Santo Romolo vescovo di Fiesole e
martire
Tratto dal
quotidiano Avvenire
Secondo
la tradizione il cristianesimo giunse a Fiesole nel I secolo con Romolo –
discepolo di Pietro – primo vescovo della diocesi di cui ora è patrono. Fu
martirizzato con alcuni compagni nel 90. La sua vita è raccontata da tre codici
redatti tra l’XI e il XIV secolo. A lui è dedicata la cattedrale, eretta dal
vescovo Jacopo il Bavaro nel 1028. Sempre secondo la tradizione un gruppo di
cristiani fuggiti da Fiesole con Romolo – il quale avrebbe portato in Toscana
la sacra immagine della Vergine dipinta dall’evangelista Luca – edificò il
primo nucleo del futuro santuario dell’Impruneta, vicino Firenze.
Tratto
da
Purtroppo di questo
santo patrono di Fiesole, antica cittadina in provincia di Firenze, di certo si
sa poco, mentre in gran parte le notizie che lo riguardano sono fantasiose,
anche se poi hanno influenzato tradizioni, scritti e artisti nei secoli
successivi.
L’esempio più chiaro di queste fantasie è la credenza, che certamente per il suo nome, è assimilato all’omonimo mitico fondatore di Roma e come questi allattato da una lupa.
Romolo fu certamente diacono della Chiesa fiesolana; forse sacerdote o vescovo, ma vissuto dopo il tempo delle persecuzioni, alla fine del secolo IV; sepolto nella vecchia cattedrale, fu a poco a poco ritenuto come il primo vescovo della città e martire.
Le qualifiche di vescovo e di martire, non comparivano in documenti del 966, mentre nel 1028 egli era già considerato tale e così per i secoli successivi; il suo nome insieme a quelli dei compagni Carissimo, Marchiziano, Crescenzio e Dolcissimo, è riportato al 6 luglio dal “Martirologio di Usuardo” nell’edizione del 1468 fatta a Firenze; e alla stessa data fu introdotto nel secolo XVI nel ‘Martirologio Romano’ con l’affermazione che Romolo, discepolo di s. Pietro apostolo, fu da lui inviato a predicare il Vangelo; dopo essere stato in diverse città d’Italia, fu martirizzato a Fiesole, insieme ad alcuni compagni, al tempo dell’imperatore Domiziano (51-96).
Dunque tra la fine del secolo X e l’inizio dell’XI ci fu un cambiamento del culto di s. Romolo, che da ‘confessore’ quale era considerato prima, fu promosso a ‘martire’; tale cambiamento fu la conseguenza di una predicazione fatta in quel tempo, di un certo abate Teuzone, il quale rifacendosi alle scarsissime notizie in merito e ad una iscrizione lapidea smozzicata nella scrittura, dedusse che Romolo che era stato sepolto per molto tempo nella chiesa di S. Pietro, fosse discepolo dell’apostolo e inviato a predicare il Vangelo a Fiesole, dove non poteva non subire il martirio.
S. Romolo in Fiesole, venne sempre rappresentato, al di là di ogni certezza storica, con abiti episcopali, nei luoghi pubblici e di culto, illustrandone gli avvenimenti prodigiosi che la tradizione popolare ricordava.
A volte la sua figura è affiancata da una lupa, che secondo la leggenda fiesolana, l’avrebbe allattato; la più antica immagine di Romolo è nello splendido polittico dipinto nel 1440 per l’altare maggiore della cattedrale a lui intitolata, dove il santo è raffigurato insieme ai santi Alessandro, Pietro e Donato con addosso uno splendido piviale rosso ed oro, mentre si volge verso la Vergine con il Bambino.
Molti altri affreschi ricordano gli episodi salienti, sebbene leggendari, della sua vita e il martirio subito con i quattro compagni a Fiesole, come pure prodigi e miracoli da lui operati, fra i quali la liberazione dal demonio del giovinetto Celso e quello dell’acqua, che gli era stata negata da una donna malvagia, tramutata in sangue.
L’esempio più chiaro di queste fantasie è la credenza, che certamente per il suo nome, è assimilato all’omonimo mitico fondatore di Roma e come questi allattato da una lupa.
Romolo fu certamente diacono della Chiesa fiesolana; forse sacerdote o vescovo, ma vissuto dopo il tempo delle persecuzioni, alla fine del secolo IV; sepolto nella vecchia cattedrale, fu a poco a poco ritenuto come il primo vescovo della città e martire.
