giovedì 26 luglio 2018

26 Luglio Santi Italici ed Italo greci



 http://sanmarcoefeso.blogspot.com/2015/07/elogio-iconografico-di-sainte-parasceve.html

Santa Parasceve Asceta e Martire a Roma



La mirabile Santa Parasceve di Roma (26 luglio/8 Agosto)

Di sua Eminenza il metropolita Hierotheos (Vlachos) di Nafpaktos e Agiou Vlasiou
Dal blog Mystagogy
In italiano tratto da


Santa Parasceve [in greco, Paraskevi] è onorata non solo dalle donne che portano il suo nome, ma da tutti i cristiani. Questo accade in particolare nella nostra provincia, in quanto ci sono molte chiese parrocchiali e cappelle che sono onorate di portare il suo nome, e oggi tutti celebrano la sua luminosa festa.
La vita di santa Parasceve è meravigliosa. I suoi genitori erano pii e virtuosi, e la sua nascita ha avuto luogo con l'intervento di Dio. E' cresciuta in modo cristiano, ha distribuito i suoi beni ai poveri, è divenuta monaca, ha predicato Cristo, lo ha confessato, e alla fine è stata torturata e martirizzata per amore di Cristo. Questo è il motivo per cui viene chiamata Vergine Martire e Venerabile.
Ci sono icone che raffigurano santa Parasceve che tiene in mano un piatto in cui ci sono due occhi. Questo si riferisce a un miracolo compiuto dalla santa. Uno dei suoi tormenti fu di essere messa in una caldaia all'interno della quale bruciavano olio e catrame. Tuttavia la santa, per grazia di Dio, non solo non fu bruciata, ma sembrò esserne rinfrescata. Il re che guardava questo tormento era meravigliato per questo evento, e le disse di spruzzare un poco di olio e catrame su di lui per vedere se era caldo. Appena santa Parasceve ne spruzzato un po' su di lui, i suoi occhi ne furono immediatamente accecati. Poi la santa supplicò Dio di rendere al re la vista, cosa che si realizzò con le sue preghiere. Ci viene in mente questo miracolo attraverso l'icona di santa Parasceve.
Questo è il motivo per cui molti malati che soffrono di problemi agli occhi considerano santa Parasceve la loro patrona e la supplicano di intervenire miracolosamente e curarli. I santi, con l'aiuto di Dio, sono i medici delle nostre anime e dei nostri corpi. Ricorriamo a loro quando abbiamo diversi problemi e chiediamo il loro aiuto. Naturalmente, teologicamente diciamo che Dio stesso agisce attraverso i santi, poiché i santi sono gli amici e gli operatori della salute di Cristo.
Per estensione, santa Parasceve può essere considerata un medico delle malattie dell'occhio psichico che è la nostra mente. Accanto all'occhio del corpo abbiamo anche l'occhio dell'anima dal quale si può vedere la gloria di Dio. E se gli occhi del corpo possono ammalarsi, così può ammalarsi anche l'occhio dell'anima. Quando l'occhio dell'anima è malato, il male ci prende, e non possiamo vedere Dio. L'eresia, l'ateismo e l'ignoranza di Dio e molte altre malattie psichiche sono il risultato della sofferenza dell'occhio spirituale.
Il profeta Davide dice in un Salmo: "Illumina le mie tenebre." Dentro di noi c'è tenebra perché siamo psichicamente accecati e non possiamo vedere la gloria di Dio. Questo è il motivo per cui san Gregorio Palamas pregava Cristo: "Illumina le mie tenebre."
Oggi commemoriamo e celebriamo santa Parasceve, che ha vissuto con Cristo ed è stata martirizzata per la sua gloria. E' anche la patrona di tutti coloro che hanno problemi con i loro occhi fisici, così come di tutti noi che abbiamo problemi con gli occhi della nostra anima [mente] e non possiamo vedere l'amore di Dio, non siamo in grado di comprendere le nostre passioni, la esigenze del nostro prossimo, e non possiamo neppure vedere il modo con cui essere salvati. Chiediamo a santa Parasceve con fede la nostra guarigione.
Prego che tutti voi possiate avere molti anni e benedizioni. Che santa Parasceve vi protegga per tutta la vita, con il potere della grazia di Cristo.

