Santi GRATILIANO (GRACILIANO) e
FELICISSIMA, martiri (una prima memoria in data 26 Maggio)
TRATTO da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/96779
Secondo
una passio composta verso il sec. VII, già nota ad Usuardo e collegata con
quella di s. Eutizio di Ferento, sarebbero morti a Faleri, nell’Etruria
suburbicaria, al tempo dell’imperatore Claudio (270). Sulla loro personalità
però non abbiamo notizie sicure; la passio infatti non può considerarsi una
fonte attendibile, ma, chiaramente leggendaria, ricalca, plagiandole, quelle
dei santi Agnese, Lucia, Euplo, Vito, ecc.
Di Gratiliano, oltre la passio, nessun altro documento riporta alcuna notizia; Felicissima invece, molto venerata nell’Umbria e nella Toscana è ricordata nel Martirologio Geronimiano al 26 maggio come martire di Todi e al 24 novembre come martire di Perugia. Il Lanzoni pensava che una sola fosse la martire Felicissima venerata in diversi giorni, in varie località, ma la diversa cronologia forse non permette tale identificazione. La martire di Faleri poi, secondo la passio, sarebbe morta il 12 agosto e a questa data era ricordata nel Martirologio Romano.
Quando fu distrutta Faleri nel VII sec., le reliquie di Gratiliano furono trasportate a Civita Castellana e collocate sotto l’altare maggiore della cattedrale. Al tempo dell’invasione dei barbari furono trasferite nella cripta della medesima cattedrale, che in epoca più recente fu dedicata ai due martiri e dove fu installato un magnifico bassorilievo di marmo bianco che li rappresenta.
Le reliquie di Felicissima nello stesso tempo furono trasportate probabilmente a Ferento, donde, nel sec. XII furono trasferite a Viterbo ed onorevolmente collocate nella chiesa di S. Sisto. Il Martirologio di questa chiesa celebra la detta traslazione il 2 settembre, e l’invenzione delle reliquie nella medesima chiesa il 2 maggio.
Gratiliano è molto venerato anche a Bassano di Sutri, di cui è patrono principale. La chiesa parrocchiale di questo paese si gloria di possedere una reliquia del martire. Secondo notizie tutt’altro che certe l’insigne reliquia sarebbe stata donata nel 1437 dal vescovo di Civita Castellana al vescovo di Sutri e successivamente sarebbe stata trasportata a Bassano. In onore del martire furono costruite chiese anche a Capranica di Sutri ed a Gallese.
A causa della relazione che i martiri avrebbero con s. Eutizio di Ferento, i nostri santi sono venerati anche in Carbognano.
Di Gratiliano, oltre la passio, nessun altro documento riporta alcuna notizia; Felicissima invece, molto venerata nell’Umbria e nella Toscana è ricordata nel Martirologio Geronimiano al 26 maggio come martire di Todi e al 24 novembre come martire di Perugia. Il Lanzoni pensava che una sola fosse la martire Felicissima venerata in diversi giorni, in varie località, ma la diversa cronologia forse non permette tale identificazione. La martire di Faleri poi, secondo la passio, sarebbe morta il 12 agosto e a questa data era ricordata nel Martirologio Romano.
Quando fu distrutta Faleri nel VII sec., le reliquie di Gratiliano furono trasportate a Civita Castellana e collocate sotto l’altare maggiore della cattedrale. Al tempo dell’invasione dei barbari furono trasferite nella cripta della medesima cattedrale, che in epoca più recente fu dedicata ai due martiri e dove fu installato un magnifico bassorilievo di marmo bianco che li rappresenta.
Le reliquie di Felicissima nello stesso tempo furono trasportate probabilmente a Ferento, donde, nel sec. XII furono trasferite a Viterbo ed onorevolmente collocate nella chiesa di S. Sisto. Il Martirologio di questa chiesa celebra la detta traslazione il 2 settembre, e l’invenzione delle reliquie nella medesima chiesa il 2 maggio.