Le qualifiche di vescovo e di martire, non comparivano in documenti del 966, mentre nel 1028 egli era già considerato tale e così per i secoli successivi; il suo nome insieme a quelli dei compagni Carissimo, Marchiziano, Crescenzio e Dolcissimo, è riportato al 6 luglio dal “Martirologio di Usuardo” nell’edizione del 1468 fatta a Firenze; e alla stessa data fu introdotto nel secolo XVI nel ‘Martirologio Romano’ con l’affermazione che Romolo, discepolo di s. Pietro apostolo, fu da lui inviato a predicare il Vangelo; dopo essere stato in diverse città d’Italia, fu martirizzato a Fiesole, insieme ad alcuni compagni, al tempo dell’imperatore Domiziano (51-96).
Dunque tra la fine del secolo X e l’inizio dell’XI ci fu un cambiamento del culto di s. Romolo, che da ‘confessore’ quale era considerato prima, fu promosso a ‘martire’; tale cambiamento fu la conseguenza di una predicazione fatta in quel tempo, di un certo abate Teuzone, il quale rifacendosi alle scarsissime notizie in merito e ad una iscrizione lapidea smozzicata nella scrittura, dedusse che Romolo che era stato sepolto per molto tempo nella chiesa di S. Pietro, fosse discepolo dell’apostolo e inviato a predicare il Vangelo a Fiesole, dove non poteva non subire il martirio.
S. Romolo in Fiesole, venne sempre rappresentato, al di là di ogni certezza storica, con abiti episcopali, nei luoghi pubblici e di culto, illustrandone gli avvenimenti prodigiosi che la tradizione popolare ricordava.
A volte la sua figura è affiancata da una lupa, che secondo la leggenda fiesolana, l’avrebbe allattato; la più antica immagine di Romolo è nello splendido polittico dipinto nel 1440 per l’altare maggiore della cattedrale a lui intitolata, dove il santo è raffigurato insieme ai santi Alessandro, Pietro e Donato con addosso uno splendido piviale rosso ed oro, mentre si volge verso la Vergine con il Bambino.
Molti altri affreschi ricordano gli episodi salienti, sebbene leggendari, della sua vita e il martirio subito con i quattro compagni a Fiesole, come pure prodigi e miracoli da lui operati, fra i quali la liberazione dal demonio del giovinetto Celso e quello dell’acqua, che gli era stata negata da una donna malvagia, tramutata in sangue.
Santo Valentino prete romano martire a
Roma
Tratto da: https://www.johnsanidopoulos.com/2011/02/orthodox-saint-valentine.html
Traduzione a cura di Giovanni Fumusa.
Traduzione a cura di Giovanni Fumusa.
L’antico martirologio della Chiesa di Roma segna il 14 Febbraio come giorno in cui si fa memoria del “martire Valentino, presbitero di Roma”. Sfortunatamente, i dati storici riferiti al Santo sono incompleti.
Il Martirio del Santo a Roma
San Valentino visse a Roma nel III secolo; fu un sacerdote che prestava aiuto ai martiri durante le persecuzioni dell’Imperatore Claudio II il Gotico. Le grandi virtù e le attività catechetiche del Santo divennero note e, per questo motivo, fu arrestato e portato dinanzi la corte imperiale.
“Perché, Valentino, vuoi essere amico dei nostri nemici e rigetti la nostra amicizia?” gli chiese l’Imperatore.
Il Santo rispose: “Mio signore, se conosceste il dono di Dio, sareste lieti assieme al vostro impero, rigettereste l’idolatria e adorereste il vero Dio e Suo Figlio, Gesù Cristo.”
Uno dei giudici fermò il Santo e gli chiese cosa pensasse di Giove e Mercurio. Valentino rispose senza mezzi termini: “Sono dei miserabili che hanno trascorso la propria vita nella corruzione e nella vergogna!”
Il giudice urlò furiosamente: “Costui bestemmia gli dei e l’impero!”
L’Imperatore, tuttavia, continuò porgli domande con curiosità, trovando una gradita opportunità di apprendere quale fosse la fede dei cristiani. Valentino trovò il coraggio di spingerlo a pentirsi per il sangue dei cristiani che era stato versato. “Credete in Gesù Cristo, accettate il battesimo e sarete salvati e d’ora innanzi la gloria del vostro impero sarà assicurata così come il trionfo dei vostri eserciti.”
Claudio si convinse e disse ai presenti: “Quale magnifico insegnamento predica quest’uomo!”
Il governatore della città, amareggiato, iniziò a gridare: “”Vedete come questo cristiano ha ingannato il nostro Principe.”
