venerdì 13 luglio 2018

13 Luglio Santi Italici ed Italo greci



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Santo Anacleto (Cleto) papa e patriarca di Roma dopo Santo Lino e morto martire sotto Domiziano tra l’anno 88 e l’anno 96

Tratto dal quotidiano Avvenire

Terzo papa dopo Pietro e Lino, Anacleto ebbe un singolare destino: sdoppiato in due persone distinte, Cleto e Anacleto, aveva due feste diverse nel Martirologio Romano, una al 26 aprile , l'altra il 13 luglio. L'errore sembra sia dovuto a un antico copista che stilando una lista dei papi inserì entrambi i nomi. Cleto in realtà è solo un abbreviativo. Studi moderni, poi, hanno chiarito l'equivoco. Sulla base degli studi del Duchesne, infatti, l'orientamento attuale è che Anacleto e Cleto siano una sola persona: perciò la Congregazione dei riti nel 1960 abolì la festa del 13 luglio, lasciando solo quella del 26 aprile. Pochi i dati biografici di questo pontefice. Di origine ateniese, fu papa dal 79 al 90, e si rese benemerito per aver edificato una «memoria», un sepolcro a san Pietro, presso il quale fu poi sepolto egli stesso. Altro personaggio con cui in passato si è confuso Anacleto è anche Marcellino, che però fu papa quasi due secoli più tardi e il cui martirio sembra fu aggiunto per motivi apologetici

Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/50800
Ma sono uno o due? A lungo si è pensato a due papi distinti, nei primi secoli: Anacleto e Cleto. Poi è risultato che il secondo nome è solo un’abbreviazione familiare del primo. Ed esso, infatti, è ora registrato nella successione cronologica dei capi della Chiesa di Roma: Anacleto è il terzo, dopo Pietro e Lino (e pare che con Lino sia stato da giovane un collaboratore dell’Apostolo). Terzo, dunque, nella serie dei papi, e primo come romano, dopo il Pescatore di Galilea e il toscano Lino. Ma ci sono incertezze anche qui: forse la famiglia di Anacleto (nome chiaramente ellenico) era di origine ateniese.
Memorie assai antiche attribuiscono a lui la costruzione di una edicola sepolcrale, detta “memoria”, sul luogo della sepoltura di Pietro negli Orti vaticani: un territorio allora appartenente al demanio imperiale e formato da horti (giardini), da campi e da terreni incolti. Ad Anacleto si attribuisce anche la disposizione che vietava agli uomini di Chiesa di andare in giro con i capelli lunghi: un primo esempio di “tonsura ecclesiastica”.
Il suo pontificato si svolge per alcuni anni in pace, sotto l’imperatore Vespasiano (che regna dall’anno 69 al 79) e sotto il suo primo figlio Tito (7981). Al tempo di quest’ultimo, l’Italia conosce una delle più tremende sciagure della sua storia: la micidiale eruzione del Vesuvio nell’agosto 79, che distrugge Ercolano e Pompei. E poco dopo Roma vede sorgere il monumentale edificio destinato a diventare il suo emblema: l’Anfiteatro Flavio per i giochi pubblici, sede di lotte mortali tra gladiatori e di supplizi per i cristiani; il Colosseo, che dopo 19 secoli accoglierà ogni anno i successori di Pietro, di Lino e di Anacleto in preghiera nella Settimana santa.
Finisce presto il regno di Tito, e con l’arrivo di suo fratello Domiziano giunge pure la persecuzione. Ma non solo contro i cristiani. Anzi, le sue prime vittime sono gli ebrei, forzati a versare allo Stato il tributo dovuto al Tempio di Gerusalemme (distrutto da Tito). Una persecuzione per ragioni di bilancio, perché le grandi opere pubbliche hanno dissanguato le finanze imperiali; anche gli ebreocristiani devono pagare. Poi la persecuzione va a colpire i cristiani in genere, e non solo con sequestri e confische: contro di loro si lancia l’accusa di “ateismo” (ossia rifiuto di adorare le divinità romane tradizionali, “di Stato”). E quest’accusa comporta la pena capitale.
Non sappiamo come sia morto papa Anacleto. La persecuzione di Domiziano ha infierito sui cristiani ancora dopo la sua scomparsa. Pure il luogo della sua sepoltura ci è sconosciuto, anche se si ritiene che sia nella zona degli Orti vaticani.

