Santa
Restituta martire a Sora verso il 272
A Sora la fanciulla compì il suo primo miracolo, curando dall'elefantiasi (ma qualche altro parla di lebbra)[1] Cirillo, il quale si convertì al cristianesimo. Divenuta celebre in città per le sue opere, essa stessa affermava di essere stata mandata direttamente da Cristo per salvare la città di Sora. Intervenne contro la sua missione allora il console Agazio[2], che prima volle rendersi conto dei miracoli della cristiana e poi, colpito dalla sua bellezza, chiese di sposarla, rifiutato. Agazio allora ordinò per Restituta torture e carcerazione ma i militari che ne gestivano il controllo vennero rapidamente convertiti e battezzati da Cirillo. Agazio, rifiutato una seconda volta, dispose che la santa, Cirillo e due dei nuovi convertiti venissero decapitati presso Carnello , sulle sponde del fiume Fibreno il giorno 27 maggio del 275, regnava l'imperatore Aureliano, era da poco papa Eutichiano[2]
I cristiani, con a capo il vescovo Amasio (di cui non si hanno notizie storicamente provate), raccolsero e seppellirono i quattro corpi nell'oratorio di una casa privata in Piazza del Mercato (oggi Piazza Santa Restituta). La tradizione continua poi nel descrivere il recupero delle loro teste, all'atto dell'esecuzione gettate nel fiume e miracolosamenmte ritrovate dal vescovo Amasio a cui la santa era apparsa in sogno[1]. Sempre alla tradizione orale appartiene inoltre la narrazione di numerosi miracoli compiuti dalla santa a Sora e nel circondario.
A secoli di distanza si perse il ricordo del luogo di sepoltura dei martiri e soltanto nel 1683, sotto il vescovo Guzone, furono rinvenuti proprio nella chiesa di Santa Restituta, che era stata edificata poco dopo l'editto di Costantino (nel 313)
Note
2. ^
a b Caesaris
Baronii - Annales ecclesiastici - Ab Augustino Theiner - Tomus tertius - pag.
244 - Barri-Ducis, Ludovicus Guérin, editor - Parisiis M DCCC LXIV
Santo
Severino Boezio filosofo e senatore romano,autore della Consolazione della Filosofia
mandato a morte per ordine di Teodorico re degli Ostrogoti eretico ariano (verso
il 525)
Dal
Quotidiano Avvenire
Anicio Manlio Torquato Severino Boezio
per tutti rappresenta spesso solo un paragrafo del manuale di storia della
filosofia. Dagli studiosi è visto come il filosofo che sintetizzò il pensiero
classico e la cultura cristiana, lasciando l'unica eredità filosofica di
rilievo della seconda metà del primo millennio. Boezio nasce a Roma, attorno al
475 da un patrizio della gens Anicia che fu console sotto Odoacre. È senatore a
25 anni e console unico nel 510. Sposa Rusticiana divenendo genero del senatore
romano Simmaco e cognato delle sante
Proba e Galla; ebbe due figli che diventeranno consoli nel 522. Collaborò con
Teodorico contribuendo a diffondere fra i Goti il pensiero romano e la fede
cristiana. La sua integrità lo oppose però a Teodorico stesso che lo condannò
ingiustamente. Esiliato a Pavia, fu chiuso da Eusebio, prefetto di quella
città, nel battistero della vecchia cattedrale in Agro Calventiano e lì ucciso
nel 524. L'opera più famosa di Boezio è quella da lui scritta in carcere nel
523-524: il «De consolatione philosophiae», scritto ben conosciuto, oltre che
da Dante, anche dai letterati e dagli umanisti rinascimentali
Martirologio Romano: A Pavia,
commemorazione di san Severino Boezio, martire, che, illustre per la sua
cultura e i suoi scritti, mentre era rinchiuso in carcere scrisse un trattato
sulla consolazione della filosofia e servì con integrità Dio fino alla morte
inflittagli dal re Teodorico.