Quindi Claudio portò il Santo presso un altro giudice. Questi si chiamava Asterios ed aveva una figlia cieca da due anni. Sentendo di Gesù Cristo, di come Egli fosse la Luce del Mondo, chiese a Valentino se potesse donare quella luce alla figlia. San Valentino pose le proprie mani sugli occhi della bambina e pregò: “Signore Gesù Cristo, vera Luce, illumina questa bambina cieca.” Quale grande miracolo! La bambina riacquistò la vista! Il giudice, assieme alla sua famiglia, confessò Cristo. Dopo aver digiunato per tre giorni, distrusse gli idoli che si trovavano in casa e finalmente ricevette il Santo Battesimo.
Quando la notizia su questi avvenimenti giunse all’Imperatore, questi inizialmente pensò di non punirli, credendo che potesse apparire debole di fronte ai cittadini, obbligandolo così a tradire il suo senso di giustizia. Quindi San Valentino assieme ad altri cristiani, dopo essere stati torturati, furono decapitati il 14 Febbraio dell’anno 268 (o 269).
Le Reliquie del Santo ad Atene
Dopo il martirio, alcuni cristiani recuperarono il corpo del Santo e misero un po’ del suo sangue in una fiala. Il corpo del Martire fu spostato e sepolto nelle Catacombe di Santa Priscilla, luogo di sepoltura della maggior parte dei martiri. Lungo gli anni, il Santo fu in qualche modo “dimenticato” poiché ogni giorno, per decenni, venivano sepolti nuovi martiri in queste catacombe. La memoria del martirio di Valentino rimase tuttavia forte, particolarmente presso la locale Chiesa di Roma. Ufficialmente la memoria di S. Valentino fu stabilita nel 496 dal Santo Papa Gelasio.
Dopo quindici secoli giungiamo al 1815, quando la divina intenzione fu di “disturbare” l’eterno riposo del Santo. Le reliquie furono allora donate dal Papa ad un gentile sacerdote italiano (secondo gli usi di quell’epoca). Dopo di ciò, le reliquie “si persero” nuovamente fino al 1907, quando le ritroviamo a Mitilene, nella cattolica Chiesa di Nostra Signora. Pare che, alla morte del sacerdote, un suo discendente abbia ereditato le reliquie e che fosse emigrato a Mitilene, ai tempi una fiorente colonia di cristiani cattolici dell’Europa occidentale. Lì rimasero fino al 1990, quando furono trasferite ad Atene nella Chiesa dei Santi Francesco e Chiara, la chiesa della comunità italiana, dove si trovano tutt’ora.
San Valentino il Greco
Bisogna premettere che non vi sono notizie sufficienti sull’origine etnica del Santo, sebbene vi siano delle (tracce di) prove che il Santo fosse di origine greca. Ad esempio, la prima raffigurazione del Santo riportante l’iscrizione “O ΑΓΙΟC BAΛΕΝΤΙΝΟC”, in greco, si trova nella Chiesa di Santa Maria Antiqua, del VI secolo, che era la parrocchia dei greci a Roma. In questa chiesa i veneravano in particolar modo i santi di origine greca o, più generalmente, orientale. La decorazione ed il restauro della chiesa furono ordinati dal Papa greco Giovanni VII (705-707) e completati dai suoi successori, incluso l’ultimo Papa greco, Zaccaria (741-752). Probabilmente non è un caso che, dopo diciassette secoli, i resti siano giunti in Grecia. La questione necessita di ulteriori ricerche.
San Valentino: Patrono degli innamorati
Oltre agli scarsi dati storici che abbiamo riguardo la vita di Valentino, vi sono molte leggende, tra cui quella che lo indica come il santo patrono degli innamorati.
Il Santo aveva la fama di pacificatore e un giorno, mentre coltivava le rose nel proprio giardino, udì una coppia discutere in maniera accesa. Ciò sconvolse il Santo, il quale recise una rosa e si avvicinò alla coppia chiedendo di essere ascoltato. Sebbene fossero scoraggiati, obbedirono al Santo e successivamente fu offerta loro una rosa che li benedisse. Immediatamente tornò l’amore tra i due che successivamente chiesero al Santo di benedire il loro matrimonio. Un’altra tradizione dice che una delle accuse mosse contro Valentino fosse quella di non aver rispettato gli ordini dell’imperatore, secondo cui agli uomini che non avevano adempiuto agli obblighi del servizio militare non era permesso sposarsi; al contempo il Santo aveva benedetto i matrimoni tra alcuni giovani soldati cristiani e le rispettive mogli.
