lunedì 16 luglio 2018

16 Luglio Santi Italici ed Italo greci


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Santo Eugenio in Liguria
Tratto da
https://www.searoundpress.com/2016/09/15/leggenda-di-santeugenio/
La leggenda di Sant’Eugenio racconta la storia dell’isola di Bergeggi. E’ una leggenda molto popolare tra gli abitanti di Noli.
Secondo questa leggenda, l’isola di Bergeggi, sarebbe comparsa di fronte alla costa ligure per trasportare i santi vescovi Eugenio e Vendemiale.
I due erano stati imprigionati dai vandali ed erano in attesa della loro fine.
Il giorno prima dell’esecuzione, un angelo ordinò ai due di fuggire e di recarsi sullo scoglio davanti all’isola di Gerba, dove Dio avrebbe mostrato loro il suo volere.
I due santi vescovi, sotto la guida dall’angelo, si recarono sull’isola che cominciò a muoversi e attraversando il Mediterraneo giunse di fronte alle coste savonesi.
Un sentiero, visibile ancora oggi, indicò ai due santi come raggiungere la barchetta con la quale erano approdati sull’isola e grazie alla quale, volendo, avrebbero potuto abbandonarla.
Intanto una folla di curiosi arrivati da tutta la costa, si era recata sulla spiaggia per assistere al prodigio.
Tempo dopo, Vindemmiale decise di partire per la Corsica mentre Eugenio rimase sull’isola.
Eugenio era un uomo molto amato, tanto che, dopo la sua morte, la gente decise di costruire una piccola chiesa sull’isola di Bergeggi dove poterlo venerare e l’allora vescovo di Savona, Bernardo, fece costruire un monastero in suo onore.
Le spoglie di Sant’Eugenio furono portate a Noli e l’isolotto venne ricoperto di erbe selvatiche.
La leggenda vuole che le spoglie di Sant’Eugenio dopo alcuni anni siano tornate da sole sull’isola.
Una versione molto più recente della leggenda sostiene invece che Sant’Eugenio sia tornato sull’isola da poco portando con se i cavallucci di Capo Noli per proteggerli dallo stress dei visitatori.
Ogni anno, in occasione della ricorrenza di Sant’Eugenio, una processione di barche parte da Noli per portare le spoglie del santo sull’isola di Bergeggi.





Santi Domno e Domneone martiri a Bergamo
Tratto da
https://wikivividly.com/lang-it/wiki/Santi_Domno_e_Domneone

Domno e Domneone sono due santi, inseriti nel Martirologio Romano da Cesare Baronio nel Cinquecento. Il loro culto, legato a quello di sant'Eusebia di Bergamo, è legato e circoscritto unicamente al loro luogo di venerazione, la chiesa di Sant'Andrea a Bergamo


Il loro culto è dovuto alla riscoperta, avvenuta la domenica del 24 luglio 1401, di tre corpi sotto l'altare maggiore accompagnati da un'iscrizione, che recitava: "Hic Requiescunt in pa b m Domnio cum nepotibus suis Eusebia et Domnon. Dep Domno avus XVI K augus Eusebia III K novemb Domnio non ian". L'iscrizione può essere così completata: "Hic Requiescunt in pa[ce] b[onae] m[emoriae] Domnio cum nepotibus suis Eusebia et Domnon[e]. Dep[ositus] Domno avus XVI K[alendas] augus[tas] Eusebia III K[alendas] novemb[res] Domnio non[is] ian[uariis]"[1]. L'errata lettura della sigla "b m", interpretata come beati martyres, è all'origine della supposta esistenza di questi tre santi, per i quali in seguito si arrivò a costruire una apposita passio.
Nel 1648, lo studioso Carlo Ridolfi, mentre commenta la Madonna in trono col Bambino tra i santi Eusebia, Andrea, Domno e Domneone, tela del Moretto conservata nella chiesa, si premura di precisare che i santi Domno e Domneone sono i patroni della famiglia Claudia, proprietaria di una cappella in Sant'Andrea, mentre ritiene sant'Eusebia, al pari di sant'Andrea, sufficientemente nota, tanto da non richiedere spiegazioni. È questo un dato importante per comprendere l'evoluzione del culto dei santi nel corso del tempo: in origine, come dimostra l'iscrizione trovata assieme ai corpi, Eusebia e Domnone (mutato in Domneone) erano nipoti di Domno. Col passare dei secoli, Domno e Domneone furono accostati in una coppia di santi, forse a causa dell'affinità del nome, mentre sant'Eusebia, probabilmente confusa con sante omonime, assunse un ruolo autonomo.


