dei santi martiri Atti
Sisto papa, Felicissimo,
Agapito e Lorenzo diaconi
La Chiesa Ortodossa celebra
la memoria dei santi Sisto, Lorenzo, Felicissimo e Agapito il 10 Agosto.
tratto DA
http://www.oodegr.com/tradizione/tradizione_index/vitesanti/sistofelicissimo.htm
Sul finire del mese di agosto del 258, san Cipriano[1] scrisse al vescovo Successo per riferirgli quanto
appreso sulla nuova persecuzione scatenata contro i cristiani: “Valeriano,
ha inviato un suo rescritto al Senato, dando ordine che i vescovi, i sacerdoti
e i diaconi siano giustiziati immediatamente”. Quindi aggiunge quanto appreso sulla comunità cristiana di Roma: “Vi
comunico che Sisto ha subito il martirio con quattro diaconi otto giorni prima
delle idi di agosto, mentre si trovava nella zona del cimitero[2].
Le autorità di Roma hanno come norma che quanti vengono denunciati quali
cristiani, debbano essere giustiziati e subire la confisca dei beni a beneficio
dell’erario imperiale”. Il 6 agosto,
Sisto II vescovo di Roma antica, era stato catturato durante l’assemblea
liturgica nel cimitero di Pretestato[3] e, in seguito, lì decapitato insieme con i diaconi
Gennaro, Magno, Stefano e Vincenzo. Sempre a Pretestato compirono il martirio
anche Agapito e Felicissimo, mentre l’arcidiacono Lorenzo soffrì la passione
quattro giorni più tardi, dopo essere stato sottoposto ad atroce tortura. Ci
troviamo di fronte ad una delle pagine più gloriose della storia della Chiesa
durante le persecuzioni romane. Cipriano fonda su questa testimonianza il suo
invito ai cristiani d’Africa e di tutto l’ecumene “affinché
in ogni luogo l’animo dei fratelli possa esserne corroborato e preparato per la
lotta spirituale, e ciascuno dei nostri pensi più che alla morte
all’immortalità, e consacrato a Dio con tutta la forza della fede e lo slancio
d’amore, gioisca piuttosto che avere paura, in questa confessione, in cui sanno
che i soldati di Dio e di Cristo non ricevono la morte, ma piuttosto la corona”[4].
Agli odierni cristiani d’Europa, lontani nella mente,
nel cuore e nei luoghi da dove centinaia e centinaia di seguaci di Cristo
soffrono le persecuzioni del 2000, può essere utile l’esortazione che il beato
Agostino di Ippona rivolse ai suoi fedeli, ricordando il martire Lorenzo: “San
Lorenzo era diacono della chiesa di Roma. Ivi era ministro del sangue di Cristo
e là, per il nome di Cristo, versò il suo sangue. Il beato apostolo Giovanni
espose chiaramente il mistero della Cena del Signore, dicendo: «Come Cristo ha
dato la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli»
(1 Gv 3, 16). Lorenzo ha compreso tutto questo. L’ha compreso e messo in
pratica. E davvero contraccambiò quanto aveva ricevuto in tale mensa. Amò
Cristo nella sua vita, lo imitò nella sua morte. Anche noi se davvero amiamo,
imitiamo. Non potremmo, infatti, dare in cambio un frutto più squisito del
nostro amore di quello consistente nell’imitazione del Cristo, che «patì per
noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme» (1 Pt 2, 21). Il bel
giardino del Signore possiede non solo le rose dei martiri, ma anche i gigli
dei vergini, l’edera di quelli che vivono nel matrimonio, le viole delle
vedove. Nessuna categoria di persone deve dubitare della propria chiamata:
Cristo ha sofferto per tutti. Dunque cerchiamo di capire in che modo, oltre
all’effusione del sangue, oltre alla prova della passione, il cristiano debba
seguire il Maestro. L’Apostolo, parlando di Cristo Signore, dice: «Egli, pur
essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con
Dio. Ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile
agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso» (Fil 2, 7-8). Cristo si
è umiliato: eccoti l’esempio da imitare”. E possa finalmente, a sconfitta del principe di questo mondo, essere
accolta la preghiera del martire Lorenzo, affinché questa nuova espressione
della Roma pagana che è oggi l’Europa atea ed anticristiana, lavata dal sangue
dei martiri si pieghi, ed innalzi il giogo soave ed il carico leggero della salvifica
Croce di Cristo.
La Chiesa Ortodossa celebra la memoria dei santi
Sisto, Lorenzo, Felicissimo e Agapito il 10 Agosto.