Oltre a tutto ciò, l’averlo scelto come “santo degli innamorati” è probabilmente da associarsi con la festa pagana dei Lupercalia, una festa della fertilità, celebrata dai romani il 15 Febbraio. Altri collegano la celebrazione di questa festa con l’accoppiamento dei volatili che avviene durante questo periodo dell’anno. Di certo, comunque, il Santo non ha nulla a che vedere con il commercio (e il marketing ad esso relativo) di fiori, regali e centri secolari che banalizzano quel grande dono di Dio che è l’Eros.
San Valentino e l’Ortodossia
Molti, tuttavia, obiettano il fatto che San Valentino non è menzionato da nessuna parte nel calendario della Chiesa Ortodossa. Infatti, nel calendario della Chiesa, il 14 Febbraio si fa memoria dei Santi Aussenzio e marone e dei martiri Nicola e Damiano. La spiegazione è semplice: anticamente gli elenchi agiografici, le biografie ed i martirologi furono scritti per essere principalmente utilizzati localmente e la fama e la reputazione che un santo ha a livello locale non è indice che queste si siano diffuse uniformemente in tutta la Chiesa. Quindi ci potrebbero essere santi molto onorati in una regione che sono dei completi sconosciuti in un’altra; un caso, ad esempio, è quello di S. Demetrio, noto in tutta la Chiesa orientale eppure non viene onorato affatto in Occidente, dove è pressoché sconosciuto, ma ciò non vuol dire che non sia un santo. Un altro esempio della Chiesa contemporanea: San Chrisostomos di Smirne (+ 1922) che è noto in Grecia, ma è totalmente sconosciuto in Russia, ma ciò non vuol dire che non sia un santo.
Onorare i martiri – Imitare i martiri
Onoriamo i nostri santi e S. Valentino quando imitiamo il loro coraggio nel proclamare la loro fede in Cristo il Salvatore, cosa che hanno fatto anche a costo delle loro proprie vite. Li onoriamo quando li supplichiamo di chiedere a Dio di avere misericordia di noi e di perdonare i nostri tanti peccati. Li onoriamo quando ne facciamo il nostro modello di vita in Cristo. Non onoriamo i santi quando misuriamo il loro “valore” con festività e divertimenti terreni neanche nelle circostanze migliori… Onorare i martiri è imitare i martiri!
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/97180
Le
prime notizie su di lui le troviamo nella “passione di Mario e Marta” dove le
lesse anche il monaco inglese Beda (673 c.-735): vi si racconta del prete
Valentino, che aveva guarito dalla cecità la figlia di un giudice, di nome
Asterio, poi fatto uccidere sulla via Flaminia ai tempi di Claudio il gotico
(268-270). Ma già il nome di Asterio ci porterebbe ai tempi di papa Vigilio (VI
secolo) probabile committente della stesura della Passione. Sul luogo del
martirio intanto era stata già costruita da papa Giulio I (337-352) una
basilica, successivamente abbellita da papa Teodoro (642-649). Valentino è
ricordato anche nel Sacramentario Gregoriano. Nonostante tutte queste notizie
però il Valentino prete e martire romano nacque forse da un’errata
interpretazione di una pagina del “Catalogo Liberiano” dove si legge appunto
che papa Giulio I costruì al secondo miglio della via Flaminia una basilica
quae appellatur Valentini (chiamata di Valentino) dove il Valentino nominato
non era un martire, ma soltanto il benefattore che aveva offerto forse il
terreno, oppure i mezzi economici necessari alla costruzione, benefattore che
poi nei secoli successivi, come molti altri, venne venerato come “santo”.
Di questo Valentino prete e martire abbiamo anche diverse testimonianze iconografiche: da quella in S. Maria Antiqua, a Roma, databile al secolo VIII dove, accanto alla figura in abiti sacerdotali, compare il nome scritto in caratteri greci (Bαλεντινος); al medaglione musivo nella chiesa pure romana di S. Prassede (secolo IX). E la devozione verso di lui era ben presto giunta anche lontano da Roma se nel 714 i vescovi di Siena ed Arezzo si incontrarono proprio presso la pieve di san Valentino di Torrita (SI) per determinare i confini delle loro diocesi. Nei secoli successivi tale devozione si allargò molto anche in diverse regioni dell’Italia settentrionale, ma spesso vi giunse attraverso “reliquie” estratte dalle catacombe romane tra il tardo Cinquecento e il Seicento, “reliquie” appartenute a personaggi cristiani ivi sepolti, che però erano soltanto degli omonimi del presunto martire del III secolo, martire che continua ad essere venerato anche a Roma, dove è titolare di una parrocchia al Villaggio Olimpico, sorto nel 1960 a poche centinaia di metri dall’antica basilica fatta costruire da papa Giulio I.
