domenica 27 maggio 2018

27 Maggio Santi italici ed Italo greci


Santa Restituta martire a Sora verso il 272

La tradizione vuole che appartenesse all'illustre famiglia romana dei Frangipane. Condotta da Roma a Sora da un angelo per evangelizzare la città[1] , sembra che ella rifiutasse i suoi numerosi spasimanti e che un giorno, chiusa in preghiera, abbia visto l'arcangelo Gabriele che le annunziò il suo destino di santità e martirio. Poco dopo la visione angelica fu soggetta alla tentazione del diavolo  il quale le mostrò come sarebbe stata uccisa dai romani se avesse difeso il vangelp. Infine vide lo stesso Gesù che le assegnò il compito di evangelizzare Sora e che dopo averla addormentata, la fece trasportare per mezzo di un angelo, come il profeta Abacuc, nella città lirinate.
A Sora la fanciulla compì il suo primo miracolo, curando dall'elefantiasi (ma qualche altro parla di lebbra)[1] Cirillo, il quale si convertì al cristianesimo. Divenuta celebre in città per le sue opere, essa stessa affermava di essere stata mandata direttamente da Cristo per salvare la città di Sora. Intervenne contro la sua missione allora il console Agazio[2], che prima volle rendersi conto dei miracoli della cristiana e poi, colpito dalla sua bellezza, chiese di sposarla, rifiutato. Agazio allora ordinò per Restituta torture e carcerazione ma i militari che ne gestivano il controllo vennero rapidamente convertiti e battezzati da Cirillo. Agazio, rifiutato una seconda volta, dispose che la santa, Cirillo e due dei nuovi convertiti venissero decapitati presso Carnello   , sulle sponde del fiume Fibreno il giorno 27 maggio del 275, regnava l'imperatore Aureliano, era da poco papa Eutichiano[2]
I cristiani, con a capo il vescovo Amasio (di cui non si hanno notizie storicamente provate), raccolsero e seppellirono i quattro corpi nell'oratorio di una casa privata in Piazza del Mercato (oggi Piazza Santa Restituta). La tradizione continua poi nel descrivere il recupero delle loro teste, all'atto dell'esecuzione gettate nel fiume e miracolosamenmte ritrovate dal vescovo Amasio a cui la santa era apparsa in sogno[1]. Sempre alla tradizione orale appartiene inoltre la narrazione di numerosi miracoli compiuti dalla santa a Sora e nel circondario.
A secoli di distanza si perse il ricordo del luogo di sepoltura dei martiri e soltanto nel 1683, sotto il vescovo Guzone, furono rinvenuti proprio nella chiesa di Santa Restituta, che era stata edificata poco dopo l'editto di Costantino (nel 313)

Note

1. ^ a b c d e Lauri, Achille - Il mio paese natio - Ditta C. Pagnanelli - SORA - 1905
2. ^ a b Caesaris Baronii - Annales ecclesiastici - Ab Augustino Theiner - Tomus tertius - pag. 244 - Barri-Ducis, Ludovicus Guérin, editor - Parisiis M DCCC LXIV






Santo Severino Boezio filosofo e senatore romano,autore della Consolazione della Filosofia mandato a morte per ordine di Teodorico re degli Ostrogoti eretico ariano (verso il 525)

Dal Quotidiano Avvenire
Anicio Manlio Torquato Severino Boezio per tutti rappresenta spesso solo un paragrafo del manuale di storia della filosofia. Dagli studiosi è visto come il filosofo che sintetizzò il pensiero classico e la cultura cristiana, lasciando l'unica eredità filosofica di rilievo della seconda metà del primo millennio. Boezio nasce a Roma, attorno al 475 da un patrizio della gens Anicia che fu console sotto Odoacre. È senatore a 25 anni e console unico nel 510. Sposa Rusticiana divenendo genero del senatore romano  Simmaco e cognato delle sante Proba e Galla; ebbe due figli che diventeranno consoli nel 522. Collaborò con Teodorico contribuendo a diffondere fra i Goti il pensiero romano e la fede cristiana. La sua integrità lo oppose però a Teodorico stesso che lo condannò ingiustamente. Esiliato a Pavia, fu chiuso da Eusebio, prefetto di quella città, nel battistero della vecchia cattedrale in Agro Calventiano e lì ucciso nel 524. L'opera più famosa di Boezio è quella da lui scritta in carcere nel 523-524: il «De consolatione philosophiae», scritto ben conosciuto, oltre che da Dante, anche dai letterati e dagli umanisti rinascimentali


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Martirologio Romano: A Pavia, commemorazione di san Severino Boezio, martire, che, illustre per la sua cultura e i suoi scritti, mentre era rinchiuso in carcere scrisse un trattato sulla consolazione della filosofia e servì con integrità Dio fino alla morte inflittagli dal re Teodorico.

Nello stesso giorno del 26 Maggio si venera  venera come santo il suocero di Severino Boezio, il senatore  romano Simmaco anch’egli ucciso nel 526 sempre per ordine di Teodorico



Santo Giovanni I papa e patriarca di Roma  dal 524 al 526


Sostenne per amore di Cristo e della Chiesa la persecuzione del re ariano Teodorico, che lo aveva inviato a Costantinopoli presso l'imperatore Giustino I a perorare la causa degli Ariani. Morì in carcere a Ravenna e il suo corpo fu trasferito a Roma nella basilica vaticana, dove venne onorato come martire.

