Santa
Pudenziana asceta e martire a Roma(verso il II secolo )
Tratto
da
http://sanmarcoefeso.blogspot.it/2014/05/19-maggio-il-santorale.html
Il suo
nome abbinato a quello di s. Prassede martire romana sua sorella, figura negli
itinerari del sec. VII dai quali risulta che esse erano venerate dai pellegrini
nel cimitero di Priscilla sulla via Salaria.
Inoltre sono menzionate nel ‘Kalendarium Vaticanum’ della basilica di s. Pietro del XII secolo, Pudenziana al 19 maggio e Prassede sua sorella il 21 luglio.
La loro vita è raccontata nei ‘Leggendari’ o ‘Passionari’ romani, essi furono composti intorno al V-VI sec. ad uso dei chierici e dei monaci per fornire loro le preghiere per gli Uffici religiosi, sia per edificanti e pie letture; i ‘Passionari’ racconti delle vite e delle sofferenze dei santi martiri, si diffusero largamente negli ambienti religiosi dell’Alto e Basso Medioevo.
Le ‘Gesta’ delle due sante martiri, raccontano, che Pastore, prete di Roma, scrive a Timoteo discepolo di s. Paolo, che Pudente ‘amico degli Apostoli’, dopo la morte dei suoi genitori e della moglie Savinella, aveva trasformato la sua casa in una chiesa con l’aiuto dello stesso Pastore.
Poi Pudente muore lasciando quattro figli, due maschi Timoteo e Novato e due femmine Pudenziana e Prassede. Le due donne con l’accordo del prete Pastore e del papa Pio I (140-155), costruiscono un battistero nella chiesa fondata dal padre, convertendo e amministrando il battesimo ai numerosi domestici e a molti pagani, il papa visita spesso la chiesa (titulus) e i fedeli, celebrando la Messa per le loro intenzioni.
Pudenziana (Potentiana) muore all’età di sedici anni, forse martire e viene sepolta presso il padre Pudente, nel cimitero di Priscilla, sulla via Salaria. Dopo un certo tempo, anche il fratello Novato si ammala e prima di morire dona i suoi beni a Prassede, a Pastore e al papa Pio I.
Il racconto prosegue con una lettera inviata dai tre suddetti all’altro fratello Timoteo, per chiedergli di approvare la donazione ricevuta. Timoteo, che evidentemente era lontano, risponde affermativamente, lasciandoli liberi di usare i beni di famiglia.
Allora Prassede chiede al papa Pio I, di edificare una chiesa nelle terme di Novato (evidentemente di sua proprietà) ‘in vico Patricius’, il papa acconsente intitolandola alla beata vergine Pudenziana (Potentiana), inoltre erige un’altra chiesa ‘in vico Lateranus’ intitolandola alla beata vergine Prassede, probabilmente una santa omonima.
Due anni dopo scoppia un’altra persecuzione e Prassede nasconde nella sua chiesa (titulus) molti cristiani; l’imperatore Antonino Pio (138-161) informato, ne arresta e condanna a morte molti di loro, compreso il prete Semetrius; Prassede durante la notte provvede alla loro sepoltura nel cimitero di Priscilla, ma molto addolorata per questi eventi, ottiene di morire martire anche lei qualche giorno dopo.
Il prete Pastore seppellisce anche lei vicino al padre Pudente e alla sorella Pudenziana. Il racconto delle ‘Gesta’ delle due sante è fantasioso, opera senz’altro di un monaco o pio chierico del V-VI secolo. La loro esistenza comunque è certa, perché esse sono menzionate in molti antichi codici.
Il 20 gennaio 817 il papa Pasquale I fece trasferire i corpi di 2300 martiri dalle catacombe o cimiteri, all’interno della città, per preservarli dalle devastazioni e sacrilegi già verificatesi durante le invasioni dei Longobardi; le reliquie furono distribuite nelle varie chiese di Roma.
Quelle di s. Pudenziana nella chiesa di s. Pudente suo padre e quelle di Prassede nella chiesa di s. Prassede che secondo alcuni studiosi non erano la stessa persona.
Il corpo di s. Pudenziana (Potentiana) venne traslato sia nel 1586, che nel 1710, quando fu restaurata la chiesa poi a lei intitolata, sotto l’altare maggiore; dal IV secolo fino a tutto il VI secolo la chiesa portava il nome del fondatore Pudente (Ecclesiae Pudentiana); dal VII secolo la chiesa cambiò prima il nome in “Ecclesiae S. Potentianae” e poi dal 1600 ad oggi esclusivamente in chiesa di S. Pudenziana, trasferendo così l’intitolazione dal nome del padre a quella della figlia.