Su Santa Eusebia, vergine e martire a Bergamo in Lombardia (307) leggere
http://www.ortodossia.it/w/index.php?option=com_content&view=article&id=3965:29-10-memoria-di-santa-eusebia-vergine-e-martire-a-bergamo-in-lombardia-307&catid=192:ottobre&lang=it







tratto da
http://www.bergamopost.it/vivabergamo/santi-che-da-citta-alta-vegliano-su-bergamo/

San Domno, San Domneone e Santa Eusebia invece sono santi imparentati, dato che trattasi di zio e nipoti, perseguitati durante i primi secoli del Cristianesimo e decapitati e pugnalati sul monte della Fara (la Rocca per noi oggi), sepolti uno sull’altro sotto l’altare maggiore della chiesa di S. Andrea in Via Porta Dipinta e lì rinvenuti una prima volta nel 1401 e una seconda, intonsi e profumati, dal vescovo Cornaro nel 1568.
Leggere Full text of "Dei santi martiri Domno, Domnione ed Eusebia “Sta in

 https://archive.org/stream/deisantimartirid00ucce/deisantimartirid00ucce_djvu.txt


Santo Ilariano monaco e martire ad Arezzo (verso il 363 sotto Giuliano l’Apostata)

Storia della vita consacrata in terra di Arezzo

In
http://www.diocesiarezzo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=215:storia-della-vita-consacrata-in-terra-di-arezzo&catid=54:intro&Itemid=460

Fino dalle sue origini la diocesi di Arezzo è stata caratterizzata dalla presenza di persone che hanno vissuto secondo gli ideali dei "Consigli Evangelici".
S. Donato stesso, patrono della diocesi e secondo vescovo della città, prima di essere scelto a guidare la Chiesa Aretina, fece vita eremitica insieme al monaco S. Ilariano.
"Donato, fuggito da Roma a causa delle persecuzioni contro i cristiani, giunse alla città di Arezzo e venne accolto con gioia dal monaco Ilariano. Donato iniziò a vivere con lui, servendo fedelmente il monaco Ilariano. Inoltre di nascosto, senza lamentarsi servendo il Signore Gesù Cristo, era lieto nelle preghiere e nei digiuni, cantando e lodando con i salmi. Quando Ilariano sentì dire questo, rimase ammirato e chiese a Donato di non fare altre fatiche, oltre all'insegnare. Cosicché Ilariano imparò tutto quello che Donato aveva appreso a Roma dal presbitero Pigmenio.
Quando il beato vescovo Satiro si addormentò nel Signore, fu fatto un consiglio da tutto il clero e il popolo della città di Arezzo ed elessero Donato all'episcopato" (Passio Donati, I).
Siamo nel IV secolo, e proprio in questo periodo sta nascendo in Egitto e in Medio Oriente la vita eremitica e monastica. Arezzo fu quindi molto sollecita ad accogliere questo nuovo e radicale stile di vita evangelica, ben descritto nella Passio Donati: preghiera, penitenza, testimonianza e gioiosa vita nuova in Cristo.

Tratto da

il prefetto di Arezzo, Quadraziano, fece arrestare Donato e il compagno Ilariano i quali, vittime della nuova persecuzione indetta da Giuliano l’Apostata, vennero uccisi in piazza. Ilariano, perse la vita ad Ostia il 16 luglio e Donato venne decapitato ad Arezzo il 7 agosto.






Santo Vitaliano Vescovo di Capua (nel settimo secolo )
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/63050