Tratto con annessa bibliografia da
http://www.treccani.it/enciclopedia/santo-anacleto-cleto_%28Enciclopedia-dei-Papi%29/

Nella lista dei vescovi romani fornita da Ireneo di Lione il successore di Lino e predecessore di Clemente è A. ('ΑνέγκλητοϚ). Eusebio di Cesarea conferma la notizia, dicendo che A. fu il secondo vescovo di Roma dopo Lino, che questi trasmise il ministero della Chiesa romana ad A. nell'80 (Historia ecclesiastica III, 13; cfr. Chronicon, ad a. 80), e che A. nel dodicesimo anno di Domiziano, dopo dodici anni di episcopato, fu sostituito da Clemente (Historia ecclesiastica III, 15; cfr. Chronicon, ad a. 92). Dalla metà del sec. IV, in documenti di origine romana come il Catalogo Liberiano, le liste episcopali poi confluite nel Martyrologium Hieronymianum e il Liber pontificalis, comincia a distinguersi un Clitus da Anaclitus, l'uno dopo l'altro, in ordine cronologico, subito dopo Lino e Clemente, come nel Catalogo Liberiano, oppure nell'ordine Lino-Cleto-Clemente-Anacleto ma con una cronologia che di fatto pone Cleto e Anacleto dopo Clemente. Rispetto a queste elaborazioni tardive meritano maggior credito le liste episcopali di Ireneo di Lione e di Eusebio di Cesarea, che ammettono un unico vescovo di nome Anacleto: questo assunto trova conferma in altri dati, come la notizia dell'anonimo autore del trattato contro Artemone agli inizi del sec. III, che nella sua lista contava Vittore come il tredicesimo vescovo di Roma a partire da Pietro (Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica V, 28, 3), secondo una serie che non ammetterebbe lo sdoppiamento di A. se non a costo di considerare Vittore il quattordicesimo a partire da Pietro. Le liste episcopali romane di Ottato di Milevi e di Agostino - che pure nel porre Anacleto dopo Clemente si ricollegano alle tradizioni poi confluite nel Liber pontificalis - confermano la presenza del solo A., e così anche Epifanio (ΚλῆτοϚ) e Girolamo (⟨Anen>cletus). Le forme ΚλῆτοϚ/Cletus/Clitus sarebbero rispettivamente varianti di 'ΑνέγκλητοϚ /Anacletus/Anaclitus/Aneclitus, e come tali avrebbero dato origine allo sdoppiamento del personaggio, forse già agli inizi del sec. IV, se non precedentemente.
Secondo il Catalogo Liberiano, che pone Cleto e Anacleto dopo Clemente, l'episcopato del primo sarebbe durato sei anni, due mesi e dieci giorni dal 77 all'83. L'episcopato di Anacleto sarebbe durato dodici anni, dieci mesi e tre giorni sotto Domiziano, dall'84 al 95.
Il Liber pontificalis presenta la serie Cleto-Clemente-Anacleto, mantenendo per ognuno di essi la cronologia del Catalogo Liberiano. A Cleto il Liber pontificalis, nr. 3, attribuisce, con evidente contraddizione, un episcopato di dodici anni, un mese e undici giorni, dal 77 all'83, aggiungendo che Cleto sarebbe stato di origine romana, della regione del "Vicus Patricii" (l'attuale zona di via Urbana nel rione Monti), figlio di Emiliano, che sarebbe morto martire, che per ordine di Pietro avrebbe proceduto all'ordinazione di venticinque presbiteri in Roma e che sarebbe stato sepolto nel cimitero vaticano presso l'apostolo alla data del 26 aprile: alla sua morte sarebbero seguiti venti giorni di vacanza dell'episcopato. Il numero dei venticinque presbiteri ordinati da Cleto è forse da mettersi in rapporto con quello dei venticinque tituli esistenti a Roma alla fine del sec. V. Anche per Cleto, come per Lino cui è associato, dove nel Liber pontificalis si afferma che il papa avrebbe proceduto alle ordinazioni "ex praecepto beati Petri", si intenderebbe confermare l'opinione che egli avrebbe operato in quanto vicario di Pietro ancora in vita, contraddicendo con ciò le cronologie che lo stesso Liber pontificalis attribuisce a Pietro e a Cleto.
