorni dopo placidamente morì.
Tratto da
http://www.metafonicamente.it/storia_erasmo.htm
La
vita di Sant'Erasmo è sospesa fra storia e leggenda poichè non possediamo fonti
documentarie dirette che narrino con certezza gli eventi della sua esistenza
terrena. Ciò che è certo è che egli è nato nel 3° secolo dopo Cristo ad
Antiochia ed è morto, martire, nel 303, in seguito alle persecuzioni di
Diocleziano. Di famiglia benestante, si narra che abbia studiato a Roma fin da
piccolo e che la sua fede si forgiò, fortissima, fin dalla più tenera età.
Intorno ai quarant'anni divenne vescovo di Antiochia. E qui la sua vita assume
le tinte della leggenda: bisogna attingere alla "Passio" compilata nel
VI secolo e che è sicuramente leggendaria. Qui si narra che quando scoppiò la
persecuzione contro i cristiani da parte di Diocleziano e Massimiano, Erasmo
era già vescovo. Per cercare di sfuggire alla persecuzione, si nascose per
sette anni in una caverna del monte Libano. Ritornato in città con l'intenzione
di affrontare anche la morte pur di diffondere la fede in Cristo, fu arrestato
e condotto al tribunale dell'imperatore che, alternando lusinghe a tormenti,
cercò di persuaderlo a sacrificare agli dei e a rinunciare alla sua fede; ma
Erasmo fu irremovibile e rimase saldo nella fede e, perciò, fu rinchiuso in
carcere. Liberato miracolosamente dall'intervento di un angelo, si recò
nell'Illirico dove, in sette anni di infaticabile predicazione, convertì
quattrocentomila persone. Arrestato di nuovo, stavolta per ordine di
Massimiano, fu condotto a Sirmio dove, in segno di sfida, abbatté un simulacro
e convertì altre quattrocentomila persone, molte delle quali furono uccise.
Erasmo, dopo essere stato ancora tormentato orribilmente, fu rinchiuso in
carcere. Fu liberato allora dall'arcangelo Michele che lo condusse a Formia, e
qui, sette giorni dopo, spirò il 2 giugno 303, essendo stato martirizzato,
pare, tramite eviscerazione (gli furono strappati gli intestini) e leggenda
vuole che le visceri gli fossero legate ad un argano: il famoso dipinto di
Poussin ritrae proprio tale scena per raffigurare il martirio del Santo.
Fu sepolto dal vescovo formiano Probo nella parte occidentale della città, nei pressi dell'anfiteatro (oggi teatro) e il suo corpo rimase in quel luogo fino alla traslazione nel castro di Gaeta. Trent'anni dopo le invasioni saracene del IX secolo, proprio a Gaeta, il vescovo Bono ed il patrizio Docibile, essendo state rinvenute le ossa nella chiesa di S. Maria del Parco, fecero erigere una chiesa (oggi Cattedrale) degna di cotanto santo.
La Passio si conclude con il ricordo dei miracoli che ancora al tempo di Gelasio avvenivano sia nel luogo dove era la prima tomba, a Formia, sia nel luogo, a Gaeta, dove trovò definitva sepoltura.
I successivi ritrovamenti archeologici hanno comunque confermato i dati storici della Passio. Gli scavi archeologici a Formia e Ochrida hanno restituito la tomba e il culto.
Il nome del Santo, Elmo o Elm, è frutto di una trasformazione nel corso dei secoli, soprattutto ad opera dei marinai, da Erm a sua volta derivato da Erasmo.
I monaci benedettini furono particolarmente legati al culto per il santo martire. Anche Gregorio Magno si interessò alla sua vita e aiutò la nascita della cattedrale formiana. Il culto è attestato lungo l'Appia ed è certamente la cultualità più antica: l'evangelizzazione di Erasmo potrebbe essere avvenuta proprio lungo la strada consolare.
Al tempo del Ducato di Gaeta (IX-XII secolo) Erasmo era stato proclamato patrono della città: il culto fu propagato via mare dai marinai e commercianti gaetani nei porti del Tirreno. Attorno ai santi patroni si identificava e consolidava la società cittadina. Durante il Medioevo il suo culto si consolidò e venne inserito tra i cosiddetti Santi ausiliatori quale patrono dei marinai e protettore dei malati di stomaco. La memoria liturgica si festeggia il 2 giugno.