 





 Sinassario di Santa Parasceve
Tratto da: https://www.johnsanidopoulos.com/2016/07/synaxarion-of-saint-paraskevi-martyr.html
Traduzione a cura di Giovanni Fumusa


Il ventisei di questo stesso mese, facciamo memoria della Santa Venerabile Martire di Cristo Parasceve
Santa Parasceve visse durante il regno dell’Imperatore Antonino (138-161), era originaria di un villaggio dell’antica Roma, figlia di genitori cristiani di nome Agatone e Politia. Erano attenti nel rispettare i comandamenti del Signore e senza figli, per cui supplicarono incessantemente il Signore affinché venisse loro concessa la prole. Dio, che fa la volontà di quanti Lo temono, concesse loro una bambina, che essi chiamarono al Santo Battesimo Parasceve, perché era nata nel giorno di Parasceve (Venerdì).
Si dedicò quindi a Dio da quando era tra le braccia della madre, fu istruita e consigliata dalla madre. Dopo aver appreso le sacre lettere, iniziò a leggere sempre le divine Scritture, e passando il tempo libero nella chiesa di Dio, visse in santa preghiera. Quando morirono i genitori, distribuì tutti i suoi averi ai poveri, fu tonsurata e indossò lo schema di monaca, uscendo tra la gente a predicare il nome di Cristo nostro vero Dio. In questo modo portò molti greci verso la conoscenza di Dio.
In quel periodo, alcuni ebrei presentarono all’Imperatore Antonino delle accuse contro di lei dicendo: “Una tal donna di nome Parasceve predica Gesù il figlio di Maria, crocifisso dai nostri avi.” Avendo udito queste cose, ordinò che la Santa fosse portata al suo cospetto e fu meravigliato ed entusiasta per la sua saggezza e la sua bellezza. Quindi le disse: “Se sei persuasa dalle mie parole, o fanciulla, e sacrifichi agli dei, erediterai molti doni e tanti beni. Se non sei persuasa, sappi che dovrò consegnarti a tanto tormento.” Con pensieri coraggiosi, la Santa rispose all’imperatore: “Lungi da me rinnegare il nome di Cristo mio Dio! ‘Gli dèi che non hanno fatto i cieli e la terra scompariranno dalla terra e da sotto il cielo’ (Ger. 10:11), come disse il Profeta Geremia.”
Ciò fece ardere di rabbia l’imperatore ed ordinò che un elmo di ferro riscaldato fosse posto sul capo della Santa. Quando ciò avvenne, la Santa fu mantenuta incolume da una divina frescura ristoratrice. Meravigliati da ciò, molti greci credettero in Cristo in quel momento. L’imperatore ordinò quindi che un calderone pieno di olio e catrame venisse portato a bollore, e la Santa vi fu posta dentro. In piedi al centro del Calderone, la Martire apparve rinfrescata. Quando la vide l’imperatore, disse “Spruzzami con olio e catrame, Parasceve, affinché possa sapere se il catrame e l’olio brucino.” La Santa si riempì le mani di olio e catrame e spruzzò il miscuglio sul volto dell’imperatore, rendendolo immediatamente cieco. Quindi egli urlò: “Abbi pietà di me, serva del vero Dio. Anche io credo nel Dio che tu predichi.” Avendo detto ciò, gli fu restituita la vista. Per cui credette in Cristo, assieme alle proprie guardie, e ricevettero il Santo Battesimo nel nome della Santa Trinità.
Quando la Santa partì da lì, andò verso altre città e villaggi, proclamando sempre il nome di Cristo. Giunta in una città governate da un uomo di nome Asklepios, venne portata al suo cospetto, la Santa invocò il nome di Cristo, sigillandosi col segno della Venerabile Croce. Confessò di essere cristiane e proclamò Cristo come Dio dei cieli e della terra. Quando il re ebbe udito ciò, fu turbato, e la mandò presso un drago temibilissimo che risiedeva fuori dalla città, il quale sibilava rumorosamente e, quando apriva la bocca, da essa fuoriusciva molto fumo. Quando la Santa si avvicinò al drago, disse: “L’ira di Dio, o bestia, è giunta contro di te.” Quindi soffiò sul drago, e fece il segno della Venerabile Croce. Il drago quindi sibilò rumorosamente, si strappò in due parti e svanì. Il re e quanti erano con lui, vedendo ciò, furono meravigliati e credettero tutti in Cristo.
In seguito, la Santa lasciò quei luoghi, dirigendosi verso un’altra città governata da un altro re di nome Tarasios. Quando fu informato sulla Santa, la chiamò in giudizio. Quando interrogò la Santa, questa confessò di essere cristiana, proclamando Cristo come vero Dio. Perciò fu posta in un calderone pieno di olio, catrame e piombo, sotto cui fu acceso un fuoco. Un Angelo del Signore raffreddò il calderone e ciò che era in esso. Per questo motivo la Martire di Cristo rimase incolume. Dopo aver subito tante altre torture, il tiranno disumano non fu capace a dissuaderla dalla sua solida fede. Infine ordinò che fosse decapitata, e l’anima della Santa volò via vittoriosa verso l’abitazione eterna.

