Santa
Flavia Domitilla nipote del console Flavio Clemente, asceta e martire a Terracina
sotto Domiziano (verso il 95)
Vissuta tra il primo e il secondo
secolo, sono poche le informazioni su di lei. A parte una leggendaria Passio,
non anteriore al V secolo, sia Eusebio sia Dione Cassio raccontano che sarebbe
stata perseguitata sotto Diocleziano. Da Eusebio sappiamo che Flavia, nipote di
Flavio Clemente, uno dei consoli di Roma (95 d.C.), per la sua fede in Cristo
fu deportata a Ponza dove dovette soffrire, secondo San Girolamo, un lungo
martirio. Dione Cassio ci dice, invece, che fu moglie di Flavio Clemente e che
perse la vita per la propria fede. Una iscrizione conservata oggi nella
basilica dei Ss. Nereo e Achilleo conferma queste ultime affermazioni,
precisando che Flavia Domitilla era “neptis“ nipote di Vespasiano, padre di
Domiziano, e che fu moglie di Flavio Clemente
Martirologio Romano: A Roma, commemorazione
di santa Domitilla, martire, che, nipote del console Flavio Clemente, accusata
durante la persecuzione di Domiziano di aver rinnegato gli dèi pagani, per la
sua testimonianza di fede in Cristo fu deportata insieme ad alcuni altri
nell’isola di Ponza, dove consumò un lungo martirio.
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/52100
Eusebio di Cesarea, nella Storia
Ecclesiastica (III, 18, 4) scrive: «Tramandano che nell'anno quindicesimo di
Domiziano, Flavia Domitilla, nipote, per parte della sorella, di Flavio
Clemente, che fu allora uno dei consoli di Roma (95 d.C), insieme con numerose
altre persone fu deportata nell'isola di Ponza per avere confessato Cristo ». A
sua volta, Dione Cassio, nella Historia romana (LXVII, 13-14), afferma che
l'imperatore Domiziano « tolse la vita, con molti altri, anche a Flavio
Clemente, benché fosse suo cugino e avesse in moglie Flavia Domitilla, ella
pure sua consanguinea. Tutti e due furono accusati di ateismo, e di ciò anche altri,
sviatisi dietro le costumanze dei Giudei, ebbero condanna, chi di morte, chi di
confisca. Domitilla fu soltanto relegata nell'isola di Pandataria ».
Dai citati passi dei due storici, dunque, risulta che, sul finire del I sec, due matrone, aventi l'una e l'altra il nome di Domitilla e imparentate l'una e l'altra con la famiglia imperiale dei Flavi, furono condannate per la loro adesione alla fede cristiana. Dione Cassio, per l'esattezza, parla nei confronti della Domitilla relegata a Pandataria (oggi Ventotene), non di Cristianesimo, bensì di « ateismo », ma è noto che questa era l'accusa rivolta dagli idolatri ai primi seguaci di Cristo.
Alcuni studiosi, fra i quali il Mommsen, l'Aubé e lo Styger, ritennero di poter identificare in una sola persona le due Domitille, supponendo errori o confusioni degli storici ma, il De Rossi sostenne giustamente la diversità dei due personaggi, ristabilendo la genealogia delle loro famiglie. E questa conferma che la Domitilla citata da Eusebio, era nipote di Flavio Clemente, mentre quella ricordata da Dione Cassio era moglie del console martire, dal quale ebbe sette figli. A tal proposito, di grande importanza è l'iscrizione mutila ritrovata nel sec. XVIII nell'area del Cimitero sulla Via Ardeatina e che qui riportiamo con le integrazioni proposte dal Mommsen : « tatia baucyl (la...nu) / trix septem lib (erorum pronepotum) / divi vespasian(i filiorum FI. Clementis et) flaviae DOMiTiL(lae uxoris eius, divi) / vespasiani neptis a (ccepto loco e) / ius beneficio hocSEPULCHRU(m feci) / MEIS LIBERTIS lIBERTABUSpo (sterisque eorum). L'iscrizione, conservata oggi nella parete di fondo della basilica dei SS. Nereo e Achilleo in detto Cimitero, precisa, dunque, che Tazia Baucilla, nutrice dei sette figli di Flavio e di Flavia Domitilla, ottenne da quest'ultima il terreno per un sepolcro. Nel documento epigrafico si precisa, inoltre, che Flavia Domitilla era « neptis », cioè nipote di Vespasiano, padre di Domiziano, confermando, così, l'affermazione di Dione Cassio secondo la quale la moglie di Flavio Clemente era « consanguinea » dello stesso Domiziano.