Fu proprio tra i marinai che il nome di Sant’Erasmo si mutò in quello di Elmo ed ebbe un curioso seguito, ovvero le spettrali fiammelle che si vedono, o si vedevano un tempo, sugli alberi e i pennoni delle navi, prima o dopo tempeste di mare, e che sono dovute a scariche di elettricità statica: esse vennero chiamate comunemente fuoco di “Sant’Elmo”. Si volle, così, attribuire questo fenomeno alla protezione che il Santo sicuramente non avrebbe fatto mancare ai marinai, trasformando la loro nave a guisa di un grande candelabro, che alzava al cielo la richiesta della salvezza contro le forze scatenante della natura.
Dal santo prende nome anche la bella isola di Sant'Erasmo, situata nella zona nord della laguna di Venezia.
Sant'Erasmo è il patrono di:
Fu sepolto dal vescovo formiano Probo nella parte occidentale della città, nei pressi dell'anfiteatro (oggi teatro) e il suo corpo rimase in quel luogo fino alla traslazione nel castro di Gaeta. Trent'anni dopo le invasioni saracene del IX secolo, proprio a Gaeta, il vescovo Bono ed il patrizio Docibile, essendo state rinvenute le ossa nella chiesa di S. Maria del Parco, fecero erigere una chiesa (oggi Cattedrale) degna di cotanto santo.
La Passio si conclude con il ricordo dei miracoli che ancora al tempo di Gelasio avvenivano sia nel luogo dove era la prima tomba, a Formia, sia nel luogo, a Gaeta, dove trovò definitva sepoltura.
I successivi ritrovamenti archeologici hanno comunque confermato i dati storici della Passio. Gli scavi archeologici a Formia e Ochrida hanno restituito la tomba e il culto.
Il nome del Santo, Elmo o Elm, è frutto di una trasformazione nel corso dei secoli, soprattutto ad opera dei marinai, da Erm a sua volta derivato da Erasmo.
I monaci benedettini furono particolarmente legati al culto per il santo martire. Anche Gregorio Magno si interessò alla sua vita e aiutò la nascita della cattedrale formiana. Il culto è attestato lungo l'Appia ed è certamente la cultualità più antica: l'evangelizzazione di Erasmo potrebbe essere avvenuta proprio lungo la strada consolare.
Al tempo del Ducato di Gaeta (IX-XII secolo) Erasmo era stato proclamato patrono della città: il culto fu propagato via mare dai marinai e commercianti gaetani nei porti del Tirreno. Attorno ai santi patroni si identificava e consolidava la società cittadina. Durante il Medioevo il suo culto si consolidò e venne inserito tra i cosiddetti Santi ausiliatori quale patrono dei marinai e protettore dei malati di stomaco. La memoria liturgica si festeggia il 2 giugno.
Fu proprio tra i marinai che il nome di Sant’Erasmo si mutò in quello di Elmo ed ebbe un curioso seguito, ovvero le spettrali fiammelle che si vedono, o si vedevano un tempo, sugli alberi e i pennoni delle navi, prima o dopo tempeste di mare, e che sono dovute a scariche di elettricità statica: esse vennero chiamate comunemente fuoco di “Sant’Elmo”. Si volle, così, attribuire questo fenomeno alla protezione che il Santo sicuramente non avrebbe fatto mancare ai marinai, trasformando la loro nave a guisa di un grande candelabro, che alzava al cielo la richiesta della salvezza contro le forze scatenante della natura.
Dal santo prende nome anche la bella isola di Sant'Erasmo, situata nella zona nord della laguna di Venezia.
Sant'Erasmo è il patrono di:
- Castel Goffredo, in provincia di Mantova, dove è compatrono con san Luca Evangelista.
- Civitella Messer Raimondo in provincia di Chieti.
- Formia, dove è patrono con San Giovanni Battista.
- Gaeta, dove è patrono con San Marciano.
- Legnano, dove è patrono dell'omonima Contrada, una delle otto che ogni anno gareggiano nel palio.
- Porto Ercole.
- Roccagorga in provincia di Latina.
- Santeramo in Colle, un comune della provincia di Bari gemellata con la città di Formia.
- Succiano di Acciano in provincia dell'Aquila.
