Santo Stefano di Nicea primo vescovo
di Reggio Calabria
Tratto da
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1863717303725104&id=100002605583903
Come testimoniato dal libro degli
Atti degli Apostoli, scritti dall’evangelista Luca, che narra dei viaggi di
Paolo di Tarso, al capitolo 28 paragrafo 13 è scritto: “ὅθεν περιελθόντες
κατηντήσαμεν εἰς Ῥήγιον.” (Costeggiando giungemmo a Reggio). La sosta a Reggio
consentì all’apostolo di predicare, alla folla radunata per il festeggiamento
della dea Diana nel santuario di Artemide Fascelide sul promontorio di
Calamizzi. Chiese di poter predicare l’evangelo di Cristo agli abitanti e gli
fu consentito di parlare ma a una condizione: il tempo a disposizione sarebbe
stato scandito da una candela posta sopra una colonna rotta del tempio. Il
santo, quindi, avrebbe potuto parlare alla folla solo fino a che la candela non
si fosse consumata. Paolo cominciò la sua predicazione, finita la cera però, la
colonna incominciò a risplendere di luce come un fuoco vivo e gli permise di
continuare a parlare. Con la sua predica riuscì a convertire molti reggini al
punto che l’apostolo dovette lasciare un suo discepolo, Stefano di Nicea, come
vescovo della nuova comunità.
Si fa risalire a questo avvenimento la fondazione apostolica della Chiesa Reggina e insieme il culto di San Paolo che ebbe nei secoli varie chiese a lui dedicate a partire dallo stesso tempio di Diana, trasformato dai cristiani in luogo di culto, dove egli compì il miracolo della colonna.
Nella Cattedrale di Reggio Calabria, nell’altare di destra, è conservata la colonna bruciata che avrebbe consentito la predicazione di Paolo e la creazione della prima chiesa in Italia, sottoposta a Stefano Niceno, poi morto martire (decapitato durante una persecuzione, probabilmente quella di Nerone, per non aver rinnegato la sua fede), primo vescovo della città dello Stretto.
Sulla figura di Stefano gli storici moderni si sono accaniti, pur in mancanza di qualunque notizia oltre a quelle che abbiamo citato. Attualmente, per molti studiosi, la provenienza da Nicea di Santo Stefano sarebbe a significare soltanto la sua obbedienza al credo di Nicea, e sarebbe solo un modo di distinguerlo dagli eretici: niceno sarebbe solo il sinonimo di ortodosso.
Quanto ci sia di vero nella tradizione reggina è alquanto difficile da dimostrare, anche se riteniamo che nel VII sec. è assolutamente impensabile che a Reggio non si avesse cognizione delle origini cristiane della città. È altresì vero che la presenza di Ebrei a Reggio è documentata, e quindi non è certamente improbabile che all’interno della Sinagoga sia germogliato il seme del Cristianesimo, come del resto è avvenuto nel resto del Mediterraneo.
Seguendo le tradizioni locali, abbiamo il nome di un altro vescovo di Reggio nei primi secoli della nostra era, San Socrate, che errate letture dei manoscritti hanno confuso con un presunto Souera (Severus), mai esistito.
È stato anche sostenuto che Socrate, come altri, siano stati “chorepiscopi”, cioè “vescovi del territorio”, quando ancora la struttura amministrativa del territorio reggino non era stata definita con chiarezza.
Si fa risalire a questo avvenimento la fondazione apostolica della Chiesa Reggina e insieme il culto di San Paolo che ebbe nei secoli varie chiese a lui dedicate a partire dallo stesso tempio di Diana, trasformato dai cristiani in luogo di culto, dove egli compì il miracolo della colonna.
Nella Cattedrale di Reggio Calabria, nell’altare di destra, è conservata la colonna bruciata che avrebbe consentito la predicazione di Paolo e la creazione della prima chiesa in Italia, sottoposta a Stefano Niceno, poi morto martire (decapitato durante una persecuzione, probabilmente quella di Nerone, per non aver rinnegato la sua fede), primo vescovo della città dello Stretto.
Sulla figura di Stefano gli storici moderni si sono accaniti, pur in mancanza di qualunque notizia oltre a quelle che abbiamo citato. Attualmente, per molti studiosi, la provenienza da Nicea di Santo Stefano sarebbe a significare soltanto la sua obbedienza al credo di Nicea, e sarebbe solo un modo di distinguerlo dagli eretici: niceno sarebbe solo il sinonimo di ortodosso.