In merito, poi, alle « confusioni » nelle quali sarebbero incorsi gli storici nell'indicare i luoghi di relegazione delle due Domitille, Umberto Fasola sottolinea che le isole di Ponza e di Ventotene erano troppo tristemente note per essere confuse l'una con l'altra. A Ponza, infatti, furono relegati le figlie di Caligola e un figlio di Germanico e a Ventotene furono confinate Giulia, figlia di Augusto, Agrippina, moglie di Germanico e Ottavia moglie di Nerone.
La venerazione per la Flavia Domitilla relegata a Ponza è antichissima: s. Girolamo (Ep. ad Eustoch. 108) dice che la vedova Paola, nel suo viaggio verso Oriente, visitò nell'isola il luogo dove la santa « longum martyrium duxerat ». Peraltro, il nome di Domitilla non figura né nella Depositio Martyrum, né nel Martirologio Geronimiano : la festa di essa, al 12 magg., non è anteriore al IX sec. e fu introdotta nei libri liturgici per influsso del Martirologio di Floro, il quale la incluse nel suo elenco probabilmente per errore, scambiando un flavi(us) ricordato nel Geronimiano sotto la data del 7 magg.
Le notizie su Flavia Domitilla che figurano nella passio leggendaria (V-VI sec.) non hanno alcuna attendibilità: fra l'altro, in essa, si parla di due « eunuchi », Nereo e Achilleo, i quali avrebbero convertito Domitilla alla fede cristiana, mentre dal carme damasiano dedicato ai due martiri sappiamo che essi prima della conversione erano militari a servizio del persecutore. L'esistenza, però, delle due Domitille e la loro condanna all'esilio per aver abbracciato il Cristianesimo sono fatti inoppugnabili, come dimostrano chiaramente i documenti. Il corpo d'una Flavia Domitilla è venerato nel titolo dei SS. Nereo ed Achilleo, traslatovi da S. Adriano dal Baronio.
Dai citati passi dei due storici, dunque, risulta che, sul finire del I sec, due matrone, aventi l'una e l'altra il nome di Domitilla e imparentate l'una e l'altra con la famiglia imperiale dei Flavi, furono condannate per la loro adesione alla fede cristiana. Dione Cassio, per l'esattezza, parla nei confronti della Domitilla relegata a Pandataria (oggi Ventotene), non di Cristianesimo, bensì di « ateismo », ma è noto che questa era l'accusa rivolta dagli idolatri ai primi seguaci di Cristo.
Alcuni studiosi, fra i quali il Mommsen, l'Aubé e lo Styger, ritennero di poter identificare in una sola persona le due Domitille, supponendo errori o confusioni degli storici ma, il De Rossi sostenne giustamente la diversità dei due personaggi, ristabilendo la genealogia delle loro famiglie. E questa conferma che la Domitilla citata da Eusebio, era nipote di Flavio Clemente, mentre quella ricordata da Dione Cassio era moglie del console martire, dal quale ebbe sette figli. A tal proposito, di grande importanza è l'iscrizione mutila ritrovata nel sec. XVIII nell'area del Cimitero sulla Via Ardeatina e che qui riportiamo con le integrazioni proposte dal Mommsen : « tatia baucyl (la...nu) / trix septem lib (erorum pronepotum) / divi vespasian(i filiorum FI. Clementis et) flaviae DOMiTiL(lae uxoris eius, divi) / vespasiani neptis a (ccepto loco e) / ius beneficio hocSEPULCHRU(m feci) / MEIS LIBERTIS lIBERTABUSpo (sterisque eorum). L'iscrizione, conservata oggi nella parete di fondo della basilica dei SS. Nereo e Achilleo in detto Cimitero, precisa, dunque, che Tazia Baucilla, nutrice dei sette figli di Flavio e di Flavia Domitilla, ottenne da quest'ultima il terreno per un sepolcro. Nel documento epigrafico si precisa, inoltre, che Flavia Domitilla era « neptis », cioè nipote di Vespasiano, padre di Domiziano, confermando, così, l'affermazione di Dione Cassio secondo la quale la moglie di Flavio Clemente era « consanguinea » dello stesso Domiziano.
