Memoria dei SANTI APOSTOLI E MARTIRI AQUILA E PRISCILLA DEI SETTANTA
Tratto da: https://www.johnsanidopoulos.com/2017/02/synaxarion-of-holy-apostles-and-martyrs.html
Traduzione a cura di Giovanni Fumusa
Il Santo Apostolo Aquila era oginiario dell’area del Mar Nero ed era
un fabbricante di tende durante il regno dell’Imperatore Claudio
(41-54). Aveva udito predicare il Santo Apostolo Paolo a Corinto ed il
divino Paolo andò da Aquila, che si trovava a Corinto stessa. Come è
scritto negli Atti: “Dopo questi fatti egli lasciò Atene e si recò a
Corinto. Qui trovò un ebreo, di nome Aquila, oriundo del Ponto, giunto
di recente dall'Italia insieme con sua moglie Priscilla, perché Claudio
aveva ordinato a tutti i Giudei di lasciare Roma. Egli si unì a loro.
Essendo del medesimo mestiere, andò ad abitare e a lavorare con loro.
Infatti, di mestiere, erano fabbricanti di tende.” (Atti 18:1-3) Avendo
dunque incontrato l’Apostolo Paolo, si fece battezzare con sua moglie
Priscilla. Successivamente seguirono e servirono Paolo, affrontando
insieme i pericoli e sopportarono tentazioni ovunque lo seguissero.
Paolo amava molto questi due Apostoli, principalmente per la loro virtù ed anche per la loro fede in Cristo, tanto da riferirsi ad essi tre volte nelle sue epistole. Nella sua Lettera ai Romani dice: “Salutate Priscilla e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù, i quali hanno rischiato la vita per me; a loro non io soltanto sono grato, ma anche tutte le chiese dei gentili.” (Rom 16:3-4). In 1 Corinti scrisse: “Aquila e Priscilla, con la chiesa che è in casa loro, vi salutano molto nel Signore.” (1 Cor 16:19). Ed in 2 Tim: “Saluta Priscilla e Aquila.” (2 Tim 4:19). Così queste persone benedette condussero il loro servizio a Cristo e Paolo e compirono molti miracoli. In seguito furono catturati da alcuni miscredenti e decapitati, passando così dalla terra ai cieli. Sant’Aquila è celebrato separatamente anche il quattordici Luglio.
Paolo amava molto questi due Apostoli, principalmente per la loro virtù ed anche per la loro fede in Cristo, tanto da riferirsi ad essi tre volte nelle sue epistole. Nella sua Lettera ai Romani dice: “Salutate Priscilla e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù, i quali hanno rischiato la vita per me; a loro non io soltanto sono grato, ma anche tutte le chiese dei gentili.” (Rom 16:3-4). In 1 Corinti scrisse: “Aquila e Priscilla, con la chiesa che è in casa loro, vi salutano molto nel Signore.” (1 Cor 16:19). Ed in 2 Tim: “Saluta Priscilla e Aquila.” (2 Tim 4:19). Così queste persone benedette condussero il loro servizio a Cristo e Paolo e compirono molti miracoli. In seguito furono catturati da alcuni miscredenti e decapitati, passando così dalla terra ai cieli. Sant’Aquila è celebrato separatamente anche il quattordici Luglio.
Apolytikion, Tono I
Come discepolo e compagno di Paolo hai ricevuto nell’anima la grazia della predica. Splendesti nell’oscurità dell’errore e hai lottato per la gloria del Signore. Sacro ministro del Salvatore, Aquila, noi ti acclamiamo.
Come discepolo e compagno di Paolo hai ricevuto nell’anima la grazia della predica. Splendesti nell’oscurità dell’errore e hai lottato per la gloria del Signore. Sacro ministro del Salvatore, Aquila, noi ti acclamiamo.
Kontakion, Tono IV
La Chiesa ti ha ottenuto, o Aquila, tu che splendesti come un grande sole. Con lo splendore del tuo insegnamento, essa illumina quanti ti onorano con fede, o glorioso Apostolo del Signore.
