Santi Processo e Martiniano martiri a Roma
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91719
Il Martirologio Geronimiano li commemora tre volte: al 31 magg.,
al 1° e al 2 lugl. indicando il loro sepolcro al II miglio della via Aurelia.
L'ultima data è il vero dies natalis, che è anche attestato dai Sacramentari
Gregoriano e Gelasiano di S. Gallo e dal Calendario marmoreo di Napoli. In loro
onore fu edificata una chiesa, non lungi dall'attuale basilica di S. Pancrazio,
efficiente e visitata dai pellegrini nel sec. VII come attestano gli Itinerari.
Questa chiesa, secondo una notizia del Praedestinatus (PL, LIII, col. 616),
alla fine del sec. IV fu occupata da un prete montanista con lo specioso
pretesto che i due santi sarebbero stati di origine frigia e quindi
appartenenti a quella setta; l'intruso però fu cacciato da un decreto
imperiale e la chiesa ritornò ai cattolici, ed in essa il papa Gregorio Magno
recitò un'omelia nell'anniversario della festa dei martiri (PL, LXXVI, coll.
1232-38). Il discorso del pontefice non dà notizie sui due santi, ma, dopo aver
accennato che presso i loro sepolcri accorrevano molti malati, riferisce un
episodio accaduto al tempo dei Goti e secondo il quale una donna avrebbe visto
i due santi apparirle sub peregrino habitu, vestiti come monaci. Questo
particolare è in forte contrasto con le fonti letterarie, che presentano i
martiri come militari e custodi degli apostoli Pietro e Paolo nel carcere Mamertino
e da loro convertiti. Naturalmente neanche le fonti letterarie sono di ineccepibile
valore storico, ma le accennate divergenze suscitano dei problemi sulla
consistenza della tradizione romana a proposito della esistenza e della
cronologia dei martiri, come sulla mutua dipendenza delle stesse fonti
letterarie.
Questi problemi sono stati studiati da Pio Franchi de' Cavalieri, ma tutte le sue conclusioni non sembrano inoppugnabili. Secondo il dotto agiografo, già nel sec. V fu composta una passio molto generica senza precise notizie cronologiche (più o meno simile al cap. II dell'attuale redazione) in cui si narrava il loro martirio e la loro sepoltura sulla via Aurelia; poco dopo, all'inizio del sec. VI, fu composta una nuova passio (BHL, II, p. 1011, n. 6947) nella quale i due santi erano presentati come carcerieri degli apostoli e da loro convertiti e battezzati (attuale cap. I). Queste notizie deriverebbero dalla falsa interpretazione delle scene scolpite sul sarcofago che custodiva le spoglie dei martiri, o di un altro lì vicino, nelle quali erano rappresentati episodi del ciclo di s. Pietro e precisamente: 1) Mosè-Pietro che fa scaturire le acque dalla rupe da cui bevono due soldati ebrei; 2) Pietro col bastone tra due guardie; 3) Pietro in colloquio con Gesù Cristo. Infine l'episodio dei due carcerieri fu preso e divulgato anche dall'apocrifo Martirio di Pietro dello pseudo-Lino.
La genesi della leggenda, delineata da Franchi de' Cavalieri, ha molte probabilità di verosimiglianza almeno in linea di massima; invece è da rivedere, forse, la questione dell'interdipendenza tra la Passio e il Martirio, dal momento che quest'ultimo è attribuito al sec. IV. Comunque, quale che sia il giusto giudizio sulla dipendenza delle fonti, si può con certezza affermare che dei santi P. e M. niente si conosce di sicuro, né sulla loro identità, né sul tempo del loro martirio; ma ciò non pregiudica affatto la loro esistenza storica e il culto loro tributato fin dall'antichità e attestato da documenti degni di fede
Questi problemi sono stati studiati da Pio Franchi de' Cavalieri, ma tutte le sue conclusioni non sembrano inoppugnabili. Secondo il dotto agiografo, già nel sec. V fu composta una passio molto generica senza precise notizie cronologiche (più o meno simile al cap. II dell'attuale redazione) in cui si narrava il loro martirio e la loro sepoltura sulla via Aurelia; poco dopo, all'inizio del sec. VI, fu composta una nuova passio (BHL, II, p. 1011, n. 6947) nella quale i due santi erano presentati come carcerieri degli apostoli e da loro convertiti e battezzati (attuale cap. I). Queste notizie deriverebbero dalla falsa interpretazione delle scene scolpite sul sarcofago che custodiva le spoglie dei martiri, o di un altro lì vicino, nelle quali erano rappresentati episodi del ciclo di s. Pietro e precisamente: 1) Mosè-Pietro che fa scaturire le acque dalla rupe da cui bevono due soldati ebrei; 2) Pietro col bastone tra due guardie; 3) Pietro in colloquio con Gesù Cristo. Infine l'episodio dei due carcerieri fu preso e divulgato anche dall'apocrifo Martirio di Pietro dello pseudo-Lino.