Il ‘Martirologio Romano’ riporta (al 3 settembre)  “Caudii in Campania, sancti Vitaliani, episcopi”. Questa memoria ripresa dal ‘Martirologio Geronimiano’, fa pensare che Vitaliano fosse un abitante del Sannio, nella Valle Caudina; l’antica “Caudium” corrisponde oggi alla città di Montesarchio sulla via Appia, situata tra Capua e Benevento.
Queste due città nel passato si contesero il santo come loro vescovo, infatti Capua lo annovera al 25° posto della sua lista episcopale; nulla toglie che sia stato per qualche tempo anche vescovo della vicina Benevento.
Una leggendaria ‘Vita’ fu scritta alla fine del XII secolo, forse da un chierico beneventano, con l’intenzione di affermare la consacrazione del monte Partenio, chiamato poi anche Montevergine, già prima della venuta di san Guglielmo da Vercelli (1142), fondatore del veneratissimo santuario della Madonna e della Congregazione benedettina ‘Verginiana’.
S. Vitaliano, vissuto nel VII secolo, fu acclamato vescovo dal popolo di Capua, contro la sua volontà, in seguito divenne oggetto di calunnie e di volgari insinuazioni, da parte dei suoi nemici, che in ogni circostanza non mancano mai, i quali non si sa come, lo fecero apparire in pubblico vestito da abiti femminili, onde accusarlo di impudicizia.
Vitaliano si difese apertamente, smascherando le insidie dei suoi calunniatori, poi lasciò la città, ma fu catturato, legato in un sacco di cuoio e gettato nel fiume Garigliano; la protezione divina lo salvò dalla morte e lo fece approdare incolume sulla costa ad Ostia, dopo che il fiume l’ebbe trasportato fino al mare; inoltre la città fu punita con siccità, carestia e peste.
Allora i capuani si recarono dal vescovo, pregandolo di tornare in sede, ma Vitaliano non volle fermarsi stabilmente a Capua e si ritirò sul Monte Partenio, dove eresse un oratorio sacro dedicato alla Vergine e dove morì nel 699.
Prima del 716, il suo corpo sarebbe stato traslato da Montevergine (Partenio) a Benevento dal vescovo Giovanni, alcuni studiosi dicono nel 914 a causa delle scorrerie dei saraceni.
Nel 1122 papa Callisto II, trasferendo a Catanzaro il vescovado di ‘Tres Tabernae’, fece dono alla città delle reliquie del santo; credenze dell’epoca affermavano, ma senza fondamento, che le reliquie del santo vescovo fossero state portate ad Osimo (Ancona), generando così un equivoco riguardante s. Vitaliano, effettivo vescovo di Osimo (sec. VIII), identificandolo con quello di Capua, il cui giorno di festa è lo stesso 16 luglio.
Nel 1311 Pietro Ruffo, conte di Catanzaro, edificò in quella cattedrale un’apposita cappella per riporvi le reliquie di s. Vitaliano; risulta che nel 1583 dopo la rovina della cappella, il vescovo Nicolò Orazio, ne fece la ricognizione canonica, sistemando le reliquie in una nuova cassetta foderata di velluto.
In epoca imprecisata il sepolcro di s. Vitaliano avrebbe pure cominciato a trasudare un umore detto manna. Catanzaro, la città delle tre V (Vento, Velluti, Vitaliano), venera s. Vitaliano come suo patrono principale il 16 luglio, che è forse la data della traslazione dei suoi resti mortali da Montevergine a Benevento e poi a Catanzaro, inoltre ne celebra la festa del patrocinio nella domenica ‘in albis’.
Ne sperimentò più volte la protezione in occasione di terremoti e nel 1922 celebrò con solennità il settimo centenario dell’arrivo delle reliquie.
Il culto di s. Vitaliano vescovo, si diffuse nei secoli in Campania; il famoso “Calendario Marmoreo” di Napoli, scolpito nel IX secolo, lo ricorda al 3 settembre; si ritiene che il suo culto a Napoli sia giunto con i capuani, qui rifugiatosi nel 595. Chiese in suo onore sorsero in vari Comuni campani e il Comune di S. Vitaliano, provincia di Napoli ma diocesi di Nola, porta il suo nome.

Tratto da
http://www.eremosanvitaliano.it/sito_new/index.php?option=com_k2&view=item&layout=item&id=17&Itemid=283&lang=it
Le poche e frammentarie notizie sulla vita di San Vitaliano ci permettono di ricostruirla a grandi linee.
San Vitaliano nacque nell’antica Capua (l’attuale Santa Maria Capua Vetere) nel secolo VIII.
Fu consacrato vescovo della sua città per le sue qualità ed i suoi costumi e svolse questa missione con grande umiltà e  devozione.
Nonostante ciò fu avversato da uomini malvagi che tramarono contro di lui e, durante la celebrazione di una funzione notturna, lo accusarono di immoralità.
San Vitaliano, amareggiato, andò via da Capua dirigendosi verso Roma, sempre angariato dai suoi persecutori.
Durante la sua assenza la città di Capua fu colpita da carestie, malattie e grandi siccità ed i capuani compresero di essere incorsi nella punizione del Signore per quanto avevano fatto al santo.
Non esitarono, pertanto, a cercarlo per farsi perdonare. San Vitaliano ritornò a Capua ed impetrò la grazia della pioggia, che cadde copiosa.
Rifiutò, però, l’episcopato per ritirarsi a vita eremitica in un luogo dell’antica Caserta chiamato allora Miliarum (o forse Maltanum) e qui trascorse alcuni anni compiendo molti miracoli.
Negli ultimi anni della sua vita il santo si ritirò sul Monte Virgilio (Montevergine) dove morì, forse il 16 luglio dei primi anni dell’800.
Il suo sepolcro divenne meta di pellegrinaggi e devozioni, ma poi cadde in rovina perché il luogo divenne disabitato a seguito di incursioni saracene.
Successivamente, ritrovato dai pastori, fu portato nel monastero di Montevergine e, poi, nel 1120, trasferito da Papa Callisto II nel duomo di Catanzaro, città di cui è attualmente protettore.

