San
Nereo ed Achilleo martiri a Roma verso l’anno 95
Nereo e Achilleo, secondo la tradizione
riferita da Papa Damaso, erano due militari conquistati alla fede dalla
fortezza dei martiri cristiani. Decapitati a Roma sotto Diocleziano (304),
furono sepolti nel cimitero di Domitilla sull'Ardeatina e onorati anche in una
basilica presso le terme di Caracalla.
Martirologio Romano: Santi Néreo e
Achílleo, martiri, che, come riferisce il papa san Damaso, si erano arruolati
come soldati e, spinti da timore, erano pronti ad obbedire agli empi comandi
del magistrato, ma, convertitisi al vero Dio, gettati via scudi, armature e
lance, lasciarono l’accampamento e, confessando la fede in Cristo, godettero
del suo trionfo. In questo giorno a Roma i loro corpi furono deposti nel
cimitero di Domitilla sulla via Ardeatina.
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/27150
Tutte le strade portano a Roma, dice un
proverbio, e da Roma partono alcune delle più celebri vie del mondo. Su due di esse, verso sud-est e ovest,
l’Ardeatina e l’Aurelia, ricevettero degna sepoltura i santi martiri Nereo ed
Achilleo, nonché Pancrazio. Nonostante siano ricordati tutti e tre al 12
maggio, il loro culto è sempre stato separato e le loro memorie liturgiche
vengono celebrate separatamente con formulari propri secondo l’antica
tradizione romana.
Il documento più antico sui santi Nereo ed Achilleo, martiri romani, è l’epigrafe scritta in loro onore da papa San Damaso nel IV secolo. La testimonianza di numerosi pellegrini ne ha tramandato il contenuto prima che essa venisse distrutta. L’archeologo Giovanni Battista De Rossi nel XIX secolo ne ha rimesso insieme i frammenti: “I martiri Nereo e Achilleo si erano arruolati nell’esercito ed eseguivano gli ordini di un tiranno, ed erano sempre pronti, sotto la pressione della paura, ad obbedire alla sua volontà. O miracolo di fede! Improvvisamente cessò la loro furia, si convertirono, fuggirono dal campo del tiranno malvagio, gettarono via gli scudi, l’armatura e i giavellotti lordi di sangue. Confessando la fede di Cristo gioirono nell’unire la loro testimonianza al suo trionfo. Impariamo dalle parole di Damaso quali cose grandi opera la gloria di Cristo”.
Pare dunue certo che fossero pretoriani e che, più o meno improvvisamente, abbiano deciso di convertirsi al cristianesimo, pagando con il loro sangue la loro fede. Nel 1874 il De Rossi scoprì le loro tombe vuote ed una scultura contemporanea in una chiesa sotterranea fatta edificare da papa Silicio nel 390. Il loro sepolcro consisteva in una tomba di famiglia, situata nel cosiddetto cimitero di Domitilla, come sarà denominato più tardi. Intorno al Seicento San Gregorio Magno pronunciò una solenne omelia a loro dedicata: “Questi santi, davanti ai quali siamo radunati, odiarono il mondo e lo calpestarono sotto i propri piedi quando la pace, le ricchezze e la salute esercitavano il loro fascino”.
La chiesa venne ricostruita nel IX secolo da papa Leone III, ma era nuovamente in rovina quando il Cardinal Baronio, famoso studioso oratoriano del XVI secolo, la fece restaurare per traslarvi le reliquie dei due santi, che erano state trasferite in Sant’Adriano.
I loro “Acta” leggendari hanno ben poca credibilità e paiono essere stati scritti onde giustificare la presenza delle loro reliquie nel cimitero di Domitilla: a tal fine si cercò infatti di legare la vicenda del loro martirio a quella della santa nipote dell’imperatore Domiziano. Secondo tali resoconti furono esiliati insieme sull’isola di Terracina: Nereo ed Achilleo venero poi decapitati, mentre Domitilla fu arsa viva, essendosi rifiutata di sacrificare agli idoli.
