San Cesidio e i suoi compagni martiri a
Trasacco
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91135
E'
un santo della regione dei Marsi, martirizzato con molti altri cristiani a
Trasacco (AQ) presso il lago Fucino, durante la persecuzione di Massimino
(235-237). Secondo un’antica ‘passio’ composta verso la fine del sec. IX,
si racconta che nella
città di Amaria (nel Ponto), durante l’impero di Domnino (secondo altri fontidi
Massimino), scoppiò una persecuzione contro i cristiani; Rufino e Cesidio suo figlio,
furono scoperti e imprigionati, il proconsole Andrea li sottopose a tormenti inviando nel carcere anche due meretrici per tentare i cristiani, ma essi superando le prove, ottennero invece la conversione di molti pagani, compreso lo stesso Andrea.
Una volta liberati Rufino e Cesidio, si trasferirono in Italia, nella regione dei Marsi, facendo apostolato; dopo un certo tempo Rufino si spostò ad Assisi, mentre il figlio rimase a Trasacco. Dopo alterne vicende Rufino divenuto 1° vescovo di Assisi e poi patrono della città, fu
martirizzato lì vicino. Cesidio trafugò il suo corpo portandolo a Trasacco, questo gesto segnò la sua condanna, infatti il magistrato romano ordinò la sua morte; fu ucciso mentre celebrava la Messa insieme a Placido ed Eutichio.
Gli studiosi affermano che la storia della vita e martirio dei santi Rufino e Cesidio è frutto della necessità presentatasi nel secolo IX di giustificare la presenza di antiche chiese, già esistenti a Trasacco e nella regione, dedicate separatamente ai due santi, distrutte poi dagli Ungari.
Questo spiega il culto esistente verso i due santi, che gli agiografi antichi finirono per considerare parenti, come di solito si tendeva a considerare i personaggi i cui santuari erano ravvicinati. Ad ogni modo tutti gli ‘Atti’ hanno sempre classificato Cesidio come prete, morto martire a Trasacco.
Il Martirologio Romano lo riporta insieme ai due compagni al 31 agosto.
città di Amaria (nel Ponto), durante l’impero di Domnino (secondo altri fontidi
Massimino), scoppiò una persecuzione contro i cristiani; Rufino e Cesidio suo figlio,
furono scoperti e imprigionati, il proconsole Andrea li sottopose a tormenti inviando nel carcere anche due meretrici per tentare i cristiani, ma essi superando le prove, ottennero invece la conversione di molti pagani, compreso lo stesso Andrea.
Una volta liberati Rufino e Cesidio, si trasferirono in Italia, nella regione dei Marsi, facendo apostolato; dopo un certo tempo Rufino si spostò ad Assisi, mentre il figlio rimase a Trasacco. Dopo alterne vicende Rufino divenuto 1° vescovo di Assisi e poi patrono della città, fu
martirizzato lì vicino. Cesidio trafugò il suo corpo portandolo a Trasacco, questo gesto segnò la sua condanna, infatti il magistrato romano ordinò la sua morte; fu ucciso mentre celebrava la Messa insieme a Placido ed Eutichio.
Gli studiosi affermano che la storia della vita e martirio dei santi Rufino e Cesidio è frutto della necessità presentatasi nel secolo IX di giustificare la presenza di antiche chiese, già esistenti a Trasacco e nella regione, dedicate separatamente ai due santi, distrutte poi dagli Ungari.
Questo spiega il culto esistente verso i due santi, che gli agiografi antichi finirono per considerare parenti, come di solito si tendeva a considerare i personaggi i cui santuari erano ravvicinati. Ad ogni modo tutti gli ‘Atti’ hanno sempre classificato Cesidio come prete, morto martire a Trasacco.
Il Martirologio Romano lo riporta insieme ai due compagni al 31 agosto.