Per quanto riguarda le reliquie di s. Prassede, anch’esse riposano nella chiesa che porta il suo nome, insieme ad alcune della sorella e di altri martiri, raccolte in quattro antichi sarcofagi nella cripta. La celebrazione liturgica è rimasta divisa: s. Prassede al 21 luglio e s. Pudenziana il 19 maggio.
Una delle più antiche rappresentazioni delle due sante sorelle è un affresco del IX secolo ritrovato nel 1891 nella chiesa Pudenziana, che le raffigura insieme a s. Pietro, inoltre le si vede insieme alla Madonna in una pittura murale in fondo alla cripta della chiesa di santa Prassede, come pure nel grandioso mosaico della conca absidale della stessa chiesa, donato da papa Pasquale I.
Ad ogni modo le due chiese sono un concentrato di opere d’arte a cui si sono dedicati artisti di ogni tempo, per rendere omaggio alle due sante sorelle romane, testimoni dell’eroicità dei cristiani dei primi secoli.
Inoltre sono menzionate nel ‘Kalendarium Vaticanum’ della basilica di s. Pietro del XII secolo, Pudenziana al 19 maggio e Prassede sua sorella il 21 luglio.
La loro vita è raccontata nei ‘Leggendari’ o ‘Passionari’ romani, essi furono composti intorno al V-VI sec. ad uso dei chierici e dei monaci per fornire loro le preghiere per gli Uffici religiosi, sia per edificanti e pie letture; i ‘Passionari’ racconti delle vite e delle sofferenze dei santi martiri, si diffusero largamente negli ambienti religiosi dell’Alto e Basso Medioevo.
Le ‘Gesta’ delle due sante martiri, raccontano, che Pastore, prete di Roma, scrive a Timoteo discepolo di s. Paolo, che Pudente ‘amico degli Apostoli’, dopo la morte dei suoi genitori e della moglie Savinella, aveva trasformato la sua casa in una chiesa con l’aiuto dello stesso Pastore.
Poi Pudente muore lasciando quattro figli, due maschi Timoteo e Novato e due femmine Pudenziana e Prassede. Le due donne con l’accordo del prete Pastore e del papa Pio I (140-155), costruiscono un battistero nella chiesa fondata dal padre, convertendo e amministrando il battesimo ai numerosi domestici e a molti pagani, il papa visita spesso la chiesa (titulus) e i fedeli, celebrando la Messa per le loro intenzioni.
Pudenziana (Potentiana) muore all’età di sedici anni, forse martire e viene sepolta presso il padre Pudente, nel cimitero di Priscilla, sulla via Salaria. Dopo un certo tempo, anche il fratello Novato si ammala e prima di morire dona i suoi beni a Prassede, a Pastore e al papa Pio I.
Il racconto prosegue con una lettera inviata dai tre suddetti all’altro fratello Timoteo, per chiedergli di approvare la donazione ricevuta. Timoteo, che evidentemente era lontano, risponde affermativamente, lasciandoli liberi di usare i beni di famiglia.
Allora Prassede chiede al papa Pio I, di edificare una chiesa nelle terme di Novato (evidentemente di sua proprietà) ‘in vico Patricius’, il papa acconsente intitolandola alla beata vergine Pudenziana (Potentiana), inoltre erige un’altra chiesa ‘in vico Lateranus’ intitolandola alla beata vergine Prassede, probabilmente una santa omonima.
Due anni dopo scoppia un’altra persecuzione e Prassede nasconde nella sua chiesa (titulus) molti cristiani; l’imperatore Antonino Pio (138-161) informato, ne arresta e condanna a morte molti di loro, compreso il prete Semetrius; Prassede durante la notte provvede alla loro sepoltura nel cimitero di Priscilla, ma molto addolorata per questi eventi, ottiene di morire martire anche lei qualche giorno dopo.
Il prete Pastore seppellisce anche lei vicino al padre Pudente e alla sorella Pudenziana. Il racconto delle ‘Gesta’ delle due sante è fantasioso, opera senz’altro di un monaco o pio chierico del V-VI secolo. La loro esistenza comunque è certa, perché esse sono menzionate in molti antichi codici.
