lunedì 19 febbraio 2018

19 Febbraio santi italici ed italo greci

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Il Salterio di santa Elisabetta



  • Reinhardsbrunn (?), tra il 1201 e il 1208, membr.; mm 225 × 170; ff. 173.
  • Cividale del Friuli, Museo Archeologico Nazionale, Archivi e Biblioteca, codice CXXXVII
Uno dei primi salteri di lusso realizzati per l’alta aristocrazia laica in ambito tedesco, con ogni probabilità nel monastero di Reinhardsbrunn, attorno agli anni 1201-1208, su commissione del langravio di Turingia Ermanno I e della sua seconda moglie Sofia di Wittelsbach, destinataria del codice.
 http://www.librideipatriarchi.it/il-salterio-di-santa-elisabetta-2/

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Saint GABIN, prêtre, martyr à Rome sous Dioclétien (vers 296). 

 
Saint QUODVULTDEUS, évêque de Carthage, exilé en Campanie par les Vandales ariens (vers 450). A Napoli, deposizione di san Quodvultdeus, vescovo di Cartagine, che mandato in esilio insieme al suo clero dal re ariano Genserico e messo su navi in disuso senza vele né remi, contro ogni speranza approdò a Napoli, dove morì confessore della fede


 
Santo Barbato Vescovo di Benevento e taumaturgo.Converti alla fede cristiana il duca Romualdo dei Longobardi(verso il 682)



Tratto dal quotidiano Avvenire



Nato a Vandano di Cerreto nei primi anni del VII secolo, Barbato studiò a Benevento e, divenuto sacerdote, iniziò il suo ministero a Morcone. Si impegnò così a fondo nella lotta contro le superstizioni e l'idolatria, che alla morte del vescovo Ildebrando il clero e il popolo di Benevento lo elessero come successore. Fu pastore in un periodo segnato dalla guerra tra i Longobardi, che governavano il ducato di Benevento, e l'imperatore Costanzo II, che assediò a lungo la città. Riconoscente per il ruolo svolto dal vescovo in un tempo difficile il duca Romualdo, uscito vincitore, sostenne l'azione pastorale del presule, rigettando lui per primo il culto idolatra dell'albero e della vipera, allora diffuso anche tra i cristiani. Il vescovo Barbato partecipò al Concilio di Roma del 680. Morì a Benevento il 19 febbraio 682, dopo aver guidato la diocesi per diciannove anni. Le sue spoglie sono venerate sotto l'altare maggiore del Duomo della città campana



Martirologio Romano: Presso Benevento, san Barbato, vescovo, che si tramanda abbia convertito i Longobardi e il loro capo a Cristo.



Tratto da

http://www.santiebeati.it/dettaglio/90353

La città di Benevento ha sempre riservato un culto particolare a questo suo santo vescovo, le cui reliquie furono poste sin dal 1687 sotto l’altare maggiore del Duomo, segno di grande venerazione sia del popolo, sia della gerarchia ecclesiastica.
Egli nacque nel villaggio Vandano del comune di Cerreto nei primi anni del VII secolo, studiò a Benevento e sacerdote operò fra le anime di Morcone. Come spesso capitava in quel periodo, Barbato fu calunniato per cui dovette ritornare a Benevento e riconosciuta la sua innocenza, si dedicò alla lotta contro le superstizioni e l’idolatria imperanti in quell’epoca.
Divenne così popolare e ammirato per il suo zelo, che alla morte del vescovo Ildebrando, clero e popolo lo elessero vescovo della città. Nel secolo VII i Longobardi governavano il Ducato di Benevento guidati dal duca Romualdo, ma pur essendo cristiani, professavano ancora forme di superstizioni come il culto dell’albero e quello della vipera, lo stesso Romualdo ne era ostinato sostenitore.
Intanto la città di Benevento veniva posta sotto assedio dall’imperatore Costanzo II, dopo la caduta di Siponto e l’invasione della Puglia; il duca trovò in Barbato un valido aiuto per la resistenza stimolando gli animi dei beneventani e quando la vittoria arrise ai Longobardi, egli riconoscente fece cessare, a partire dalla sua casa, il contestato e idolatra culto dell’albero e della vipera.
La sede vescovile fu allargata anche a vasti territori pugliesi e Teudorata, consorte di Romualdo divenne un valido e pio aiuto all’attività pastorale del vescovo; partecipò al concilio di Roma del 680 e dopo diciannove anni di episcopato, morì a Benevento il 19 febbraio 682.
Il suo culto ebbe subito una rapida estensione nel beneventano e anche nel salernitano, la prima traslazione delle reliquie avvenne nel 1124.
Le sue reliquie sono custodite presso il santuario di Montevergine, ma una di esse, consistente in un pezzo di osso di un braccio, è custodita nella chiesa parrocchiale di San Nicola in Castelvenere.
La sua celebrazione liturgica è al 19 febbraio.
E' anche il Patrono di Castelvenere (BN).



