Miniatura carolingia
La scuola franco – sassone[
Santa
Domenica asceta a Como sorella di Santo
Agrippino vescovo della stessa città (nel VI secolo )
Tratto
da
http://borgopiave.diocesi.it/santi%20domenica/anno%202007/maggio%2013%20domenica%202007.htm
Della vita di
santa Domenica, sorella di sant'Agrippino (607-616), vescovo di Como, non
esistono notizie certe. Tutte le circostanze narrate da vari scrittori nel XVI
e XVII secolo sono basate su pure congetture. Si sa per certo che volle serbare
la propria illibatezza e fece voto di castità.
Le sue
spoglie furono conservate nella chiesa del monastero cistercense
dell'Acquafredda, sul lago di Como, per lungo tempo.
Nel 1785,
quando il monastero fu chiuso, vennero traslate a Delebio di Valtellina nella
chiesa che porta il suo nome insieme a quelle del fratello sant'Agrippino.
Ancora oggi
sono oggetto di venerazione da parte della popolazione locale.
Santo Natale
Vescovo di Milano (verso il 751)
Tratto
http://www.santiebeati.it/dettaglio/53100
Secondo gli antichi cataloghi
episcopali della archidiocesi milanese, s. Natale fu il quarantatreesimo
vescovo di Milano, governò sulla cattedra di s. Ambrogio per soli quattordici
mesi, negli anni 746-47, morendo a Milano il 14 maggio del 747 ca.
Venne sepolto nella chiesa di S. Giorgio al Palazzo, chiesa da lui fatta costruire, questo ci è noto grazie ad una epigrafe posta sul suo sepolcro, ancora leggibile nel secolo XVI.
Detta iscrizione, confermava che Natale aveva governato per soli quattordici mesi e diceva che era morto all’età di 72 anni, esaltandone le qualità di buon pastore.
Notizie successive, lo classificano come uomo di grande cultura; aveva in particolare una profonda conoscenza del latino, del greco e dell’ebraico, che è quanto dire per quei tempi.
Fu un tenace oppositore dell’eresia ariana, diffusa da Ario (320), secondo la quale, il Verbo incarnato in Gesù, non è della stessa sostanza del Padre, ma rappresenta la prima delle sue creature; condannata dai Concili di Alessandria (321) e di Nicea (325).
San Natale è celebrato in particolare a Milano il 13 maggio.
Venne sepolto nella chiesa di S. Giorgio al Palazzo, chiesa da lui fatta costruire, questo ci è noto grazie ad una epigrafe posta sul suo sepolcro, ancora leggibile nel secolo XVI.
Detta iscrizione, confermava che Natale aveva governato per soli quattordici mesi e diceva che era morto all’età di 72 anni, esaltandone le qualità di buon pastore.
Notizie successive, lo classificano come uomo di grande cultura; aveva in particolare una profonda conoscenza del latino, del greco e dell’ebraico, che è quanto dire per quei tempi.
Fu un tenace oppositore dell’eresia ariana, diffusa da Ario (320), secondo la quale, il Verbo incarnato in Gesù, non è della stessa sostanza del Padre, ma rappresenta la prima delle sue creature; condannata dai Concili di Alessandria (321) e di Nicea (325).
San Natale è celebrato in particolare a Milano il 13 maggio.
Santo Annone
vescovo di Verona (verso il 780)
Tratto da
http://www.veja.it/2014/01/12/il-vescovo-santannone/
Sant’Annone
fu certamente uno dei vescovi più illustri nella serie dei vescovi veronesi.
Oriundo di nobile famiglia veronese, « Veronensium civium nobilissimo
stemate ortus », fu sacerdote ed annoverato tra i chierici della chiesa
veronese, indi eletto vescovo verso l’anno 750.
Nell’episcopato
rifulse per esimie virtù, per il suo zelo nel promuovere il culto divino e nel
conservare nel suo gregge intemerato il deposito della fede. Nel Ritmo
Pipiniano, forse trent’anni dopo la sua morte, viene celebrato «
Praesul inclitus – proba cujus fama claret de bonis
operibus – ab Austriae finibus terrae usque Neustriae
terminos »: e da Giovanni Mansionario della nostra
cattedrale è detto « vir omni sanctitate et pietate praefulgidus »(1).
Questi elogi nella loro forma indeterminata ci dicono abbastanza chiaro che Annone
molto s’adoperò per la sua chiesa nei circa trent’anni del suo episcopato.
Venendo
a fatti particolari, si attribuisce a sant’Annone la traslazione
della residenza vescovile dalla chiesa di S. Stefano a quella
di S. Maria Matricolare.
Questa,
secondo alcuni nostri scrittori, sarebbe stata da lui edificata per provvedere
all’angustia della vecchia basilica erigendone un’altra «più ampia e
maestosa »; e dicono che ad essa appartenessero le volte sostenute da
colonne di marmo greco, che si veggono davanti alla chiesa di S. Giovanni in
Fonte (2).
Noi
abbiamo già altrove proposto un’altra opinione: ad ogni modo è certo che sant’Annone
ha posto la sua residenza presso a poco dove è attualmente l’episcopio od il
canonicato. La chiesa di S. Giovanni (Battista) in Fonte è
un’altra prova che qui presso era la chiesa cattedrale, come troviamo il
battistero presso la chiesa cattedrale a Roma, a Ravenna, a Firenze. Gli
storici nostri dicono che essa esisteva già nell’anno 760: ruinata essa, forse
per il terremoto dell ‘anno 1117, fu eretta la nuova sotto il vescovo Bernardo:
la magnifica vasca battesimale appartiene al principio del secolo XIII (a).