Apolytikion, tono Primo

Rendendo la tua sollecitudine adeguata al nome che degnamente porti, hai ereditato quale dimora la fede che ha il tuo stesso nome, o vittoriosa Parasceve: per questo effondi guarigioni e intercedi per le anime nostre.

Kontakion, Tono Quarto

Poiché abbiamo trovato il tuo santuario, o venerabilissima, come luogo di cura per le anime, in esso noi tutti fedeli a gran voce ti onoriamo, santa martire Parasceve, degna di essere celebrata.
Ikos
La voce dello sposo, chiamandoti come sposa, ti ha ornata di una corona di impassibilità, o gloriosissima Parasceve di mente divina, e ti ha degnamente annoverata tra i vittoriosi e i martiri venerabili; allietandoti con loro, ricordati di quanti celebrano la tua santa festa e si sono riuniti nel tuo tempio: poiché ora che ci troviamo qui, ti offriamo inni dal profondo dell’anima, o santa martire Parasceve, degna di essere celebrata.

Tratto  da http://www.sancarlodasezze.it/santa_Veneranda_Parasceve.htm
Sarebbe stata martirizzata sotto Antonino Pio verso il 160, ha goduto di una grande popolarità durante il Medioevo e su di lei sono state scritte non meno di quindici passiones e un Elogio riportati in manoscritti dei secoli XI e XVI; pochi di questi testi però sono stati pubblicati. Di una sola passio si conosce l'autore, Giovanni, prete dell'isola di Eubea (1495; Cod. II C 33 della Bibl. Naz. Di Napoli), mentre le altre sono anonime; l'Elogio è stato scritto da Giorgio Acropolita nel sec. XIV (Cod. Ambros. P 210). 
La storia di santa Paresceve, e soprattutto le meravigliose peripezie del suo martirio costituiscono un vero e proprio romanzo, caro ai cristiani dei secoli antichi che rimanevano edificati di fronte agli esempi dei santi, pur senza prestar fede ai fatti narrati, che costituivano soltanto un abbellimento letterario per destare l'interesse del lettore: tormenti subiti, miracoli straordinari, discorsi apologetici, ecc. La vita e il martirio di santa Paresceve presentano tutti questi caratteri e, inoltre, due particolari risultano assolutamente inverosimili: l'esistenza di un monastero femminile a Roma nella seconda metà del sec. II, e la pubblica predicazione del Vangelo ad opera di una fanciulla, cosa discordante coi costumi dell'epoca e contraria al divieto fatto da s. Paolo alle donne di predicare la parola di Dio.

Ed ecco il riassunto delle quattordici pagine che un autore greco moderno ha dedicato alla santa Paresceve: nacque a Roma sotto l'imperatore Adriano da genitori cristiani, ricchi e pii, che avevano ottenuto con le loro preghiere la sua nascita. Essi morirono quando la figlia aveva ventisei anni e Paresceve vendette i beni che aveva ereditati e distribuì il ricavato ai poveri; poi si ritirò in un monastero femminile della città. Dopo un certo tempo abbandonò il monastero per predicare pubblicamente la dottrina cristiana, ma, denunciata da alcuni giudei ad Antonino Pio come ostile alla religione ufficiale, comparve davanti all'imperatore, il quale, vanamente, dapprima con promesse poi con minacce, tentò di farla apostatare. Per punirla fece riscaldare sulla fiamma, fino a renderlo incandescente, una specie di elmo metallico che i carnefici le posero sul capo senza alcun danno per lei. Molti pagani vedendo questo prodigio si convertirono e l'imperatore li fece uccidere o esiliare. Riportata in prigione, un angelo viene a confortare Paresceve e la libera dai ceppi. L'indomani viene condotta nuovamente davanti all'imperatore che la fa appendere per i capelli mentre i carnefici ne tormentano il corpo con fiaccole accese, ma senza alcun successo. Si ricorre allora ad un altro supplizio: viene preparata una grande caldaia piena di olio e pece bollente ed in essa viene immersa la santa; ella con le proprie mani getta sul viso dell'imperatore uno spruzzo del liquido bollente e alla fine esce ancora una volta indenne; Antonino si converte, lei lo guarisce delle sue piaghe e lo battezza!