Santi Martiri a
Roma sotto Diocleziano tra il 303 e il 305 Marcellino presbitero e Pietro
esorcista
Martirologio Romano:
Santi martiri Marcellino, sacerdote, e Pietro, esorcista, che, come riporta il
papa san Damaso, furono condannati a morte durante la persecuzione
dell’imperatore Diocleziano; condotti tra i rovi sul luogo del supplizio,
ebbero l’ordine di scavarsi il sepolcro con le proprie mani, perché i corpi
rimanessero nascosti a tutti, ma la pia donna Lucilla diede degna sepoltura
alle loro sante membra a Roma sulla via Labicana nel cimitero ad Duas Lauros.
Tratto
da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/27550
La più antica notizia sul loro martirio
ci è stata tramandata da Damaso (m. 384) il quale attesta di averla appresa in
gioventù dalla bocca dello stesso carnefice. Secondo la testimonianza del papa,
dunque, il giudice aveva ordinato che i due martiri fossero decapitati nel
folto di una selva affinché i loro sepolcri restassero sconosciuti; condotti al
luogo del supplizio essi si prepararono con le proprie mani la tomba, in cui i
loro corpi rimasero ignorati finché la pia matrona Lucilla, venuta a conoscenza
della cosa, si premurò di farli trasferire e seppellire altrove.
Il loro sepolcro infatti è indicato dal Martirologio Geronimiano, il quale attesta che Marcellino era presbitero e Pietro esorcista e li commemora il 2 giug., nel cimitero ad duas lauros al terzo miglio della via Labicana. Ivi li venerarono i pellegrini del sec. VII, mentre il dies natalis è concordemente attestato da tutti i libri liturgici (Sacramentari) ed agiografici (martirologi storici).
Secondo l'autore del Liber Pontificalis, Costantino edificò in loro onore una basilica; il carme che il papa Damaso aveva posto sul loro sepolcro fu distrutto dai Goti, ma il papa Vigilio lo rifece inserendo i nomi dei due martiri anche nel Canone della Messa. Allo stesso periodo deve attribuirsi il loro ricordo nella liturgia ambrosiana e la dedicazione di un'altra chiesa a loro intitolata sulla moderna via Labicana (angolo via Merulana) già attestata nel sinodo romano del 595.
Quasi nello stesso periodo fu composta anche una passio (BHL, II, o. 776, n. 5230) che nella narte migliore non fa altro che parafrasare il carme damasiano, ma aggiunge fantastiche notizie secondo le quali i nostri santi avrebbero avuto relazione con i martiri Artemio, Seconda e Paolina (v. BSS. II, col. 490). sarebbero stati uccisi al XII miglio della via Aurelia. in una località che in loro ricordo fu detta Silva Candida (antica Lorium), che il carnefice si chiamava Doroteo e da vecchio si convertì al Cristianesimo ricevendo il Battesimo dalle mani del papa Giulio I.
Le reliquie dei due martiri nel sec. IX sarebbero state trasferite a Seligenstadt in Germania, ma dal racconto di Eginardo nasce il fondato sospetto che il famigerato diacono Deusdona, parte in causa ed agente principale di quella traslazione, abbia, secondo il suo costume, ingannato i messi del pio scrittore ed abate.
Il loro sepolcro infatti è indicato dal Martirologio Geronimiano, il quale attesta che Marcellino era presbitero e Pietro esorcista e li commemora il 2 giug., nel cimitero ad duas lauros al terzo miglio della via Labicana. Ivi li venerarono i pellegrini del sec. VII, mentre il dies natalis è concordemente attestato da tutti i libri liturgici (Sacramentari) ed agiografici (martirologi storici).
Secondo l'autore del Liber Pontificalis, Costantino edificò in loro onore una basilica; il carme che il papa Damaso aveva posto sul loro sepolcro fu distrutto dai Goti, ma il papa Vigilio lo rifece inserendo i nomi dei due martiri anche nel Canone della Messa. Allo stesso periodo deve attribuirsi il loro ricordo nella liturgia ambrosiana e la dedicazione di un'altra chiesa a loro intitolata sulla moderna via Labicana (angolo via Merulana) già attestata nel sinodo romano del 595.
Quasi nello stesso periodo fu composta anche una passio (BHL, II, o. 776, n. 5230) che nella narte migliore non fa altro che parafrasare il carme damasiano, ma aggiunge fantastiche notizie secondo le quali i nostri santi avrebbero avuto relazione con i martiri Artemio, Seconda e Paolina (v. BSS. II, col. 490). sarebbero stati uccisi al XII miglio della via Aurelia. in una località che in loro ricordo fu detta Silva Candida (antica Lorium), che il carnefice si chiamava Doroteo e da vecchio si convertì al Cristianesimo ricevendo il Battesimo dalle mani del papa Giulio I.