Quanto ad A., posto dopo Clemente, il Liber pontificalis, nr. 5, gli attribuisce nove anni di episcopato (ma più correttamente rispetto alla cronologia adottata, dodici nella prima redazione, come nel Catalogo Liberiano), dall'84 al 95, aggiungendo che sarebbe stato greco di nascita, figlio di Antioco, che quando era stato ordinato presbitero da Pietro avrebbe costruito una memoria di Pietro e altri luoghi per la sepoltura dei vescovi, dove lui stesso sarebbe poi stato sepolto "iuxta corpus beati Petri" alla data del 10 luglio (nella prima redazione si doveva parlare di un'unica memoria). Avrebbe proceduto a due ordinazioni, per un totale di cinque presbiteri, tre diaconi e sei vescovi, e alla sua morte si sarebbe avuta una vacanza di tredici giorni (quindici nella prima redazione). La scarsa storicità di queste notizie del Liber pontificalis su Cleto e Anacleto si conferma tanto più in considerazione del fatto che, come si è detto, i nomi dei due papi vanno ricondotti ad un unico personaggio.
Il solo Cleto è citato dopo Lino e prima di Clemente nel Communicantes del canone romano della messa: ciò conferma l'opinione che egli rientrasse nella categoria dei martiri, secondo quanto affermato anche dal Liber pontificalis. La mancanza della menzione di A. tra i vescovi romani ivi citati non costituisce di per sé la prova che A. fosse escluso dalla lista tenuta presente dal suo redattore, in quanto dopo Lino, Cleto e Clemente la lista dei vescovi di Roma non è citata nella sua completezza.
Cleto e Anacleto dovevano comparire come personaggi distinti nella lista episcopale romana introdotta nel Martyrologium Hieronymianum alla data del 23 dicembre, il solo Cleto in quella del 31 dicembre. Nel Martyrologium di Beda si commemora Cleto il 26 aprile, e così anche in un testimone della seconda recensione del Martyrologium Hieronymianum, il ms. Bernensis 289 (fine del sec. VIII). Alla stessa data nel Martyrologium di Floro ricorre la commemorazione di Anacleto, seguito in questo dal Martyrologium di Adone, che però introduce la commemorazione di Cleto alla data del 13 luglio. Nel Martyrologium Romanum Baronio pose la commemorazione di Cleto il 26 aprile (riprendendo l'elogio di A. secondo Floro alla stessa data), e al 13 luglio quella di Anacleto. La commemorazione di A. al 13 luglio fu soppressa nel 1960; successivamente, nel Calendarium Romanum promulgato nel 1969, è stata espunta anche la commemorazione di Cleto il 26 aprile, per l'incertezza del giorno della deposizione e della sua reale condizione di martire. Una tradizione priva di fondamento storico, attestata per la prima volta da F. Ughelli, fa di Cleto il primo vescovo di Ruvo di Puglia, appositamente inviatovi da Pietro. Il culto del santo è connesso alla cosiddetta cripta di S. Cleto posta sotto la chiesa del Purgatorio, probabile resto di una cisterna romana dell'età degli Antonini, se non dei Severi. Non sembra del resto che la città pugliese sia stata sede episcopale prima del sec. VI-VII. Sono falsi medievali le tre epistole attribuite ad A. nella raccolta delle Decretales pseudoisidoriane (sec. IX), che hanno per oggetto questioni di carattere disciplinare e giurisdizionale.