Successivamente Paresceve si reca in altre città per continuarvi il suo apostolato: arriva in un paese governato da un certo Asclepio che la interroga sulla sua religione e rimane turbato dalle sue risposte; poi la fa condurre fuori della città in una grotta abitata da un terribile drago. Ella traccia un piccolo segno di croce e la bestia ruggendo si squarta in due: a questa vista Asclepio ed altri testimoni si convertono e vengono battezzati. Alla fine Paresceve arriva in una città governata da un certo Taresio che si oppone egualmente alla predicazione del Vangelo e ricorre al supplizio della caldaia nella quale viene versato oltre all'olio e alla pece, anche piombo, ma la santa non soffre alcun danno. Successivamente viene fatta sdraiare a terra, inchiodata con dei paletti, duramente colpita con flagelli e riportata infine in prigione: durante la notte le appare Cristo circondato dagli angeli che la guarisce da tutte le sue ferite.
In occasione di una nuova comparsa davanti al governatore, Paresceve si fa condurre nel tempio di Apollo e apostrofa la statua dell'idolo affermando che non ha alcun valore; Apollo risponde che egli non è affatto un dio. Allora alcuni sacerdoti ingiuriano la martire, la cacciano via dal tempio e chiedono con alte grida a Taresio di metterla a morte. Egli la fa decapitare, ma la martire non muore senza aver pronunciato prima un discorso apologetico. I fedeli raccolgono il suo corpo. Lo seppelliscono segretamente e la tomba diventa meta di pellegrinaggi e numerosi miracoli vi si compiono. Nell'Italia meridionale è venerata con i nomi di s. Venera, Veneria o Veneranda



L

Tratto  da
http://calendrier.egliseorthodoxe.com/sts/stsjuillet/juillet26.html
La Santa  e Grande Martire Paraskeve nacque in un villaggio vicino a Roma, sotto il regno di Adriano (117-138), di genitori cristiani, Agatona e Politeia, che avevano pregato il Signore di dare loro la prole. Dio, che riempie sempre il desiderio di coloro che lo temono, concede loro una figlia, che chiamarono Parasceve, poiché era nata il venerdì e per devozione alla passione vivificante di Nostro Signore Gesù Cristo. Fin dalla sua prima infanzia, si dedicò interamente alle cose di Dio. Non avendo alcuna attrazione per i giochi infantili, passava tutto il suo tempo in chiesa a frequentare gli Uffizi oa casa per dedicarsi alla meditazione sulla Parola di Dio o alla preghiera. Quando i suoi genitori morirono, quando aveva dodici anni, distribuì la loro grande ricchezza ai bisognosi, poi si ritirò in un monastero dove ricevette il velo, un segno della sua consacrazione a Dio. Dopo aver trascorso un po 'di tempo in completa sottomissione alla sua igumena , l'ansiosa anima a condividere il tesoro della fede con altri uomini, lasciò il monastero per proclamare il Nome di Cristo da parte delle città e delle campagne. Così portò molti pagani alla vera fede, suscitando la gelosia e l'odio degli ebrei, che la denunciarono al re del paese in cui si trovava. Il sovrano ordinò immediatamente l'arresto della nobile cristiana e la fece comparire davanti a lui. Quando la vide, all'inizio fu stupefatto dalla sua bellezza, poi cercò di attirarla con lusinghe, dicendo: "Se permetti a te stessa di essere convinto dalle mie parole e di accettare il sacrificio agli dei, riceverai grandi ricchezze; ma se persisti, sappi che ti darò terribili tormenti. La fragile ragazza rispose con forte  assicurazione: "Non rinnegherò mai il mio dolcissimo Gesù Cristo, e nessuna tortura riuscirà a separarmi dal Suo amore. Perché è Lui che ha detto: Io sono la luce del mondo, e chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (Giovanni 8:12). Quanto ai tuoi dei, che non hanno né cielo né terra, saranno sterminati dalla terra e da sotto il cielo (Ger 10:11). L'ira del re divenne infuocata e ordinò ai soldati di mettere sulla testa della Santa un elmo di ferro arrossato dal fuoco. Coperto di rugiada, come i tre giovani nella fornace, Santa Parasceva  non provò dolore. Dopo averle strappato i seni, è stata gettata in prigione, con una pesante pietra posta sul petto, ma viene  guarita da un angelo apparso in un grande terremoto. Vedendo il miracolo, furono convertiti settanta soldati della guarnigione; furono immediatamente giustiziati per ordine del tiranno che fece apparire di nuovo Paraskeva. Dopo aver reiterato la sua ardente confessione di fede, la Santa fu immerso in un calderone di ottone pieno di piombo fuso. Ma anche in questo caso, il suo corpo aveva ricevuto, attraverso l'ascetismo e la verginità, la serietà della futura incorruttibilità, rimanendo invulnerabile. Non credendo che l'impasto fosse molto caldo, il tiranno si avvicinò e fu accecato dall'ardore del fuoco 5. Comprendendo la sua colpa sotto l'effetto del dolore, cominciò a gridare: "Abbi pietà di me, serva del vero Dio, e dai la luce ai miei occhi, e io crederò nel Dio che proclami. Alla preghiera della Santa , non solo ha recuperato la vista, ma ha anche ricevuto la luce della fede, e su sua richiesta è stato battezzato nel nome della Santa Trinità, con tutto il suo seguito.