Gratiliano è molto venerato anche a Bassano di Sutri, di cui è patrono principale. La chiesa parrocchiale di questo paese si gloria di possedere una reliquia del martire. Secondo notizie tutt’altro che certe l’insigne reliquia sarebbe stata donata nel 1437 dal vescovo di Civita Castellana al vescovo di Sutri e successivamente sarebbe stata trasportata a Bassano. In onore del martire furono costruite chiese anche a Capranica di Sutri ed a Gallese.
A causa della relazione che i martiri avrebbero con s. Eutizio di Ferento, i nostri santi sono venerati anche in Carbognano.
Santo Cassiano vescovo di Benevento
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/65870
Secondo
un antico breviario della Chiesa di Benevento, Cassiano fu il quarto vescovo
della città succedendo, verso la metà del sec. IV, ad Apollonio. Il De Vipera
data il suo episcopato intorno al 311, ma erroneamente, perché Apollonio era
ancora vescovo nel 326; il Sarnelli, invece, seguito poi dall'Ughelli e da
altri, sostiene una cronologia prossima al 340. Cassiano resse a lungo la
diocesi, ma mancano documenti particolari sulla sua attività pastorale. Morì il
12 agosto di un anno ignoto e il suo corpo fu sepolto in Santa Sofia. Al santo
vescovo fu dedicata una chiesa parrocchiale, esistente certamente nel sec. XII,
come attesta un documento relativo ai beni della badia di Santa Sofia in
Benevento: oggi, però, non sussiste alcuna memoria di essa.
Il 12 agosto si celebra la festa di Cassiano, che il Lanzoni pensa si possa identificare con il martire omonimo venerato ad Imola il 13 agosto: la sua è, però, una ipotesi non suffragata da prova alcuna.
Il 12 agosto si celebra la festa di Cassiano, che il Lanzoni pensa si possa identificare con il martire omonimo venerato ad Imola il 13 agosto: la sua è, però, una ipotesi non suffragata da prova alcuna.
Tratto
da
https://wikivisually.com/lang-it/wiki/Cassiano_di_Benevento
Nei
cataloghi tradizionali dei vescovi di Benevento san Cassiano è considerato come
17º vescovo, se si ammette come protovescovo san Fotino (I secolo), oppure come
5º vescovo, se si pone come primo vescovo beneventano san Gennaro (IV secolo).
Succedette sulla cattedra di Benevento a sant'Apollonio. Nelle fonti letterarie, è menzionato per la prima volta da Filippo Ferrari (1625), che lo indica come «quartus episcopus post S. Ianuarium»;[1] le successive opere di De Vipera (1636) e di Sarnelli (1691) lo danno invece come 17º vescovo beneventano.
Ricordato in testi liturgici medievali beneventani, è collocato attorno al 311 dal De Vipera, mentre Ughelli e Sarnelli lo attestano più correttamente attorno al 340. Non esiste tuttavia nessun documento storico che dia ulteriori informazioni sulla vita di questo santo e sull'epoca precisa in cui ha vissuto.
La sua memoria era celebrata a Benevento il 12 agosto[2] e a lui, nel XII secolo, era dedicata una chiesa, come attesta un diploma relativo ai beni posseduti dall'abbazia di Santa Sofia di Benevento.[3]
Data la vicinanza della celebrazione di san Cassiano di Benevento (12 agosto) con quella di san Cassiano di Imola (13 agosto), Lanzoni ritiene che si tratti del medesimo santo imolese, venerato a Benevento il giorno precedente e poi impropriamente inserito nella cronotassi dei vescovi locali. L'ipotesi di Lanzoni non è tuttavia sostenuta da alcuna prova.
Note
1. ^ Catalogus
generalis Sanctorum qui in Martyrologio Romano non sunt, p. 323.
2. ^ Catalogus
generalis Sanctorum qui in Martyrologio Romano non sunt, p. 322.
3. ^ A. Zazo, I beni
della badia di S. Sofia, in Samnium,
29 (1956), p. 149.