Quanto ci sia di vero nella tradizione reggina è alquanto difficile da dimostrare, anche se riteniamo che nel VII sec. è assolutamente impensabile che a Reggio non si avesse cognizione delle origini cristiane della città. È altresì vero che la presenza di Ebrei a Reggio è documentata, e quindi non è certamente improbabile che all’interno della Sinagoga sia germogliato il seme del Cristianesimo, come del resto è avvenuto nel resto del Mediterraneo.
Seguendo le tradizioni locali, abbiamo il nome di un altro vescovo di Reggio nei primi secoli della nostra era, San Socrate, che errate letture dei manoscritti hanno confuso con un presunto Souera (Severus), mai esistito.
È stato anche sostenuto che Socrate, come altri, siano stati “chorepiscopi”, cioè “vescovi del territorio”, quando ancora la struttura amministrativa del territorio reggino non era stata definita con chiarezza.
"Divenuto partecipe dei costumi
degli apostoli e successore
sul loro trono, hai usato la pratica, o uomo ispirato da
Dio, per ascendere alla contemplazione: perciò, dispensando
rettamente la parola della verità, hai anche lottato per la fede sino al sangue, ieromartire Stefano. Intercedi presso il Cristo Dio per la salvezza delle anime nostre."
sul loro trono, hai usato la pratica, o uomo ispirato da
Dio, per ascendere alla contemplazione: perciò, dispensando
rettamente la parola della verità, hai anche lottato per la fede sino al sangue, ieromartire Stefano. Intercedi presso il Cristo Dio per la salvezza delle anime nostre."
TRATTO da
http://www.ascenzairiggiu.com/storia-di-reggio-reggio-cristiana/
Tratto da “La storia di Reggio a
fumetti” commissionato dall’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria. Testo
del professore Daniele Castrizio
In verità, la prima ricostruzione
storica della storia ecclesiastica reggina appartiene, presumiamo, al VII-VIII
secolo, quando la sede vescovile di Rhegion
aveva in animo di ottenere il diritto a chiamarsi Metropoli della Calabria, in virtù della regola romana di
mantenere nella stessa città il governatore ed il vescovo di ciascuna
provincia.
All’epoca, Rhegion era il capoluogo
del Ducato di Calabria, sede del
Duca, cioè del generale comandante, subordinato allo stratego del Thema di Sicilia, la cui capitale era Siracusa. Coerentemente con la
struttura amministrativa, per la gerarchia ecclesiastica il vescovo più
importante era quello di Siracusa, seguito da quello di Reggio.
Parlando di gerarchia, dobbiamo,
però, ricordare, che, nel mondo ortodosso cui apparteneva all’epoca anche il
papato romano, non esisteva una strutturazione “feudale”, estranea
all’ordinamento legale e giuridico vigente, ma solo amministrativa, restando
ogni Chiesa locale pienamente autosufficiente, con il suo pastore e il suo
gregge, non soggetta a nessun potere esterno e superiore. In caso di contrasti,
il vescovo metropolita aveva una autorità di istruzioni delle cause e di
ricomposizione delle dispute.
In questo quadro, la Reggio in piena
ascesa politica ed economica, volle rimarcare le sue antiche origini, usando il
famoso versetto degli Atti degli
Apostoli, in cui si ricorda come San
Paolo si trovò a sostare in città per un paio di giorni. Appoggiandosi
ad una tradizione locale, la Chiesa di Reggio rivendicò la sua antichità,
precedente addirittura la stessa Roma,
affermando che San Paolo, dopo il miracolo della colonna in fiamme, lasciò a
custode del nuove gregge reggino un suo uomo fidato, Stefano di Nicea, divenuto primo vescovo reggino, in seguito
decapitato dall’autorità romana, e quindi venerato come santo martire della
popolazione.
Sulla figura di Stefano gli storici
moderni si sono accaniti, pur in mancanza di qualunque notizia oltre a quelle
che abbiamo citato. Attualmente, per molti studiosi, la provenienza da Nicea
(attuale Iznik in Turchia) di Santo Stefano sarebbe a
significare soltanto la sua obbedienza al credo di Nicea, e sarebbe solo un
modo di distinguerlo dagli eretici: niceno sarebbe solo il sinonimo di
ortodosso.