Martirologio Romano: San Giovanni I, papa e martire, che, mandato dal re ariano Teodorico a Costantinopoli presso l’imperatore Giustino, fu il primo tra i Romani Pontefici a celebrare in quella Chiesa il sacrificio pasquale; tornato di lì, fu vergognosamente arrestato e gettato in carcere dal medesimo Teodorico, cadendo a Ravenna vittima per Cristo Signore.


Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/27250

“Molte e gravi, a giudizio degli uomini, le tue colpe di uomo e di re: avidità di possesso e di strage, tolleranza soverchia della ferocia e della cupidigia dei tuoi seguaci, boria e impostura...". Così, per bocca d'un angelo, Giovanni Papini apostrofa Teodorico nel suo Giudizio universale; appassionata è la replica: "Ero a capo di una di queste torme di famelici nomadi e tutta la mia autorità di capitano e di re non poteva mutarla ad un tratto in un gregge di salmodianti e di genuflessi... Romani rinvigoriti e Goti raggentiliti avrebbero dovuto fondersi in un popolo unico e forte, capace di ridare all'Italia il primo posto sulla terra. Non fu mia soltanto la colpa se quel generoso sogno rimase sogno". La memoria di S. Giovanni I è legata al dramma politico-religioso di Teodorico.
Toscano di nascita, Giovanni era succeduto a papa Ormisda il 15 agosto 523. Qualche studioso lo identifica con il Giovanni diacono autore di un'Epistola ad Senarium, importante per la storia della liturgia battesimale, perché è forse l'unico documento ad attestare la tradizione della Chiesa romana di erigere e consacrare al sabato santo sette altari e di versare nel calice un miscuglio di latte e miele. Giovanni diacono viene altresì riconosciuto autore del trattato “De fide catholica”, trasmesso dagli antichi tra le opere di Severino Boezio.
Quando il figlio di Costanzo divenne papa, da appena cinque anni Ormisda e l'imperatore Giustino, zio di Giustiniano, avevano fatto cessare lo scisma tra Roma e Costantinopoli, scoppiato nel 484 per l'Henoticon dell'imperatore Zenone, che aveva tentato un impossibile compromesso con i  monofisiti. Poiché la mossa aveva ottenuto anche interessanti risvolti politici e i Goti erano ariani, verso la fine del 524 Giustino pubblicò un editto con cui ordinava la chiusura delle chiese ariane di Costantinopoli e l'esclusione degli eretici da ogni funzione civile e militare. Teodorico allora costrinse il papa Giovanni I a recarsi a Costantinopoli per sollecitare dall'imperatore la revoca del decreto: le manifestazioni di ossequio furono eccezionali: in 15.000 gli andarono incontro con ceri e croci e il papa presiedette le solenni funzioni del Natale e della Pasqua.
Giustino aderì alla richiesta di restituire agli ariani le chiese confiscate, ma insistette nel privare dei diritti gli ariani pentit che poi  ridiventavano ariani. Tanto bastò al sospettoso Teodorico, che già aveva fatto uccidere Boezio e Simmaco. Gettato in prigione a Ravenna, papa Giovanni I vi morì il 18 maggio 526.
Tratto da
http://www.enrosadira.it/santi/g/giovanni1.htm
Toscano di nascita, Giovanni era succeduto a Papa Ormisda nel 523. Si recò a Costantinopoli presso l’imperatore Giustino come legato del re Teodorico. La memoria di s. Giovanni I è legata al dramma politico-religioso di questo re. Qualche studioso lo indentifica con il Giovanni diacono autore di un Epistola ad Senarium, importante per la storia della liturgia battesimale, perché è forse l’unico documento ad attestare la tradizione della Chiesa romana di esigere e consacrare al sabato santo sette altari e di versare nel calice un miscuglio di latte e miele. Perseguitato da questo medesimo re ariano, fu incarcerato a Ravenna, ove ricevette la palma del martirio nel 526.
Giovanni I, papa, santo, martire, della Tuscia, 13 agosto 523 - 18 maggio 526. Morì a Ravenna e dopo quattro anni fu traslato a Roma e sepolto, il 27 maggio, nel pavimento della basilica di S. Pietro in Vaticano.
M.R.: 18 maggio - A Ravenna il natale di san Giovanni primo, Papa e Martire, che dall’Ariano Re d’Italia Teodorico fu colà chiamato con inganno, e dove, a lungo torturato nel carcere per la fede ortodossa, finì di vivere. La sua festa si celebra il ventisette di questo mese, giorno nel quale il suo sacro corpo, trasportato a Roma, fu sepolto nella Basilica di san Pietro, Principe degli Apostoli.
27 maggio - San Giovanni primo, Papa e Martire, il cui giorno natalizio si commemora il diciotto di questo mese, ma la sua festa si celebra specialmente in questo giorno, per la traslazione del suo corpo

Consultare  GIOVANNI I, papa, santo

http://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-i-papa-santo_(Dizionario-Biografico)/



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