La genesi della leggenda, delineata da Franchi de' Cavalieri, ha molte probabilità di verosimiglianza almeno in linea di massima; invece è da rivedere, forse, la questione dell'interdipendenza tra la Passio e il Martirio, dal momento che quest'ultimo è attribuito al sec. IV. Comunque, quale che sia il giusto giudizio sulla dipendenza delle fonti, si può con certezza affermare che dei santi P. e M. niente si conosce di sicuro, né sulla loro identità, né sul tempo del loro martirio; ma ciò non pregiudica affatto la loro esistenza storica e il culto loro tributato fin dall'antichità e attestato da documenti degni di fede
Tratto da
https://it.wikipedia.org/wiki/Processo_e_Martiniano
Il
Martirologio geronimiano
menziona i nomi dei due santi il 2 luglio. Il manoscritto di Berna fornisce
anche la collocazione della loro tomba, presso la II pietra miliare della Via
Aurelia, o presso le catacombe di Sant'Agata, anch'esse sulla Via Aurelia. Gli
antichi cataloghi sui luoghi di sepoltura dei martiri Romani nominano le tombe
di entrambi i santi collocate su questa strada.[1] Altre
fonti affermano semplicemente che i due martiri venne seppelliti nel cimitero
di Damaso.
Una tradizione di dubbio valore storico
afferma che entrambi i santi erano soldati imperiali, arruolati probabilmente
nell'esercito di Nerone, i quali vennero incaricati di sorvegliare gli apostoli
Pietro e Paolo, rinchiusi nel Carcere Mamertino prima del loro martirio. I due
custodi, affascinati dalle parole e esterrefatti dai loro miracoli,
supplicarono di ricevere il battesimo.[2]
Dato che nella prigione mancava l'acqua necessaria per il sacramento,
l'apostolo Pietro fece un segno di croce in direzione della Rupe Tarpea, e
subito da essa ne fuoriscì in abbondanza; una volta battezzati, i due
carcerieri spalancarono le porte della prigione e invitarono Pietro e Paolo a
fuggire.[3] Appresa la notizia della conversione dei suoi secondini, il giudice Paulino ordinò la loro cattura e tentò di dissuaderli con atroci quanto innumerevoli supplizi: Processo e Martiniano vennero sottoposti alla contusione della bocca; legati nudi sull'eculeo, i loro nervi vennero barbaramente stirati mentre i loro corpi, bastonati ed affiancati al fuoco, furono poi esposti agli scorpioni A questo punto, essi furono "percossi con la spada", cioè decapitati, come riferisce il Martirologio Romano, lungo la via Aurelia, probabilmente in contemporanea all'apostolo Paolo, anch'egli sottoposto a questo supplizio.[4]
Si racconta che, dopo la loro esecuzione, una donna di nome Lucina raccolse i corpi, seppellendoli nel suo cimitero privat
A Roma, i due martiri erano venerati ufficialmente sin dal quarto o dal III secolo. Sulle loro tombe, collocate nel cimitero di Damaso, nel IV secolo venne costruita una chiesa. Il giorno della loro festività, San Gregorio Magno predicò un'omelia all'interno dell'edificio. Di questa costruzione, menzionata anche da Beda, non rimane più traccia.
Papa Pasquale I(817-824) traslò le reliquie dei due martiri in un cappella dell'antica Basilica di San Pietro. I loro corpi vennero successivamente trasferiti sull'altare che porta il loro nome nel transetto destro dell'attuale Basilica. Le loro reliquie, custodite inizialmente nel cimitero lungo la Via Aurelia, dopo vari spostamenti, vennero tumulate nel 1605 in un'urna di porfido sotto l'altare di San Pietro, affiancato da due colonne.
Il loro giorno di memoria è il 2 luglio, data in cui i loro corpi vennero collocati nel Cimitero di Damaso.
Note
1. ^ De Rossi, Roma sotterranea, I, 182-183.
2. ^ Alfredo Cattabiani, Santi
d'Italia. Volume secondo, Milano, BUR, 2004, p. 797, ISBN 88-17-00335-2.
3. ^ (EN) The Holy Martyrs Processus and Martinian,
Serbian Ortodox Church. URL consultato il 15 dicembre 2008.
4.
^ Santi Processo e Martiniano,
Enrosadira.it. URL consultato il 15 dicembre 2008.
Tratto da: https://www.johnsanidopoulos.com/2018/04/holy-martyrs-processus-and-martinian-of.html
Traduzione a cura di Giovanni Fumusa
Traduzione a cura di Giovanni Fumusa
I Santi Martiri Processo e Martiniano erano due pagani che lavoravano
come secondini al Carcere Mamertino, a Roma. In questo carcere venivano
rinchiusi I nemici dello stato e, tra loro, alcuni cristiani. Facendo
la guardia ai prigionieri cristiani ed ascoltando le loro prediche,
Processo e Martiniano vennero gradualmente a conoscenza del Salvatore.