Tratto da http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/pls/cci_dioc_new/v3_s2ew_consultazione.mostra_pagina?id_pagina=10040

Vissuto nel VII secolo, Barbaro fu il missionario della Longobardia meridionale: lavorando con zelo per la conversione del duca Romualdo e dei Longobardi beneventani, sradicò dai loro animi non poche superstizioni. Per inercessione della Vergine Maria, nel 663, scongiurò l'occupazione di Benevento, che era stata cinta d'assedio dall'imperatore Costante II. Con la sua elezione a vescovo della città, fu ripristinata la gerarchia episcopale, già interrotta per circa un secolo dai Longobardi invasori. Al suo zelo apostolico si deve anche l'istituzione del monastero femminile di San Pietro fuori le mura, che, edificato dalla pia duchessa Teodorada, fu la prima fondazione monastica a Benevento. Nel marzo del 680 partecipò al concilio romano, indetto da sant'Agatone, papa.
Secondo la tradizione, recepita dal martirologio romano, morì il 19 febbraio del 682. Si conservano nella Chiesa Cattedrale reliquie del santo Vescovo, che sin dal XII secolo fu ascritto fra i patroni minori della città















Santo Mansueto Vescovo di Milano ed autore di un trattato teologico contro il monotelismo(verso il 690)

Martirologio Romano  A Milano, san Mansueto, vescovo, che combattè strenuamente contro l’eresia monotelita.



Tratto da http://www.santiebeati.it/dettaglio/41900



Fra le tante delicate questioni cristologiche sulle quali dibatteva la teologia dei primi secoli della Chiesa, si annovera anche quella riguardante la presenza di una o due volontà in Cristo. Nel primo caso si parlava di monotelismo, nel secondo caso di duotelismo.
I1 dissidio esplose nel settimo secolo con un oriente prevalentemente monotelista. Tale dissidio riscontrò anche interventi imperiali che, fra l'altro, arrivarono a proibire sotto pene severissime il proseguimento della disputa.
In diversi concili la questione fu invece affrontata con condanne ingravescenti nei confronti dell'errore pernicioso del monotelismo. Questa posizione era, in ultima analisi, una ripresa eretica sottile sulla vera natura di Gesù Cristo che la Chiesa proclama e vero Dio e vero uomo. La dottrina ortodossa delle due volontà in Cristo fu ribadita dal Concilio del Laterano (ottobre 649) e costò la morte, da parte dell'imperatore, al Papa Martino I che l'aveva convocato e nel senso duotelista orientato. La discussione si trascinò ancora nel tempo e vi prese parte, fra gli altri, San Mansueto, quarantesimo vescovo di Milano, la cui festa ricorre il 19 febbraio. La sua partecipazione al concilio di Roma del marzo 680 ebbe proprio questo significato: disapprovare il monotelismo e mettere in chiaro come in Cristo coesistessero le due volontà e come la volontà umana, pur soggetta alla divina volontà, rimanesse ugualmente attiva.
San Mansueto fu talmente convinto che stando dalla parte di Gesù si stava anche dalla parte dell'Uomo che contro il monotelismo fu strenuo e tutt'altro che mansueto combattente sia come vescovo sia come organizzatore e scrittore. Contro la subdola eresia  egli scrisse infatti un libro significativo per dottrina e argomentazione



Tratto da http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2012/2/19/SANTO-DEL-GIORNO-Oggi-19-febbraio-e-San-Mansueto/245331/



Fu vescovo di Milano tra il 672 e il 681, anno della sua morte. Esponente dei Savelli, nobile e potente famiglia che aveva ricoperto i più importanti incarichi presso la corte pontificia e aveva espresso anche diversi papi, con ogni probabilità era originario di Roma. Lo si ricorda, fondamentalmente, per la sua strenua lotta al monotelismo. Si trattava di un’eresia affermatasi in oriente nel VII secolo. Sosteneva che in Cristo vi fosse una sola volontà, quella divina. Se, infatti, secondo tale eresia, vi fosse stata in Lui anche la presenza di una natura umana, essa avrebbe potuto ribellarsi a quella divina e spingerlo al peccato. Ma la presenza di una sola volontà avrebbe determinato per la vita della Chiesa per il cristianesimo in se stesso e per tutti i cristiani conseguenze enormi. L’assenza di una volontà umana, infatti, avrebbero reso la natura di Cristo imperfetta. Se Egli, dunque, non fosse stato pienamente “vero Dio e vero uomo”, la sua azione redentrice nei confronti dell’umanità non si sarebbe potuta dispiegare completamente. L’azione salvifica della sua Passione, consiste proprio nel fatto che assumendo pienamente in sé la natura dell’uomo, il suo sacrificio sulla croce ha giustificato l’umanità intera. Come risolvere, a questo punto, la disputa rispetto all’ipotesi che la sua volontà umana potesse ribellarsi a quella divina? Semplice: affermando che essa, benché reale e fattiva, fosse pienamente assoggettata a quella divina. Ebbene: Mansueto, da vescovo di Milano, radunò un sinodo in cui contestò l’eresia. I suoi insegnamenti, inoltre, furono presi in grande considerazione al Concilio convocato nel 680 a Roma, da Papa Agatone, dove Mansueto fu attentamente ascoltato. Contro l’eresia scrisse anche un libro,sottolineando come essa fosse particolarmente insidiosa, in quanto, all’apparenza, consisteva in un’affermazione innocua. Si racconta che nei confronti dei semplici peccatori, tali per volontà debole, fosse particolarmente indulgente, quanto intransigente nei confronti delle persone insidiose e di chi malignamente induceva gli altri in errore.