Il documento più antico sui santi Nereo ed Achilleo, martiri romani, è l’epigrafe scritta in loro onore da papa San Damaso nel IV secolo. La testimonianza di numerosi pellegrini ne ha tramandato il contenuto prima che essa venisse distrutta. L’archeologo Giovanni Battista De Rossi nel XIX secolo ne ha rimesso insieme i frammenti: “I martiri Nereo e Achilleo si erano arruolati nell’esercito ed eseguivano gli ordini di un tiranno, ed erano sempre pronti, sotto la pressione della paura, ad obbedire alla sua volontà. O miracolo di fede! Improvvisamente cessò la loro furia, si convertirono, fuggirono dal campo del tiranno malvagio, gettarono via gli scudi, l’armatura e i giavellotti lordi di sangue. Confessando la fede di Cristo gioirono nell’unire la loro testimonianza al suo trionfo. Impariamo dalle parole di Damaso quali cose grandi opera la gloria di Cristo”.
Pare dunue certo che fossero pretoriani e che, più o meno improvvisamente, abbiano deciso di convertirsi al cristianesimo, pagando con il loro sangue la loro fede. Nel 1874 il De Rossi scoprì le loro tombe vuote ed una scultura contemporanea in una chiesa sotterranea fatta edificare da papa Silicio nel 390. Il loro sepolcro consisteva in una tomba di famiglia, situata nel cosiddetto cimitero di Domitilla, come sarà denominato più tardi. Intorno al Seicento San Gregorio Magno pronunciò una solenne omelia a loro dedicata: “Questi santi, davanti ai quali siamo radunati, odiarono il mondo e lo calpestarono sotto i propri piedi quando la pace, le ricchezze e la salute esercitavano il loro fascino”.
La chiesa venne ricostruita nel IX secolo da papa Leone III, ma era nuovamente in rovina quando il Cardinal Baronio, famoso studioso oratoriano del XVI secolo, la fece restaurare per traslarvi le reliquie dei due santi, che erano state trasferite in Sant’Adriano.
I loro “Acta” leggendari hanno ben poca credibilità e paiono essere stati scritti onde giustificare la presenza delle loro reliquie nel cimitero di Domitilla: a tal fine si cercò infatti di legare la vicenda del loro martirio a quella della santa nipote dell’imperatore Domiziano. Secondo tali resoconti furono esiliati insieme sull’isola di Terracina: Nereo ed Achilleo venero poi decapitati, mentre Domitilla fu arsa viva, essendosi rifiutata di sacrificare agli idoli.
Tratto da
http://digilander.libero.it/gogmagog1/Santi/nereo-achilleo.htm
Nereo
ed Achilleo, santi, martiri, venerati a Roma, i resti, unitamente a
quelli di Flavia Domitilla, erano nella confessione della chiesa a loro
intitolata. Traslati da S. Adriano dal cardinale Baronio il 12 maggio 1597,
vennero trafugati intorno al 1870. Sempre nel 1597 le teste furono donate a S.
Maria in Vallicella che le esponeva al culto dei fedeli. Nella sagrestia di
questa chiesa vi sono due grandi reliquiari in bronzo dorato. In uno, sono
conservate le reliquie della testa di S. Nereo e S. Gerardo, nell’altro,
quelle di Achilleo e di S. Restituta. Nereo ed Achilleo, soldati
martirizzati alla fine del III secolo, ebbero subito un grande culto. Papa
Damaso (336-384) depose una lapide sulla tomba, allora posta nella basilica a
loro dedicata nel cimitero di Domitilla sulla via Ardeatina. Nel VI secolo
furono trasformati da una fantasiosa Passio in eunuchi al servizio di Flavia
Domitilla. M.R.: 12 maggio - A Roma, sulla via Ardeatina i santi Martiri
Nereo ed Achilleo fratelli, i quali prima con Flavia Domitilla, di cui erano
eunuchi, soffrirono per Cristo un lungo esilio nell'isola Ponza; ma poi furono
tormentati con gravissime battiture; quindi, essendo da Minuzio Rufo Consolare
coll'eculeo e colle fiamme stimolati a sacrificare agli idoli, e rispondendo
che, battezzati dal beato Pietro Apostolo, non potevano in alcun modo
acconsentire, furono decapitati. Le loro sacre reliquie, assieme a quelle di
Flavia Domitilla, dalla Diaconia di sant'Adriano furono solennemente
trasferite, nel giorno precedente, al loro antico Titolo di nuovo restaurato,
dove una volta riposte si conservano, per ordine del Papa Clemente ottavo, il
quale poi stabilì che oggi si celebrasse pura la festa della stessa beata
Domitilla Vergine, la cui passione si commemora il 7 maggio.