Di questo Valentino prete e martire abbiamo anche diverse testimonianze iconografiche: da quella in S. Maria Antiqua, a Roma, databile al secolo VIII dove, accanto alla figura in abiti sacerdotali, compare il nome scritto in caratteri greci (Bαλεντινος); al medaglione musivo nella chiesa pure romana di S. Prassede (secolo IX). E la devozione verso di lui era ben presto giunta anche lontano da Roma se nel 714 i vescovi di Siena ed Arezzo si incontrarono proprio presso la pieve di san Valentino di Torrita (SI) per determinare i confini delle loro diocesi. Nei secoli successivi tale devozione si allargò molto anche in diverse regioni dell’Italia settentrionale, ma spesso vi giunse attraverso “reliquie” estratte dalle catacombe romane tra il tardo Cinquecento e il Seicento, “reliquie” appartenute a personaggi cristiani ivi sepolti, che però erano soltanto degli omonimi del presunto martire del III secolo, martire che continua ad essere venerato anche a Roma, dove è titolare di una parrocchia al Villaggio Olimpico, sorto nel 1960 a poche centinaia di metri dall’antica basilica fatta costruire da papa Giulio I.
https://www.acistampa.com/story/valentino-il-martire-dimenticato-come-la-sua-catacomba-romana-6556
Sembra infatti che ce ne siano due
martiri con questo nome, uno di Terni e uno di Roma, e gli studiosi faticano da
secoli a capire il rapporto tra i due. Accanto a Viale Maresciallo Pilsudski,
si trovano i resti piuttosto malandati di una catacomba del III secolo e di una
basilica del IV secolo che portano il nome di San Valentino. Sappiamo dai
documenti del IV secolo che già papa Giulio (337-352) costruisce una basilica
“detta di Valentino” sulla Via Flaminia. Il 14 febbraio i calendari più antichi
riportano un martire di nome Valentino sepolto lungo la stessa Via Flaminia, ma
molti di loro collocano la sua tomba molto più lontanto, a Terni. Sembra quindi
che nella Chiesa antica si venerasse un San Valentino Romano e uno di Terni.
Molti hanno pensato che si trattasse
di due persone distinte, un vescovo Valentino a Terni e un prete Valentino a
Roma. Mezzo secolo fa uno studioso ha pensato invece che ce ne fosse solo uno
di martire, cioè quello di Terni, e che il Valentino romano fosse semplicemente
uno sponsor della costruzione della basilica di Papa Giulio nel IV secolo. Una
terza ipotesi più recente cerca di combinare i due personaggi. Valentino
sarebbe un sacerdote di Terni venuto a Roma dove sarebbe morto come martire. Il
suo culto avrebbe raggiunto la sua città natale, dove si diceva che fosse
vescovo per renderlo ancora più importante.
Il santuario romano di San Valentino
con la basilica del IV secolo continua a vivere per molti secoli. Nel VII
secolo si aggiunge una grande cripta che si conserva ancora. La catacomba viene
frequentata ancora fino al X secolo, mentre la maggior parte delle catacombe
romane vengono dimenticate. La chiesa esisteva ancora nel XIII e nel medioevo
c’era anche un monastero degli Agostiniani accanto alla basilica. Nel XIV
secolo le reliquie del martire vengono trasportate alla chiesa di S. Prassede,
e poi la catacomba e la basilica vengono abbandonate.
La catacomba nei Parioli viene
riscoperta già nel XVI secolo da Antonio Bosio, il primo grande esploratore
delle catacombe romane, che la visita il 30 aprile del 1595, in piena
Controriforma, quando c’era un grandissimo interesse per l’antica Chiesa di
Roma. Siamo nell’epoca di personaggi come San Filippo Neri e il Cardinale
Baronio. Nel 1693 si riscoprono i resti della basilica, mentre la catacomba
sarà di nuovo esplorata soltanto nel 1877. Altri scavi vengono fatti anche alla
metà del Novecento e gli studi più recenti sono solo di qualche anno fa. Si è
capito che Valentino probabilmente non fu sepolto nella catacomba ma in una
tomba terragna esterna, dove poi Papa Giulio costruirà la sua basilica.
La catacomba aveva tre livelli, ma
oggi ne resta ben poco. Tempo fa si poteva visitare ogni anno il 14 febbraio,
la festa del santo, ma nel 1986 una frana ha reso inaccessibili la maggior
parte delle gallerie.