In merito, poi, alle « confusioni » nelle quali sarebbero incorsi gli storici nell'indicare i luoghi di relegazione delle due Domitille, Umberto Fasola sottolinea che le isole di Ponza e di Ventotene erano troppo tristemente note per essere confuse l'una con l'altra. A Ponza, infatti, furono relegati le figlie di Caligola e un figlio di Germanico e a Ventotene furono confinate Giulia, figlia di Augusto, Agrippina, moglie di Germanico e Ottavia moglie di Nerone.
La venerazione per la Flavia Domitilla relegata a Ponza è antichissima: s. Girolamo (Ep. ad Eustoch. 108) dice che la vedova Paola, nel suo viaggio verso Oriente, visitò nell'isola il luogo dove la santa « longum martyrium duxerat ». Peraltro, il nome di Domitilla non figura né nella Depositio Martyrum, né nel Martirologio Geronimiano : la festa di essa, al 12 magg., non è anteriore al IX sec. e fu introdotta nei libri liturgici per influsso del Martirologio di Floro, il quale la incluse nel suo elenco probabilmente per errore, scambiando un flavi(us) ricordato nel Geronimiano sotto la data del 7 magg.
Le notizie su Flavia Domitilla che figurano nella passio leggendaria (V-VI sec.) non hanno alcuna attendibilità: fra l'altro, in essa, si parla di due « eunuchi », Nereo e Achilleo, i quali avrebbero convertito Domitilla alla fede cristiana, mentre dal carme damasiano dedicato ai due martiri sappiamo che essi prima della conversione erano militari a servizio del persecutore. L'esistenza, però, delle due Domitille e la loro condanna all'esilio per aver abbracciato il Cristianesimo sono fatti inoppugnabili, come dimostrano chiaramente i documenti. Il corpo d'una Flavia Domitilla è venerato nel titolo dei SS. Nereo ed Achilleo, traslatovi da S. Adriano dal Baronio.
Santi Cerenico e
Serenedo fratelli di sangue che diaconi della Chiesa di Roma da Spoleto raggiunsero la Francia e nel territorio del
Maine vissero il monachesimo eremitico e solitario .Cerenico si addormentò in
Dio verso il 669 e Serendo nel 680
Da
Spoleto Cerenico si recò con il fratello
Serenedo, nel sec. VII, nella regione di Le Mans, già diacono e come sembra
monaco benedettino, dopo un periodo di eremitaggio presso Sèez (Orne), raccolse
intorno a sè centoquaranta monaci. Morì il 7 Maggio del 669 ed ebbe subito
culto pubblico. Il suo culto si è perpetuato nelle diocesi di Sèez e di
Soissons, dove si celebra la festa il 7 Maggio.
Martirologio
Romano: Presso Le Mans in Francia, san Cenerico, monaco e diacono, che, dopo aver
visitato i sepolcri dei santi Martino di Tours e Giuliano di Le Mans, passò la
vita in solitudine e austerità.
Tratto
da
Sulle
rive del Sarthe, nell'attuale Normandia a Saint-Céneri-Le-Gérei è venerato San
Céneri (il Serenicus latino, San Cinereo).