Quanto ci sia di vero nella
tradizione reggina è alquanto difficile da dimostrare, anche se riteniamo che
nel VII sec. è assolutamente impensabile che a Reggio non si avesse cognizione
delle origini cristiane della città. È altresì vero che la presenza di Ebrei a Reggio è documentata, e quindi
non è certamente improbabile che all’interno della Sinagoga sia germogliato il
seme del Cristianesimo, come del
resto è avvenuto nel resto del Mediterraneo.
In una grande tegola rinvenuta a Pellaro, località Occhio, in cui è ricordato uno schiavo
di nome Clemente del reggino Alphios Primion, morto alla fine del I
sec. d.C., si è tentato di vedere nel defunto un cristiano, sia per il nome
(che è certamente diffuso tra i Cristiani, ma il suo uso non è esclusivo), che
per alcune ingiurie rivoltegli, quali “calvo”
(per la tosatura rituale dei capelli, ma la pratica ortodossa dell’epoca non
prevedeva un taglio dei capelli come quella medievale latina) e “invertito” (per il bacio della pace
che i Cristiani si scambiavano).
Gli argomenti, al momento non sono
stati giudicati sufficienti.
Seguendo le tradizioni locali,
abbiamo il nome di un altro vescovo di Reggio nei primi secoli della nostra
era, San Socrate, che errate
letture dei manoscritti hanno confuso con un presunto Souera (Severus),
mai esistito.
È stato anche sostenuto che Socrate,
come altri, siano stati “chorepiscopi”,
cioè “vescovi del territorio”,
quando ancora la struttura amministrativa del territorio reggino non era stata
definita con chiarezza.
La più antica iscrizione cristiana
rinvenuta in Calabria proviene
dalla necropoli presso l’antica chiesa di San Fantino a Taureana
di Palmi, con datazione al 348,
e sempre lo stesso sito ci ha restituito un’altra iscrizione sepolcrale che un Leucosio vescovo pose il figlio
centurione, ma la scarsità di informazioni è da porre in relazione con la
cronica mancanza di scavi e ricerche archeologiche.
La chiesa sotterranea presso San
Fantino di Taureana di Palmi (forse in origine il ninfeo di una villa romana,
anche se, personalmente, credo che la coerenza del progetto architettonico
sembra attestare un vero e proprio luogo di culto) è la testimonianza del culto
di uno dei più antichi santi calabresi, San Fantino il Cavallaio appunto, di
cui recentemente è stata realizzata una icona. Il santo, custode dei cavalli di
un padrone pagano o ariano, sarebbe vissuto nel IV secolo, e fu protagonista
del miracoloso passaggio del fiume Metauro
(Petrace), le cui acque si
aprirono al tocco del bastone di Fantino.
Dopo la sua morte il culto si
diffuse ampiamente (c’è addirittura un mosaico medievale con San Fantino nella
chiesa di San Marco a Venezia), e nel luogo della sua
sepoltura fu realizzata una cripta che ne accolse il corpo, e poi una
vera e propria basilica, che, grazie a recenti scavi ancora inediti,
sappiamo essere stata più volte ingrandita e rinnovata. La chiesa fu il Katholikòn (cappella principale) del
monastero di San Fantino, anch’esso molto importante per secoli, fino alla
devastazione dei conquistatori franchi ed allo sconvolgimento di tutte le cose
da essi voluto e perseguito.
Tratto da
http://www.parrocchiastefanodanicea.it/santo-stefano-da-nicea.html
. STEFANO da Nicea era compagno di viaggio di S. Paolo che si recava a Roma (Ap. 28,13). L'Apostolo, fermatesi a
Reggio, vi predicò il Vangelo; un miracolo accompagnò la sua predicazione: una
colonna di pietra, su cui ardeva una candela, prese fuoco dopo che la candela
stessa si era consumata. I Reggini, intuito il segno di Dio, abbracciarono la
fede cristiana.
S. Paolo lasciò il suo compagno quale primo Vescovo di Reggio: era l'anno 61.
Stefano diffuse poi il Vangelo anche in buona parte della Regione.