Le reliquie dei due martiri nel sec. IX sarebbero state trasferite a Seligenstadt in Germania, ma dal racconto di Eginardo nasce il fondato sospetto che il famigerato diacono Deusdona, parte in causa ed agente principale di quella traslazione, abbia, secondo il suo costume, ingannato i messi del pio scrittore ed abate.
Tratto da
http://www.enrosadira.it/santi/m/marcellino-pietro.htm
Marcellino e Pietro, santi, martiri di
Roma, nel 1256 loro resti furono adoperati da papa Alessandro IV per consacrare
l’altare maggiore della chiesa a loro dedicata. Sempre loro reliquie non
insigni vennero utilizzate per la riconsacrazione dell’altare il 28 aprile 1754
dal cardinale titolare Vincenzo Malvezzi. I due martiri erano venerati dai
pellegrini del VII secolo nel cimitero "ad duas lauros", al terzo
miglio della Via Labicana; la loro cripta fu scoperta nel 1896 (ingresso in via
Casilina, n.641). I resti vennero trafugati nell’827 da quattro monaci francesi
per conto di Eginardo e portati prima in Francia, poi in Germania a
Seligenstadt. A titolo di riparazione furono donati a S. Pio V i corpi dei
martiri Servanzio e Lamberto vescovo. Le reliquie di Marcellino e di Pietro, nella seconda metà del XVIII secolo, risultavano
anche in una chiesa a loro intitolata a Cremona.
Altra trascrizione del Martirologio.Romano .: 2 giugno - A Roma il natale dei santi Martiri Marcellino Prete e Pietro Esorcista, i quali, sotto Diocleziano, ammaestrando in prigione molti nella fede, dopo crudele prigionia e moltissimi tormenti, dal Giudice Sereno furono decapitati nel luogo, detto Selva Nera, che poi, in onore dei Santi, cambiato nome, fu chiamato Selva Candida. I loro corpi furono sepolti nelle catacombe, vicino a san Tiburzio, e il loro sepolcro fu poi adornato con versi da san Damaso Papa.
Tratto da
http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2015/6/2/SANTO-DEL-GIORNO-Il-2-giugno-si-celebrano-i-Santi-Martiri-Marcellino-sacerdote-e-Pietro-esorcista/613493/
I
Santi Martiri Marcellino sacerdote e Pietro Esorcista sono venerati, sia dalla
chiesa cattolica che da quella ortodossa, il 2 giugno. Non ci sono pervenute
notizie certe sulle loro vite, tuttavia, secondo fonti storiografiche, la loro
nascita è da collocare nella seconda metà del III secolo a Roma. Marcellino e
Pietro, secondo fonti autorevoli, sono descritti come uomini virtuosi, ottimi
predicatori della parola di Dio, caritatevoli ed ammirati e stimati dai
credenti.
Grazie
all'opera redatta da Papa Damasio conosciamo la data della loro morte avvenuta,
per decapitazione, nel 304 a Roma durante la persecuzione dell'Imperatore
Diocleziano. L'autore racconta, nei minimi particolare, il loro martirio
attestando di avere saputo i particolare da Dorotero, il loro assassino prima
che decidesse di convertirsi al cristianesimo. Riporta che i due Santi Martiri
furono sottoposti a tremende torture prima di essere condotti in luogo definito
Selva Nera, che prenderà successivamente il nome di Silva Candida in loro
ricordo. In quel luogo vennero decapitati dopo avergli fatto scavare con le
proprie mani le loro fosse.
Secondo
le notizie papali, il giudice che aveva ordinato il loro assassinio aveva
imposto che la loro uccisione avvenisse in luogo isolato affinché le loro tombe
rimanessero ignote. I loro resti ritornarono alla luce per merito della Matrona
Lucilla, come attestato dal Martirologio Geronimiano. La donna, dopo aver
saputo dell'accaduto, decise di riesumarli facendoli trasferire nelle catacombe
ad duas lauros ubicato sulla via Labicana. Le due spoglie furono inviate da
Papa Gregorio IV in Francia e poi traslocate da Eginardo, consigliere di Carlo
Magno, nella Chiesa di Seligenstad sul Meno nella città di Magonza nella
Germania Occidentale. Sembrerebbe che Costantino, come riportato dalla più
autorevole fonte biografica del primo Medioevo ovvero il “Liber Pontificalis”,
abbia fatto erigere una basilica in onore dei due martiri cristiani.