Tratto da
http://www.treccani.it/enciclopedia/nereo-e-achilleo-santi_%28Enciclopedia-Italiana%29/
NEREO
e ACHILLEO, santi. - La storia di questi martiri romani è narrata da
Damaso I in otto esametri, che un tempo ornavano il loro sepolcro. N. e A.
erano militari e a servizio di un tiranno infesto ai cristiani. Ma un giorno si
convertono, abbandonano le armi, confessano la fede di Cristo, e riportano la
palma del martirio. Quando siano stati martirizzati, non si sa; ma non pare
lecito risalire al di là delle grandi persecuzioni del sec. III.
La Passio sanctorum Nerei et Achillei, composta nella prima metà del sec. V e più tardi tradotta anche in greco, assegna questi martiri all'impero di Domiziano. Ma l'autore di codesta bizzarra leggenda, il quale, contro la testimonianza esplicita del papa Damaso, fa dei due soldati due eunuchi di Flavia Domitilla battezzati da S. Pietro, non merita nessuna fede. Sicurissimo è il luogo in cui essi ricevettero sepoltura sulla Via Ardeatina, nel cimitero di Domitilla, là dove se ne celebrava la festa il 12 maggio, come c'insegna il Martirologio Geronimiano. Riposavano i sacri corpi sotto l'altare di una basilica eretta colà, secondo ogni apparenza, dal papa Siricio (384-398), immediato successore di Damaso, restaurata nel sec. VI da Giovanni I (523-526).
Tra le rovine di questa basilica, ritrovata da G. B. de Rossi nel 1873, tornarono in luce due frammenti del carme damasiano sopra ricordato, e una delle quattro colonnine che sostennero il ciborio dell'altare. Su tale colonnina una rozza mano del secolo IV-V scolpì il martire Achilleo (ACILLEUS), ferito dal carnefice dinnanzi a una croce laureata. La basilica e la tomba furono molto frequentate nel Medioevo. Quando il papa Paolo I (757-767) trasferì al Vaticano le reliquie di S. Petronilla, sepolta presso N. e A., pare lasciasse questi ultimi nel loro luogo primitivo.
Non si sa donde provenissero le reliquie che nel 1213 furono deposte - come dei due martiri - in S. Adriano al Foro, e che nel 1597 il cardinale Baronio fece trasportare, con pompa trionfale, all'antichissimo titolo de fasciola o sanctorum Nerei et Achillei, in Via Nova, presso le terme di Caracalla.
La Passio sanctorum Nerei et Achillei, composta nella prima metà del sec. V e più tardi tradotta anche in greco, assegna questi martiri all'impero di Domiziano. Ma l'autore di codesta bizzarra leggenda, il quale, contro la testimonianza esplicita del papa Damaso, fa dei due soldati due eunuchi di Flavia Domitilla battezzati da S. Pietro, non merita nessuna fede. Sicurissimo è il luogo in cui essi ricevettero sepoltura sulla Via Ardeatina, nel cimitero di Domitilla, là dove se ne celebrava la festa il 12 maggio, come c'insegna il Martirologio Geronimiano. Riposavano i sacri corpi sotto l'altare di una basilica eretta colà, secondo ogni apparenza, dal papa Siricio (384-398), immediato successore di Damaso, restaurata nel sec. VI da Giovanni I (523-526).
Tra le rovine di questa basilica, ritrovata da G. B. de Rossi nel 1873, tornarono in luce due frammenti del carme damasiano sopra ricordato, e una delle quattro colonnine che sostennero il ciborio dell'altare. Su tale colonnina una rozza mano del secolo IV-V scolpì il martire Achilleo (ACILLEUS), ferito dal carnefice dinnanzi a una croce laureata. La basilica e la tomba furono molto frequentate nel Medioevo. Quando il papa Paolo I (757-767) trasferì al Vaticano le reliquie di S. Petronilla, sepolta presso N. e A., pare lasciasse questi ultimi nel loro luogo primitivo.
Non si sa donde provenissero le reliquie che nel 1213 furono deposte - come dei due martiri - in S. Adriano al Foro, e che nel 1597 il cardinale Baronio fece trasportare, con pompa trionfale, all'antichissimo titolo de fasciola o sanctorum Nerei et Achillei, in Via Nova, presso le terme di Caracalla.
Bibl.:
Acta Sanctorum, Maggio, III, p. 4 segg.; Tillemont, Mémoires pour
servir à l'histoire ecclésiastique, II, Venezia 1732, p. 127 seg.; H.
