Santa Sabina
martire a Roma e si fa memoria anche della sua ancella Serapia martire
Tratto dal quotidiano Avvenire
Patrizia
romana del II secolo, uccisa in spregio alla fede allo stesso modo: decapitata.
Nella sua «Passione» si legge che era una nobile pagana, moglie del senatore
Valentino, convertitasi al cristianesimo per influenza dell’ancella Serapia.
Con lei di notte scendeva nelle catacombe, dove i cristiani si riunivano
clandestinamente per sfuggire alle persecuzioni imperiali. Quando Serapia venne
catturata e bastonata a morte, anche Sabina venne allo scoperto subendo il
martirio intorno all’anno 120. Le reliquie delle due martiri, insieme a quelle
di Alessandro, Evenzio e Teodulo si trovano nella basilica di Santa Sabina
all’Aventino, fondata nel 425 da Pietro d’Illiria, sui resti di un antico
«Titulus Sabinae» (forse la santa, oltre che patrona, ne fu fondatrice e
protettrice). San Domenico vi fondò il suo ordine nel 1219. Si può ancora
vedere la sua cella, trasformata in cappella. Nel chiostro del convento si può
ammirare l’arancio che il santo avrebbe piantato alla fondazione dei
Predicatori. Anche uno dei più celebri figli dei Domenicani, san Tommaso, ha
insegnato in questo convento. Santa Sabina viene raffigurata con libro, palma e
corona. Con questi ultimi due attributi compare in una delle sue prime
rappresentazioni (VI secolo) nella chiesa di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna.
Tratto
da
http://www.lastampa.it/2013/08/29/vaticaninsider/santa-sabina-RCXZSAx25Wf6zgY8xdKUoL/pagina.html
Morta
nel II secolo
Subisce il martirio a Roma sotto Adriano. E con Serapia: entrambe sono conosciute attraverso una “Passio” leggendaria. Si narra che Serapia, oriunda di Antiochia, sarebbe schiava della vedova matrona Sabina di Vinsena presso Terni. E la schiava convertirebbe al cristianesimo la padrona. E per questo verrebbe decapitata; un mese dopo anche Sabina farebbe la stessa fine, e verrebbe deposta presso Serapia.
Le due salme sarebbero trasferite a Roma all'inizio del IX secolo: risulta – il nome Sabina - dall’iscrizione sul sarcofago in cui papa Eugenio II (823) raccoglie le reliquie dei martiri nomentani. Le reliquie di santa Sabina sono nella basilica di Santa Sabina sull'Aventino, edificata nel 425 da Pietro d'Illiria.
Subisce il martirio a Roma sotto Adriano. E con Serapia: entrambe sono conosciute attraverso una “Passio” leggendaria. Si narra che Serapia, oriunda di Antiochia, sarebbe schiava della vedova matrona Sabina di Vinsena presso Terni. E la schiava convertirebbe al cristianesimo la padrona. E per questo verrebbe decapitata; un mese dopo anche Sabina farebbe la stessa fine, e verrebbe deposta presso Serapia.
Le due salme sarebbero trasferite a Roma all'inizio del IX secolo: risulta – il nome Sabina - dall’iscrizione sul sarcofago in cui papa Eugenio II (823) raccoglie le reliquie dei martiri nomentani. Le reliquie di santa Sabina sono nella basilica di Santa Sabina sull'Aventino, edificata nel 425 da Pietro d'Illiria.
Tratto
da
http://www.webalice.it/santa.sabina/Varie/StoriaSSabina.pdf
S. Sabina fu una patrizia romana del II secolo, che subì
il martirio intorno
all’anno 120. Nella sua “passione” si legge che era
una nobile pagana, vedova del senatore Valentino, convertitasi al cristianesimo
per l’influenza dell’ancella Serapia.
Con lei di notte scendeva nelle catacombe, dove i cristiani si riunivano clandestinamente per sfuggire alle persecuzioni
imp eriali, Quando vennero scoperte vennero uccise ambedue a distanza di un
mese a moti
vo della loro fede : Serapia il 29
luglio, Sabina il 29 agosto per ordine del
prefettoErpidio.
Le reliquie delle due martiri, insieme a quelle di Alessandrino, Evenzio e Teodulo si trovano
nella basilica di Santa Sabina all’Aventino
(Roma), fondata nel 425 da Pietro
d’Illiria, sui resti di un antico “Titulus Sabinae”
(forse la santa, oltre che patrona, ne
fu fondatrice e protettrice
Santa Sabina viene raffigurata con libro, palma e
corona, con questi due ultimi attributi compare in una delle sue prime
rappresentazioni (VI secolo) nella chiesa di +Sant’Apollinare Nuova a Ravenna.
