sabato 23 settembre 2017

23 settembre santi italici ed italo greci

Risultati immagini per ic xc ni ka 
 
Santo Lino papa e patriarca di Roma (verso il  79)

Toscano d’origine, nato a Volterra: così dicono vari studiosi e  Cesare Baronio, lo storico cinquecentesco della Chiesa
Sappiamo poco di Lino. Ignoti gli anni di nascita e di morte, la gioventù e gli studi. Uno dei Padri della Chiesa, Ireneo di Lione (II secolo), dice che Pietro e Paolo affidarono a Lino responsabilità importanti, e che Paolo ha citato proprio lui nella seconda lettera a Timoteo: "Ti salutano Eubulo, Pudente, Lino, Claudia e tutti i fratelli...".
Sappiamo però che Lino vive tempi terribili con i cristiani di Roma. Nell’estate del ’64 un incendio distrugge i tre quarti dell’Urbe, e se ne incolpa l’imperatore Nerone. Forse è una calunnia dei suoi molti nemici: ma lui reagisce col diversivo della persecuzione generale contro i cristiani. E a essi giunge l’incoraggiamento di san Pietro nella sua prima lettera: "Non vi sembri strana la prova del fuoco sorta contro di voi... anzi, rallegratevi per la parte che voi venite a prendere alle sofferenze di Cristo".
Anche san Pietro muore in questa persecuzione (forse nel ’67)  e con Lino siamo
in tempo di delitto e di tragedia. Nerone muore nel ’68 (si fa trafiggere da un servo) e nello stesso anno c’è una strage di successori: Galba, sgozzato nel Foro; Ottone suicida; Vitellio linciato dai romani. Solo con Vespasiano, nel ’69, arrivano ordine e pace in Roma. Ma è scoppiata in Palestina la rivolta contro il dominio romano: la “guerra giudaica”, che finisce nel settembre ’70 con Gerusalemme occupata dalle truppe di Tito (figlio di Vespasiano) e col tempio profanato e distrutto: vicende laceranti per gli ebrei e anche per i cristiani e, per certuni, segnali di calamità universali imminenti, di una ben vicina fine del mondo.
Lino è chiamato in questi suoi anni di pontificato (nove, si ritiene) a rianimare i fedeli, a orientarli nella confusione dottrinaria provocata dall’opera di gruppi settari. E’ lui quello che deve tenere unita la Chiesa sotto l’uragano: e comincia a delinearne la forma organizzata, la “struttura”: sappiamo per esempio che ha nominato vescovi e preti, e ha dato regole alla pratica comune della fede. (Si attribuisce a lui l’obbligo per le donne di partecipare alla celebrazione eucaristica col capo coperto). Sarà anche venerato come martire, a causa delle sofferenze durante la persecuzione neroniana; ma non è certo che sia stato ucciso, perché nel tempo della sua morte la Chiesa viveva in pace sotto il governo di Vespasiano.

Santo Proietto Vescovo di Imola (verso il 450)

Nacque a Forum Cornelii (oggi Imola) ) Fu discepolo di Cornelio insieme a Donato e Pietro, suoi compagni di studi.
Proietto fu il successore di Pietro nella carica di arcidiacono della cattedrale di Imola : gli subentrò quando quest'ultimo fu eletto vescovo di Ravenna  Proietto affiancò il vescovo Cornelio fino alla sua morte, avvenuta nel 446 . Successivamente gli succedette come vescovo di Imola . La nomina fu approvata da Pietro, che lo volle consacrare personalmente a Ravenna
Il suo episcopato si svolse in tempi difficili, segnati dalle invasioni barbariche e dalle eresie
Morì intorno al 483  Dopo la sua morte, Proietto fu sepolto nella vecchia cattedrale   dedicata a San Cassiano  Nel 1208 le sue reliquie furono traslate nel Duomo  attuale



San Costanzo sacrestano della Chiesa di Santo Stefano ad Ancona  taumaturgo e guaritore (VI secolo)

Di lui fornisce alcune notizie s. Gregorio Magno nei suoi Dialogi, mettendone in evidenza la profonda umiltà e la virtù taumaturgica.
Secondo la narrazione, basata sulla testimonianza cuiusdam coepiscopi mei (probabilmente il vescovo stesso della città) e di altre persone del luogo, Costanzo, in abito monacale, esercitava l'ufficio di mansionario, o di sacrista, nella chiesa di S. Stefano, prima cattedrale di Ancona e famoso santuario, in cui, al dire di s. Agostino, si venerava una reliquia del protomartire.  S. Gregorio fa soprattutto rilevare come all'aspetto dimesso e quasi spregevole del semplice e piccolo sacrista corrispondesse un grande spirito di perfezione, che rifulgeva attraverso il dono dei miracoli.
Tra i fatti prodigiosi si ricorda che, per la virtù taumaturgica dell'umile sacrista, le lampade della chiesa ardevano pur essendo piene di acqua anziché di olio. Poiché si era diffusa la fama della santità e delle opere straordinarie del piccolo monaco molti accorrevano a lui per vederlo e per chiedergli favori spirituali. Un giorno capitò nel tempio un rude contadino che, vedendo l'esile sacrista su di una scala intento ad allestire le lampade, si rifiutò di credere alla sua santità e prese a deriderlo con parole offensive, trattandolo da bugiardo e presuntuoso. Costanzo, che aveva udito le ingiurie, corse ad abbracciarlo e a baciarlo, ringraziandolo di tale trattamento e dando così prova, come conclude s. Gregorio, che se era grande nei miracoli, era più grande per l'umiltà del cuore. Altro non si conosce.
Il suo corpo venne più tardi trasferito a Venezia e deposto prima nella chiesa di S. Basilio, poi in quella dei SS. Gervasio e Protasio, ove si venera attualmente e se ne celebra la festività il 23 settembre, come nella diocesi di Ancona. Oggi la chiesa cattedrale, come unico ricordo di Costanzo, possiede un frammento osseo che è stato donato, con autentica del patriarca di Venezia, nel 1760.

Santi Andrea,Andrea,Giovanni,Pietro ed Antonio  siculo greci di Siracusa morti martiri per mano dei musulmani in Africa del Nord(verso il 900)


Il Baronio inserì nel Martirologio Romano questi martiri, sulla fede di antichi manoscritti che, pur non essendo indicati, sono da identificarsi con la passio reperibile nei sinassari greci al 23 settembre. Il 21 marzo 878, regnando in Oriente Basilio I (867-86), Abrachen Agareno, espugnata Siracusa, deportò in Africa i suoi abitanti e tra essi Andrea, Giovanni e i suoi figli Pietro e Antonio, ancora in tenera età. Educati nella cultura agarena, gli adolescenti, superando in intelligenza molti coetanei, ottennero a corte vari uffici; ma, poiché non rinunziavano alla fede cristiana, Abrachen li fece martirizzare, ordinando che fossero flagellati. Antonio ricevette più di trecento colpi e, persistendo nella fede, fu legato su un asino e portato in giro per la città e poi trucidato. Pietro, svestito e battuto sulle spalle e sul ventre, fu gettato in carcere dove i carnefici prima gli spezzarono braccia e gambe e quindi lo percossero a morte. Venne poi la volta di Giovanni che fu sgozzato con una spada sui corpi dei figli. I martiri, posti su un rogo, furono infine cremati. Andrea, invece, rimasto per molti anni in carcere, in età avanzata, già sfinito dai patimenti, fu trafitto nel petto da una lancia e poi decapitato.


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.