La Chiesa ti ha ottenuto, o Aquila, tu che splendesti come un grande sole. Con lo splendore del tuo insegnamento, essa illumina quanti ti onorano con fede, o glorioso Apostolo del Signore.
SANTO MARTIRE GIUSTO DI ROMA
Tratto da: https://www.johnsanidopoulos.com/2017/07/synaxarion-of-holy-martyr-justus-of-rome.html
Traduzione a cura di Giovanni Fumusa
San Giusto era originario di Roma ed era un soldato, in un luogo
chiamato Noumera, sotto il tribuno Claudio. Una volta, tornando da una
battaglia contro i barbari, contro i quali aveva combattuto insieme ai
suoi commilitoni, entrò in estasi e vide una Croce di cristallo dalla
quale proveniva una voce che gli spiegò il mistero della pietà. Dunque,
una volta giunto a Roma, distribuì tutti i propri averi ai poveri e,
trovandosi solo, fu lieto di aver ottenuto la fede in Cristo. Quando al
tribuno Claudio fu detto che il Santo credeva in Cristo, lo prese da
parte e gli consigliò di compatire la propria gioventù e di abbandonare
la fede in Cristo.
Incapace di persuaderlo, Claudio lo mandò presso
il governatore Magnenzio. Questi interrogò il Martire e lo trovò saldo
nella fede in Cristo. Per questo motivo ordinò che fosse frustato con
fruste di cuoio. Dopo di ciò, ordinò che gli fosse posto sul capo un
elmo riscaldato sul fuoco. Al contempo gli posero delle sfere di ferro
rovente sotto le ascelle e le sue mani furono messe in mani di ferro.
Dopo di ciò, lo posero su d’una graticola ardente. Tutte queste cose il
Santo sopportò coraggiosamente, glorificando e ringraziando Dio. Fu
infine posto in una fornace dove consegnò la propria anima nelle mani di
Dio, sebbene non bruciò nemmeno un capello.
Santo Felice
primo vescovo di Como(verso il 390)
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/73560
Liturgia, archeologia, storia
attestano che Felice fu il primo vescovo di Como. La notizia è confermata anche
dagli ultimi versi dell'antica iscrizione incisa sull'urna delle reliquie dei
protomartiri comensi (Carpoforo, Essanto, Cassio, Licinio, Secondo e Severo),
già trascritta dal vescovo F. Niguarda alla fine del secolo XVI, nella sua
Visita Pastorale, nella descrizione della basilica di san Carpoforo:
EXTAT ET HIC FELIX, DIVINUS DUCTUS HABENIS
VERBUM DIVINUM STUDUIT QUI DICERE PRIMUS
COMI; NAMQUE BONUS PRIMUS FUIT ILLE PATRONUS
IN COELIS FELIX; MERITO FUIT NOMINE FELIX.
Il primo documento che presenti Felice è una lettera di sant'Ambrogio di Milano, dalla quale si rileva che l'opera di recente evangelizzazione del protovescovo, sebbene avesse determinato la conversione di parecchie persone, richiedeva indispensabile e costante collaborazione di alcuni cooperatori: «So bene che non ti manca il lavoro nella vigna del Signore, specialmente perché sono con te pochi operai, di quelli che ci possono aiutare; ma questo è lamento vecchio e troppo noto a noi: la mano di Dio però non si è raccorciata; essa ti aiuterà nel bisogno e ti manderà nuovi operai per la raccolta del suo grano. Io ringrazio assai il Signore e mi felicito cordialmente con te, sentendo come parecchi di questi cittadini di Como abbiano già accettato la fede cattolica. Colui che ti ha favorito nella conversione di queste anime, ti favorirà anche di ministri necessari al tuo bisogno».
Dal testo integrale della lettera, che è senza data, risulta che Felice godeva della familiarità e della predilezione paterna di sant'Ambrogio, il quale gli aveva conferito la consacrazione episcopale la domenica 1° novembre, quasi certamente del 386, e lo aveva inviato a Lodi per la consacrazione della basilica dei SS. Apostoli, edificata da san Bassiano, vescovo di quella città, il quale bramava la presenza del protovescovo comense.