Quando i Santi Apostoli Pietro e Paolo furono rinchiusi nel Carcere
Mamertino, Processo e Paolo credettero in Cristo dopo che una sorgente
sgorgò miracolosamente nel carcere. I due ricevettero dall’Apostolo il
Santo Battesimo in queste acque miracolose e lo liberarono dalla
prigionia.
Appresa la notizia, il carceriere Paulino chiese ai Santi Processo e Martiniano di rinnegare Cristo, ma essi impavidamente confessarono Cristo e sputarono sulla statua d’oro di Giove. Paulino ordinò che fossero schiaffeggiati i loro volti e, vedendo l’atteggiamento risoluto dei santi martiri, li sottopose a tortura. I martiri furono colpiti con barre di ferro, bruciati ed infine gettati in carcere.
Una donna illustre e pia di nome Lucina li visitò in carcere prestando loro aiuto e incoraggiandoli. Il torturatore Paulino fu presto punito da Dio. Divenne cieco e morì tre giorni dopo. Il figlio di Paulino si recò dal governatore della città chiedendo che i martiri fossero messi a morte. I santi Processo e Martiniano furono decapitati con la spada assieme all’Apostolo Paolo attorno all’anno 67.
Lucina seppellì inizialmente i corpi dei martiri in un cimitero di età apostolica lungo la Via Aurelia, nel cimitero di Damaso o nelle catacombe di Sant’Agata, al secondo miglio di quella strada, il 2 Luglio.
Martiniano e Processo erano venerati pubblicamente a Roma già dal quarto o forse persino dal terzo secolo. Nel IV secolo una chiesa venne edificata sulle loro tombe. In questa chiesa, San Gregorio Magno predicò un’omelia nel giorno della loro festa “in cui fece riferimento alla presenza dei loro corpi, alle guarigioni degli ammalati, al tormento degli spergiuri e alla guarigione degli indemoniati in quel luogo.” Questa chiesa non esiste più. Beda cita Martiniano e Processo, quindi sappiamo che la loro festa veniva celebrata nell’Inghilterra altomedievale.
Papa Pasquale (817-824) traslò i resti dei due martiri in una cappella della vecchia Basilica di San Pietro. Furono posti sotto l’altare ad essi dedicato nel transetto destro (meridionale) dell’attuale Basilica di San Pietro. Nel 1605 le loro reliquie furono poste in un’urna di porfido sotto l’altare in San Pietro, affiancata da due antiche colonne gialle. L’emisfero presenta tre medaglioni con scene della vita dell’Apostolo Paolo.
Appresa la notizia, il carceriere Paulino chiese ai Santi Processo e Martiniano di rinnegare Cristo, ma essi impavidamente confessarono Cristo e sputarono sulla statua d’oro di Giove. Paulino ordinò che fossero schiaffeggiati i loro volti e, vedendo l’atteggiamento risoluto dei santi martiri, li sottopose a tortura. I martiri furono colpiti con barre di ferro, bruciati ed infine gettati in carcere.
Una donna illustre e pia di nome Lucina li visitò in carcere prestando loro aiuto e incoraggiandoli. Il torturatore Paulino fu presto punito da Dio. Divenne cieco e morì tre giorni dopo. Il figlio di Paulino si recò dal governatore della città chiedendo che i martiri fossero messi a morte. I santi Processo e Martiniano furono decapitati con la spada assieme all’Apostolo Paolo attorno all’anno 67.
Lucina seppellì inizialmente i corpi dei martiri in un cimitero di età apostolica lungo la Via Aurelia, nel cimitero di Damaso o nelle catacombe di Sant’Agata, al secondo miglio di quella strada, il 2 Luglio.
Martiniano e Processo erano venerati pubblicamente a Roma già dal quarto o forse persino dal terzo secolo. Nel IV secolo una chiesa venne edificata sulle loro tombe. In questa chiesa, San Gregorio Magno predicò un’omelia nel giorno della loro festa “in cui fece riferimento alla presenza dei loro corpi, alle guarigioni degli ammalati, al tormento degli spergiuri e alla guarigione degli indemoniati in quel luogo.” Questa chiesa non esiste più. Beda cita Martiniano e Processo, quindi sappiamo che la loro festa veniva celebrata nell’Inghilterra altomedievale.
Papa Pasquale (817-824) traslò i resti dei due martiri in una cappella della vecchia Basilica di San Pietro. Furono posti sotto l’altare ad essi dedicato nel transetto destro (meridionale) dell’attuale Basilica di San Pietro. Nel 1605 le loro reliquie furono poste in un’urna di porfido sotto l’altare in San Pietro, affiancata da due antiche colonne gialle. L’emisfero presenta tre medaglioni con scene della vita dell’Apostolo Paolo.
Saint HYACINTHE, martyr à Cumes en Campanie (189).
Saints ARISTON, CRESCENTIEN, EUTYCHIEN, URBAIN, VITAL, JUSTE, FELICISSIME, FELIX,
MARCIE et SYMPHOROSE, martyrs en Campanie sous Dioclétien (vers 285).
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