Acta sancti Sixti papae et martyris
Il prefetto Volusiano avea fatto chiudere nel pubblico
carcere il beato vecchio Sisto vescovo di Roma, con tutto il suo clero.
Gallieno Cesare chiamò a sé i
prigionieri nel tempio di Tellure e disse a Sisto: “Sai tu perché sei qui?”.
Sisto: “Lo so”.
Gallieno: “Fa dunque che tutti lo
sappiano, acciò tu viva e il tuo clero aumenti”.
Sisto: “Fo di tutto acciò il mio
clero aumenti”.
Gallieno: “Dunque sagrifica
agl’imperanti, e siedi tranquillamente principe de tuoi sacerdoti”[5].
Sisto: “Sagrificai, e, sinché sarò
libero di farlo, sacrificherò una vittima pura[6] a
Dio padre onnipotente, il mio signor Gesù Cristo”.
Gallieno lo fe’ tradurre a carcere
privato co’ diaconi Felicissimo e Agapito.
Il beato Lorenzo arcidiacono diessi
a seguirlo per via interpellandolo[7]: “Dove vai, o padre, senza del figlio? Dove, o
sacerdote senza del diacono? Dove o celebrante senza l’acolito? Che cosa ti è
spiaciuta in me? Ho io negato di versar teco il sangue, io che m’ebbi
attribuzione di distribuire il sangue di Dio? Bada, ché la umiliazione del
discepolo torna a disdoro del maestro. Abramo offerse il figlio; Pietro mandò
innanzi Stefano; e tu o padre, rendi palese nel figlio la tua propria virtù; io
ne conseguirò la corona, e tu ti sicurerai di non esserti ingannato nella
scelta del tuo diacono”. Sisto: “Non io ti abbandono, o
Figlio, sibben ti lascio a combattimenti maggiori: a me annoso si addicono le
pugne lievi; a te giovine sono serbati i trionfi gloriosi. Cessa dal piangere:
soli tre giorni ti separeranno da me; un qualche intervallo sta bene che separi
il vescovo dal diacono, e tu sei tale da non aver uopo di me sostenitore: il
tuo martirio sarà più illustre del mio, perché non avrai compagni in subirlo: a
che volermi presente? Elia rapito non trasmise ad Eliseo il proprio mantello? E
tu profitta della dilazione per dividere tra’ poveri, secondo il tuo giudizio,
il tesoro della nostra chiesa”.
Sisto, Felicissimo, e Agapito furono
ricondotti al tempio di Tellure.
Gallieno: “Avemmo riguardo finora
alla tua vecchiezza; arrenditi a’ nostri avvisi, e sagrifica”.
Sisto: “Provvedi a te stesso,
infelice! Cessa di bestemmiare; e fa penitenza del sangue de’ santi che hai
versato”.
Gallieno lo fece tradurre al tempio
di Marte con ordine che, se non sacrificava, venisse spento. Ivi era precorso
Lorenzo, che diessi a gridre: “Non abbandonarmi o padre, or che ho eseguita la
tua commissione, e il denaro fu distribuito”.
I soldati udendo parlare di danaro
poser le mani addosso a Lorenzo, e lo incatenarono.
Di Sisto, di Felicissimo, e
d’Agapito[8] le
teste furono troncate, e i corpi involati dai fedeli, e sepolti nel cemetero di
Callisto.
Pensandosi il Prefetto di Roma che i
Cristiani possedesser tesori, e stimandone depositario Lorenzo primo diacono
della Chiesa Romana, lo interpellò dicendo: “Voi Galilei costumate lagnarvi di
noi, e ci appellate crudeli; voglio chiarirvi bugiardi. Non si tratta di
tormenti, ma di chiederti colle buone tal cosa che ti è agevole accordare. È
noto, che, celebrando i vostri misteri, usate vasi di preziosi metalli, e
candelabri gemmati; dovizie che vi provvengono da padri studiosi di lasciare i
figli leggeri di censo, carichi di benedizioni. Trattasi di metter fuori questi
tesori celati. So che avete per massima di dare a Cesare ciò ch’è di Cesare; or
vedete combinazione propria! A Cesare occorrono precisamente oro ed argento;
degnansi, pertanto, richiederne voi, a’ quali riescono superflui: il vostro Cristo
si adoperò a spacciare parole, non a ragunar oro; su via dunque: datemi oro, e
rimanetevi ricchi di parole”.
Lorenzo: “Confesso che la Chiesa
Romana possiede tesori che avanzano di pregio i cesarei. Dammi agio di
raccoglierli”.