Liberata, Santa Parasceve lasciò il paese, per continuare le sue missioni. Mentre era in una città, governata da un certo Asclepio, e proclamando Cristo lì, fu arrestata e portata in tribunale. Alla domanda di Asclepio, chiedendole di declinare la sua identità, fece il segno della Santa Croce e dichiarò che era una serva del Dio che creò il cielo e la terra, che si offrì alla croce e morte per la nostra salvezza, e chi ritornerà in gloria per giudicare i vivi e i morti. Il tiranno l'aveva percossa con le verghe, ma Parasceve  continuava a glorificare Dio, il suo sguardo si volgeva al cielo, e quando Asclepio interrompeva i carnefici per offrire sacrifici, lei gli sputacchiava in faccia con disprezzo. Fuori di lui, la faceva battere alle ossa. Ma dopo una notte passata nella segreta, i soldati l'hanno scoperto al mattino, illesa . Mentre chiedeva al re di andare al tempio di Apollo, tutti i pagani si rallegravano, credendo a ciò che era disposta a sacrificare. Quando ha effettuato  il segno della croce, dopo aver pregato a lungo, gli idoli sono crollati in un grande ruggito, e la gente ha gridato: "Grande è il Dio dei cristiani! I sacerdoti degli idoli, in gran furia, avendo chiesto al re di porre fine a lei, fu gettata in una fossa, dove mise a morte, con la sua preghiera, un drago e rettili che erano lì.
Notando che tutte le sue imprese erano state invano, Asclepio lo mandò in un altro regno, guidato dal crudele Tarasios.6 Mentre guariva dall'invocazione del nome di Cristo  tutti i malati che gli venivano presentati, il re la chiamò per apparire, accusandola di pratiche magiche, e  ordinò che fosse gettata  in una fossa puzzolente, piena di bestie velenose. Dal segno della croce, questo fango divenne come un prato profumato in primavera, e Parasceve , protetta da un angelo, rimase invulnerabile a tutte le altre torture inflitte a lei. Inoltre, non contenendo più la sua rabbia, il re ordinò ai suoi carnefici di tagliarle la testa  Cadendo in ginocchio, Paraskeve pregò con lacrime, affidando la sua anima valorosa a Cristo, il suo Sposo, e chiedendogli di perdonare i peccati per coloro che avrebbero onorato la sua memoria. Quando la sua testa cadde sotto la spada, una voce celeste fu ascoltata per accoglierla nel Regno dei Cieli, la cui venuta aveva annunciato con la parola e il potere. Da allora, i frammenti delle sue reliquie, sparsi nelle chiese sante, hanno compiuto incessantemente molte cure, specialmente per le malattie degli occhi.

