Santi Martiri di Lentini in
Sicilia(verso il 25)
I Santi Massimo e
Claudio,fratelli,con Santa Prepedigna,moglie di Claudio,e i loro due figli
Alessandro e Cuzia martiri ad Ostia
sotto Diocleziano(verso il 295)
Claudio fu incaricato dall'imperatore
Diocleziano di chiedere come sposa per il proprio figlio Massimiano, sua nipote
Susanna, figlia di Gabinio; recatosi dal fratello, Claudio fu convertito al
Cristianesimo e sul suo esempio, abbracciarono la fede anche la moglie
Prepedigna insieme con i figli Alessandro e Cuzia.
Dopo qualche tempo fu inviato da Gabinio, Massimo, fratello di Claudio, ma anche lui abbracciò la fede. 1 neo convertiti distribuirono i loro beni ai poveri e si diedero a praticare opere di carità. Quando Diocleziano ebbe notizia di ciò, li fece arrestare tutti e li esiliò ad Ostia, dove furono bruciati vivi e le loro ceneri furono gettate in mare.
Dopo qualche tempo fu inviato da Gabinio, Massimo, fratello di Claudio, ma anche lui abbracciò la fede. 1 neo convertiti distribuirono i loro beni ai poveri e si diedero a praticare opere di carità. Quando Diocleziano ebbe notizia di ciò, li fece arrestare tutti e li esiliò ad Ostia, dove furono bruciati vivi e le loro ceneri furono gettate in mare.
Tratto da http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2016/7/7/SAN-CLAUDIO-Santo-del-giorno-il-7-luglio-si-celebra-san-Claudio/713866/
E' importante inquadrare il
periodo storico entro il quale si svolge la vita di san Claudio. Questa si svolge
durante l'impero di Diocleziano e in un momento in cui il cristianesimo si era
ormai diffuso in tutto l'impero con i suoi dettami e i suoi precetti: non
veniva riconosciuta l'autorità divina dell'imperatore romano, si era contrari
alla guerra e si predicava l'astensione dalle cariche
pubbliche. Diocleziano all'inizio tollerava la nuova fede, ma quando due
magistrati si rifiutarono di fare sacrifici agli dei per celebrare la vittoria
sui persiani, diede inizio alle persecuzioni dei cristiani con tre editti,
disponendo tra le altre cose che le chiese e i libri sacri venissero bruciati e
concedendo l'amnistia solo a coloro che abiuravano la loro fede in Cristo e
abbracciavano il paganesimo. Si sa che san Claudio si convertì al cristianesimo grazie al
fratello Massimo. Anche sua moglie Prepedigna e i figli Alessandro e Cuzia
seguirono il loro pio padre come modello. San Claudio adottò lo stile di vita del buon
cristiano, dedicando la vita al Signore, pregando, facendo opere di bene e
dedicando se stesso e tutti i suoi averi ai poveri e ai bisognosi.
Nel frattempo l'imperatore Diocleziano era piuttosto favorevole al matrimonio tra il proprio figlio Massimiano con la nipote di san Claudio, Susanna. Ma da fervente cristiano non appoggiò le nozze volute dall'imperatore. Quest'ultimo, vista l'opposizione di san Claudio, lo fece arrestare insieme alla sua famiglia, esiliandoli ad Ostia. Qui la loro sorte fu atroce: furono arsi vivi e le loro ceneri buttate in mare.
Nel frattempo l'imperatore Diocleziano era piuttosto favorevole al matrimonio tra il proprio figlio Massimiano con la nipote di san Claudio, Susanna. Ma da fervente cristiano non appoggiò le nozze volute dall'imperatore. Quest'ultimo, vista l'opposizione di san Claudio, lo fece arrestare insieme alla sua famiglia, esiliandoli ad Ostia. Qui la loro sorte fu atroce: furono arsi vivi e le loro ceneri buttate in mare.
Saintes CONSTANCE, AUGUSTA, ATTIQUE et ARTEMOE, vierges à Rome (IVème siècle)
San
Leone I papa e patriarca di Roma detto
il Grande (pontificato 440-461)
Martirologio
Romano Memoria di san Leone I, papa e dottore della Chiesa: nato in Toscana, fu
dapprima a Roma solerte diacono e poi, elevato alla cattedra di Pietro, meritò
a buon diritto l’appellativo di Magno sia per aver nutrito il gregge a lui
affidato con la sua parola raffinata e saggia, sia per aver sostenuto
strenuamente attraverso i suoi legati nel Concilio Ecumenico di Calcedonia la
retta dottrina sull’incarnazione di Dio. Riposò nel Signore a Roma, dove in
questo giorno fu deposto presso san Pietro.