Santo
Eusebio greco di nascita e vescovo di Milano
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/65680
Greco
di origine (così lo presenta Ennodio), Eusebio successe a Lazzaro nella
cattedra episcopale milanese poco prima del 449. Partecipò al concilio radunato
a Roma nell’ottobre del 449 da papa Leone Magno per esaminare e condannare
Terrore di Eutiche intorno al mistero dell’Incarnazione. La condanna degli
errori di Eutiche fu comunicata alla corte imperiale di Costantinopoli da una
ambasceria pontificia, di cui facevano parte anche due ecclesiastici della
provincia ecclesiastica di Milano e precisamente il vescovo Abbondio di Como ed
il prete Senatore di Milano.
Avvertito dal papa del felice esito dell’ambasciata alla corte imperiale di Costantinopoli, Eusebio riunì a Milano un concilio provinciale dei vescovi, i quali, per mezzo suo, nell’autunno del 451, inviarono al papa una formula di fede cattolica.
La grande carità di Eusebio rifulse in una circostanza dolorosa per Milano. Nel 452 Attila e gli Unni calarono in Italia, assetati di vendetta e di sangue: distrutte molte città del Veneto, Attila si impadronì di Milano ove le sue orde barbariche si abbandonarono a violenze e saccheggi di ogni genere. La città fu distrutta, la cattedrale data alle fiamme. Passata la bufera, Eusebio si preoccupò di riparare le rovine della città e di soccorrere i cittadini affamati. Ricostruì la cattedrale e si dice istituisse, a perpetua memoria del fatto, la festa della dedicazione, da celebrarsi la terza domenica di ottobre: detta festa viene ancora oggi celebrata, ma come ricordo della dedicazione del duomo fatta da san Carlo Borromeo. In quella occasione un vescovo, di cui non ci è rimasto il nome, tenne un discorso ufficiale, conservatoci col titolo De reparatione ecclesiae Mediolanensis, ed attribuito a san Massimo di Torino.
Nel Breviario ambrosiano si legge che Eusebio, ancora diacono, ruppe il calice di vetro adoperato nella Messa: essendo però ricorso alla intercessione di san Lorenzo, il calice miracolosamente si ricompose. Non è difficile vedere in questo la ripetizione di un episodio analogo narratori da san Gregorio di Tours. La morte di Eusebio sembra sia avvenuta nell’agosto del 462; il santo fu sepolto nella basilica milanese di san Lorenzo. I cataloghi più antichi dei vescovi di Milano lo ricordano l’8 agosto, i più recenti il 9 agosto. Il Liber notitiae sanctorum Mediolani dell’inizio del secolo XIV, lo ricorda il 12 agosto, data poi passata nel calendario ambrosiano e nel Martirologio Romano
Avvertito dal papa del felice esito dell’ambasciata alla corte imperiale di Costantinopoli, Eusebio riunì a Milano un concilio provinciale dei vescovi, i quali, per mezzo suo, nell’autunno del 451, inviarono al papa una formula di fede cattolica.
La grande carità di Eusebio rifulse in una circostanza dolorosa per Milano. Nel 452 Attila e gli Unni calarono in Italia, assetati di vendetta e di sangue: distrutte molte città del Veneto, Attila si impadronì di Milano ove le sue orde barbariche si abbandonarono a violenze e saccheggi di ogni genere. La città fu distrutta, la cattedrale data alle fiamme. Passata la bufera, Eusebio si preoccupò di riparare le rovine della città e di soccorrere i cittadini affamati. Ricostruì la cattedrale e si dice istituisse, a perpetua memoria del fatto, la festa della dedicazione, da celebrarsi la terza domenica di ottobre: detta festa viene ancora oggi celebrata, ma come ricordo della dedicazione del duomo fatta da san Carlo Borromeo. In quella occasione un vescovo, di cui non ci è rimasto il nome, tenne un discorso ufficiale, conservatoci col titolo De reparatione ecclesiae Mediolanensis, ed attribuito a san Massimo di Torino.