Furongli accordati tre giorni,
durante i quali perlustrò la città, e quanti infermi rinvennevi soccorsi
dall’elemosine parochiali, altrettanti nel dì, e nell’ora fissata, raccolse
nell’arci-diaconia. Venne, secondo il convenuto, il Prefetto, ed, a mirare
quella moltitudine schifosa, diessi a furiosamente gestire, impedito per la
rabbia dal parlare.
Lorenzo: “Perché sdegnato così? Mi
domandasti i tesori della Chiesa Romana; eccoli”.
Il Prefetto fe’ distender Lorenzo su
d’una graticola collocata sovr’accesi carboni. Il Martire, poiché vi stette
alcun tempo, disse: “Da questa parte son cotto; voltatemi all’altra”; e poco
dopo soggiunse: “Signor mio Gesù fa che Roma si pieghi al giogo della tua fede,
acciò più facilmente il Vangelo si diffonda per tutta la Terra; cancella su
queste mura la macchia della idolatria; compi sollecitamente l’opera che i
Principi degli Apostoli intrapresero in nome tuo”; e spirò[9].
Da: Conte TULLIO DANDOLO, Roma Cristiana nei primi secoli, vol. II – Martiri, Assisi 1866,
122-125.
Introduzione e note a cura di © Tradizione Cristiana
[1] Cipriano sarà decapitato il 14 settembre dello stesso
anno.
[2] Le catacombe di Roma sono state spesso ispirazione di
storie avventurose. L’idea di un ritrovo segreto in cui primi cristiani si
riunissero per evitare di essere scoperti dalle autorità ha acceso
l’immaginazione di molti romanzieri. Ma è bene ricordare che le catacombe (o cimiteri, come venivano chiamati dai
cristiani per distinguerli nella concezione teologica dalle necropoli pagane) furono utilizzate
dai cristiani come luoghi di culto privato e principalmente per la sepoltura,
non per la sinassi domenicale. D’altra parte le autorità Romane hanno sempre
saputo dell’esistenza di questi luoghi di sepoltura e della loro ubicazione,
poiché essendo previsti dalla legislazione in materia dovevano essere
registrati. La comunità cristiana era solita celebrare la memoria dei defunti,
in particolare dei martiri, sulle loro stesse tombe, un uso che è rimasto
invariato ancora oggi nei cimiteri ortodossi, dove i parenti del defunto
accompagnati da un sacerdote fanno celebrare sulla tomba del proprio caro il
trisagion e benedire i colivi.
[3] Ubicato di fronte al cimitero di Callisto, sul lato
sinistro della via Appia, dove sorse un oratorio in memoria di Sisto, Oratorium Xysti.
[4] San Cipriano, Epistola
LXXX.
[5] Gallieno sembra non opporsi al culto di Cristo,
purché esso divenga, come gli altri culti romani o a Roma tollerati, elemento
portante, congruo ed organico al sistema dello Stato, e pertanto, come gli
altri culti, anche quello a Cristo venga subordinato al culto dell’imperatore.
Non a caso i cristiani di tutti tempi e di tutti i luoghi hanno sempre
intravisto l’Anticristo nelle interscambiabili figure del cesaropapista e del
papocesarista di turno, ovvero in tutti coloro ed in tutto ciò che, fuori e
dentro la Chiesa, tende a sostituirsi o mettersi al di sopra di Cristo.
[6] Hostiam
puram, hostiam sanctam,
hostiam immaculatam, Panem sanctum vitae aeternae, et Calicem salutis perpetuae
(Canone Romano).
[7] Il dialogo tra Lorenzo e Sisto fu ripreso da
sant’Ambrogio nel De Officiis
c. 41, nn. 205-206-207.
[8] Il corpo di Sisto fu traslato da Pasquale I dalla
Cripta dei Papi, nel Cimitero di Callisto, alla cappella “iuxta ferrata”,
dedicata a lui e a Papa Fabiano, in S. Pietro in Vaticano.
[9] Secondo la tradizione san Lorenzo fu sepolto da una
matrona romana di nome Ciriaca in un terreno di sua proprietà, dove si sviluppò
la catacomba omonima. San Costantino nel 330 fece edificare sulla cripta un
oratorio. Sisto III (432-440) costruì una grande basilica con tre navate, con
l’abside appoggiato all’antica chiesa, sulla sommità della collina dove Lorenzo
fu seppellito. Accanto ad essa Pelagio II (579-590) fece costruire un’altra
basilica. Nel XIII secolo Onorio III unificò i due edifici, che costituiscono
l’odierna basilica di san Lorenzo
fuori le mura.