Tratto
da http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2008/documents/hf_ben-xvi_aud_20080305.html
Oggi ci
accostiamo alla figura di un Papa, che nel 1754 fu proclamato da Benedetto XIV
Dottore della Chiesa: si tratta di san Leone Magno. Come indica l’appellativo
presto attribuitogli dalla tradizione, egli fu davvero uno dei più grandi
Pontefici che abbiano onorato la Sede romana, contribuendo moltissimo a
rafforzarne l’autorità e il prestigio. Primo Vescovo di Roma a portare il nome
di Leone, adottato in seguito da altri dodici Sommi Pontefici, è anche il primo
Papa di cui ci sia giunta la predicazione, da lui rivolta al popolo che gli si
stringeva attorno durante le celebrazioni. Leone era originario della Tuscia. Divenne diacono della Chiesa di Roma intorno all’anno 430, e col tempo acquistò in essa una posizione di grande rilievo. Questo ruolo di spicco indusse nel 440 Galla Placidia, che in quel momento reggeva l’Impero d’Occidente, a inviarlo in Gallia per sanare una difficile situazione. Ma nell’estate di quell’anno il Papa Sisto III – il cui nome è legato ai magnifici mosaici di Santa Maria Maggiore – morì, e a succedergli fu eletto proprio Leone, che ne ricevette la notizia mentre stava appunto svolgendo la sua missione di pace in Gallia. Rientrato a Roma, il nuovo Papa fu consacrato il 29 settembre del 440. Iniziava così il suo pontificato, che durò oltre ventun anni, e che è stato senza dubbio uno dei più importanti nella storia della Chiesa. Alla sua morte, il 10 novembre del 461, il Papa fu sepolto presso la tomba di san Pietro. Le sue reliquie sono custodite anche oggi in uno degli altari della Basilica vaticana.
Quelli in cui visse Papa Leone erano tempi molto difficili: il ripetersi delle invasioni barbariche, il progressivo indebolirsi in Occidente dell’autorità imperiale e una lunga crisi sociale avevano imposto al Vescovo di Roma – come sarebbe accaduto con evidenza ancora maggiore un secolo e mezzo più tardi, durante il pontificato di Gregorio Magno – di assumere un ruolo rilevante anche nelle vicende civili e politiche. Ciò non mancò, ovviamente, di accrescere l’importanza e il prestigio della Sede romana. Celebre è rimasto soprattutto un episodio della vita di Leone. Esso risale al 452, quando il Papa a Mantova, insieme a una delegazione romana, incontrò Attila, capo degli Unni, e lo dissuase dal proseguire la guerra d’invasione con la quale già aveva devastato le regioni nordorientali dell’Italia. E così salvò il resto della Penisola. Questo importante avvenimento divenne presto memorabile, e rimane come un segno emblematico dell’azione di pace svolta dal Pontefice. Non altrettanto positivo fu purtroppo, tre anni dopo, l’esito di un’altra iniziativa papale, segno comunque di un coraggio che ancora ci stupisce: nella primavera del 455 Leone non riuscì infatti a impedire che i Vandali di Genserico, giunti alle porte di Roma, invadessero la città indifesa, che fu saccheggiata per due settimane. Tuttavia il gesto del Papa – che, inerme e circondato dal suo clero, andò incontro all’invasore per scongiurarlo di fermarsi – impedì almeno che Roma fosse incendiata e ottenne che dal terribile sacco fossero risparmiate le Basiliche di San Pietro, di San Paolo e di San Giovanni, nelle quali si rifugiò parte della popolazione terrorizzata.
Conosciamo bene l’azione di Papa Leone, grazie ai suoi bellissimi sermoni – ne sono conservati quasi cento in uno splendido e chiaro latino – e grazie alle sue lettere, circa centocinquanta. In questi testi il Pontefice appare in tutta la sua grandezza, rivolto al servizio della verità nella carità, attraverso un esercizio assiduo della parola, che lo mostra nello stesso tempo teologo e pastore. Leone Magno, costantemente sollecito dei suoi fedeli e del popolo di Roma, ma anche della comunione tra le diverse Chiese e delle loro necessità, fu autentico erede dell’apostolo Pietro: di questo si mostrarono ben consapevoli i numerosi Vescovi, in gran parte orientali, riuniti nel Concilio di Calcedonia.