Santa
Candida asceta e martire venerata a Roma
Tratto
da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/95561
È
venerata in Roma nella chiesa di Santa Prassede, dove il suo corpo fu
trasferito dal papa Pasquale I (817-24).
Il suo nome figura in un'epigrafe redatta mentre il papa era ancora vivo, insieme con quelli di altri martiri ivi sepolti. È commemorata il 29 agosto. Non si sa se fosse nativa di Roma, né se sia da identificare con sante omonime della stessa città.
La precedente edizione del Martirologio romano recitava: "Romae sanctae Candidae, Virginis et Martyris; cujus corpus beatus Paschalis Primus Papa in Ecclesiam sanctae praxedis transtulit".
Il suo nome figura in un'epigrafe redatta mentre il papa era ancora vivo, insieme con quelli di altri martiri ivi sepolti. È commemorata il 29 agosto. Non si sa se fosse nativa di Roma, né se sia da identificare con sante omonime della stessa città.
La precedente edizione del Martirologio romano recitava: "Romae sanctae Candidae, Virginis et Martyris; cujus corpus beatus Paschalis Primus Papa in Ecclesiam sanctae praxedis transtulit".
Santo
Eutimio morto in pace a Perugia
Tratto
da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/90516
Sant'Eutimio
onorato a Perugia, dove egli si sarebbe rifugiato, da Roma, durante la
persecuzione di Diocleziano. Portò con sé la moglie e il figlio Crescenzio, e
fu proprio a Perugia che l'intera famiglia, cristiana di sentimenti, ricevette
il Battesimo da parte del presbitero Pimerio, il quale sarebbe morto Martire
durante la persecuzione di Giuliano l'Apostata.
A Perugia, Eutimio mori in pace, e venne sepolto dal figlio. Non si sa perciò a qual titolo venga onorato come Santo, dato che non fu Martire, se non per una temporanea prigionia. Più celebre di lui fu il figlio, Crescenzio, il quale, secondo la passio, tornò a Roma e cadde sotto i rigori della persecuzione, benché avesse soltanto undici anni.
La sua sepoltura fu lungo la Via Salaria, visitata e venerata dai pellegrini del Medioevo. Nel 1058, una parte delle sue reliquie venne trasferita a Siena, dove la devozione per il giovanissimo Martire Crescenzio ebbe, nei secoli successivi, accenti di grande popolarità, così che la città toscana può essere considerata come la seconda patria di questo Santo romano, come l'etrusca e augustea Perugia fu la seconda patria del padre di lui, Eutimio, morto in pace, ma considerato degno degli onori della santità anche per i meriti del figlio Martire.
A Perugia, Eutimio mori in pace, e venne sepolto dal figlio. Non si sa perciò a qual titolo venga onorato come Santo, dato che non fu Martire, se non per una temporanea prigionia. Più celebre di lui fu il figlio, Crescenzio, il quale, secondo la passio, tornò a Roma e cadde sotto i rigori della persecuzione, benché avesse soltanto undici anni.
La sua sepoltura fu lungo la Via Salaria, visitata e venerata dai pellegrini del Medioevo. Nel 1058, una parte delle sue reliquie venne trasferita a Siena, dove la devozione per il giovanissimo Martire Crescenzio ebbe, nei secoli successivi, accenti di grande popolarità, così che la città toscana può essere considerata come la seconda patria di questo Santo romano, come l'etrusca e augustea Perugia fu la seconda patria del padre di lui, Eutimio, morto in pace, ma considerato degno degli onori della santità anche per i meriti del figlio Martire.
Santo
Alberico eremita in Emilia Romagna
Tratto
dal quotidiano Avvenire
Vissuto
nella prima metà del XI secolo, Alberico apparteneva a una nobile famiglia di
Ravenna. Da giovane si votò a una vita eremitica fatta di rigorosa penitenza,
preghiera e contemplazione, dimorando a Valle Sant'Anastasio presso San Marino.
Poi visse nell'eremo di Ocri, in diocesi di Cesena-Sarsina, eretto da san Pier
Damiani, e da qui passò a condurre una vita ascetica in una località detta
Balze, situata in una gola sul Monte Fumaiolo. Morì intorno al 1050. L'eremo
che prese il nome di «Celle di Sant'Alberico» fu abitato dagli eremiti
camaldolesi. Il santo è invocato dai pellegrini che salgono all'eremo contro le
malattie addominali e le ernie dei bambini. La prima memoria certa del suo
culto risale al 1300 quando, nel timore che i fiorentini potessero
impossessarsi del corpo, fu trasferito nella chiesa dell'abbazia benedettina di
Valle Sant'Anastasio. Casualmente ritrovato nel 1640, fu collocato in un nuovo
altare dedicato al santo dove si trova tuttora.