Il 20 gennaio 817 il papa Pasquale I fece trasferire i corpi di 2300 martiri dalle catacombe o cimiteri, all’interno della città, per preservarli dalle devastazioni e sacrilegi già verificatesi durante le invasioni dei Longobardi; le reliquie furono distribuite nelle varie chiese di Roma.
Quelle di s. Pudenziana nella chiesa di s. Pudente suo padre e quelle di Prassede nella chiesa di s. Prassede che secondo alcuni studiosi non erano la stessa persona.
Il corpo di s. Pudenziana (Potentiana) venne traslato sia nel 1586, che nel 1710, quando fu restaurata la chiesa poi a lei intitolata, sotto l’altare maggiore; dal IV secolo fino a tutto il VI secolo la chiesa portava il nome del fondatore Pudente (Ecclesiae Pudentiana); dal VII secolo la chiesa cambiò prima il nome in “Ecclesiae S. Potentianae” e poi dal 1600 ad oggi esclusivamente in chiesa di S. Pudenziana, trasferendo così l’intitolazione dal nome del padre a quella della figlia.
Per quanto riguarda le reliquie di s. Prassede, anch’esse riposano nella chiesa che porta il suo nome, insieme ad alcune della sorella e di altri martiri, raccolte in quattro antichi sarcofagi nella cripta. La celebrazione liturgica è rimasta divisa: s. Prassede al 21 luglio e s. Pudenziana il 19 maggio.
Una delle più antiche rappresentazioni delle due sante sorelle è un affresco del IX secolo ritrovato nel 1891 nella chiesa Pudenziana, che le raffigura insieme a s. Pietro, inoltre le si vede insieme alla Madonna in una pittura murale in fondo alla cripta della chiesa di santa Prassede, come pure nel grandioso mosaico della conca absidale della stessa chiesa, donato da papa Pasquale I.
Ad ogni modo le due chiese sono un concentrato di opere d’arte a cui si sono dedicati artisti di ogni tempo, per rendere omaggio alle due sante sorelle romane, testimoni dell’eroicità dei cristiani dei primi secoli.
Tratto dahttp://www.neapolisroma.it/santa-prassede-santa-pudenziana-mosaici/ Due sorelle unite nella fede e nel martirio, questa è l’immagine che ci restituisce la storia di Santa Prassede e Santa Pudenziana, figlie del senatore Pudente, tra i primi uomini ad essere convertito a Roma da San Pietro, ospitato poi a lungo in casa sua. Le vicende delle due vergini e martiri sono tramandate dai Passionari, elaborati intorno al V-VI sec. per fornire ai chierici testi per i propri uffici religiosi e le letture edificanti: quel che possediamo, dunque, è un racconto ricostruito svariati secoli dopo l’esistenza delle due donne, dai contorni leggendari, che non può essere considerato fonte attendibile. Ci troviamo di fronte ad una storia carica del fascino del dubbio sulla sua autenticità.Negli Atti, dunque, si racconta di come Pudente, senatore romano convertito, avesse reso la propria casa in una domus ecclesiae, una chiesa domestica. Alla sua morte le figlie, in accordo con Papa Pio I, la trasformarono in un battistero, luogo in cui si prodigavano per convertire e battezzare, animate da fede e coraggio nell’epoca cupa in cui il Cristianesimo subiva la persecuzione ad opera degli imperatori romani. Pudenziana fu la prima a perdere la vita, a soli sedici anni; nonostante questo Prassede, proseguì nella sua missione, ottenendo da Pio I il permesso ad edificare una chiesa nelle terme di Novato, intitolata proprio alla beata vergine Pudenziana e un’altra sub titulis Praxedis nel vico Lateranus. Una nuova persecuzione, ad appena due anni di distanza, la trovò impegnata nel nascondere i cristiani e nel raccogliere i resti di coloro che non riuscivano a salvarsi per dargli sepoltura nel cimitero di Santa Priscilla, sulla Salaria
Non solo: la donna sarebbe addirittura l’iniziatrice del culto delle reliquie sacre! Infatti era solita raccogliere con una spugna il sangue dei martiri per versarlo in un pozzo; questo pozzo, o almeno ciò che venne identificato come tale, è visibile nell’attuale Basilica di Santa Prassede, frutto del rifacimento voluto da papa Pasquale I nell’817, responsabile anche della traslazione delle spoglie mortali di circa 2000 martiri dalle catacombe alla basilica, innalzata così a monumentale reliquiario.