L'origine di Felice rimane ignota e le opinioni in proposito sono diverse. Più verosimile è quella che vede nel protovescovo un «signore comasco» (dominus Vallis Cumanae), al quale Ambrogio commise l'evangelizzazione della città e del municipio.
In un'altra lettera, di squisito sapore familiare, comunemente ascritta all’anno 387, Ambrogio ringrazia Felice del dono di un cesto di tartufi, ma anche si lamenta perché troppo raramente gli rende visita.
Secondo un'antica tradizione, riferita dal Tatti, Felice avrebbe eretto sull'aprica falda del colle Baradello la prima chiesa cristiana di Como (derivandola dalla trasformazione di un tempio dedicato a Mercurio), in onore dei santi Carpoforo e compagni martiri, ed in essa seppellì i loro corpi. Più tardi, ad opera del re Liutprando, su quella area sorse l’attuale basilica carpoforiana.
La tradizione ha tramandato come suo dies natalis l’8 ottobre, anche attualmente suo giorno liturgico.
Fu sepolto nella primitiva chiesa di san Carpoforo e successivamente nell'ampliata basilica omonima, finché, nel 1932, il suo corpo, ricomposto in artistica urna, fu trasferito nella nuova chiesa parrocchiale di santa Brigida, dove il suo culto è sempre vivo, e collocato sotto la mensa dell'altare principale.
EXTAT ET HIC FELIX, DIVINUS DUCTUS HABENIS
VERBUM DIVINUM STUDUIT QUI DICERE PRIMUS
COMI; NAMQUE BONUS PRIMUS FUIT ILLE PATRONUS
IN COELIS FELIX; MERITO FUIT NOMINE FELIX.
Il primo documento che presenti Felice è una lettera di sant'Ambrogio di Milano, dalla quale si rileva che l'opera di recente evangelizzazione del protovescovo, sebbene avesse determinato la conversione di parecchie persone, richiedeva indispensabile e costante collaborazione di alcuni cooperatori: «So bene che non ti manca il lavoro nella vigna del Signore, specialmente perché sono con te pochi operai, di quelli che ci possono aiutare; ma questo è lamento vecchio e troppo noto a noi: la mano di Dio però non si è raccorciata; essa ti aiuterà nel bisogno e ti manderà nuovi operai per la raccolta del suo grano. Io ringrazio assai il Signore e mi felicito cordialmente con te, sentendo come parecchi di questi cittadini di Como abbiano già accettato la fede cattolica. Colui che ti ha favorito nella conversione di queste anime, ti favorirà anche di ministri necessari al tuo bisogno».
Dal testo integrale della lettera, che è senza data, risulta che Felice godeva della familiarità e della predilezione paterna di sant'Ambrogio, il quale gli aveva conferito la consacrazione episcopale la domenica 1° novembre, quasi certamente del 386, e lo aveva inviato a Lodi per la consacrazione della basilica dei SS. Apostoli, edificata da san Bassiano, vescovo di quella città, il quale bramava la presenza del protovescovo comense.
L'origine di Felice rimane ignota e le opinioni in proposito sono diverse. Più verosimile è quella che vede nel protovescovo un «signore comasco» (dominus Vallis Cumanae), al quale Ambrogio commise l'evangelizzazione della città e del municipio.
In un'altra lettera, di squisito sapore familiare, comunemente ascritta all’anno 387, Ambrogio ringrazia Felice del dono di un cesto di tartufi, ma anche si lamenta perché troppo raramente gli rende visita.
Secondo un'antica tradizione, riferita dal Tatti, Felice avrebbe eretto sull'aprica falda del colle Baradello la prima chiesa cristiana di Como (derivandola dalla trasformazione di un tempio dedicato a Mercurio), in onore dei santi Carpoforo e compagni martiri, ed in essa seppellì i loro corpi. Più tardi, ad opera del re Liutprando, su quella area sorse l’attuale basilica carpoforiana.
La tradizione ha tramandato come suo dies natalis l’8 ottobre, anche attualmente suo giorno liturgico.