Achelis, Acta Ss. Nerei et Achillei, in Texte und Untersuchungen,
XI, ii, Lipsia 1893; P. Allard, Histoire des persécutions, I, 2ª ed.,
Parigi 1892, p. 170 segg.; A. Dufourcq, Étude sur le gesta martyrum romains,
I, Parigi 1900, p. 305 segg.; A. Ehrard, Die altchristliche Litteratur und
ihre Erforschung, Friburgo in B. 1900, p. 565 segg.; H. Delehaye, Les
origines du culte des martyrs, 2ª ed., Bruxelles 1933, p. 287 seg. -
Sull'epigramma damasiano, G. B. de Rossi, Bulletino di archeologia cristiana,
1874, p. 20 segg.; K. Weyman, Vier Epigramme des hl. Papstes Damasus I,
Monaco 1905, p. 22 segg; P. Franchi de' Cavalieri, I santi N. ed A.
nell'epigramma damasiano, Roma 1909 (Note agiografiche, fasc. 3, in Studi
e Testi della Bibl. Vat., XXII, p. 43 segg.). - Sulla basilica della Via
Ardeatina, G. B. de Rossi, Bull. di arch. crist., 1874, p. 5 segg.;
1875, p. 49 segg.; 1879, p. 91 segg.; O. Marucchi, Roma sotterranea
cristiana, n. s., I, Roma 1914, fasc. 2°, p. 107 segg.; H. Leclercq, in Dictionnaire
des antiquités chrétiennes, s. v. Domitille (cimitière de),
col. 1409 segg. - Sul titolo de fasciola, M. Armellini, Le chiese di
Roma, 2ª ed., Roma 1891, p. 591; J. P.Kirsch, Die röm. Titelkirchen im
Altertum, Paderborn 1918, p. 90 segg.; F. Lanzoni, I titoli presbiterali
di Roma antica, in Rivista di archeol. crist., 2, 1925, p. 254 seg.;
Chr. Huelsen, Le chiese di Roma nel Medioevo, Firenze 1927, p. 388 seg.
Santo Crispolito vescovo e martire con sua sorella Santa Tutela e Santo
Baronzio a Bettona in Umbria (tra il 285
e il 305)
La
tradizione narra che Crispolito, oriundo di Gerusalemme, fu
mandato da san Pietro a predicare il Vangelo in Italia. Giunto a Bettona
(Umbria), operò anche dei miracoli e fu consacrato vescovo da san Brizio. Arrestato
dai soldati dell'imperatore Massimiano, fu ucciso tra aspri tormenti. Sua
sorella Tutela,insieme con altre dodici donne, voleva seppellire il suo corpo e
quelo di un certo Baronzio, ucciso con lui, ma furono arrestate e anch'esse
uccise.
Tratto
da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/90901
La
città di Bettona in Umbria, ha come patrono il santo vescovo e martire
Crispolto (Crispolito) che si celebra il 12 maggio, con grande partecipazione
di fedeli provenienti anche da paesi vicini.
Secondo una ‘passio’ del sec. XII, abbastanza favolosa, egli sarebbe stato oriundo di Gerusalemme e fu mandato da s. Pietro in Italia a predicare il Vangelo, giunto a Bettona operò dei miracoli e quindi venne consacrato vescovo da Brizio, il quale era vescovo di Massa Martana e secondo altri di Spoleto e altre città umbre.
Crispolto si mise a predicare, arrestato dai soldati dell’imperatore Massimiano (250-310), fu condotto dal prefetto Asterio, invitato a sacrificare agli dei e al suo rifiuto, fu ucciso dopo aspri tormenti. Insieme a lui fu ucciso Baronzio, condannato alla decapitazione.
Il racconto prosegue con la sorella di Crispolto, Tutela che con altre dodici donne voleva seppellire i corpi dei due martiri, ma furono tutte arrestate e dopo il loro rifiuto a sacrificare, furono uccise. Il loro martirio sarebbe avvenuto un 12 maggio.
In onore di Crispolto fu poi edificato una chiesa dedicata alla Madonna; nel luogo del martirio, esistono tuttora i resti dell’antico monastero benedettino di s. Crispolto (Crispolito) ricordato già nel 1018 in un antico documento dell’archivio della cattedrale di Assisi.
I fedeli di Bettona, volendo avere il corpo del santo vescovo e martire dentro le mura della città, costruirono nel sec. XIII, una grande chiesa in suo onore, che fu consacrata dal vescovo Guido nel 1225. Detta chiesa nel 1256, passò dai benedettini ai francescani che la restaurarono nel 1266 e poi nel 1797.