Papa Damaso (366-384) fece affiggere sul sepolcro di
san Lorenzo un’iscrizione marmorea, che recita
Verbera carnificis, flammas,
tormenta, catenas
vincere Laurenti sola fides
potuit.
haec Damasus cumulat supplex altaria donis
martyris egregii suspiciens
meritum.
|
Santo Lorenzo diacono e martire
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/21350
Lorenzo,
da ragazzo, ha visto le grandiose feste per i mille anni della città di Roma,
celebrate nel 237-38, regnando l’imperatore Filippo detto l’Arabo, perché
figlio di un notabile della regione siriana. Poco dopo le feste, Filippo viene
detronizzato e ucciso da Decio, duro persecutore dei cristiani, che muore in
guerra nel 251. L’impero è in crisi, minacciato dalla pressione dei popoli
germanici e dall’aggressività persiana. Contro i persiani combatte anche
l’imperatore Valeriano, salito al trono nel 253: sconfitto dall’esercito di
Shapur I, morirà in prigionia nel 260. Ma già nel 257 ha ordinato una
persecuzione anticristiana.
Ed è qui che incontriamo Lorenzo, della cui vita si sa pochissimo. E’ noto soprattutto per la sua morte, e anche lì con problemi. Le antiche fonti lo indicano come arcidiacono di papa Sisto II; cioè il primo dei sette diaconi allora al servizio della Chiesa romana. Assiste il papa nella celebrazione dei riti, distribuisce l’Eucaristia e amministra le offerte fatte alla Chiesa.
Viene dunque la persecuzione, e dapprima non sembra accanita come ai tempi di Decio. Vieta le adunanze di cristiani, blocca gli accessi alle catacombe, esige rispetto per i riti pagani. Ma non obbliga a rinnegare pubblicamente la fede cristiana. Nel 258, però, Valeriano ordina la messa a morte di vescovi e preti. Così il vescovo Cipriano di Cartagine, esiliato nella prima fase, viene poi decapitato. La stessa sorte tocca ad altri vescovi e allo stesso papa Sisto II, ai primi di agosto del 258. Si racconta appunto che Lorenzo lo incontri e gli parli, mentre va al supplizio. Poi il prefetto imperiale ferma lui, chiedendogli di consegnare “i tesori della Chiesa”.
Nella persecuzione sembra non mancare un intento di confisca; e il prefetto deve essersi convinto che la Chiesa del tempo possieda chissà quali ricchezze. Lorenzo, comunque, chiede solo un po’ di tempo. Si affretta poi a distribuire ai poveri le offerte di cui è amministratore. Infine compare davanti al prefetto e gli mostra la turba dei malati, storpi ed emarginati che lo accompagna, dicendo: "Ecco, i tesori della Chiesa sono questi".
Allora viene messo a morte. E un’antica “passione”, raccolta da sant’Ambrogio, precisa: "Bruciato sopra una graticola": un supplizio che ispirerà opere d’arte, testi di pietà e detti popolari per secoli. Ma gli studi (v. Analecta Bollandiana 51, 1933) dichiarano leggendaria questa tradizione. Valeriano non ordinò torture. Possiamo ritenere che Lorenzo sia stato decapitato come Sisto II, Cipriano e tanti altri. Il corpo viene deposto poi in una tomba sulla via Tiburtina. Su di essa, Costantino costruirà una basilica, poi ingrandita via via da Pelagio II e da Onorio III; e restaurata nel XX secolo, dopo i danni del bombardamento americano su Roma del 19 luglio 1943.
Ed è qui che incontriamo Lorenzo, della cui vita si sa pochissimo. E’ noto soprattutto per la sua morte, e anche lì con problemi. Le antiche fonti lo indicano come arcidiacono di papa Sisto II; cioè il primo dei sette diaconi allora al servizio della Chiesa romana. Assiste il papa nella celebrazione dei riti, distribuisce l’Eucaristia e amministra le offerte fatte alla Chiesa.
Viene dunque la persecuzione, e dapprima non sembra accanita come ai tempi di Decio. Vieta le adunanze di cristiani, blocca gli accessi alle catacombe, esige rispetto per i riti pagani. Ma non obbliga a rinnegare pubblicamente la fede cristiana. Nel 258, però, Valeriano ordina la messa a morte di vescovi e preti. Così il vescovo Cipriano di Cartagine, esiliato nella prima fase, viene poi decapitato. La stessa sorte tocca ad altri vescovi e allo stesso papa Sisto II, ai primi di agosto del 258. Si racconta appunto che Lorenzo lo incontri e gli parli, mentre va al supplizio. Poi il prefetto imperiale ferma lui, chiedendogli di consegnare “i tesori della Chiesa”.