Fu sepolto nella primitiva chiesa di san Carpoforo e successivamente nell'ampliata basilica omonima, finché, nel 1932, il suo corpo, ricomposto in artistica urna, fu trasferito nella nuova chiesa parrocchiale di santa Brigida, dove il suo culto è sempre vivo, e collocato sotto la mensa dell'altare principale.
Santo Marciano di nazionalità greca
vescovo di Frigento in Campania (verso il V secolo ) (altra memoria il 14
giugno )
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91872
Come ci dicono gli Atti di S.
Marciano, composti molti secoli dopo il periodo in cui si suppone essere
vissuto il santo e che non hanno nessun valore storico, secondo i critici
moderni, S. Marciano era di origine greca e ricco. Distribuito tutti i suoi
beni ai poveri, orfani e vedove, Marciano si diede a vita ascetica. Ciò attirò
su di lui l’ammirazione dei connazionali. Per sottrarsi agli onori, lasciò la
Grecia e venne in Italia stabilendosi a Frigento, come eremita. Qui operò vari
miracoli. Quando, poi, si recò a Roma insieme al suo amico Lorenzo che doveva
essere consacrato vescovo di Canosa, il papa s. Leone I lo elesse vescovo di
Frigento, dove esercitò il suo episcopato in modo esemplare.
Il dies natalis, ossia il giorno della sua morte, si ritiene essere stato il 18 luglio. Il 14 giugno invece ricorre l’anniversario della traslazione del suo corpo da Frigento a Benevento.
Marciano quindi sarebbe vissuto alla metà del V secolo.
Occorre rilevare, però, come disse lo storico irpino Mongelli, che Frigento non era sede vescovile in quel tempo. Lo diventerà solo nel XI secolo, subentrando a Quintodecimo, l’antica Aeclanum.
S. Marciano è venerato in molte parti come vescovo locale. A Benevento, per esempio, S. Marciano è festeggiato il 14 luglio ma sembra ci si confonda con l’ononimo santo più sicuro di Siracusa. Anche Napoli ricorda S. Marciano, come proprio vescovo, il 30 ottobre. E' ricordato a Frigento il 14 giugno.
Comunque il Lanzoni identifica il S. Marciano di Frigento con S. Marco I vescovo di Aeca, l’odierna Troia in Puglia, del III-IV secolo. Il nome Marciano è una corruzione di Marco d’Aeca.
Il martirologio geroriminiano lo ricorda il 5 novembre.
Reliquie di S. Marciano erano venerate a Frigento, ma furono portate nel 839, per ordine del principe Sicardo, nell’abazzia di S. Sofia a Benevento, perché luogo ritenuto più sicuro da incursioni.
A Frigento, il santo è venerato soprattutto in due chiese molto belle e antiche: la ex Cattedrale e la chiesa di S. Marciano. Nella ex cattedrale di Frigento di conserva un busto d’argento sbalzato e cesellato. Al centro del petto una teca contiene una reliquia del cranio del santo.
Nella chiesa di S. Marciano, bella è la tela che raffigura il santo, posta sull’altar maggiore. L’interno della chiesa conserva anche vari ex voto al santo. Bella è anche l’antica statuetta in pietra sistemata, dopo i restauri post-terremoto del 1980, nella parete esterna, quella che dà sui giardini, della chiesa.
A Taurasi, nella parrocchia si venera un busto ligneo del santo del 1708. Nella pedana della statua si venerano alcune reliquie del santo. Purtroppo fu rubata, e quindi persa, la teca, posta nel petto di questa statua, che conteneva un dito del santo. A Taurasi un’antica targa di rame dorato, risalente al 1150, riporta la proclamazione di S. Marciano a patrono di Taurasi, in occasione della consacrazione dell’altar maggiore della chiesa principale.
Il dies natalis, ossia il giorno della sua morte, si ritiene essere stato il 18 luglio. Il 14 giugno invece ricorre l’anniversario della traslazione del suo corpo da Frigento a Benevento.
Marciano quindi sarebbe vissuto alla metà del V secolo.
Occorre rilevare, però, come disse lo storico irpino Mongelli, che Frigento non era sede vescovile in quel tempo. Lo diventerà solo nel XI secolo, subentrando a Quintodecimo, l’antica Aeclanum.