Nel Bulletin principal de la Société Hïstorique et Archéologioue de l'Orne - Année 1965 - Tome LXXXIII si legge: «Vers les années 620 à 625, Céneri naît à Spolete, sur la Marroggia …».
Dopo essere stato 5 anni presso papa San Martino I ed essere entrato nell'Ordo Sancti Benedicti, nominato cardinale insieme al fratello (le fonti francesi parlano di San Cenere), sulla scia di quel movimento benedettino che spinse San Gregorio Magno ad organizzare l'evangelizzazione dei popoli del nord dell'Europa, Cinereo con poco più di 25 anni prese la via del Nord; la Curia romana gli aveva fornito precise informazioni sulle strade da percorrere per andare incontro ai monaci che dall'Irlanda stavano scendendo verso la Bretagna, oltre 1.700 km dalla sua Marroggia.
Sarà partito dopo l'ultima nevicata, avrà visto a destra la Trebia (l'odierna Trevi) da cui tre secoli prima erano partiti altri Santi diretti ad evangelizzare terre vicine (la lucchesia), seguendo in parte le orme di quel San Gregorio, che come lui spoletino, sempre dalle rive del Marroggia era partito per arrivare all'attuale Köln di cui è, con i Re Magi, Santo protettore; altri Santi, sempre dal territorio bagnato dal Marroggia, si spinsero addirittura in Cina, dove, alla fine del XIX trovarono il martirio (S. Antonino Fantosati).
L'abbazia attuale, del 1080, sorge sui resti della chiesa in legno costruita da Cinereo e poi bruciata dai nordmen nelle loro tante scorrerie, ma rimane una statua lignea romanica che riproduce il Santo con in testa il petasus del viandante, è un tipo fisico a noi umbri ben noto: solida struttura, figura tarchiata, occhi profondi da cui emana tutta la placida forza di quella auctoritas di chi tutto legge in interiore homine.
Il 7 Maggio a Saint-Céneri-le Gérei si festeggia San Cinereo.
Nel Bulletin principal de la Société Hïstorique et Archéologioue de l'Orne - Année 1965 - Tome LXXXIII si legge: «Vers les années 620 à 625, Céneri naît à Spolete, sur la Marroggia …».
Dopo essere stato 5 anni presso papa San Martino I ed essere entrato nell'Ordo Sancti Benedicti, nominato cardinale insieme al fratello (le fonti francesi parlano di San Cenere), sulla scia di quel movimento benedettino che spinse San Gregorio Magno ad organizzare l'evangelizzazione dei popoli del nord dell'Europa, Cinereo con poco più di 25 anni prese la via del Nord; la Curia romana gli aveva fornito precise informazioni sulle strade da percorrere per andare incontro ai monaci che dall'Irlanda stavano scendendo verso la Bretagna, oltre 1.700 km dalla sua Marroggia.
Sarà partito dopo l'ultima nevicata, avrà visto a destra la Trebia (l'odierna Trevi) da cui tre secoli prima erano partiti altri Santi diretti ad evangelizzare terre vicine (la lucchesia), seguendo in parte le orme di quel San Gregorio, che come lui spoletino, sempre dalle rive del Marroggia era partito per arrivare all'attuale Köln di cui è, con i Re Magi, Santo protettore; altri Santi, sempre dal territorio bagnato dal Marroggia, si spinsero addirittura in Cina, dove, alla fine del XIX trovarono il martirio (S. Antonino Fantosati).
L'abbazia attuale, del 1080, sorge sui resti della chiesa in legno costruita da Cinereo e poi bruciata dai nordmen nelle loro tante scorrerie, ma rimane una statua lignea romanica che riproduce il Santo con in testa il petasus del viandante, è un tipo fisico a noi umbri ben noto: solida struttura, figura tarchiata, occhi profondi da cui emana tutta la placida forza di quella auctoritas di chi tutto legge in interiore homine.
Il 7 Maggio a Saint-Céneri-le Gérei si festeggia San Cinereo.
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