Questa
chiesa andò distrutta, durante l'invasione dei Goti e, al contempo, anche la
lastra che riportava il cantico che Papa San Damaso aveva scritto in memoria
dei due Santi, venne devastata. Papa Virgilio, in seguito, la fece ristrutturare
e fece inserire i nomi dei Santi nella preghiera di consacrazione. Tra il 1632
ed il 1638, venne realizzata una modesta chiesa, sotto il pontificato di Urbano
VII, dedicandola a questi due santi. Per erigerla ricorsero all'uso di parte
delle macerie della antica Basilica. Nel 1785, Papa Clemente XIII, si fece
fautore dell'ampliamento di tale chiesa trasformandola in Parrocchia e quindi
in Chiesa dei Santi Marcellino e Pietro. Tra il 1996 ed il 2000 è stata
ristrutturata collegandola alle Catacombe.
Un
frammento di un osso di San Marcellino Sacerdote è custodito nella Chiesa di
San Giovanni Battista, in provincia di Chieti, e più precisamente nel comune di
Monteodorisio. Il nome Marcellino, diminutivo di Marco, ha una derivazione
latina ed, etimologicamente, ha un duplice significato ovvero nato in marzo e
sacro a Marte. Il nome Pietro ha origine dalla parola ebraica Kephas ed,
etimologicamente, significa sasso quadrato. I Santi martiri Marcellino e Pietro
vengono raffigurati, nella maggior parte dei casi, come uomini di mezza età e
con la tosura. Hanno tra le mani una corona o un rotulo e come emblema la palma
simbolo del martirio. Nelle catacombe, a loro dedicate, si trova un affresco
che li raffigura con la barba corta, senza aureola, con un agnello vicino e con
una dicitura che riporta i loro nomi. In un altro dipinto, nelle Catacombe di
Ponziano, i due martiri sono raffigurati come due adolescenti con vicino San
Pollione e contraddistinti con i loro nomi. I Santi Marcellino e Pietro sono
patroni di alcune città italiane tra cui PiediMonte Matese e San Marcellino,
comuni entrambi ubicati in provincia di Caserta e Monteodorisio in provincia di
Chieti.
Santo Eugenio
I papa e patriarca di Roma che confessa la retta fede contra et versus
l’eresia del monotelisno (verso il 657)
Tratto dal
quotidiano Avvenire
(Papa dal 10/08/654 al 02/06/657)
L'esarca Teodoro Calliopa e il cubiculario Peliuro, per ordine dell'imperatore Costante I, la notte del 19 giugno 653 costrinsero con la violenza il papa Martino I a lasciare Roma e a seguirli a Costantinopoli, dove giunsero il 17 settembre dell'anno successivo. Martino fu sottoposto ad un finto processo, privato del pallio ed esiliato nel Chersoneso dove morì il 16 settembre 655. Il clero romano gli diede un successore nella persona del romano Eugenio I, che fu consacrato il 10 agosto 654. Figlio del romano Ruffiniano, Eugenio era persona retta e meritevole dell'alto ufficio. Ciò apparve dall'atteggiamento assunto verso Pirro, patriarca bizantino, e il suo successore Pietro, che nel 656 aveva mandato al papa, secondo l'uso, una lettera con l'annuncio della sua nomina e una professione di fede ambigua sulla questione che agitava gli animi, quella delle due volontà ed operazioni in Cristo. Letta nella chiesa di Santa Maria ad praesepe, venne respinta dal papa, dal clero e dal popolo. Il gesto irritò la corte di Costantinopoli e certamente Eugenio avrebbe avuto la sorte del suo predecessore se la morte, avvenuta il 2 giugno 657, non lo avesse impedito. Fu sepolto in San Pietro.