Nello stesso giorno del 26 Maggio si
venera venera come santo il suocero di
Severino Boezio, il senatore romano
Simmaco anch’egli ucciso nel 526 sempre per ordine di Teodorico
Santo Giovanni I papa e patriarca di Roma dal 524 al 526
Sostenne per amore di Cristo e della Chiesa la persecuzione del re ariano Teodorico, che lo aveva inviato a Costantinopoli presso l'imperatore Giustino I a perorare la causa degli Ariani. Morì in carcere a Ravenna e il suo corpo fu trasferito a Roma nella basilica vaticana, dove venne onorato come martire.
Martirologio Romano: San Giovanni I, papa e martire, che, mandato dal re ariano Teodorico a Costantinopoli presso l’imperatore Giustino, fu il primo tra i Romani Pontefici a celebrare in quella Chiesa il sacrificio pasquale; tornato di lì, fu vergognosamente arrestato e gettato in carcere dal medesimo Teodorico, cadendo a Ravenna vittima per Cristo Signore.
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/27250
“Molte e gravi, a giudizio degli
uomini, le tue colpe di uomo e di re: avidità di possesso e di strage,
tolleranza soverchia della ferocia e della cupidigia dei tuoi seguaci, boria e
impostura...". Così, per bocca d'un angelo, Giovanni Papini apostrofa
Teodorico nel suo Giudizio universale; appassionata è la replica: "Ero a
capo di una di queste torme di famelici nomadi e tutta la mia autorità di
capitano e di re non poteva mutarla ad un tratto in un gregge di salmodianti e
di genuflessi... Romani rinvigoriti e Goti raggentiliti avrebbero dovuto
fondersi in un popolo unico e forte, capace di ridare all'Italia il primo posto
sulla terra. Non fu mia soltanto la colpa se quel generoso sogno rimase
sogno". La memoria di S. Giovanni I è legata al dramma politico-religioso
di Teodorico.
Toscano di nascita, Giovanni era succeduto a papa Ormisda il 15 agosto 523. Qualche studioso lo identifica con il Giovanni diacono autore di un'Epistola ad Senarium, importante per la storia della liturgia battesimale, perché è forse l'unico documento ad attestare la tradizione della Chiesa romana di erigere e consacrare al sabato santo sette altari e di versare nel calice un miscuglio di latte e miele. Giovanni diacono viene altresì riconosciuto autore del trattato “De fide catholica”, trasmesso dagli antichi tra le opere di Severino Boezio.
Quando il figlio di Costanzo divenne papa, da appena cinque anni Ormisda e l'imperatore Giustino, zio di Giustiniano, avevano fatto cessare lo scisma tra Roma e Costantinopoli, scoppiato nel 484 per l'Henoticon dell'imperatore Zenone, che aveva tentato un impossibile compromesso con i monofisiti. Poiché la mossa aveva ottenuto anche interessanti risvolti politici e i Goti erano ariani, verso la fine del 524 Giustino pubblicò un editto con cui ordinava la chiusura delle chiese ariane di Costantinopoli e l'esclusione degli eretici da ogni funzione civile e militare. Teodorico allora costrinse il papa Giovanni I a recarsi a Costantinopoli per sollecitare dall'imperatore la revoca del decreto: le manifestazioni di ossequio furono eccezionali: in 15.000 gli andarono incontro con ceri e croci e il papa presiedette le solenni funzioni del Natale e della Pasqua.
Giustino aderì alla richiesta di restituire agli ariani le chiese confiscate, ma insistette nel privare dei diritti gli ariani pentit che poi ridiventavano ariani. Tanto bastò al sospettoso Teodorico, che già aveva fatto uccidere Boezio e Simmaco. Gettato in prigione a Ravenna, papa Giovanni I vi morì il 18 maggio 526.