Nella persecuzione sembra non mancare un intento di confisca; e il prefetto deve essersi convinto che la Chiesa del tempo possieda chissà quali ricchezze. Lorenzo, comunque, chiede solo un po’ di tempo. Si affretta poi a distribuire ai poveri le offerte di cui è amministratore. Infine compare davanti al prefetto e gli mostra la turba dei malati, storpi ed emarginati che lo accompagna, dicendo: "Ecco, i tesori della Chiesa sono questi".
Allora viene messo a morte. E un’antica “passione”, raccolta da sant’Ambrogio, precisa: "Bruciato sopra una graticola": un supplizio che ispirerà opere d’arte, testi di pietà e detti popolari per secoli. Ma gli studi (v. Analecta Bollandiana 51, 1933) dichiarano leggendaria questa tradizione. Valeriano non ordinò torture. Possiamo ritenere che Lorenzo sia stato decapitato come Sisto II, Cipriano e tanti altri. Il corpo viene deposto poi in una tomba sulla via Tiburtina. Su di essa, Costantino costruirà una basilica, poi ingrandita via via da Pelagio II e da Onorio III; e restaurata nel XX secolo, dopo i danni del bombardamento americano su Roma del 19 luglio 1943.
Tratto
da
http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2014/8/10/SANTO-DEL-GIORNO-Il-10-agosto-si-celebra-San-Lorenzo-martire/519415/
il
10 agosto è dedicato a San Lorenzo, uno dei martiri cristiani più amati. Poco
si conosce, però, della sua vita. Nacque in Spagna, ad Osca, nel 225 e si
trasferì a Roma ancora molto giovane. Per la sua indole e le sue doti che lo
portarono ad occuparsi dei più poveri e bisognosi, fu particolarmente
apprezzato da Papa Sisto II che lo nominò diacono e gli affidò le offerte per
la Chiesa da amministrare e gestire in favore di vedove, orfani e poveri. Sotto
l’imperatore Valeriano ripresero, tuttavia, le persecuzioni contro i cristiani,
anche se all’inizio non sembrano così violente come nel caso dei suoi
predecessori. Nonostante i divieti, nel 258 i soldati romani scoprirono Papa
Sisto II, Lorenzo ed altri diaconi che celebravano messa nelle catacombe di San
Callisto. Tutti subirono il martirio, tranne Lorenzo che, come era noto anche
all’imperatore, gestiva i tesori della Chiesa. Per questo motivo gli venne
risparmiata la vita, con la speranza che egli potesse consegnare tutto ciò che
aveva all’imperatore. Anzi, in particolare, gli fu promessa salva la vita se
egli avesse, entro tre giorni, consegnato tutto il tesoro. A questo proposito
si racconta che, sottoposto ad un duro interrogatorio per fargli confessare il
luogo dove era custodito l’oro, Lorenzo portò Valeriano davanti ai suoi poveri
e disse "ecco il tesoro". Fu così imprigionato nei sotterranei del
palazzo di un centurione, Ippolito. Anche in questo caso Lorenzo si distinse
per la sua grande umanità. Sembra, infatti, che portò consolazione e speranza
agli altri detenuti, molti dei quali si convertirono al cristianesimo. In
particolare a Lucillo, suo compagno di cella, cieco e malato. Lorenzo lo
battezzò con dell’acqua che sgorgava dal suolo e, secondo la tradizione, egli
riacquistò immediatamente la vista. Tutti questi fatti, compresa la serenità
che il Santo era riuscito a portare tra i detenuti, non passarono inosservati
agli occhi di Ippolito. Anch’egli rimase profondamente colpito e decise di
convertirsi al Cristianesimo. Poco dopo, scoperta la sua conversione, subì un
tremendo martirio. Anche Lorenzo fu condannato a morte, ma sulla tipologia del
suo martirio ci sono molti dubbi. Sicuramente morì il 10 agosto del 258 e,
secondo la tradizione fu arso vivo su una graticola, così viene, infatti,
raffigurato in tutte le rappresentazioni pittoriche. Si racconta, ad esempio,
che un soldato romano, dopo aver assistito al suo supplizio, raccolse il sangue
di San Lorenzo e lo portò nel suo paese natale, Amiseno in provincia di
Frosinone. Qui, ogni 10 agosto, avviene il miracolo della liquefazione del
sangue, molto simile a quella di San Gennaro. I primi scritti circa il martirio
di Lorenzo sono ad opera di Sant’Ambrogio il quale, raccolse tradizioni orali e
racconti tramandati tra le persone, sulla cui veridicità sorgono vari dubbi.