TRATTO  DA  https://www.interris.it/santo-del-giorno-san-mansueto-di-milano--vescovo-155

 San Mansueto di Milano, vescovo che combattè strenuamente contro l’eresia monotelita. Fra le delicate questioni cristologiche sulle quali dibatteva la teologia dei primi secoli della Chiesa, si annovera anche quella riguardante la presenza di una o due volontà in Cristo: nel primo caso si parlava di monotelismo, nel secondo caso di duotelismo. Il dissidio esplose nel settimo secolo con un oriente prevalentemente monotelista. Tale dissidio riscontrò anche interventi imperiali che, fra l'altro, arrivarono a proibire sotto pene severissime il proseguimento della disputa.
In diversi concili la questione fu invece affrontata con gravi condanne nei confronti dell'errore monotelista. Questa posizione era, in ultima analisi, una ripresa eretica sottile sulla vera natura di Gesù Cristo che la Chiesa proclama sia vero Dio sia vero uomo. La dottrina ortodossa delle due volontà in Cristo fu ribadita dal Concilio del Laterano (ottobre 649 d.C.) e costò la morte, da parte dell'imperatore, al Papa Martino I che l'aveva convocato e nel senso duotelista orientato. La discussione si trascinò ancora nel tempo e vi prese parte, fra gli altri, San Mansueto, quarantesimo vescovo di Milano, la cui festa ricorre il 19 febbraio. La sua partecipazione al concilio di Roma del marzo 680 d.C. ebbe proprio questo significato: disapprovare il monotelismo e mettere in chiaro come in Cristo coesistessero le due volontà e come la volontà umana, pur soggetta alla divina volontà, rimanesse ugualmente attiva.
San Mansueto fu talmente convinto che stando dalla parte di Gesù si stava anche dalla parte dell'uomo e contro il monotelismo fu strenuo e tutt'altro che mansueto combattente sia come vescovo sia come organizzatore e scrittore. Contro la subdola eresia egli scrisse infatti un libro significativo per dottrina e argomentazione.


+ Il 19 di Febbraio, memoria del nostro santo padre Proclo di Bisignano.

+ Τη IΘ' του αυτού μηνός, μνήμη του οσίου πατρός ημών Πρόκλου του εκ Βυσινιάνου.


tratto da 
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=2193005057462992&set=a.1001927373237439&type=3&theater

Le più antiche notizie su San Proclo da Bisignano provengono dal Bios si S. Nilo, risalente agli inizi del secolo XII, dove si legge: “il beatissimo e santissimo Proclo, personaggio fornito di un’istruzione enciclopedica, il quale aveva fatto della sua mente un’arca di opere tanto profane che sacre. Prima di rendersi monaco, essendo ancora giovane, nel suo paese teneva questo metodo di vita: rimaneva digiuno ogni giorno fino alla ora del vespero, attenendo alla lettura e astenendosi da vivande cotte al fuoco o da bevande gustose; dal vespero in poi sino a mattino visitava tutte le chiese del paese recitando l’intero salterio e facendo alla porta di ciascuna chiesa tante prostazioni, che s’era prescritte e che Dio solo conosce. Entrato nella vita monastica, e rivestito dal nostro Santo Padre Nilo dell’abito della vita virtuosa, si assoggettò a tanta astinenza ed a tale rigida ascetica, da mortificare effettivamente le sue membra terrene ed incontrare molestissime malattie sino all’ultimo respiro della sua vita. Il passo del Bios niliano ci presenta Proclo come un uomo dotato di vastissima cultura, conoscitore di innumerevoli opere sacre e profane, divulgate e non ancora trascritte, tanto sa essere chiamato "enciclopedia vivente".
La straordinaria erudizione di Proclo presuppone una sua origine nobiliare e , probabilmente, a proposito del suo praticare di nascosto una vita di penitenza e di mortificazioni, una sua partecipazione all’amministrazione della vita pubblica.
Non si sa nulla della morte del Santo, ma si fa risalire all’anno 975 d.C.

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