Tenutosi nell’anno 451, con i trecentocinquanta Vescovi che vi parteciparono, questo Concilio fu la più importante assemblea fino ad allora celebrata nella storia della Chiesa. Calcedonia rappresenta il traguardo sicuro della cristologia dei tre Concili ecumenici precedenti: quello di Nicea del 325, quello di Costantinopoli del 381 e quello di Efeso del 431. Già nel VI secolo questi quattro Concili, che riassumono la fede della Chiesa antica, vennero infatti paragonati ai quattro Vangeli: è quanto afferma Gregorio Magno in una famosa lettera (I,24), in cui dichiara “di accogliere e venerare, come i quattro libri del santo Vangelo, i quattro Concili”, perché su di essi - spiega ancora Gregorio - “come su una pietra quadrata si leva la struttura della santa fede”. Il Concilio di Calcedonia – nel respingere l’eresia di Eutiche, che negava la vera natura umana del Figlio di Dio – affermò l’unione nella sua unica Persona, senza confusione e senza separazione, delle due nature umana e divina.
Questa fede in Gesù Cristo vero Dio e vero uomo veniva affermata dal Papa in un importante testo dottrinale indirizzato al Vescovo di Costantinopoli, il cosiddetto Tomo a Flaviano, che, letto a Calcedonia, fu accolto dai Vescovi presenti con un’eloquente acclamazione, della quale è conservata notizia negli atti del Concilio: “Pietro ha parlato per bocca di Leone”, proruppero a una voce sola i Padri conciliari
Consapevole del momento storico in cui viveva e del passaggio che stava avvenendo – in un periodo di profonda crisi – dalla Roma pagana a quella cristiana, Leone Magno seppe essere vicino al popolo e ai fedeli con l’azione pastorale e la predicazione. Animò la carità in una Roma provata dalle carestie, dall’afflusso dei profughi, dalle ingiustizie e dalla povertà. Contrastò le superstizioni pagane e l’azione dei gruppi manichei. Legò la liturgia alla vita quotidiana dei cristiani: per esempio, unendo la pratica del digiuno alla carità e all’elemosina soprattutto in occasione delle Quattro tempora, che segnano nel corso dell’anno il cambiamento delle stagioni. In particolare Leone Magno insegnò ai suoi fedeli – e ancora oggi le sue parole valgono per noi – che la liturgia cristiana non è il ricordo di avvenimenti passati, ma l’attualizzazione di realtà invisibili che agiscono nella vita di ognuno. E’ quanto egli sottolinea in un sermone (64,1-2) a proposito della Pasqua, da celebrare in ogni tempo dell’anno “non tanto come qualcosa di passato, quanto piuttosto come un evento del presente”. Tutto questo rientra in un progetto preciso, insiste il santo Pontefice: come infatti il Creatore ha animato con il soffio della vita razionale l’uomo plasmato dal fango della terra, così, dopo il peccato d’origine, ha inviato il suo Figlio nel mondo per restituire all’uomo la dignità perduta e distruggere il dominio del diavolo mediante la vita nuova della grazia.
È questo il mistero cristologico al quale san Leone Magno, con la sua lettera al Concilio di Calcedonia, ha dato un contributo efficace ed essenziale, confermando per tutti i tempi — tramite tale Concilio — quanto disse san Pietro a Cesarea di Filippo. Con Pietro e come Pietro confessò: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E perciò Dio e Uomo insieme, “non estraneo al genere umano, ma alieno dal peccato” (cfr Serm. 64)
Tratto da http://www.vaticano.com/10-novembre-san-leone-magno-storia-di-un-grande-papa/
Di origine toscana, Leone diventa
diacono della Chiesa di Roma intorno all’anno 430. Alla morte di Papa Sisto III
nel 440 viene eletto Papa, la
notizia lo raggiunge mentre stava svolgendo una missione di pace in Gallia. Il
suo pontificato, che dura oltre 21 anni, viene ritenuto tra i più importanti
nella storia della Chiesa. Muore il 10
novembre del 461, le sue reliquie sono custodite in uno degli altari
della Basilica Vaticana.