Nel Breviario ambrosiano si legge che Eusebio, ancora diacono, ruppe il calice di vetro adoperato nella Messa: essendo però ricorso alla intercessione di san Lorenzo, il calice miracolosamente si ricompose. Non è difficile vedere in questo la ripetizione di un episodio analogo narratori da san Gregorio di Tours. La morte di Eusebio sembra sia avvenuta nell’agosto del 462; il santo fu sepolto nella basilica milanese di san Lorenzo. I cataloghi più antichi dei vescovi di Milano lo ricordano l’8 agosto, i più recenti il 9 agosto. Il Liber notitiae sanctorum Mediolani dell’inizio del secolo XIV, lo ricorda il 12 agosto, data poi passata nel calendario ambrosiano e nel Martirologio Romano
Santo Ercolano vescovo di Brescia
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/65900
Negli
antichi cataloghi della città figura al diciottesimo posto, tra s. Cipriano e
s. Onorio, ma è impossibile stabilire gli anni del suo episcopato. Si può
soltanto affermare che si svolse nel sec. VI, probabilmente poco dopo la metà.
Sarebbe morto a Campione del Garda, dove, secondo alcuni, si era ritirato a
vita eremitica. Le sue reliquie, ritrovate nella chiesa di Maderno nel 1282,
furono esposte l'anno successivo alla pubblica venerazione e vennero
riconosciute nel 1486 dal vescovo locale, Paolo Zane. Nel 1580 s. Carlo
Borromeo dalla vecchia arca le trasferì all'altare maggiore. Il 7 maggio 1587
il vescovo Morosini le ripose in un sepolcro di marmo con iscrizione. La sua
memoria ricorre il 12 agosto, giorno in cui è festeggiato a Maderno, di cui è
patrono, e nei luoghi vicini.
Tratto da
http://www.santercolano.org/it/SANT%27ERCOLANO/SANT%27ERCOLANO-NELLA-STORIA.html
E'
difficile, quasi impossibile tracciare un quadro storico del Santo
sufficientemente esaustivo per la critica. Una cosa è certa: sotto l'imperatore
Giustiniano, nell'anno del Signore 552, S. Ercolano fu eletto Vescovo di
Brescia. Egli visse la sua missione di pastore, s'impegnò a predicare a tutti
la Parola di Dio, a pregare per il suo gregge, a perdonare, a santificare le
anime con la potenza dello Spirito Santo e con la testimonianza della vita. Il
Pastore Ercolano è stato, dunque, il 19° Vescovo di Brescia ed esercitò il suo
ministero nel VI° secolo, circa 1500 anni or sono. Si disse che vide Cristo con
gli Apostoli sotto forma di poveri e, mentre portava loro in dono dei pani,
questi furono cambiati in pietre preziose. Esercitò l'ufficio di abate in un
monastero della città di Brescia; con le sue preghiere restituì la vita a due
morti. Trascorse in seguito una vita solitaria nella penisola di Campione sul
Lago di Garda. Alla sua voce ubbidivano gli uccelli, i pesci e gli animali
terrestri. Vide gli angeli che gli portavano un cibo dal cielo. Qui infine morì
nell'anno del Signore 576.