Santa Giustina e Santo Zenone martiri a Trieste nel III secolo

Tratto da
http://www.diocesi.trieste.it/protomartiri-della-chiesa-tergestina/

Zenone e Giustina sono ricordati con una memoria collettiva il 7 giugno, insieme agli altri protomartiri tergestini. La loro passio, che risale alla fine del Medioevo, dice che essi subirono il martirio il 13 luglio 286, durante l’impero di Diocleziano e Massimiano. Giustina, giovane fanciulla nata da genitori cristiani, fu fatta arrestare perché il preside di Trieste, un certo Sapricio o Fabricio, aveva saputo che rifiutava ostinatamente il matrimonio perché aveva fatto voto di verginità. Dopo aver tentato inutilmente di convincerla a sacrificare agli dèi, promettendole di darla in sposa ad un uomo ricco, la condannò alla tortura dell’eculeo e alla decapitazione. Mentre Giustina attendeva in carcere il momento del supplizio, un ufficiale di nome Zenone per dileggio le chiese di mandargli della frutta dal paradiso, quando vi fosse giunta. Accompagnata dalle guardie sul luogo dell’esecuzione Giustina pregò un ragazzino di portare a Zenone il suo fazzoletto con la frutta e di dirgli che gli mandava ciò che le aveva chiesto. Zenone accettò il dono ridendo, anzi con il fazzoletto si asciugò il sudore: fu allora che lo Spirito Santo scese su di lui e, convertito, confessò al preside di essere diventato cristiano. Così poco dopo Giustina anche lui fu decapitato. Le loro presunte reliquie sono conservate nella cattedrale di San Giusto.
Tratto da
http://www.tuttotrieste.net/varie/santi/zenonegiustina.htm

Giustina era una giovane ragazza che subì il martirio per la sua Fede Cristiana il 13 luglio 286 d.C. per mano dell'alllora Console di Trieste Fabiano ed oggi è venerata come la Santa Protettrice delle ragazze nubili.
Fu fatta arrestare e condannata per aver rifiutato ripetutamente le offerte di matrimonio ed aver usato come scusa la propria consacrazione a Gesù. Durante il processo in tribunale invocò il Paradiso, apparve un angelo e molti presenti si convertirono e chieseo la grazie al console che rifiutò sollevando una ribellione poplare che lo costrinse a suicidarsi per evitare il linciaggio. Nel giorno dell'esecuzione della fanciulla, Zenone, un giovane soldato, primo ufficiale della Corte di Sapporicio, la derise invitandola ad inviargli una mela dal paradiso non appena l'avesse raggiunto:

"O leggiadra donzella, mandami de' pomi raccolti ne' delitiosi Giardini del tuo sposo Christo, le ricchezze del quale superano al tuo dire quelle d'ogni Monarca terreno."

Giunta sul luogo del martirio estrasse dalla tunica una mela e, riposta in un fazzoletto, la diede ad un bimbo invitandolo a consegnarla a Zenone:

"Vattene al Pretorio del Presidente e ritrovato Zenone Ufficiale di Corte, presentagli questo fazzuolo e dilli: Giustina sposa di Giesù Christo, t'invia queste Mele raccolte ne' dovitiosi Horti della Reggia del suo Sposo Celeste, che le chiedesti."

Questo fatto riempì di fede l'animo di Zenone che si convertì. Il fatto giunse alle orecchie del comando e Zenone fu condotto in tribunale dove confessò la propria fede in Dio. Fu quindi condannato al taglio della lingua ed alla decapitazione.
Il martirio di Giustina non fu semplice in quanto secondo la leggenda le frecce che le venivano scagliate non la trafiggevano e chi le lanciava sudava sangue. Fu quindi decapitata ed i suoi poveri resti furoo raccolti da un gruppo di fedeli che si occupò di darne degna sepoltura. Santa Giustina è oggi, assieme a Sant'Antonino, la patrona di Piacenza la cui cattedrale è a lei dedicata. Il corpo decapitato della Santa si trova nella Chiesa di Sant'Agrippino ad Arzano presso Napoli in quanto questo doveva essere traslato in Sicilia ma durante il trasporto da Trieste, secondo la leggenda, i buoi si rifiutarono di proseguire il viaggio una volta giunti ad Arzano appunto. Il teschio della Santa invece si trova nella Chiesa di San Martino a Torre d'Arese in provincia di Pavia. La storia del martirio di Santa Giustina è stata resa immortale grazie alla tragedia in cinque atti composta da Graziano Gennaro.
Nel rione di San Giacomo a Trieste vi è una via intitolata a San Zenone mentre nel rione di San Vito si trova la via intitolata a Santa Giustina.


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