Secondo gli studiosi, infatti, sotto Valeriano non vi furono torture, quindi è
probabile che Lorenzo fu decapitato come Sisto II o come San Cipriano. Non vi
sono dubbi, invece, sulla data della sua morte. Egli fu sepolto sulla via
Tiburtina dove l’imperatore Costantino, nel 330, fece costruire una Basilica in
onore del Santo. Onorio III la ingrandì e diede la definitiva sistemazione alla
sua tomba ma, durante la seconda guerra mondiale, la Basilica venne quasi
totalmente distrutta nel corso di un bombardamento.
Santo
Papa e Patriarca di Roma e martire Sisto II
Tratto
da
Secondo
il Liber Pontificalis fu eletto papa nel 257 alla morte di Stefano I. San
Cipriano che lo definisce "sacerdote buono e pacifico", racconta in
una lettera al vescovo africano Successo la persecuzione del 258 in seguito al
secondo Editto di Valeriano. Questo prevedeva la decapitazione per vescovi,
presbiteri e diaconi, e la confisca dei beni della Chiesa, compresi i cimiteri.
Da Papa Damaso si sa che Sisto venne sorpreso nel cimitero, probabilmente
quello di San Callisto, mentre insegnava la parola divina e fu decapitato con
sei dei sette diaconi di Roma (Felicissimo. Agapito, Gennaro, Magno, Vincenzo e
Stefano). Il settimo, il protodiacono Lorenzo, fu ucciso tre giorni dopo sulla
via Tiburtina. Sisto II è sepolto nel cimitero di S. Callisto presso la cripta
Santa Cecilia.
Eletto
in tempo di persecuzione e ucciso per la fede sotto l’imperatore Valeriano,
dopo appena undici mesi di pontificato: non poteva certo fare molte cose questo
secondo pontefice di nome Sisto, già arcidiacono di Roma e probabilmente
originario di Atene. Eppure, prima del martirio, un’impresa gli è riuscita: una
di quelle che portano alla beatitudine proclamata nel Discorso della Montagna.
Sisto II è stato un costruttore di pace. Pace tra i cristiani: difficilissima
impresa già al suo tempo.
Tra le varie Chiese c’erano divergenze legate ai frequenti conflitti dottrinali, e vertevano su un punto non da poco: se un cristiano eretico vuole rientrare nella Chiesa da cui era staccato, si dovrà battezzarlo di nuovo o è sufficiente il battesimo che ha ricevuto la prima volta? La Chiesa di Roma e alcune altre in Asia e in Africa riaccoglievano ogni convertito senza ribattezzarlo, semplicemente imponendogli le mani sul capo e ungendogli la fronte col crisma. Invece altre Chiese africane – la maggior parte – dell’Asia Minore e della Siria ritenevano indispensabile un nuovo battesimo.
Ma ecco che da Roma giunge loro un severo rimprovero: il papa Vittore (predecessore di Sisto) impone a tutti di seguire l’uso romano, pena la scomunica. E questo rigore provoca l’inevitabile e gravissimo malcontento, che ricade addosso a Sisto II appena eletto; come se già non bastasse la persecuzione. Ma lui affronta la crisi nel modo giusto, lasciando cadere le minacce di scomunica. Qui non sono in gioco la fede comune: perciò ogni Chiesa o gruppo di Chiese risolva la questione in base a sue specifiche situazioni e vicende. Pace fra i cristiani, dunque, per opera di Sisto (e del vescovo Dionigi di Alessandria d’Egitto, efficace consigliere di moderazione). Ma intanto c’è la persecuzione, in due fasi. Nell’agosto 257 un primo decreto di Valeriano proibisce il culto cristiano pubblico (non quello privato) e ordina ai membri del clero di venerare con sacrifici pubblici gli dèi dell’impero, pena il domicilio coatto e i lavori forzati. L’impero, aggredito lungo il Danubio, sul Mar Nero e in Mesopotamia, ha bisogno all’interno di una rigida disciplina anche religiosa, e deve procurarsi mezzi attraverso le confische. Così, nel 258 un secondo editto stabilisce la pena di morte per il clero che non venera gli dèi, e la destituzione con sequestro dei beni per i funzionari imperiali cristiani.
E’ in base a questo secondo decreto che papa Sisto II viene arrestato, mentre predica presso il cimitero di san Callisto. I soldati hanno ordini precisi. Non si occupano dei fedeli: vanno dritti verso Sisto, che li attende fiancheggiato da due diaconi per parte. Così, sempre con loro, cammina fra i soldati fino al luogo fissato per il supplizio. E con essi viene subito ucciso.
