sabato 7 luglio 2018

7 Luglio Santi Italici ed Italo greci



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San Panteno  di nazionalità siciliana, vissuto ad Alessandria e poi missionario nelle Indie. Si addormentò in Dio ad Alessandria- filosofo, teologo e apologeta cristiano del II secolo. Fu maestro di Clemente Alessandrino
 http://siciliasantiprimomillenni.blogspot.com/2017/07/sikelia-7-luglio-saint-pantene-sicilien.html
 
Santo Console Vescovo di Como(verso il 495)
Tratto da
https://it.wikipedia.org/wiki/Console_di_Como
La tradizione tramanda fosse un orientale, come (probabilmente) il predecessore Abbondio. Ciò che sembra suggerire che la successione sia avvenuta per cooptazione diretta, come già fu per Felice rispetto ad Ambrogio vescovo di Milano, per Provino rispetto a Felice e per Abbondio rispetto ad Amanzio.
Un secondo elemento ci viene suggerito da un passo di Paolo Giovio, ove si sostiene che anche il successore di Console, Euperanzio, fosse di origine orientale. Ciò che sembra confermare come la base della comunità cristiana residente nella sede del municipium fosse costituita, in misura rilevante, su romani di ambito culturale ellenistico. Circostanza comune a quanto noto rispetto alla prima predicazione di Felice, cent'anni prima.
Per la fine del V secolo, tuttavia, sul territorio della diocesi di Como, nella ricca pieve lacuale di Gravedona, si conosce la presenza di due eremite, famula Christi e, per la Valtellina, la presenza di un sacerdote di nome Mario, che lamentava la carenza di diaconi, piuttosto che di fedeli. Ciò che sembra suggerire come Console abbia proseguito l'opera di evangelizzazione delle valli che si stendono dalla città sino alle Alpi, in linea con l'opera, in parte conosciuta, del suo grande predecessore.
Lì dove l'azione di Console differisce dai predecessori, è nell'essere lui il primo vescovo della diocesi a non aver edificato (od ingrandito) una chiesa in città. Ciò che si spiega con il breve periodo di regno (489-495) , nonché con la perigliosità dei tempi: sotto Console, e nell'ambito dei conflitti seguiti all'entrata in Italia di Teodorico ed alla caduta di Odoacre (sconfitto a Verona nel 489), Como venne devastata da Gundobado (re di una parte della Borgogna dal 473, insediato a Lione, poi sovrano di tutta la Borgogna dal 501 al 516). Ciò che, certamente, lo avrà costretto a ben altre preoccupazioni.
Probabilmente a tali circostanze si deve l'estrema rarefazione del culto, perfino nella diocesi di Como, ove non si conoscono chiese dedicate, né dipinti conservati, né altro.
Venne sepolto nella basilica di Sant'Abbondio, sotto l'altare, ove le spoglie vennero rinvenute nel 1587, ma non se ne conosce la destinazione, come invece accade per altri vescovi santificati, anch'essi lì inumati.


Santo Bonito quinto abate di Montecassino che assistette alla prima distruzione dell’abbazia ad opera dei Longobardi .Si addormentò in Dio verso il 582  

Tratto da
http://www.abbaziamontecassino.org/abbey/index.php/montecassino-abbazia-monastero/78-storia/i-primi-anni-dell-abbazia/94-montecassino-monastero-distruzione
Non appena la giovane abbazia di Montecassino fiorì nel 6° secolo, furono numerosi i visitatori e coloro che desiderarono diventare monaci. Ma non furono solo visite amichevoli quelle che arrivarono. In un'occasione,infatti, Zalla, terribile capo dei Goti, venne in cerca di oro e denaro, con la minacciando di fare del male. Per Zalla, però, i modi calmi e l'atteggiamento amorevole di San Benedetto furono così straordinari che la sua vita e quella degli altri furono risparmiate. Nonostante avesse evitato con successo la violenza e la distruzione durante questi incontri poco amichevoli, nei primi anni del monastero, questa situazione stava per cambiare e San Benedetto lo previde. Mentre stava pregando ebbe una visione in cui previde la distruzione del suo monastero e capì che non ci sarebbe stato modo di fermare questo terribile evento. Nonostante la profezia, San Benedetto fu confortato dal fatto che nessun monaco sarebbe stato ferito.
Nei 30 anni che seguirono la morte di San Benedetto, molti altri si susseguirono come padri e abati di Montecassino: Costantino, Simplicio, Vitale e Bonito. L'ultimo, Bonito, assistette all'avverarsi della profezia di San Benedetto. I Longobardi, violenti conquistatori del nord, arrivarono nel 577 e in una notte distrussero Montecassino. I monaci fuggirono a Roma portando con sé l'originale della Regola di San Benedetto. Gregorio Magno, futuro Papa e autore dei Dialoghi (che comprendono un resoconto biografico della vita di San Benedetto nel Libro II) incontrò i monaci benedettini e la Regola di San Benedetto probabilmente per la prima volta quando arrivarono a Roma. Avendo portato la Regola di San Benedetto, il loro trovarsi a Roma contribuì ancora di più alla sua diffusione attraverso l'Italia. I monaci benedettini rimasero a Roma per 140 anni prima di ritornare infine sopra il Sacro Monte per ricostruire e ripristinare Montecassino nell'8° secolo.





Santo Ampelio Vescovo di Milano (verso il 672)

Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/95200
Ampelio, dal 665 al 672 fu il trentanovesimo vescovo di Milano, che riposa in San Simpliciano, dove fu deposto l’8 febbraio 676, come fa supporre il «Codice di Beroldo», che per primo lo chiama «santo», attribuendogli innumerevoli miracoli. Essi, pare, accompagnarono la sua tenace opera di evangelizzazione. A Milano, infatti, erano ancora presenti sostenitori della teologia cosiddetta ariana, la tendenza, che forse sarà sempre presente, a cercare di «umanizzare» tanto il Figlio di Dio da indebolire la «singolarità divina» di Gesù. In quest’impegno per la verità gli fu d’aiuto Teodota, la moglie del re longobardo Grimoaldo: per fortuna che ci sono le donne! La predicazione d’Ampelio fu persuasiva anche per lo stile, che sembrava esprimesse il suo stesso nome. Si diceva, infatti, che come le parole di Ambrogio erano come l’ambrosia, il cibo degli dei, così il parlare di Ampelio richiamava l’ebbrezza del vino, e la sua gioia: «uva», in greco, si dice «ampelius». Ampelio, dunque, cercò di convincere non con le minacce, ma con la benevolenza, convinto - come diceva già Ambrogio - che «gli uomini possano essere obbligati e stimolati a fare il bene, più con la benevolenza che con la paura e, per farli emendare, l’amore è più efficace del timore»

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