TRATTO
DA
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91843
l
suo nome si perpetua soprattutto per l’esistenza del suo antico eremo, ancora
oggi funzionante, che prese appunto il nome di Sant’Alberico. Pochissimo
sappiamo della sua vita, vissuto nella prima metà del sec. XI, secondo la
tradizione Alberico appartenne ad una nobile e ricca famiglia di Ravenna.
Da giovane si votò ad una vita eremitica fatta di rigorosa penitenza, preghiera e contemplazione, dimorando a Valle Sant’Anastasio presso San Marino; in questo luogo, si racconta, che fece scaturire una fonte di acque salutari, tuttora esistente.
Poi abitò per qualche tempo nell’eremo di Ocri in diocesi di Sarsina (Forlì), eretto da s. Pier Damiani (1007-1072); da qui passò a condurre sempre una vita eremitica, in una località detta Balze, situata in una profonda gola a m. 1147 sul Monte Fumaiolo, che dipendeva dal monastero di S. Giovanni Battista, sempre nella diocesi di Sarsina; appartenente all’Ordine Camaldolese, fondato da s. Romualdo (952-1027).
Qui visse in perfetta solitudine per molti anni, finché lo colse la morte verso il 1050; l’eremo che poi prese il nome di “Celle di s. Alberico”, dopo la sua morte fu abitato da più eremiti dell’Ordine Camaldolese, sotto la giurisdizione del già citato monastero, che ne tenne la proprietà fino al 1821; fu poi venduto a dei privati e dopo nel 1872, fu ceduto alla Diocesi di Sarsina.
La prima memoria certa del suo culto risale al 1300, quando nel timore che i Fiorentini potessero impossessarsi del corpo, questo fu trasferito di nascosto nella chiesa dell’abbazia benedettina di Valle Sant’Anastasio e tumulato in una parete.
Casualmente fu ritrovato nel 1640 dal vescovo Consalvo Durante ed esposto alla venerazione dei fedeli nell’altare della Madonna del Rosario.
Un altro vescovo Bernardino Bellucci, nel 1698 lo fece collocare in un nuovo altare dedicato appunto a S. Alberico, dov’è tuttora.
Il santo eremita, che già in vita operava molti prodigi, è invocato dai pellegrini che salgono all’Eremo, contro le malattie addominali e le ernie dei bambini. In questi secoli è continuato l’avvicendarsi degli eremiti, che sia pure a fasi alterne, hanno fatto funzionare l’eremo e la chiesetta annessa, accogliendo ed assistendo i pellegrini devoti del santo. S. Alberico è celebrato il 29 agosto, come data probabile della sua morte
Da giovane si votò ad una vita eremitica fatta di rigorosa penitenza, preghiera e contemplazione, dimorando a Valle Sant’Anastasio presso San Marino; in questo luogo, si racconta, che fece scaturire una fonte di acque salutari, tuttora esistente.
Poi abitò per qualche tempo nell’eremo di Ocri in diocesi di Sarsina (Forlì), eretto da s. Pier Damiani (1007-1072); da qui passò a condurre sempre una vita eremitica, in una località detta Balze, situata in una profonda gola a m. 1147 sul Monte Fumaiolo, che dipendeva dal monastero di S. Giovanni Battista, sempre nella diocesi di Sarsina; appartenente all’Ordine Camaldolese, fondato da s. Romualdo (952-1027).
Qui visse in perfetta solitudine per molti anni, finché lo colse la morte verso il 1050; l’eremo che poi prese il nome di “Celle di s. Alberico”, dopo la sua morte fu abitato da più eremiti dell’Ordine Camaldolese, sotto la giurisdizione del già citato monastero, che ne tenne la proprietà fino al 1821; fu poi venduto a dei privati e dopo nel 1872, fu ceduto alla Diocesi di Sarsina.
La prima memoria certa del suo culto risale al 1300, quando nel timore che i Fiorentini potessero impossessarsi del corpo, questo fu trasferito di nascosto nella chiesa dell’abbazia benedettina di Valle Sant’Anastasio e tumulato in una parete.
Casualmente fu ritrovato nel 1640 dal vescovo Consalvo Durante ed esposto alla venerazione dei fedeli nell’altare della Madonna del Rosario.
Un altro vescovo Bernardino Bellucci, nel 1698 lo fece collocare in un nuovo altare dedicato appunto a S. Alberico, dov’è tuttora.
Il santo eremita, che già in vita operava molti prodigi, è invocato dai pellegrini che salgono all’Eremo, contro le malattie addominali e le ernie dei bambini. In questi secoli è continuato l’avvicendarsi degli eremiti, che sia pure a fasi alterne, hanno fatto funzionare l’eremo e la chiesetta annessa, accogliendo ed assistendo i pellegrini devoti del santo. S. Alberico è celebrato il 29 agosto, come data probabile della sua morte
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