Tra le varie Chiese c’erano divergenze legate ai frequenti conflitti dottrinali, e vertevano su un punto non da poco: se un cristiano eretico vuole rientrare nella Chiesa da cui era staccato, si dovrà battezzarlo di nuovo o è sufficiente il battesimo che ha ricevuto la prima volta? La Chiesa di Roma e alcune altre in Asia e in Africa riaccoglievano ogni convertito senza ribattezzarlo, semplicemente imponendogli le mani sul capo e ungendogli la fronte col crisma. Invece altre Chiese africane – la maggior parte – dell’Asia Minore e della Siria ritenevano indispensabile un nuovo battesimo.
Ma ecco che da Roma giunge loro un severo rimprovero: il papa Vittore (predecessore di Sisto) impone a tutti di seguire l’uso romano, pena la scomunica. E questo rigore provoca l’inevitabile e gravissimo malcontento, che ricade addosso a Sisto II appena eletto; come se già non bastasse la persecuzione. Ma lui affronta la crisi nel modo giusto, lasciando cadere le minacce di scomunica. Qui non sono in gioco la fede comune: perciò ogni Chiesa o gruppo di Chiese risolva la questione in base a sue specifiche situazioni e vicende. Pace fra i cristiani, dunque, per opera di Sisto (e del vescovo Dionigi di Alessandria d’Egitto, efficace consigliere di moderazione). Ma intanto c’è la persecuzione, in due fasi. Nell’agosto 257 un primo decreto di Valeriano proibisce il culto cristiano pubblico (non quello privato) e ordina ai membri del clero di venerare con sacrifici pubblici gli dèi dell’impero, pena il domicilio coatto e i lavori forzati. L’impero, aggredito lungo il Danubio, sul Mar Nero e in Mesopotamia, ha bisogno all’interno di una rigida disciplina anche religiosa, e deve procurarsi mezzi attraverso le confische. Così, nel 258 un secondo editto stabilisce la pena di morte per il clero che non venera gli dèi, e la destituzione con sequestro dei beni per i funzionari imperiali cristiani.
E’ in base a questo secondo decreto che papa Sisto II viene arrestato, mentre predica presso il cimitero di san Callisto. I soldati hanno ordini precisi. Non si occupano dei fedeli: vanno dritti verso Sisto, che li attende fiancheggiato da due diaconi per parte. Così, sempre con loro, cammina fra i soldati fino al luogo fissato per il supplizio. E con essi viene subito ucciso.
TRATTO da http://www.lastampa.it/2017/09/16/vaticaninsider/sisto-ii-vescovo-pacifico-e-martire-santo-epxeBe5OMzruRF083e94QK/pagina.html
Sisto II, Papa e santo, è stato
vescovo di Roma dall’agosto del 257 al 6 agosto del 258. Un periodo difficile
per i cristiani e per la Chiesa, perseguitati dall’imperatore romano. Infatti,
scrive Francesco Scorza Barcellona: «Il pontificato di Sisto II è
contrassegnato dai due editti di Valeriano, il primo dell’agosto del 257, che
vietava le riunioni dei cristiani, imponendo ai vescovi e ai presbiteri di apostatare,
comminando l’esilio ai refrattari, mentre il secondo ordinava l’immediata
esecuzione dei membri del clero che non si fossero sottomessi».
La cosiddetta “disputa battesimale”
Sembra che l’aspetto più
interessante del pontificato di Sisto II consista nella cosiddetta “disputa
battesimale”: il predecessore Stefano I riguardo a quanti erano stati
battezzati da eretici o scismatici avrebbe voluto imporre la tradizione romana
di ammettere costoro alla Chiesa cattolica mediante la sola imposizione delle
mani, mentre altre Chiese (per esempio la Chiesa africana) consideravano non
validi tali battesimi e occorreva ricorrere all’intero autentico rito. La fonte
di questa notizia è la Historia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea (265-339),
il «padre della storia ecclesiastica», che testimonia di una corrispondenza tra
il vescovo Dionigi di Alessandria e Sisto II. Prendendo le mosse da una frase
del diacono Ponzio, l’autore della Vita Cypriani, dedicata al vescovo Cipriano
di Cartagine, si potrebbe congetturare che un uomo come Sisto II probabilmente,
sulla questione della “disputa battesimale” e sul rapporto tra la Chiesa di
Roma e quella d’Africa, abbia agito con magnanimità; perché Ponzio lo definisce
«buono e pacifico vescovo e beatissimo martire».