Al termine di diciassette anni di episcopato, nell'anno 79 fu catturato dal preside Jerace; dopo vari tormenti, fu fatto decapitare nella zona a Sud della città; insieme con lui, subirono il martirio il vescovo Suera e le vergini Agnese, Perpetua e Felicita.
Il corpo di Stefano fu nottetempo raccolto dai cristiani e sepolto in un oratorio, a circa un miglio dal luogo del martirio, mentre gli altri martiri furono sepolti lì presso
Le statue marmoree di S. Paolo e S. Stefano, opera dello scultore Francesco Jerace, sono state collocate sul sagrato del Duomo di Reggio Calabria nel 1934. Vi è pure la famosa colonna che ancora vi si conserva, ricordano le origini apostoliche della chiesa Reggina.
S. Paolo lasciò il suo compagno quale primo Vescovo di Reggio: era l'anno 61.
Stefano diffuse poi il Vangelo anche in buona parte della Regione.
Al termine di diciassette anni di episcopato, nell'anno 79 fu catturato dal preside Jerace; dopo vari tormenti, fu fatto decapitare nella zona a Sud della città; insieme con lui, subirono il martirio il vescovo Suera e le vergini Agnese, Perpetua e Felicita.
Il corpo di Stefano fu nottetempo raccolto dai cristiani e sepolto in un oratorio, a circa un miglio dal luogo del martirio, mentre gli altri martiri furono sepolti lì presso
Le statue marmoree di S. Paolo e S. Stefano, opera dello scultore Francesco Jerace, sono state collocate sul sagrato del Duomo di Reggio Calabria nel 1934. Vi è pure la famosa colonna che ancora vi si conserva, ricordano le origini apostoliche della chiesa Reggina.
Santo
Agatone e Santa Trifina martiri in Sicilia
Santa
Trofimena martire siciliana ai tempi della persecuzione di Diocleziano
Con il nome di Martire Febronia è
venerata a Patti il 5 luglio
e Per Santa
Febronia di Patti
far riferimento al seguente link
http://siciliasantiprimomillenni.blogspot.com/2017/07/sikelia-primo-millennio-santi-del-5.html
Santa Zoe
martire a Roma
Tratto da
http://www.enrosadira.it/santi/z/zoe.htm
Nata
a Roma, fu moglie del beato Nicostrato, alto ufficiale romano, anch’esso
martire. Fu imprigionata sotto l'Imperatore Diocleziano, mentre pregava sulla
tomba dell’Apostolo Pietro, legata, fu gettata in carcere. Subì quindi il
martirio sospesa per il collo e per i capelli ad un albero e soffocata dal fumo
fatto ai suoi piedi. Rese lo spirito nella confessione del Signore
probabilmente nell'anno 286.
Tratto
da
http://perstorie-eieten.blogspot.com/2011/07/come-inventare-una-santasanta-zoe.html
Negli
atti di San Sebastiano, il valoroso cavaliere cristiano messo a morte dagli
arcieri dell’imperatore, si legge a un certo punto il nome di Zoe, sposa del
beato Nicostrato, la quale prima che il santo cavaliere venisse trafitto dalle
frecce, fu messa a morte dai persecutori pagani.
La Leggenda Aurea, ripetendo quell’episodio della vita di San Sebastiano, racconta:
« Predicando queste cose e altre simiglianti, Zoe, la moglie di Nicostrato, ne la cui casa i santi erano a guardia, la quale aveva perduta la favella, li si gettò à piedi e con cenni domandava perdonanza. Allora Sebastiano disse: "Se io sono servo di Cristo, e se vere sono tutte quelle cose che questa femmina ha udite de la bocca mia e credutele, quelli apra la bocca sua, il quale aperse la bocca di Zaccaria profeta". A questa boce gridoe la femmina, e disse: a Benedetto sia il sermone che è uscito de la bocca tua, e benedetti sono quelli che credono a tutto quello che tu hai parlato; però che io vidi l’angelo che tenea il libro dinanzi a te, dov’erano scritte tutte queste cose che tu hai detto" ».
Alle miracolose parole di San Sebastiano si converte, come abbiamo sentito, Santa Zoe; e dietro Zoe si converte il marito Nicostrato. La storia della Santa dal nome stesso della vita seguita poi con la morte gloriosa. Mentre prega sulla tomba di San Pietro, durante la persecuzione di Diocleziano, Zoe viene arrestata e imprigionata.