1. Sebbene Santa Parasceve  sia stata per lungo tempo molto popolare, la sua memoria non appare negli antichi Synaxaries e Mena. Riassumiamo qui la sua Passione, composta da Jean d'Eubée (8 ° secolo), che mette la sua memoria il 9 novembre.
2. In greco: Paraskévie.
3. Secondo altri 20 anni.
4. Secondo le versioni recenti, il nuovo imperatore, Antonino Pio (circa 140).
5. Nelle passioni recenti, è accecato dalla miscela di pece e olio che Parascève gli lancia contro.
6. Nelle passioni recenti, Asclepio si convertì e la santa  proseguì la propria missione nel regno di Tarasios.


Per le varianti nella tradizione agiografica siculo greca leggere



Santo Valente(in alcuni codici Valenzio) vescovo di Verona (verso il 531)

Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/97551

San Valenzio (o Valente) è il diciottesimo vescovo di Verona. Nella cronotassi ufficiale della diocesi scaligera figura dopo San Gaudenzio e prima di San Germano.
Di questo vescovo non si può garantire la cronotassi esatta, infatti per i vescovi di Verona fino al XI secolo le questione resta ancora aperta. Nel Velo di Classe risulta al sedicesimo posto e il suo nome si trova in un’iscrizione in San Zeno risalente al 1502. San valenzio (+467) è attestato nel Corpus Inscriptionum Latinarum per l’anno 531.
Nel “Catalogus Sanctorum Ecclesiae Veronensis”, mons. Franco Segala ne trascrive l’elogium dal Martirologio della chiesa veronese: “Veronae sancti Valentis  eiusdem civitatis episcopi (qui, episcopalis muneris onus optime considerans, nulli unquam labori visus est percepisse ut veronensis populi saluti consuleret). 





Santi Benigno e Lazzaro(in alcuni codici Caro) eremiti nel Nord Italia probablmente nel territorio diocesano di Verona
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/90586
Benigno e Caro vissero tra l’VIII e il IX secolo nella zona di Malcesine, sulla sponda veronese del Lago di Garda. Erano eremiti e seguivano la Regola di S. Agostino, fra le grotte del Monte Baldo, a circa 800 metri d’altezza. Trascorrevano le loro giornate nella preghiera, nella meditazione, nelle opere manuali e di carità. La loro santità venne a conoscenza degli abitanti dei paesi vicini, che spesso accorrevano ad invocarne il consiglio e le preghiere. Nel 807, essendo stata costruita a Verona la basilica di S. Zeno, il vescovo Ratoldo ordinò che le spoglie del patrono della città vi fossero trasportate. Nessuno si sentiva degno di tale compito, Benigno e Caro umilmente accettarono. I due eremiti, vedendosi fatti oggetto di venerazione da parte dei veronesi, lasciarono in breve tempo la città e ritornarono alla vita di preghiera e di penitenza. Già avanti negli anni, qualche anno dopo morirono. Quando il vescovo veronese ne ebbe notizia, ordinò che venissero onoratamente sepolti sotto la mensa dell’altare maggiore della chiesa parrocchiale di Malcesine e li proclamò degni di culto. La festa dei due santi fu solennemente celebrata fin dal secolo IX, il 26 luglio, che è ritenuto il giorno del loro decesso.
Nel 1314 nella chiesa di S. Stefano le loro reliquie furono collocate dal vescovo Tebaldo in una nuova cappella. Nel 1769 fu istituita una seconda festa  che si celebrava la terza domenica di ottobre a ricordo della loro traslazione in un nuovo altare. Felice Boscaratti ne dipinse la pala raffigurandoli con un teschio sulle ginocchia per meditare la morte e una cordicella che simboleggia la disciplina. Nel 1838 Gregorio XVI concesse l’orazione propria. Nella parte alta di Malcesine è loro dedicata una chiesa (esistente almeno dal 1532), detta “della disciplina”, dove in un dipinto rinascimentale è raffigurato il miracolo della guarigione di un cieco operato dai due santi. In un’altra tela sono rappresentati nell'anticamera vescovile, mentre stendono i mantelli inumiditi dalla pioggia, dopo un viaggio che fecero per discolparsi da false accuse. Il medaglione sopra l'altare coi due Santi in adorazione del SS. Sacramento è lavoro di Bernardino Casari (XVIII secolo).