Un reliquiario degno di attenzione non soltanto per quel che contiene, ma soprattutto per il particolare progetto iconografico che si srotola letteralmente sui suoi interni in un trionfo dell’arte musiva dedicato al libro dell’Apocalisse. L’abside vede una rappresentazione del Cristo con aureola e tunica dorata, su cui cala dall’alto la mano di Dio Padre recante la corona di figlio; ai due lati a fare ala insieme ai santi Pietro e Paolo scorgiamo santa Prassede, santa Pudenziana e lo stesso papa Pasquale, con aureola quadrata (indicante le persone in odore di santità ancora viventi) e un modellino della basilica tra le mani. Ai loro piedi dodici agnelli sono rivolti verso l’Agnus Dei posto sul monte del Paradiso.Anche l’arco absidale e quello trionfale risultano decorati con mosaici a tema apocalittico, ma il luogo forse più suggestivo della Basilica è il Saccello di San Zenone, chiamato “Giardino del Paradiso” tale è lo splendore dell’oro delle sue pareti in stile bizantino.Anche Santa Pudenziana, rifondata nel 380 circa, ha il suo mosaico, sopravvissuto ad un restauro del 1588 che lo ha, in parte, mutilato. Il catino absidale, infatti, è decorato con quello che è considerato uno dei più antichi mosaici bizantini a Roma con un Cristo Pantocrator assiso in trono, nella destra un libro recante l’iscrizione Dominus Conservator Ecclesiae Pudentianae, circondato da 10 apostoli.
Perché soltanto 10 apostoli, e non 12? Il numero incongruo è presto spiegato: quando nel 1588 Francesco Capriani, detto il Volterra, operò il restauro sacrificò la parte inferiore della decorazione, troncando due dei dodici apostoli. Alle spalle di Cristo si nota una collina sulla quale è eretta una croce dorata e, sullo sfondo, una città, identificata con Gerusalemme. La croce viene interpretata in vari modi: forse potrebbe far riferimento a quella innalzata da Costantino sul Golgota per custodire le reliquie della vera croce ritrovate dalla madre, sant’Elena, ma è necessario ricordare che la tradizione relativa a quest’evento è piuttosto tarda, forse addirittura posteriore alla realizzazione della basilica; potrebbe allora trattarsi di quella elevata da Teodosio II intorno al 420. Ciò che è sicuro è il valore simbolico di quest’elemento, rappresentante la resurrezione e la sconfitta della morte.
Due donne, Prassede e Pudenziana, importantissime nella storia paleocristiana. Le loro gesta e le leggende che le avvolgono le scopriremo insieme visitando queste due Chiese affascinanti e ricche di opere d’arte il 7 gennaio con la visita guidata di Roma Nascosta.
Tratto da http://wwwbisanzioit.blogspot.it/2012/05/santa-pudenziana-e-santa-prassede.html
Secondo
la tradizione il senatore Pudente, insieme alle sue figlie Pudenziana e
Prassede, fu una delle prime persone convertite a Roma dalla predicazione di
S.Paolo.
Pastore,
prete di Roma, scrive a Timoteo discepolo di S. Paolo, che Pudente amico
degli Apostoli, dopo la morte dei suoi genitori e della moglie Savinella,
aveva trasformato la sua casa in una chiesa con l’aiuto dello stesso Pastore.
Alla
morte di Pudente, le sue due figlie, con l’accordo del prete Pastore e del papa
Pio I (140-155), costruiscono un battistero nella chiesa fondata dal padre,
convertendo e amministrando il battesimo ai numerosi domestici e a molti
pagani.
Pudenziana
muore all’età di sedici anni, forse martire e viene sepolta presso il padre
Pudente, nel cimitero di Priscilla, sulla via Salaria. Dopo un certo tempo,
anche il fratello Novato si ammala e prima di morire dona i suoi beni a
Prassede, a Pastore e al papa Pio I.
Prassede
chiede allora al papa Pio I, di edificare una chiesa nelle terme di Novato ‘in
vico Patricius’, il papa acconsente intitolandola alla beata vergine
Pudenziana, inoltre erige un’altra chiesa ‘in vico Lateranus’ intitolandola
alla beata vergine Prassede, probabilmente una santa omonima.