Sisto e i “comites Xysti”
Sulla morte del santo Papa abbiamo
la testimonianza di Cipriano di Cartagine che nel suo Epistularium ne ricorda
la morte violenta, in occasione della persecuzione conseguente il secondo
editto di Valeriano contro i cristiani; Sisto sarebbe morto il 6 agosto del 258
insieme a quattro diaconi: «Xistum autem in cimiterio animaduersum sciatis
octauo iduum augustarum die et cum eo diacones quattuor». Come ricorda Francesco
Scorza Barcellona, il cimitero senza altra denominazione è quello “per
antonomasia”, cioè il cimitero di Callisto sulla via Appia, secondo
l’affermazione della Depositio martyrum, e il luogo della sepoltura la
cosiddetta “cripta dei Papi”.
Papa Damaso (366-384), che «onorò i
sepolcri dei martiri adornandoli di versi», dedicò alcuni dei suoi epigrammi al
nostro. In particolare l’epigramma 17, riguardante con alta probabilità Sisto
II, presenta la seguente scena sugli ultimi istanti di vita del santo Papa: il
Vescovo di Roma che insegna le cose sacre ai presenti e l’improvvisa irruzione
dei soldati romani, che lo strappano dal seggio vescovile, mentre i fedeli
cercano di aiutare il proprio vescovo; egli per evitare una inutile strage
offre subito la propria vita facendosi decapitare. Il nome di Sisto compare in
altri due epigrammi damasiani, l’epigramma 16 e l’epigramma 25, che aprono ad
una questione «senza dubbio complessa e di non facile soluzione»: quella del
numero dei diaconi, dei “comites Xysti” che hanno subìto il martirio con Sisto.
Conviene attenersi a quello che
riporta il Martirologio Romano, alla data del 7 agosto: «Santi Sisto II, Papa,
e compagni, martiri. Il Papa Sisto, mentre celebrava i sacri misteri insegnando
ai fratelli i precetti divini, per ordine dell’imperatore Valeriano, fu subito
arrestato dai soldati sopraggiunti e decapitato il 6 agosto; con lui subirono
il martirio quattro diaconi, deposti insieme al pontefice a Roma nel cimitero
di Callisto sulla via Appia. Nello stesso giorno anche i santi Agàpito e
Felicissimo, suoi diaconi, morirono nel cimitero di Pretestato, dove furono
pure sepolti».
Alla fine del IV secolo si fa
risalire una (tradizione) che accomuna Sisto II e il celebre diacono san
Lorenzo. Ambrogio di Milano, verso il 389-390, riporta un dialogo tra Sisto,
che viene condotto al martirio, e Lorenzo: questi si lamenta del fatto che non
può condividere con il santo Papa la gloria del martirio, Sisto gli preannuncia
che ben presto – esattamente dopo tre giorni – egli avrebbe sopportato prove
ben più grandi e quindi la morte. Il grande poeta latino cristiano Prudenzio,
«il maggiore esponente dell’umanesimo cristiano del IV secolo», intorno al 400,
nel suo inno su san Lorenzo, presenta Sisto inchiodato alla croce che consola
Lorenzo e gli preannuncia il martirio dopo tre giorni.
Documenti vari
Un’altra fonte, il Liber
pontificalis, nella sua prima redazione, attingendo ad una Passio vetus, fa di
Sisto II un greco, precedentemente filosofo, il cui pontificato ebbe luogo ai
tempi di Valeriano e Decio, mentre nella seconda redazione aggiunge che il
martirio del santo Papa fu conseguenza del suo rifiuto di sacrificare agli
idoli pagani; sempre secondo il Liber pontificalis, Sisto II avrebbe ordinato
quattro presbiteri, sette diaconi e due vescovi. Secondo Francesco Scorza
Barcellona: «La commemorazione di Sisto II alla data del 10 agosto compare
anche nel Martyrologium Hieronymianum, dal quale è passata ai martirologi
medievali e al Martyrologium Romanum, e si trova anche nel Kalendarium
Carthaginiense e nel Synaxarium Ecclesiae Constantinopolitanae. Nel
Martyrologium Syriacum ricorre alla data del 1° agosto.» Oggi nel Martirologio
Romano la commemorazione di Sisto II ricorre il 7 agosto. Infine, è
probabilmente Sisto II e non Sisto I il santo martire ricordato nel
Communicantes del Canone Romano della Messa ed esiste a Roma una chiesa
dedicata a Sisto II, denominata San Sisto Vecchio, edificata, secondo la
tradizione, sul luogo del martirio.
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