Le reliquie del martire e patrono della città, riposano in un’urna nella cappella di sinistra; la chiesa porta il titolo di S. Maria Maggiore.
Secondo una ‘passio’ del sec. XII, abbastanza favolosa, egli sarebbe stato oriundo di Gerusalemme e fu mandato da s. Pietro in Italia a predicare il Vangelo, giunto a Bettona operò dei miracoli e quindi venne consacrato vescovo da Brizio, il quale era vescovo di Massa Martana e secondo altri di Spoleto e altre città umbre.
Crispolto si mise a predicare, arrestato dai soldati dell’imperatore Massimiano (250-310), fu condotto dal prefetto Asterio, invitato a sacrificare agli dei e al suo rifiuto, fu ucciso dopo aspri tormenti. Insieme a lui fu ucciso Baronzio, condannato alla decapitazione.
Il racconto prosegue con la sorella di Crispolto, Tutela che con altre dodici donne voleva seppellire i corpi dei due martiri, ma furono tutte arrestate e dopo il loro rifiuto a sacrificare, furono uccise. Il loro martirio sarebbe avvenuto un 12 maggio.
In onore di Crispolto fu poi edificato una chiesa dedicata alla Madonna; nel luogo del martirio, esistono tuttora i resti dell’antico monastero benedettino di s. Crispolto (Crispolito) ricordato già nel 1018 in un antico documento dell’archivio della cattedrale di Assisi.
I fedeli di Bettona, volendo avere il corpo del santo vescovo e martire dentro le mura della città, costruirono nel sec. XIII, una grande chiesa in suo onore, che fu consacrata dal vescovo Guido nel 1225. Detta chiesa nel 1256, passò dai benedettini ai francescani che la restaurarono nel 1266 e poi nel 1797.
Le reliquie del martire e patrono della città, riposano in un’urna nella cappella di sinistra; la chiesa porta il titolo di S. Maria Maggiore.
Santo Pancrazio
ragazzo di anni 14 e suo zio paterno Santo Dionisio martiri a Roma tra il 293 e il 304
Tratto da
quotidiano Avvenire
a storia di san Pancrazio, morto in
giovane età sotto Diocleziano, è stata arricchita di tanti elementi leggendari
dalla sua tardiva «Passio» che è ben difficile isolare le reali vicende
storiche di questo che è stato uno dei santi più popolari non solo a Roma e in
Italia, ma anche all’estero: è patrono dei Giovani di Azione Cattolica. A lui
sono stati dedicati chiese e monasteri: quello di Roma venne fondato da san
Gregorio Magno e quello di Londra da sant’Agostino di Canterbury. Il suo
sepolcro si trova a Roma nel cimitero di Ottavilla al secondo miglio della via
Aurelia, dove Papa Simmaco costruì una basilica in suo onore. (Avvenire)
Martirologio
Romano San Pancrazio, martire, che, si
dice sia morto ancora adolescente per la fede in Cristo a Roma al secondo
miglio della via Aurelia; presso il suo sepolcro il papa san Simmaco innalzò
una celebre basilica e il papa Gregorio Magno vi convocò frequentemente il
popolo, perché da quel luogo ricevesse testimonianza del vero amore cristiano.
In questo giorno si celebra la sua deposizione.
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/27200
San Pancrazio nacque verso la fine
dell’anno 289 dopo Cristo presso Sinnada, cittadina della Frigia, provincia
consolare dell’Asia Minore. I suoi ricchi genitori erano di origine romana: la
madre Ciriada morì nel parto, mentre il padre Cleonia lo lasciò orfano all'età
di otto anni, affidandolo però allo zio Dionisio perché ne curasse l’educazione
e l’amministrazione dei beni. Entrambi, Pancrazio e Dionisio, si trasferirono a
Roma per risiedere nella loro villa patrizia sul Monte Celio. Qui vennere a
contatto con la comunità cristiana di Roma e chiesero di poter essere iniziati
alla fede. La scoperta di Dio e di Cristo infiammò a tal punto il cuore del
giovane e dello zio, che i due chiesero in breve tempo il Battesimo e
l’Eucaristia. Scoppiò nel frattempo la feroce persecuzione di Diocleziano, era
l’anno 303 d.C., ed il terrore dalle province dell’impero giunse sino a Roma,
falciando inesorabilmente ogni persona che avesse negato l’incenso agli dèi
romani o il riconoscimento della divinità dell’imperatore. Anche Pancrazio fu
chiamato a sacrificare, per esprimere la sua fedeltà a Diocleziano, ma
rifiutandosi fermamente fu allora condotto dinnanzi all’imperatore stesso per
essere giudicato. Diocleziano, sorpreso “dall’avvenenza giovanile e bellezza di
lui, adoperò ogni arte di promesse e minacce per fargli abbandonare la fede di
Gesù Cristo” (da un manoscritto conservato nella Basilica di San Pancrazio). La
costanza della fede di Pancrazio meravigliò l’imperatore e tutti i cortigiani
presenti all’interrogatorio, suscitando allo stesso tempo lo sdegno
dell’imperatore che non esitò ad ordinare la decapitazione dell’intrepido
giovane. Condotto fuori Roma, sulla via Aurelia, mentre il sole al tramonto
tingeva di purpureo quella sera del 12 maggio 304 e le tenebre scendevano fitte
sul tempio di Giano, Pancrazio porse la testa al titubante carnefice,
riconsegnando così la propria vita a Dio.