La festa di San Valentino il 14
febbraio è piuttosto affollata. E’ interessante vedere come è cambiata la sua
fortuna liturgica nelle varie generazioni del Martirologio Romano. Nell’antico
Martirologio Romano, quello sistemato nel XVI secolo da Baronio, al 14 febbraio
si elencavano tutti i santi ricordati in quel giorno, con il Valentino romano
al primo posto: “A Roma, sulla Via Flaminia, San Valentino, prete e martire”.
Al secondo posto seguiva San Cirillo, fratello di Metodio, i due missionari
medievali spesso chiamati gli “apostoli degli Slavi”. Solo al quarto posto
seguiva il Valentino di Terni, “vescovo e martire”. Nel 2001 esce la nuova
edizione rivista, come uno dei tanti risultati della riforma dei libri
liturgici dopo il Concilio Vaticano II. Qui troviamo al primo posto i fratelli
Cirillo e Metodio, che nel frattempo sono stati proclamati santi patroni
d’Europa da Giovanni Paolo II.
Al secondo posto ritroviamo il
Valentino Romano: “A Roma sulla Via Flaminia vicino al Ponte Milvio, san
Valentino martire.
Tratto da: https://www.johnsanidopoulos.com/2015/07/sts-lucia-virgin-martyr-rexius-vicarius.html
Traduzione a cura di Giovanni Fumusa
Lucia (Loukia),1 santa vergine, fu una cristiana originaria della Campania, catturata nel 301 da Rezio Vicario.2 La sollecitò a offrire sacrifici agli idoli e ad abiurare Cristo. Non solo fallì nel convincerla, ma fu da lei convertita alla Fede di Cristo. Per questo motivo ebbe grande considerazione di lei e le trovò un luogo tranquillo in cui abitare, dove la santa si dedicò al digiuno ed alla preghiera.
Presto Lucia tentò di convincere Rezio ad abbandonare il suo incarico di vicario e diventare, con lei, martire di Cristo. Rezio fu convinto e partì con essa, lasciandosi dietro moglie, figli, ricchezze ed ogni gloria terrena e temporale.
Dopo essere stati catturati da alcuni pagani, entrambi si rivolsero a Cristo, confessandoLo come vero Dio innanzi all’empio governatore. Questi li condannò alla decapitazione e, in questo modo, furono incoronati con l’eterna corona della vittoria per aver patito il martirio.
Quel giorno, insieme ad essi, furono decapitati altri santi martiri, inclusi i SS. Anatolio, Antonino, Lycias, Neade, Serino, Diodoro, Dione, Apollonio, Apamo, Pappiano, Cozio, Orono, Papico, Satiro, Vittore ed altri nove; assieme ai Santi Lucia e Rezio, dunque, altri venti quattro patirono il martirio.
Note:
1.: Non si confonda questa santa con l’altra Santa Lucia, originaria di Siracusa, di cui la Chiesa fa memoria il 13 dicembre
2.: Quando Diocleziano (284-305) suddivise l’impero in diocesi, ognuna di queste fu affidata ad un vicario. Il vicario fungeva da giudice d’appello nei tribunali dei governatori provinciali della propria diocesi ed avevano la supervisione generale sull’amministrazione della stessa
Santo Tranquillino prete e marire di Roma e padre dei
santi Marco e Marcellino
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/90972
Seguendo
le descrizioni della ‘Passio Sebastiani’ cioè Vita di s. Sebastiano,
l’agiografo Floro introdusse nel suo ‘Martirologio’ il nome del martire
Tranquillino, fino allora sconosciuto nelle più antiche fonti agiografiche.
Da Floro il suo nome passò nel ‘Martirologio Romano’ al 6 luglio, in cui si legge che Tranquillino padre dei santi Marco e Marcelliano di Roma, fu convertito da s. Sebastiano, poi battezzato dal prete Policarpo e ordinato sacerdote dal papa s. Caio o Gaio (283-296); al tempo delle persecuzioni di Diocleziano, mentre pregava sulla tomba dell’apostolo Paolo, venne lapidato dai pagani; il suo corpo venne gettato poi nel Tevere.
Da Floro il suo nome passò nel ‘Martirologio Romano’ al 6 luglio, in cui si legge che Tranquillino padre dei santi Marco e Marcelliano di Roma, fu convertito da s. Sebastiano, poi battezzato dal prete Policarpo e ordinato sacerdote dal papa s. Caio o Gaio (283-296); al tempo delle persecuzioni di Diocleziano, mentre pregava sulla tomba dell’apostolo Paolo, venne lapidato dai pagani; il suo corpo venne gettato poi nel Tevere.