Finalmente viene sospesa per i capelli ad un albero, sotto il quale viene acceso un fuoco e muore per soffocamento
La Leggenda Aurea, ripetendo quell’episodio della vita di San Sebastiano, racconta:
« Predicando queste cose e altre simiglianti, Zoe, la moglie di Nicostrato, ne la cui casa i santi erano a guardia, la quale aveva perduta la favella, li si gettò à piedi e con cenni domandava perdonanza. Allora Sebastiano disse: "Se io sono servo di Cristo, e se vere sono tutte quelle cose che questa femmina ha udite de la bocca mia e credutele, quelli apra la bocca sua, il quale aperse la bocca di Zaccaria profeta". A questa boce gridoe la femmina, e disse: a Benedetto sia il sermone che è uscito de la bocca tua, e benedetti sono quelli che credono a tutto quello che tu hai parlato; però che io vidi l’angelo che tenea il libro dinanzi a te, dov’erano scritte tutte queste cose che tu hai detto" ».
Alle miracolose parole di San Sebastiano si converte, come abbiamo sentito, Santa Zoe; e dietro Zoe si converte il marito Nicostrato. La storia della Santa dal nome stesso della vita seguita poi con la morte gloriosa. Mentre prega sulla tomba di San Pietro, durante la persecuzione di Diocleziano, Zoe viene arrestata e imprigionata.
Finalmente viene sospesa per i capelli ad un albero, sotto il quale viene acceso un fuoco e muore per soffocamento
Santa
Filomena asceta di San Severino nelle Marche
Tratto
da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/60700
Nel 1527 (1526), compiendosi scavi
sotto l'altare maggiore di S. Lorenzo in Doliolo a Sanseverino Marche (l'antica
Settempeda), fu rinvenuto un corpo di donna con una schedula (non facilmente
leggibile) nella quale si afferma trattarsi della salma di s. Filomena della
stirpe dei Chiavelli traslata da s. Severino vescovo in quella chiesa al tempo
dei re goti (Totila). Nello stesso anno il card. Ciocchi del Monte sistemò il
corpo sotto l'altare dedicato alla santa. La festa, dapprima celebrata il 5
luglio, data nella quale Filomena figura nel Martirologio Romano,
successivamente fu rinviata alla prima domenica dello stesso mese.
Il corpo ritrovato è veramente quello di una santa martire? Da un punto di vista strettamente storico la risposta è negativa, giacché prima del sec. XVI nessuna menzione né del nome, né del culto, né del corpo di una santa Filomena si ha a Sanseverino. Lo stesso contenuto della schedula, attribuente la depositio a s. Severino, non presenta elementi che possano essere sostenuti da una sana critica storica. E' molto probabile perciò che si tratti di un "corpo santo" analogo a quello più famoso della Filomena romana.
Sopra l'altare ove riposa il corpo esisteva una tela del Pomarancio con la santa rappresenta l'insieme con s. Lorenzo.
Il corpo ritrovato è veramente quello di una santa martire? Da un punto di vista strettamente storico la risposta è negativa, giacché prima del sec. XVI nessuna menzione né del nome, né del culto, né del corpo di una santa Filomena si ha a Sanseverino. Lo stesso contenuto della schedula, attribuente la depositio a s. Severino, non presenta elementi che possano essere sostenuti da una sana critica storica. E' molto probabile perciò che si tratti di un "corpo santo" analogo a quello più famoso della Filomena romana.
Sopra l'altare ove riposa il corpo esisteva una tela del Pomarancio con la santa rappresenta l'insieme con s. Lorenzo.
Santo
Tommaso di Terreti(verso il X secolo )
Tratto da
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1864078353688999&set=a.1001927373237439.1073741829.100002605583903&type=3&theater
ti (quartiere collinare della città di
Reggio Calabria). Fu di esempio per gli altri monaci che guidò più con la sua
santità che con regole scritte. Nella tradizione popolare è noto per la sua vita
esicastica. Trascorreva molti giorni in ritiro spirituale e penitenziale in
alcune grotte scavate nel tufo che ancora si possono vedere nella parte nord di
Terreti sulla strada che va verso Santa Domenica. Muore il 5 luglio dell’anno
1000 e fu subito venerato come santo dai reggini che accorsero numerosi al suo
sepolcro.
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