Toscano di nascita, Giovanni era succeduto a papa Ormisda il 15 agosto 523. Qualche studioso lo identifica con il Giovanni diacono autore di un'Epistola ad Senarium, importante per la storia della liturgia battesimale, perché è forse l'unico documento ad attestare la tradizione della Chiesa romana di erigere e consacrare al sabato santo sette altari e di versare nel calice un miscuglio di latte e miele. Giovanni diacono viene altresì riconosciuto autore del trattato “De fide catholica”, trasmesso dagli antichi tra le opere di Severino Boezio.
Quando il figlio di Costanzo divenne papa, da appena cinque anni Ormisda e l'imperatore Giustino, zio di Giustiniano, avevano fatto cessare lo scisma tra Roma e Costantinopoli, scoppiato nel 484 per l'Henoticon dell'imperatore Zenone, che aveva tentato un impossibile compromesso con i monofisiti. Poiché la mossa aveva ottenuto anche interessanti risvolti politici e i Goti erano ariani, verso la fine del 524 Giustino pubblicò un editto con cui ordinava la chiusura delle chiese ariane di Costantinopoli e l'esclusione degli eretici da ogni funzione civile e militare. Teodorico allora costrinse il papa Giovanni I a recarsi a Costantinopoli per sollecitare dall'imperatore la revoca del decreto: le manifestazioni di ossequio furono eccezionali: in 15.000 gli andarono incontro con ceri e croci e il papa presiedette le solenni funzioni del Natale e della Pasqua.
Giustino aderì alla richiesta di restituire agli ariani le chiese confiscate, ma insistette nel privare dei diritti gli ariani pentit che poi ridiventavano ariani. Tanto bastò al sospettoso Teodorico, che già aveva fatto uccidere Boezio e Simmaco. Gettato in prigione a Ravenna, papa Giovanni I vi morì il 18 maggio 526.
Tratto
da
http://www.enrosadira.it/santi/g/giovanni1.htm
Toscano di nascita, Giovanni era
succeduto a Papa Ormisda nel 523. Si recò a Costantinopoli presso l’imperatore
Giustino come legato del re Teodorico. La memoria di s. Giovanni I è legata al
dramma politico-religioso di questo re. Qualche studioso lo indentifica con il
Giovanni diacono autore di un Epistola ad Senarium, importante per la storia
della liturgia battesimale, perché è forse l’unico documento ad attestare la
tradizione della Chiesa romana di esigere e consacrare al sabato santo sette
altari e di versare nel calice un miscuglio di latte e miele. Perseguitato da
questo medesimo re ariano, fu incarcerato a Ravenna, ove ricevette la palma del
martirio nel 526.
Giovanni I, papa, santo, martire,
della Tuscia, 13 agosto 523 - 18 maggio 526. Morì a Ravenna e dopo quattro anni
fu traslato a Roma e sepolto, il 27 maggio, nel pavimento della basilica di S.
Pietro in Vaticano.
M.R.: 18 maggio - A Ravenna il natale di san Giovanni primo, Papa e Martire, che dall’Ariano Re d’Italia Teodorico fu colà chiamato con inganno, e dove, a lungo torturato nel carcere per la fede ortodossa, finì di vivere. La sua festa si celebra il ventisette di questo mese, giorno nel quale il suo sacro corpo, trasportato a Roma, fu sepolto nella Basilica di san Pietro, Principe degli Apostoli.
27 maggio - San Giovanni primo, Papa e Martire, il cui giorno natalizio si commemora il diciotto di questo mese, ma la sua festa si celebra specialmente in questo giorno, per la traslazione del suo corpo
M.R.: 18 maggio - A Ravenna il natale di san Giovanni primo, Papa e Martire, che dall’Ariano Re d’Italia Teodorico fu colà chiamato con inganno, e dove, a lungo torturato nel carcere per la fede ortodossa, finì di vivere. La sua festa si celebra il ventisette di questo mese, giorno nel quale il suo sacro corpo, trasportato a Roma, fu sepolto nella Basilica di san Pietro, Principe degli Apostoli.
27 maggio - San Giovanni primo, Papa e Martire, il cui giorno natalizio si commemora il diciotto di questo mese, ma la sua festa si celebra specialmente in questo giorno, per la traslazione del suo corpo
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