Consumatosi così il martirio del ragazzo, Ottavilla, illustre matrona romana, raccolse il capo ed il corpo, li unse con balsami, li avvolse in preziosi lini e li depose in un sepolcro nuovo, appositamente scavato nelle già esistenti Catacombe del suo predio. Sul luogo del martirio leggiamo ancora oggi: “Hic decollatus fuit Sanctus Pancratius” (Qui fu decollato San Pancrazio). In seguito il capo del martire fu posto nel prezioso reliquiario che ancor oggi si venera nella Basilicali San Pancrazio. I resti del corpo del piccolo martire, invece, sono conservano nell’urna posta sotto l’altare maggiore insieme alle reliquie di altri martiri.
Consumatosi così il martirio del ragazzo, Ottavilla, illustre matrona romana, raccolse il capo ed il corpo, li unse con balsami, li avvolse in preziosi lini e li depose in un sepolcro nuovo, appositamente scavato nelle già esistenti Catacombe del suo predio. Sul luogo del martirio leggiamo ancora oggi: “Hic decollatus fuit Sanctus Pancratius” (Qui fu decollato San Pancrazio). In seguito il capo del martire fu posto nel prezioso reliquiario che ancor oggi si venera nella Basilicali San Pancrazio. I resti del corpo del piccolo martire, invece, sono conservano nell’urna posta sotto l’altare maggiore insieme alle reliquie di altri martiri.
Santo
Filippo di Agira in Sicilia chiamato il Cacciaspiriti
San Filippo di Agira, tra i santi
dell’Alto Medioevo dell’Italia meridionale è uno dei più popolari, è anche noto
e venerato in terra macedone nel IX secolo, in Palestina nel XI e dagl’inizi
del XIV secolo a Zebbug nell’isola di Malta. E’ detto di Agira e per
distinguerlo dagli altri santi di nome Filippo e perché svolse la sua missione
in questa cittadina del centro della Sicilia. Cittadino dell’impero bizantino,
santo italogreco, a seconda del centro in cui è venerato è inoltre
indicato come San Filippo il Costantinopolitano, il Trace, il Grande (per
distinguerlo da San Filippo diacono palermitano, detto San Filippo il Giovane
), il Siriaco, ‘u niuru (nero). Figlio di ricchi proprietari di armenti, venne
in Sicilia per incarico di un papa romano durante la diaspora dall’Oriente
verso l’Italia meridionale di monaci ed eremiti verificatisi tra VII e VIII
sec. e ha avuto da Dio il dono del miracolo e la forza di vincere le forze del
male simboleggiate dal demonio. La sua visione universale di cristianesimo, le
sue caratteristiche di vita che ci sono state tramandate, come ha
affermato San Giovanni Paolo II, lo pongono nella «lunga ieratica teoria di
uomini e donne, che» in terra di Sicilia «in mezzo a difficoltà e persecuzioni,
hanno vissuto in semplicità ed integralità il Vangelo», che non fa distinzione
alcuna tra gli uomini. Assieme a tantissimi altri santi della Magna Grecia,
Filippo di Agira è, come il patriarca ecumenico Bartolomeo I lo ha definito,
palese esempio di unità «avendo vissuto l’esperienza meravigliosa e indicibile
che la Santa Chiesa di Cristo era universalmente una ed indivisa»
Santo Leone
asceta di Calabria e sepolto nel Peloponneso a località
Ròson Choma.
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