Leone vive in un’epoca di
transizione, un’epoca inquieta, un periodo
di decadenza dell’Impero Romano e di invasioni barbariche. Combatte le invasioni cercando la pace
riuscendo a contenere l’invasione dell’Italia ad opera di Attila, capo degli
Unni. Questo gesto rimane un segno memorabile dell’azione pacifica svolta dal
Pontefice. Stupisce, inoltre, il suo gesto coraggioso quando, nel 455, andò incontro ai vandali che
volevano invadere la città di Roma. Purtroppo non riuscì ad impedire il
saccheggio della città ma evitò
l’incendio e la devastazione delle Basiliche di San Pietro, San Paolo e di San
Giovanni, dove parte della popolazione andò a rifugiarsi.
Papa Leone scrisse numerose lettere e molteplici sermoni.
Il
Concilio di Calcedonia del 451 respingeva l’eresia di Eutiche che negava l’umanità di Cristo e riconosceva in Lui
la sola natura divina.
La domanda fondamentale da cui nasceva
la riflessione Cristologica era: se Cristo è il Figlio di Dio come si
conciliano nella sua persona la natura umana e quella divina?
Il
Concilio di Calcedonia sanciva che Cristo è vero Dio e vero Uomo, è Uno in due
nature senza confusione, senza separazione, senza mutamento, senza
divisione. Le due nature umana e divina vivono nell’unica persona del Cristo.
Se cosi non fosse, se Cristo non avesse assunto pienamente la carne umana, non
avrebbe potuto nemmeno redimerla.
Cosi scrive Papa Leone in una lettera a Flaviano, vescovo di
Costantinopoli su Eutiche:
“Il Figlio di Dio scendendo dalla sede dei cieli senza cessare di essere
partecipe della gloria del Padre, fa l’ingresso in questo basso mondo, generato
secondo un ordine ed una nascita del tutto nuovi: secondo un ordine nuovo,
perché invisibile nella sua natura divina, si fece visibile nella nostra;
perché incomprensibile, volle esser compreso; fuori del tempo, cominciò ad
esistere nel tempo; Signore di tutte le cose, assunse la natura di servo, nascondendo
l’immensità della sua maestà; incapace di soffrire perché Dio, non disdegnò di
farsi uomo soggetto alla sofferenza, infine, perché immortale, volle sottoporsi
alle leggi della morte”.
Attraverso la sua azione pastorale e
predicazione Papa Leone si avvicinò al
popolo e ai fedeli, soprattutto conscio del periodo storico in cui
viveva, fatto di carestie, ingiustizie e povertà. Fu promotore della liturgia
legata alla vita insegnando che e vale ancora per noi, la liturgia cristiana
celebra realtà invisibili che sono presenti nella vita di ognuno di noi, e che
non sono un ricordo di avvenimenti passati. Il Creatore ha inviato Suo Figlio nel mondo per restituire
all’uomo la dignità perduta attraverso la grazia e per distruggere il male.
A proposito dell’Incarnazione di
Cristo:
“Dalla madre il Signore ha assunto la natura non la colpa. E nel Signore
nostro Gesù Cristo, generato dal seno della Vergine, la nascita ammirabile non
rende la natura dissimile dalla nostra. Colui, infatti, che è vero Dio, quegli
è anche vero uomo. In questa unione non vi è nulla di incongruente, trovandosi
insieme contemporaneamente la bassezza dell’uomo e l’altezza della divinità”.
Come, infatti, Dio non muta per la
sua misericordia, cosi l’uomo non viene annullato dalla dignità divina. Ognuna
delle due nature, infatti, opera insieme con l’altra ciò che le è proprio: e
cioè il Verbo, quello che è del Verbo; la carne, invece, quello che è della
carne. L’uno brilla per i suoi miracoli, l’altra sottostà alle ingiurie. E come
al Verbo non viene meno l’uguaglianza nella gloria paterna, cosi la carne non
abbandona la natura umana.
La stessa e identica persona,
infatti, è vero figlio di Dio e vero
figlio dell’uomo: Dio, per ciò, che in principio esisteva il Verbo: e il
Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; uomo, per ciò, che: il Verbo si fece
carne e stabilì la sua dimora fra noi; Dio, perché tutte le cose sono state
fatte per mezzo suo, e senza di lui nulla è stato fatto, uomo, perché nacque da
una donna sottoposto alla legge. La nascita della carne manifesta l’umana
natura; il parto di una Vergine è segno della divina potenza. L’infanzia del
bambino è attestata dall’umile culla; la grandezza dell’Altissimo è proclamata
dalle voci degli angeli.”
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