Come
si legge dall'epigrafe del paliotto dell'altare della Madonna nella chiesa
monumentale in Maderno sul Garda, Ercolano nacque in Germania nel secolo VI da
due nobili e facoltosi genitori, Onorato ed Arissa, che da tempo chiedevano a
Dio con preghiere, digiuni ed elemosine, un figlio che fosse loro grato ed
utile al prossimo. Lo ebbero. Vedendolo ben inclinato fin dai primi anni, i
genitori posero in lui grandi speranze: egli cresceva negli anni, nel senno,
nella pietà e soprattutto nell'amore per i poveri. Giunto a quindici anni,
Ercolano meditava come abbandonare le ricchezze e le delizie del mondo per
dedicarsi solamente a Cristo
Una
tradizione ormai consolidata racconta che S. Ercolano si trasferì da Brescia a
Campione sul Garda. Pare che non si tratti soltanto di una vocazione eremitica,
ma anche di contingenze storiche e politiche che lo avrebbero allontanato da
Brescia. Nel secolo VI l'Italia fu invasa dai Goti e dai Longobardi, popoli
barbari che non furono molto teneri con gli abitanti. Bisogna ricordare che
questi invasori erano eretici, quindi creavano difficoltà ai vescovi, tanto che
Onorato, arcivescovo di Milano, dovette abbandonare la città per rifugiarsi a Genova;
il Vescovo di Aquileia dovette cercar riparo a Grado. La stessa congiuntura
potrebbe esser capitata a S. Ercolano che da Brescia dovette trasferirsi a
Campione sul Garda a causa di persecuzioni e disgusti avuti con i barbari
invasori. A quel tempo il Vescovo era l'unica autorità e forza morale: non con
la potenza delle armi, ma con la parola del Vangelo si rivolgeva ai nuovi
popoli. L'eremita Ercolano insegnò a pregare nella pace e nel silenzio, la
mortificazione come fatica per sottrarsi al costume edonistico e pagano del
secolo e fu maestro autorevole nella fede e nelle opere. Attivo e allo stesso
tempo contemplativo, il vescovo Ercolano fu amato e stimato dagli abitanti
rivieraschi non solo in vita, ma cnhe nei secoli successivi: si narra ad esempio,
che nel 1768, dopo una miracolosa pesca di ben 2916 carpioni, durante la S.
Messa commemorativa del 12 Agosto, tutti i pescatori della zona osannarono al
patrono dei pescatori del lago di Garda
Tutti
gli abitanti del piccolo centro e dei dintorni, pescatori e dei barcaioli che
vivevano a Campione e che approdavano ogni giorno con le loro imbarcazioni al
piccolo porto, ritenevano il santo loro amico e unica guida e immancabile
sostegno. Ercolano, ritirato nella sua grotta, praticava lunghi digiuni che preoccupavano
ernormemente i fedeli, i quali si chiedevano come potesse resistere. Molto
spesso i suoi amici pescatori gli portavano i migliori pesci delle loro
abbondanti "pescate" e l'eremita, accolte volentieri le offerte,
puntualmente le distribuiva ai poveri abitatori di quelle rupi poco ospitali e
di scarsissimo raddito. Presagento prossima la sua fine, Ercolano andò a
trovare un suo amico barcaiolo per chiedergli una barca in prestito. "Per
farne?" chiese l'amico. "Quanto prima, appena il buon Dio me lo
comanderà, abbandonerò questo lembo di terra, per portarmi verso lidi più ampi
e verso il sole". Evidentemente voleva accennare alla sua morte; ma i lidi
più ampi ed il sole, oltre al cielo, volevano significare l'ampio golfo di
Maderno, entro il quale il suo corpo avrebbe trovato degno ricovero. La barca
fu concessa e fu la stessa che portò il Santo, morto, attraverso il lago sulla
spiaggia naturale della piazza di Maderno.
Senz'altro
le reliquie del Santo giunsero a noi con mezzi di imbarcazioni. Gli abitanti di
allora non potevano certo trasportarle per sentieri alpestri, scoscesi e
tortuosi, quando la via del lago si presentava più facile. Ma ecco una notizia
sorprendente: nel calendario dei Santi, compilato a Trento nel 1022 per ordine
del vescovo Ulderico II, leggiamo quanto segue: “12 agosto, anniversario di S.
Ercolano confessore (della fede) e vescovo che è sepolto a Maderno”. Da questa
fonte storica possiamo stabilire che le Reliquie del nostro Santo erano in
Maderno già nel 1022. Quindi è probabile che la prima translazione delle
Reliquie di S. Ercolano, da Campione a Maderno, sia avvenuta negli anni che
vanno dal 958 al 1022.
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