S. Marciano è venerato in molte parti come vescovo locale. A Benevento, per esempio, S. Marciano è festeggiato il 14 luglio ma sembra ci si confonda con l’ononimo santo più sicuro di Siracusa. Anche Napoli ricorda S. Marciano, come proprio vescovo, il 30 ottobre. E' ricordato a Frigento il 14 giugno.
Comunque il Lanzoni identifica il S. Marciano di Frigento con S. Marco I vescovo di Aeca, l’odierna Troia in Puglia, del III-IV secolo. Il nome Marciano è una corruzione di Marco d’Aeca.
Il martirologio geroriminiano lo ricorda il 5 novembre.
Reliquie di S. Marciano erano venerate a Frigento, ma furono portate nel 839, per ordine del principe Sicardo, nell’abazzia di S. Sofia a Benevento, perché luogo ritenuto più sicuro da incursioni.
A Frigento, il santo è venerato soprattutto in due chiese molto belle e antiche: la ex Cattedrale e la chiesa di S. Marciano. Nella ex cattedrale di Frigento di conserva un busto d’argento sbalzato e cesellato. Al centro del petto una teca contiene una reliquia del cranio del santo.
Nella chiesa di S. Marciano, bella è la tela che raffigura il santo, posta sull’altar maggiore. L’interno della chiesa conserva anche vari ex voto al santo. Bella è anche l’antica statuetta in pietra sistemata, dopo i restauri post-terremoto del 1980, nella parete esterna, quella che dà sui giardini, della chiesa.
A Taurasi, nella parrocchia si venera un busto ligneo del santo del 1708. Nella pedana della statua si venerano alcune reliquie del santo. Purtroppo fu rubata, e quindi persa, la teca, posta nel petto di questa statua, che conteneva un dito del santo. A Taurasi un’antica targa di rame dorato, risalente al 1150, riporta la proclamazione di S. Marciano a patrono di Taurasi, in occasione della consacrazione dell’altar maggiore della chiesa principale.
Tratto da
http://insolitaitalia.databenc.it/storia/san-marciano-frigento/
All’indomani
del concilio di Efeso, che aveva definitivamente ratificato la deposizione del
vescovo Giuliano di Eclano, il papa Leone Magno volle nominare vescovo di
quella Diocesi un giovane di origine greca e di nome Marciano, che da alcuni
anni viveva come eremita nella città di Frigento. Si narra che il pontefice
fosse stato informato dallo Spirito Santo sulle straordinarie qualità morali
del giovane e perciò volle proclamarlo oltre che vescovo anche santo e
protettore della città. Tornando verso Frigento, il vescovo operò il suo primo
miracolo resuscitando dalla morte il figlio del principe di Terracina. Durante
la sua permanenza, operò numerosi miracoli: Rese mansueto il lupo che aveva
sbranato il suo asino, guarì da paralisi una donna lucana, liberò da
un’epidemia di carbonchio le popolazioni della Diocesi.
San Marciano morì il 14 giugno 496. Quattro secoli dopo i suoi resti mortali furono trasferiti nella Cattedrale di Benevento dove furono poi rinvenuti nel 1119. Solo un frammento del cranio rimase a Frigento ed è tuttora gelosamente custodito.
San Marciano morì il 14 giugno 496. Quattro secoli dopo i suoi resti mortali furono trasferiti nella Cattedrale di Benevento dove furono poi rinvenuti nel 1119. Solo un frammento del cranio rimase a Frigento ed è tuttora gelosamente custodito.
Nella
leggenda del Santo confluisce anche la storia tormentata della sua statua.
Realizzata dai vescovi successori, essa fu scolpita nel legno. Per il suo
rifacimento, in epoca rinascimentale, furono utilizzati materiali pregiati.
Della vecchia statua medioevale rimaneva soltanto la testa di legno. Nel 1622
il popolo di Frigento, per onorare il Santo, promosse la raccolta di tutte
le monete d’argento che il governo aveva messo fuori corso per eccesso di
tosatura e con quelle fece realizzare la testa del Santo.