TRATTO da
http://www.enrosadira.it/santi/t/tranquillino.htm
All’altare
in fondo alla cripta dei SS. Cosma e Damiano in Via Sacra, sono custodite le
sue reliquie, con quelle di Marco, Marcelliano e di Felice. I corpi furono
ritrovati sepolti nell’angolo sinistro della chiesa nel 1583 e, per custodirli,
il futuro Leone XI consacrò un’altare al quale Gregorio XIII concesse
l’Indulgenza Plenaria. Il 10 dicembre del 1949 fu fatta la ricognizione delle
reliquie. Tranquillino, poichè l’unica fonte che lo riguarda è la passio
Sebastiani, secondo la quale morì lapidato e il corpo gettato nel Tevere, è
considerato da alcuni studiosi un martire fittizio
.
Martirologio.Romano 6 luglio - A Roma il natale di san Tranquillino Martire, padre dei santi Marco e Marcelliano, il quale convertitosi a Cristo per la predicazione di san Sebastiano Martire, dal beato Policarpo Prete fu battezzato, e da san Caio Papa fu ordinato Sacerdote. Nel giorno dell'Ottava degli Apostoli, mentre faceva orazione presso la confessione del beato Paolo, ivi, sotto l'Imperatore Diocleziano, fu preso dai pagani, e, da essi lapidato, compì il martirio.
Martirologio.Romano 6 luglio - A Roma il natale di san Tranquillino Martire, padre dei santi Marco e Marcelliano, il quale convertitosi a Cristo per la predicazione di san Sebastiano Martire, dal beato Policarpo Prete fu battezzato, e da san Caio Papa fu ordinato Sacerdote. Nel giorno dell'Ottava degli Apostoli, mentre faceva orazione presso la confessione del beato Paolo, ivi, sotto l'Imperatore Diocleziano, fu preso dai pagani, e, da essi lapidato, compì il martirio.
Santa
Domenica/Ciriaca venerata a Tropea
Tratto
da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/56025
Santa Domenica nacque nel 287 a
Tropea in Calabria, figlia di Doroteo ed Arsenia. Fin dall'infanzia visse in un
ambiente profondamente cristiano e dove la vita quotidiana stessa era pregna
della fede professata. Probabilmente la famiglia aveva una posizione agiata e
di rilievo, se sembra che lo stesso imperatore si interessò alla questione che
portò Doroteo, Arsenia e Domenica al giudizio. Questo potrebbe essere
confermato anche dal fatto che ai genitori di Domenica venne risparmiata la
vita, in cambio dell'esilio nella regione dell’Eufrate. Domenica, invece, fu
sottoposta a numerose pressioni e angherie per indurla a rinnegare la sua fede
cristiana. Non solo i vari tentativi risultarono vani, ma i prodigi operati
dalla Santa portarono a conversione alcuni presenti. Condotta in Campania, fu
processata e condannata al supplizio "ad leones", ma i leoni rimasero
impassibili e divennero addirittura docili davanti alla santa, la pena fu così
mutata nella decapitazione, che avvenne secondo lo storico Baronio il 6 luglio
303. Il culto della santa tropeana si diffuse nel sud Italia e in Oriente,
perché i vescovi di Tropea, di rito greca, dipesero come giurisdizione
ecclesiastica dal patriarcato di Costantinopoli. Le spoglie mortali della santa
riposarono per molti anni a Vizzini, per essere poi traslati nella cattedrale
di Tropea, città della quale è patrona.
Martirologio Romano: A Nicomedia in
Bitinia, nell’odierna Turchia, santa Ciríaca, vergine e martire sotto
Diocleziano, che è oggetto di grande venerazione a Tropea in Calabria.
Tratto
da
E'
commemorata nel Martirologio Romano il 6 luglio. Probabilmente si tratta della
martire greca Ciriaca (v. Ciriaca, Doroteo ed Eusebia) morta a Nicomedia
durante la persecuzione di Diocleziano, latinizzata in Domenica. Secondo la
passio greca era figlia di Doroteo ed Eusebia. scoppiata la persecuzione fu
arrestata e condotta a Nicomedia dove fu sottoposta a tormenti da parte di
Massimiano. Giudicata quindi dal preside Ilariano, fu condannata alla
decapitazione, ma, condotta fuori città, prima di ricevere il colpo di spada,
esalò lo spirito. Secondo le fonti latine, in cui appare per la prima volta nel
sec. XVI. invece, nacque in Campania; nella persecuzione di Diocleziano fu
inviata a Massimiano che la fece decapitare; il suo corpo fu portato dagli
angeli a Tropea, in Calabria. Probabilmente in questa città, c'erano delle
reliquie della santa e perciò fu creduta una martire locale.