Santo Glisente eremita nel territorio diocesano di Brescia
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/94414

È molto popolare e vene­rato nella Val Camonica, ma purtroppo di lui non si hanno sicure notizie storiche. Secondo le tradi­zioni locali, raccolte da scrittori del sec. XVII, era un soldato dell'esercito di Carlo Magno; dopo la battaglia di Mortirolo ottenne dall'imperatore di ritirarsi dall'esercito per evangelizzare la valle; in seguito sali sul monte di Berzo per fare vita eremitica in una spelonca, dove mori il 6 ag. 796.
Sebbene questa leggenda, nata forse nel sec. XIV-XV non abbia alcun fondamento storico, il culto di Glisente è però attestato almeno fin dal sec. XIII. Nel 1200, infatti, esisteva un altare a lui dedicato nella chiesa di Bovegno, un tempietto gli era consacrato a Nord-Ovest della stessa località, in una zona mineraria; in un atto di permuta re­datto nel 1222 è ricordata una chiesa di S. Glisente; nel 1262 fu fondata nella stessa Bovegno una fraglia, o luogo pio, in suo onore con precisi statuti. Episodi della vita di Glisente sono raffigurati negli affreschi della pieve di S. Lorenzo (sec. XVI), in quella parrocchiale di S. Maria in Berzo, e in quella a lui dedicata sul monte che divide il terri­torio di Berzo da Bovegno e Collio in Valle Trompia (sec. XV). Nell'attuale chiesa parrocchiale di Berzo (sec. XVII) gli è dedicato un altro altare.
Nel sec. XVII G. fu incluso nel Calendario dei santi bresciani e la sua festa fu stabilita al 26 luglio., forse perché gli abitanti di Collio (o di Bagolino) restituirono in quel giorno
le reliquie del santo che avevano precedentemente trafugato. Oggi però esse sono di nuovo scomparse e non si sa dove si trovino.

Tratto da
le diverse tradizioni su San Glisente

1.       S. Glisente fu un valoroso comandante dell’esercito di Carlo Magno, Re dei Franchi, che seguì Carlo Magno in Valcamonica, ma poi non si sentì di seguire il suo sovrano e lo implorò di potersene restare in questi luoghi. Così prese l’abito di romito e si ritirò su un monte di Berzo, dove morì il 6 agosto del 796. Il giorno dopo alcuni pastori videro una colomba che portava ramoscelli e foglie sul monte. Qui trovarono il corpo dell’eremita, lasciarono alcune sue reliquie nella spelonca e ne portarono altre nella chiesa di S. Lorenzo a Berzo Inferiore.
2.       S. Glisente e i suoi fratelli, S. Fermo e S. Cristina, giunsero in Valcamonica al seguito dell’esercito di Carlo Magno e poi si ritirarono in eremitaggio: Glisente (aiutato dall’orsa) sui monti di Berzo, S. Fermo (assistito anch’egli da un’orsa, da un’aquila e dal suo scudiero Rustico) su quelli di Borno e S. Cristina sui monti di Lozio. Prima di separarsi per sempre i tre fratelli strinsero il patto di comunicare tra loro ogni sera per mezzo di un falò che ciascuno avrebbe acceso fuori dal proprio romitaggio. Glisente per mettere in contatto Fermo e Cristina, che non potevano comunicare direttamente, accendeva due falò. Così per diversi anni i valligiani ammirarono ogni sera quei fuochi sui monti, finché quelle luci una alla volta si spensero. Dei tre eremiti, narra la leggenda, l’ultimo a morire fu Fermo.
3.       S. Glisente fu un nobile camuno di origine franca, probabilmente epigono dei signori di Berzo, discendenti da una delle tre famiglie franche di Esine, citate nella donazione di Giselberto del 979.
Fu probabilmente sul monte Roncole che il nobile Glisente, seguendo l’esempio di S. Costanzo, S. Obizio e molti altri, si ritirò a vita di preghiera e meditazione, svolgendo apostolato fra i molti pastori e mandriani che vivevano su quei monti. Sul monte poi sarebbe morto e sulla sua tomba venne edificata la prima chiesa.
4.       S. Glisente fu un frate Umiliato, fondatore di una casa di Umiliati sul monte di Berzo, intorno alla medesima epoca in cui S. Costanzo di Niardo fondava e dirigeva la casa degli umiliati a Conche. Il santuario di S. Glisente potrebbe essere stato la “domus de Eseno” (casa di Esine), ricordata da un antichissimo catalogo delle Case Umiliate.




Leggere
San Glisente la leggenda dell’eremita tra la Val Grigna e la Val Trompia
http://www.montagnedivalgrigna.it/wp-content/files_mf/librosanglisentedefinitivocorretto25.pdf

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