Nel 1787,
infine, fu realizzata la preziosa pedana dorata. Nacque allora il detto: “San
Marciano di Frigento è tutto d’oro e d’argento”.
Ma una notte del 1834 un furto sacrilego privò la comunità della preziosa statua. Si salvò solo il reliquiario che i ladri si guardarono bene dal profanare.
Profondamente
colpiti i frigentini si mobilitarono ancora, facendo costruire un nuovo busto
in argento sbalzato e cesellato.
Consultare
GIULIANO D'ECLANO E L'IRPINIA CRISTIANA
II Convegno internazionale Mirabella Eclano
23-25 settembre 2010
relazione di Gennario Luongo San Marciano di Frigento
sta in
http://www.nuovomonitorenapoletano.it/pdf/sanmarciano.pdf
per la memoria del 14 giugno
far riferimento a
Santi eremiti nel territorio di Sarzana in Piemonte Rufino ed
Avenanzio-
Si tratterebbe di due eremiti vissuti in epoca
imprecisata a Sarezzano, nei pressi di Tortona.
I loro corpi, rimasti a lungo nascosti, vennero
traslati nella chiesa parrocchiale di Sarezzano, ove sono oggetto di pubblica
venerazione.
La loro festa, che sembra essere l’anniversario del
ritrovamento, viene celebrata il 14 luglio
Tratto da
. http://www.inchiostrofresco.it/blog/2016/02/19/un-bosco-un-santo-una-chiesa-un-vangelo-la-chiesa-altomedievale-di-sarezzano/
La
conferenza prende spunto dalle ricerche archeologiche, condotte all’interno
della chiesa antica di Sarezzano, ricerche che hanno permesso il ritrovamento
delle fasi costruttive di età altomedievale e romanica. Il complesso appare
nato con una precisa volontà di valorizzare la tomba dell’abate Ruffino, santo
eremita vissuto in queste colline tortonesi. Il riconoscimento della fase
altomedievale (VIII secolo) della chiesa offre alcuni spunti interpretativi
sulla storia e sull’esistenza del santo Rufino e sulla presenza a Sarezzano del
pregiatissimo Codex
Sarzanensis, monumento della prima cristianizzazione, oggi
conservato presso il Museo Diocesano di Tortona. Il quadro dei dati
archeologici si completa con un’analisi dei marmi appartenenti all’arredo liturgico
della chiesa altomedievale. La conferenza vuole illustrare, attraverso una
rilettura aggiornata di alcuni dati, il quadro che documenta uno dei momenti
salienti della cristianizzazione del territorio rurale operata dalla diocesi
tortonese.Sarà anche l’occasione per presentare un nuovo pezzo che entra a far
parte delle collezioni del Museo Diocesano. Si tratta di una lastra plumbea
proveniente proprio dalla antica chiesa di Sarezzano, che molto probabilmente
era il coperchio dell’urna contenente le reliquie dei Ss. Ruffino e Venanzio.
Grazie al generoso contributo del FAI – Delegazione di Tortona, la lastra è
stata sottoposta a un intervento di restauro presso il Laboratorio Docilia,
dove sono state rimosse le incrostazioni e sigillate le fessurazioni. Nella
parte interna del coperchio si legge un’interessante iscrizione, che documenta
come i corpi dei due Santi patroni di Sarezzano fossero stati spostati sotto
l’altare maggiore della chiesa, alla presenza del Vescovo di Tortona, Cesare
Gambara, il 14 luglio 1585. Fu proprio in quella circostanza che venne
ritrovato il prezioso Codice Purpureo, racchiuso in una scatola di legno: oggi
sia la “capsella” lignea, sia i fogli in pergamena sono conservati nel Museo
Diocesano ed esposti in un’apposita teca.
HIC IACET CORPORA SANCTI RUFFINIET AVENANCII PATRONI
ISTIUS LOCII SARZANI QUI FUERUNTTRANSLATI AB UNO LOCO EX DITTA ECLESIEIN ALTARE
MAIORI ETINVENTI A MOLTO … REV(ERENDISSIMO) DOMINO CESARE GAMBARA EPISCOPO
DERTONENSISSUB DIE 14 IULII1585
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