L'esarca Teodoro Calliopa e il cubiculario Peliuro, per ordine dell'imperatore Costante I, la notte del 19 giugno 653 costrinsero con la violenza il papa Martino I a lasciare Roma e a seguirli a Costantinopoli, dove giunsero il 17 settembre dell'anno successivo. Martino fu sottoposto ad un finto processo, privato del pallio ed esiliato nel Chersoneso dove morì il 16 settembre 655. Il clero romano gli diede un successore nella persona del romano Eugenio I, che fu consacrato il 10 agosto 654. Figlio del romano Ruffiniano, Eugenio era persona retta e meritevole dell'alto ufficio. Ciò apparve dall'atteggiamento assunto verso Pirro, patriarca bizantino, e il suo successore Pietro, che nel 656 aveva mandato al papa, secondo l'uso, una lettera con l'annuncio della sua nomina e una professione di fede ambigua sulla questione che agitava gli animi, quella delle due volontà ed operazioni in Cristo. Letta nella chiesa di Santa Maria ad praesepe, venne respinta dal papa, dal clero e dal popolo. Il gesto irritò la corte di Costantinopoli e certamente Eugenio avrebbe avuto la sorte del suo predecessore se la morte, avvenuta il 2 giugno 657, non lo avesse impedito. Fu sepolto in San Pietro.
TRATTO da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/55600
L'esarca Teodoro Calliopa e il
cubiculario Peliuro, in ottemperanza agli ordini ricevuti dall'imperatore
Costante I, la notte del 19 giugno 653 costrinsero con la violenza il papa
Martino I a lasciare Roma e a seguirli a Costantinopoli, dove giunsero, dopo un
viaggio disagevole, il 17 settembre dell'anno successivo. Martino fu sottoposto
ad una larva di processo, privato del pallio ed esiliato nel Chersoneso dove
morì il 16 settembre 655.
Il clero romano, che lo aveva fedelmente sostenuto al concilio convocato nella basilica costantiniana il 5 ottobre 649, nel quale si condannarono l'Ectesi di Eraclio e il Tipo di Costante, non esitò, prima ancora di conoscere l'esito del processo, a dargli un successore nella persona del romano Eugenio I, che fu consacrato il 10 agosto 654.
La scelta non fu, peraltro, cattiva, poiché Eugenio, figlio del romano Ruffiniano, era persona retta e in tutto meritevole dell'alto ufficio. Ciò apparve dall'atteggiamento assunto verso Pirro, patriarca bizantino, e il suo successore Pietro, che nel 656 aveva mandato al papa, secondo l'uso, una lettera con l'annuncio della sua nomina e una professione di fede ambigua sulla questione che agitava gli animi, quella delle due volontà ed operazioni in Cristo. Letta nella chiesa di S. Maria ad praesepe, venne respinta dal papa, dal clero e dal popolo. Il gesto irritò la corte di Costantinopoli e certamente Eugenio avrebbe avuto la sorte del suo predecessore se la morte, avvenuta il 2 giugno 657, non lo avesse impedito. Fu sepolto in S. Pietro. Ignorato dal Martirologio Geronimiano, da Usuardo e dagli antichi martirologi, fu iscritto dal Baronio nel Martirologio Romano ed è ricordato il giorno della morte.
Il clero romano, che lo aveva fedelmente sostenuto al concilio convocato nella basilica costantiniana il 5 ottobre 649, nel quale si condannarono l'Ectesi di Eraclio e il Tipo di Costante, non esitò, prima ancora di conoscere l'esito del processo, a dargli un successore nella persona del romano Eugenio I, che fu consacrato il 10 agosto 654.
La scelta non fu, peraltro, cattiva, poiché Eugenio, figlio del romano Ruffiniano, era persona retta e in tutto meritevole dell'alto ufficio. Ciò apparve dall'atteggiamento assunto verso Pirro, patriarca bizantino, e il suo successore Pietro, che nel 656 aveva mandato al papa, secondo l'uso, una lettera con l'annuncio della sua nomina e una professione di fede ambigua sulla questione che agitava gli animi, quella delle due volontà ed operazioni in Cristo. Letta nella chiesa di S. Maria ad praesepe, venne respinta dal papa, dal clero e dal popolo. Il gesto irritò la corte di Costantinopoli e certamente Eugenio avrebbe avuto la sorte del suo predecessore se la morte, avvenuta il 2 giugno 657, non lo avesse impedito. Fu sepolto in S. Pietro. Ignorato dal Martirologio Geronimiano, da Usuardo e dagli antichi martirologi, fu iscritto dal Baronio nel Martirologio Romano ed è ricordato il giorno della morte.
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