Tratto
da
http://www.diocesisora.it/pdigitale/vita-dei-santi-cesidio-e-rufino-e-compagni-martiri-di-trasacco-dettata-da-abate-muzio-febonio-editoriale-eco-teramo-2014-pp-67/
La
Passio dei
santi Cesidio e Rufino, oggetto di ristampa nel 2014 da parte del parroco di
Trasacco don Francesco Grassi, riunisce al suo interno interessanti spunti di
riflessione per la conoscenza agiografica del nostro territorio e costituiscono
un’ulteriore conferma di come gli studi agiografici possano offrire anzitutto
un esempio affinato e molto efficace di metodologia storica e di innovazione
storiografica. In quest’ultimi anni, grazie al lavoro di alcuni studiosi
dell’Università degli Studi di Roma Tre, la storia della santità e della
religiosità in genere, è stata liberata dalle prospettive anguste e spesso
apologetiche nella quale era stata relegata, facendone emergere all’opposto la
notevole potenzialità conoscitiva ed interpretativa. Nel suo insieme il lavoro
che presentiamo si inserisce appieno in questo nuovo ambito disciplinare ancora
poco esplorato dagli studiosi locali della nostra Diocesi. La Passio “marsicana”
dei santi Cesidio e Rufino era stata già analizzata dalle pubblicazioni di
Evaristo Angelini (Rufino e Cesidio, Pero
dei Santi, 1987) e Stefania Mezzazappa (Cesidio e Rufino martiri: tracce archeologiche
del culto,
in: Baronio e le sue fonti,
Sora, 2009). Francesco Grassi, presentando nuovamente tale lavoro, induce il
lettore ad indossare gli abiti dell’ottica interpretativa agiografica. Non
entrando nel merito dell’attendibilità storica, o meglio agiologica, della Passio
proposta, l’elemento di maggiore interesse del testo è quello degli interscambi
che intercorrono tra il culto dei santi abruzzesi e il territorio della nostra
Diocesi. Il primo elemento di contatto è la particolare devozione che il
cardinale sorano Cesare Baronio nutrì nei confronti di questi due martiri, che
lo spinse nel 1581 ad inserire i loro nomi nel Martirologio Romano (la madre
del Baronio, Porzia Febonio, era originaria di Trasacco). Il secondo elemento,
di carattere prettamente antropologico, lo ritroviamo a San Donato Val di
Comino la cui devozione verso san Cesidio, nel corso del tempo si esplicava in
due forme di pietà popolare: la processione del santo assieme a santa Costanza
l’ultima domenica di agosto; e il tradizionale pellegrinaggio a piedi da San
Donato a Trasacco, 43 kilometri di tragitto tra montagna e pianura, iniziato in
tempi passati e ripristinato da alcuni anni. Contemporaneamente al cammino vi
era anche il percorso con i carretti, in seguito sostituito con le auto prima e
con i pullman poi. Infine non si può dimenticare che la festa di S. Caesidii M. (dup.) è
presente alla data del 31 agosto nei due Officia Propria Sanctorum della
Diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo del vescovo Giuseppe Montieri (1850), ed
Ignazio Persico (1886).
Santo
Primiano martire a Spoleto
Tratto da
l’articolo ha come titolo “IL DUOMO DI SPOLETO Delle origini, secondo i documenti.
Incominciamo
dal confessare che di S. Primiano Martire, primitivo titolare, secondo alcuni
scrittori, del Duomo di Spoleto, sappiamo poco o nulla.
Bernardino di Campello nel suo volume a stampa Delle Historie di Spoleti, lib. sesto, pag. 176 (Spoleti, Ricci, 1672), narra che Primiano
«nato in
Ancona, e quindi venuto a Spoleti vi fu preso per la confessione della fede di
Christo, e dopo haver tollerato virilmente i tormenti dell’Equuleo, la crudeltà
degli uncini di ferro, e l’incendio delle accese fiaccole, finalmente
perseverando nella costanza della fede, fu nella stessa Città di Spoleti
dicapitato l’ultimo giorno di Agosto per gli anni 307 dell’humana salute. Et
essendo il suo Corpo restato abbandonato, fu sepolto furtivamente dentro della
Città quasi su ’l Muro in parte all’hora discoscesa, et impraticabile; dove
poi, procedendo i tempi, e prosperata la Chiesa, si edificò la Ducal Basilica
di S. Maria, che è oggi la Chiesa Pontificale il Choro della quale, fino al
nostro tempo chiamato Tribuna di S. Primiano, con la memoria del suo antico
Sepolcro conserva anche quello del nome del medesimo, con perpetua ricordanza
di lui nei sacri Ufici, che vi si celebrano, quantunque il Corpo trasportatone
alla Città di Ancona in tempo e con occasione, che non sappiamo, ivi al
presente nella chiesa del suo proprio titolo si conservi.» E in una nota, pag.
194, lo stesso Autore dichiara di aver tolte quelle notizie dalla Vita di S.
Primiano «che attesta haver veduta fra gli antichi monumenti dell’Archivio
della chiesa Spoletina, la citazione di un’antica Vita manoscritta esistente
nell’Archivio della Cattedrale di Ancona8. Esaminando ponderatamente ciò che di S. Primiano ci hanno lasciato scritto gli storici spoletini e anconetani11, questo parrebbe risultare: che il S. Primiano di Spoleto nulla abbia a vedere col S. Primiano di Ancona, il quale fu Vescovo e non Martire, mentre Martire e non Vescovo sarebbe stato quello di Spoleto. Del Primiano spoletino è asserito il martirio, sulla fede, come abbiamo visto, di antiche fonti, nei primi anni del IV secolo: dell’altro, nulla si sa, tranne che fu Vescovo e Greco, secondo l’iscrizione incisa nella tavola di marmo che chiudeva il loculo in cui erano state nascoste le sue ossa; iscrizione e loculo scoperti nel 137311.
Ma, senza entrare nella discussione, del resto per noi inutile, di tanto incerta materia, questo non è dubbio: che, cioè, la memoria di un Martire, di nome Primiano, abbia avuto realmente culto assai antico presso il Duomo di Spoleto.
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