Due anni dopo scoppia un’altra persecuzione e Prassede nasconde nella sua chiesa molti cristiani; l’imperatore Antonino Pio (138-161) informatone, ne arresta e condanna a morte molti di loro. Prassede durante la notte provvede alla loro sepoltura nel cimitero di Priscilla, ma molto addolorata per questi eventi, ottiene di morire martire anche lei qualche giorno dopo.
Due anni dopo scoppia un’altra persecuzione e Prassede nasconde nella sua chiesa molti cristiani; l’imperatore Antonino Pio (138-161) informatone, ne arresta e condanna a morte molti di loro. Prassede durante la notte provvede alla loro sepoltura nel cimitero di Priscilla, ma molto addolorata per questi eventi, ottiene di morire martire anche lei qualche giorno dopo.
Consultare
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MOSAICI MEDIEVALI DI
ROMA
1) SANTA PUDENZIANA 402-407 Innocenzo I - Comunicare con ARTE
BISANZIO A ROMA. I mosaici di Santa Pudenziana e Santa Prassede al Viminale.
Santi Partenio e
Calogero martiri a Roma sotto
Diocleziano
Martirologio
Romano a Roma, santi Partenio e Calogero,
martiri, che, sotto l’imperatore Diocleziano, resero insigne testimonianza a
Cristo.
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/53970
La
Depositio Martyrum ricorda, al 19 maggio e con la data consolare del 304,
Calogero e Partenio come sepolti nel cimitero di Callisto. Secondo l’itinerario
De locis, i due martiri erano posti in sepolcri singoli nella regione detta “di
Eusebio” che può essere datata, con una certa sicurezza, al tempo di papa
Marcellino (296 – 304). Di Calogero e Partenio non si sa nulla di preciso:
infatti, sono leggendari la passio attuale e il latercolo del Martirologio
Geronimiano, che dipende senza dubbio da una passio perduta. Secondo il
Geronimiano, infatti, i due erano eunuchi e appartenevano alla famiglia
dell’imperatore Decio; secondo la passio attuale, invece, Calogero e Partenio,
fratelli e di origine armena, erano eunuchi di un certo Emiliano che, morendo,
affidò loro la figlia Anatolia Callista. Con tutta probabilità, l’origine
orientale e lo stato sociale dei due santi furono suggeriti dai loro nomi, che
fanno pensare a nomi di schiavi o di liberti. Arrestati durante la persecuzione
di Decio, Calogero e Partenio furono consegnati a Libanio, prefetto della
città, che li fece morire tra aspri tormenti nel 250.
Questa data è in aperto contrasto con quella indicata nella Depositio Martyrum e, ad accrescere la confusione, si aggiunge la commemorazione dei due martiri fatta dal Geronimiano all’11 febbraio, giorno apparentemente confermato da un graffito scoperto nel cimitero di Callisto. Per conciliare le due indicazioni cronologiche, il De Rossi, che teneva in gran conto la passio, avanzò l’ipotesi che il martirio fosse realmente avvenuto nel 250 e che nel 304 si sia avuta solo una traslazione. All’accettazione di questa ipotesi, già inficiata a priori dallo scarso valore storico della passio, si oppongono serie difficoltà. Infatti, la regione nella quale erano i sepolcri dei martiri appartiene certamente all’inizio del sec. IV e, inoltre, una traslazione del 304, mentre era in pieno svolgimento la persecuzione di Diocleziano, oltre che impossibile e inutile, sarebbe stata anche estremamente pericolosa, dal momento che i cimiteri erano sorvegliati dalla polizia. Infine, la natura della Depositio Martyrum e il tempo in cui essa fu redatta (336) propendono a fare accettare come più probabile il 304 come data del martirio di Calogero e Partenio. Resta, però, difficile spiegare la commemorazione dell’11 febbraio , attestata dal Geronimiano e dal graffito, poiché la passio attuale, quella perduta e la Depositio Martyrum riportano chiaramente al 19 maggio il dies natalis dei due martiri. Si potrebbe avanzare l’ipotesi che l’autore del graffito abbia voluto ricordare non il dies natalis di Calogero e Partenio, ma solo il giorno della sua visita la cimitero di Callisto: quella data, notata poi dai pellegrini, fu ritenuta quella del dies natalis e come tale entrò nei codd. del Geronimiano. Si potrebbe anche pensare che la commemorazione dell’11 febbraio ricordi il giorno in cui i corpi dei martiri furono trasportati in una basilica romana.