Oggi la devozione del santo è attestata nelle città di Sparanise, Capua, nel nolano (comune di San Vitaliano), nelle province di Benevento ed Avellino e, naturalmente, a Casola e nel quartiere di Casertavecchia.

Tratto da
https://www.catanzaroinforma.it/pgn/newslettura.php?id=69328
Eletto vescovo di Capua, come religioso dolce ed insieme severo, è creduto vescovo anche di Benevento. Il Pastore, nella sua missione esercitata per sette anni, incontrò la reazione subdola di un gruppo di giovani scapestrati, anzi dediti a libertinaggio, che complottarono per danneggiarne la figura, bruttandola di condotta non confacente alla dignità ed integrità di Pastore.  Vitaliano, dopo essersi discolpato in pubblico, sdegnato, si allontanò dalla città; ma i suoi persecutori, temendo di essere tardivamente scoperti, lo raggiunsero e, chiusolo in un sacco di pelle, lo buttarono nel mare o nel fiume Garigliano, o Volturno, per annegarlo. Il turpe  disegno, però, non ebbe esito mortale. La corrente lo condusse alla spiaggia di Ostia, dove alcuni pescatori incuriositi uncinarono il galleggiante, portandolo a bordo della loro barca e, con pietoso sorpresa, scorsero il vegliardo e lo ristorarono. Intanto, a Capua, per sei mesi e venti giorni si protrasse la siccità desertando i campi e provocando carestie e malattie. I suoi abitanti addebitarono la mancanza di pioggia  a punizione per l'offesa recata all'uomo di Dio e si diedero a ritrovarlo. Ciò avvenne in un sito lontano; trovatolo,  lo esortarono a ritornare nella città che aveva voluto lasciare. Il prelato accolse tali premure e bene accolto dai fedeli riprese le funzioni; subito copiosa si sparse la pioggia, ristorando la campagna. Ormai ben oltre  i 70 anni di età, il nostro Santo lascio' questa terra e fu debitamente  sepolto. Ma nel tempo se ne persero le tracce sino a quando alcuni pastori, notando un tumulo di pietre, lo rinvennero suscitando la pregressa devozione: molti bisognosi pietosamente pregarono impetrando  e ottenendo miracoli. Si formò così un profondo culto che indusse il vescovo Giovanni di Benevento a realizzare  un degno luogo di sicuro.
Papa Callisto II, trovandosi in sosta a Benevento per recarsi in Calabria, rese  omaggio alle reliquie attratto dall’eco dei miracoli da lui ottenuti. In questo ricordo, essendo a Catanzaro per consacrare la Cattedrale, pensò di meglio solennizzare l’evento facendone traslare i resti








Tratto da
http://www.gustoedesign.it/Luogo.aspx?id=293

San Vitaliano nacque a Capua antica (attuale S. Maria Capua Vetere) verso la seconda metà del settimo secolo. Eletto vescovo di quella Città, per le sue eccelse virtù, fu ben presto preso di mira da uomini malvagi che lo calunniarono e lo perseguitarono. Messo in un sacco di cuoio fu gettato in mare, ma il Signore lo salvò e per questo delitto, punì la città di Capua antica con siccità e mortalità. I capuani, pentiti, implorarono il perdono di del Santo, che non mancò di esaudirli e di pregare per loro. Subito una pioggia consolatrice irrorò la Città, portando via ogni malanno. Il Santo, dopo questa grande prova, si mosse da Capua antica, e passando per l’attuale Sala, si fermò a Casola, per costruirvi un eremo. Iniziò il lavoro a cui diede un contributo fondamentale - secondo la leggenda - un lupo ammansito che aiutava il Santo trasportando le pietre di tufo. Qui visse per dieci anni in penitenza e in santità. La sua cella divenne ben presto centro di preghiera e meta di pellegrini, che vi accorrevano da ogni parte, per ricevere grazie e consigli dal Santo Eremita. Successivamente si ritirò a Montevergine, dove edificò una chiesetta in onore della Madonna, con accanto una celletta per il suo giaciglio. Ivi morì il 16-17 di uno dei primi anni dell’ottavo secolo. Le sue spoglie furono donate, come detto, alla Città di Catanzaro dal Papa Callisto II nel 1122.

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