Oltre che a Tropea, Domenica ha avuto culto in diverse località. Presso Fiumefreddo (Cosenza) esisteva un'antichissima chiesa a lei dedicata, passata ai Florensi nel 1202; nella diocesi di Reggio esisteva un antico monastero greco, detto S. Domenica di Gallico; durante la dominazione bizantina esisteva un villaggio che portava il suo nome presso Tropea e la città vescovile di Gerace aveva assunto il nome di S. Ciriaca, che è il corrispondente vocabolo greco.
Oltre che a Tropea, Domenica ha avuto culto in diverse località. Presso Fiumefreddo (Cosenza) esisteva un'antichissima chiesa a lei dedicata, passata ai Florensi nel 1202; nella diocesi di Reggio esisteva un antico monastero greco, detto S. Domenica di Gallico; durante la dominazione bizantina esisteva un villaggio che portava il suo nome presso Tropea e la città vescovile di Gerace aveva assunto il nome di S. Ciriaca, che è il corrispondente vocabolo greco.
Tratto
da
http://monica.cadoria.over-blog.it/article-santa-domenica-storia-della-santa-86014055.html
Commemorata nel
Martirologio Romano il 6 luglio è diventata oggetto di culto in diversi comuni
della Calabria e della Sicilia, celebrato con importanti manifestazioni civili
e religiose
Poiché il nome Domenica è la trasposizione in latino del nome greco Ciriaca si
pensa che la vita della santa possa coincidere con quella di una santa
anatolica, Ciriaca appunto, che fu martire sotto Diocleziano e morì a Nicomedia
in Bitinia, nell’odierna Turchia.
Poiché le sue spoglie furono successivamente portate a Tropea in Calabria, è proprio nella bellissima cittadina che la
santa fu oggetto di grande venerazione. La santa nacque attorno al 260 a.C. e
quando fu arrestata insieme ai genitori fu portata appunto a Nicomedia. Secondo
la leggenda la santa venne torturata ma resistette al punto da far convertire
quanti assistettero al macabro spettacolo. Fu quindi messa al rogo, ma le
fiamme non riuscirono ad attaccare il suo corpo. Si provò a darla in pasto ai
leoni, ma Ciriaca riuscì ad ammansirli. Fu quindi decapitata.
Secondo fonti latine, invece, Domenica
nacque e morì a Sant’Abbondio di
Campagna, nel salernitano, seppure si concorda sul martirio sotto
Diocleziano e sullo spostamento a Tropea delle spoglie, conservate tutt’ora
nella cattedrale.
Rivendica la nascita della santa anche il
paese di Santa Domenica di Ricardi,
a soli tre chilometri da Troppa, situato nella cosidetta “Costa degli dei”, località famosa per
ospitare l’annuale premio sportivo
“Costa degli dei Capo Vaticano”, dove vengono premiati professionisti legati al
mondo del calcio. Qui Domenica sarebbe nata attorno all’anno 287 d.C. e morì
decapitata il 16 luglio 303 d.C., a soli 16 anni.
La santa è patrona anche del comune di Santa Domenica Vittoria, sempre nel
messinese, dove la leggenda narra di una giovane cristiana delle origini che si
rifugiò in una grotta per dedicarsi alla preghiera e alla meditazione.
Il culto della santa fu autorizzato alla
fine del 1600, ed è presente, oltre che a Tropea, in tante altre località. Una
delle feste più importante in onore della santa si celebra a Scorrano (Le), dove la santa è
protettrice. Per ben tre giorni (5, 6 e 7 luglio) vengono realizzati maestosi
monumenti con le luminarie e spettacoli pirotecnici a cui partecipano le più
importanti ditte italiane.
Non meno spettacolare i festeggiamenti in
onore della santa che di svolgono a Tremestieri,
un paese a sud di Messina. Qui le celebrazioni durano addirittura una settimana
e comprendono numerose manifestazioni civili e religiose. I festeggiamenti
iniziano la domenica precedente quando, alla fine della Messa, la statua della
santa viene tolta dal piedistallo per essere posta su un carro che la porterà
in processione nelle principali strade la domenica successiva.
Sempre in provincia di Messina santa
Domenica viene celebrata con una processioni e festeggiamenti a Mandanici e Protonotario.
Leggere
Santa Domenica (o
Ciriaca) martire
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