Questa data è in aperto contrasto con quella indicata nella Depositio Martyrum e, ad accrescere la confusione, si aggiunge la commemorazione dei due martiri fatta dal Geronimiano all’11 febbraio, giorno apparentemente confermato da un graffito scoperto nel cimitero di Callisto. Per conciliare le due indicazioni cronologiche, il De Rossi, che teneva in gran conto la passio, avanzò l’ipotesi che il martirio fosse realmente avvenuto nel 250 e che nel 304 si sia avuta solo una traslazione. All’accettazione di questa ipotesi, già inficiata a priori dallo scarso valore storico della passio, si oppongono serie difficoltà. Infatti, la regione nella quale erano i sepolcri dei martiri appartiene certamente all’inizio del sec. IV e, inoltre, una traslazione del 304, mentre era in pieno svolgimento la persecuzione di Diocleziano, oltre che impossibile e inutile, sarebbe stata anche estremamente pericolosa, dal momento che i cimiteri erano sorvegliati dalla polizia. Infine, la natura della Depositio Martyrum e il tempo in cui essa fu redatta (336) propendono a fare accettare come più probabile il 304 come data del martirio di Calogero e Partenio. Resta, però, difficile spiegare la commemorazione dell’11 febbraio , attestata dal Geronimiano e dal graffito, poiché la passio attuale, quella perduta e la Depositio Martyrum riportano chiaramente al 19 maggio il dies natalis dei due martiri. Si potrebbe avanzare l’ipotesi che l’autore del graffito abbia voluto ricordare non il dies natalis di Calogero e Partenio, ma solo il giorno della sua visita la cimitero di Callisto: quella data, notata poi dai pellegrini, fu ritenuta quella del dies natalis e come tale entrò nei codd. del Geronimiano. Si potrebbe anche pensare che la commemorazione dell’11 febbraio ricordi il giorno in cui i corpi dei martiri furono trasportati in una basilica romana.
Tratto da
http://www.enrosadira.it/santi/c/calogero-partenio.htm
Calogero e Partenio, santi, martiri a
Roma, ricordati nella Depositio Martyrum, come sepolti nel Cimitero di Callisto
nella regione detta di Eusebio. Nominati nella lapide posta nel portico di S.
Silvestro in Capite si volevano qui traslati. Il Piazza nella Gerarchia
Cardinalizia del 1703 li dice sepolti a S. Sisto sulla Via Appia. In questa
chiesa sono indicati da una lapide, dietro alla quale è un cofanetto contenente
reliquie, murata nella parete sinistra.
M.R.: 19 maggio - A Roma, sulla via Appia, il natale dei santi Calogero e Partenio eunuchi. Il primo era maestro di camera della moglie dell'Imperatore Decio, l'altro primicerio di un altro ufficio: ambedue non volendo sacrificare agli idoli, per ordine del medesimo Imperatore, furono tormentati con vari crudeli supplizi, e finalmente percossi nel capo con un palo infuocato, resero lo spirito a Dio.
M.R.: 19 maggio - A Roma, sulla via Appia, il natale dei santi Calogero e Partenio eunuchi. Il primo era maestro di camera della moglie dell'Imperatore Decio, l'altro primicerio di un altro ufficio: ambedue non volendo sacrificare agli idoli, per ordine del medesimo Imperatore, furono tormentati con vari crudeli supplizi, e finalmente percossi nel capo con un palo infuocato, resero lo spirito a Dio.
Il Geronimiano commemora i due Santi
l'11 febbraio, data confermata da un graffito scoperto nel cimitero di
Callisto. La data esatta è invece il 19 maggio, perché la Passio attuale,
quella perduta e la Depositio Martyrum riportano chiaramente al 19 maggio il
loro dies natalis. Come si spiega allora la data dell'11 febbraio? Si potrebbe
avanzare l'ipotesi che l'autore del graffito abbia voluto ricordare con quella
data il giorno della sua visita al cimitero di Callisto e non il dies natalis
dei due martiri. Quella data poi molto probabilmente entrò erroneamente nel
Geronimiano come dies natalis dei 2 martiri. Si potrebbe anche pensare che l'11
febbraio ricordi la data della traslazione dei 2 martiri in una basilica
romana. A Roma i Santi Calocero e Partenio sono venerati nella chiesa dei Santi
Siro e Silvestro in Campo Marzio. Le loro reliquie furono trasportate in
Francia, e si ha notizia che prima del 1074 fossero venerate nel monastero di
Monte Mauro nella Diocesi di Catalogna.
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