Un
altro fatto si riferisce di lui, che cioè abbia consacrato la chiesetta della sante
Teuteria e Tosca, come si leggeva in «vetusto Psalmista in ecclesia Ss.
Apostolorum » (3). Alcuni dicono eretta quella chiesa da sant’Annone
medesimo, e precisamente nel luogo, dove si crede vivessero le due sante
ritirate al di là della porta di Gallieno: qualcuno ritiene che sant’Annone
abbia ridotto a chiesa un antico ipogeo romano collocato, come si soleva, «extra
moenia civitatis». Comunque sia, è certo che sant’Annone consacrò quella
chiesa nell’anno 751, e collocò i due corpi in una preziosa urna di
marmo. In seguito e la chiesa e l’urna subirono varie peripezie e
trasformazioni: perciò ora sarebbe difficile sostenere che i corpi ivi
conservati siano precisamente quelli delle due sante Tosca e Teuteria.
Il
fatto più rilevante del vescovo sant’Annone fu l’aver egli ricuperato e
riposto nell’antica loro chiesa i corpi dei due santi martiri Fermo e
Rustico.
La
narrazione diffusa del fatto ci è data da un documento antichissimo, detto
comunemente la Translatio (4), aggiunta alla Passio
Martyrum, benchè d’altro autore. Ora è troppo difficile
determinare l’età del documento: un codice esistente presso la chiesa di S.
Fermo Maggiore appartiene senza dubbio al principio del secolo XI(5):
ma la forma della narrazione e l’analogia esistente tra questa e quella del Ritmo
Pipiniano autorizzano a ritenere che la sua redazione sia di
poco posteriore al fatto; anzi alcuni dei nostri la vollero quasi coeva (6).
Una narrazione più concisa ci vien data dai Versus de Verona, detti
comunemente Ritmo Pipiniano, scritti forse venti o
trent’anni dopo la morte del vescovo Annone.
Altrove
abbiamo veduto come senza dubbio i corpi dei santi martiri vagarono nel secolo
V in regioni, che stavano ad oriente di Verona. Sembra fossero dapprima
nella città di Capri (Capo d’Istria): donde verso la metà del
secolo VIII furono trasportati a Trieste. La notizia di questo trasporto
arrivò sino a Verona; cosa ben verosimile, quando si pensi quanta
venerazione si avesse in quell’epoca alle reliquie dei santi, e particolarmente
quanto fosse venerata in Verona la memoria dei santi Fermo e Rustico.
Il vescovo sant’Annone si recò personalmente a Trieste
insieme a molti del clero e del popolo veronese; ed aiutato anche dalla sua
sorella Maria (Consolatrice) riuscì ad ottenere dai triestini,
forse pagando una buona somma, la restituzione delle preziose reliquie: indi
con grande pompa le riportò a Verona. La traslazione ebbe luogo « temporibus
regum Desiderii et Adelchis », come attesta il Ritmo Pipiniano;
e, siccome Adelchi fu assunto a collega nel regno da suo padre Desiderio
l’anno 759, così la traslazione non deve esser avvenuta prima di quest’anno.
Ricuperate
le preziose reliquie, il santo vescovo pensò a riporle nell’antica chiesa ad
onore dei santi martiri, edificata fuori delle mura della città: «in
basilica, quae a priscis in eorum fuerat honore constructa temporibus »,
come narra la Translatio.
Secondo
un erudito archeologo veronese, Annone avrebbe riattato ad uso di tempio
cristiano un antico tempio pagano. Ma per noi è troppo chiara ed
autorevole la testimonianza della Translatio: del resto,
può esser vero quel riattamento, fatto però non al tempo di Annone, ma «a
priscis temporibus »; forse fin dal secolo IV. Aggiunge la Translatio
che il vescovo ripose quei sacri corpi « sub omni diligentia », e li
collocò «in arca saxea subterranea », oppure, come hanno altri
codici, « in arca saxea in specu subterranea »; i nostri scrittori
pensano che entro l’urna di marmo fosse una cassa di piombo, nella quale erano
rinchiusi i sacri corpi. Aggiunge pure la Translatio che
il vescovo condì le sacre reliquie con aromi, incensi e balsami preziosi, e che
la reposizione fu celebrata con pompa solenne e col concorso di tutta la
cittadinanza veronese. Sulla profusione di aromi odoriferi è ancor più diffuso
il Ritmo Pipiniano: « Quorum corpora et insimul
condidit Episcopus – Aromata, galbanum, stacten et argoico, – Myrrha, gutta et
casia et thus lucidissimum ».
Intorno
all’epoca di questa solenne reposizione furono e sono varie le opinioni dei
nostri scrittori. Il Bagata pensava fosse avvenuta il giorno 22 maggio
dell’anno 755, appoggiato a due iscrizioni, che si leggevano (nel 1576) su due
tavole dietro l’altare dei SS. Martiri (8). Ma queste iscrizioni sono
molto incerte; e d’altronde questa data dell’anno 755 non può conciliarsi con
quella della traslazione a Verona avvenuta dopo l’anno 759.
Altrettanto
si dica dell’opinione del Dionisi nella prima sua parte; secondo il
quale i due corpi nell’anno 755 sarebbero stati collocati nella chiesa eretta
sul luogo del martirio, detta S. Fermo in Braida, poi Crocifisso,
ora distrutta: di là nell’anno 765 con grande solennità sarebbero stati
trasportati nella chiesa detta ora S. Fermo Maggiore, decorosamente
restaurata ed abbellita dal vescovo sant’Annone (9).
Domenico
Vallarsi, recando un’altra iscrizione, che egli lesse, o credette di
leggere, sulla cassa di piombo contenente i corpi dei martiri, sostenne che i
corpi furono riposti nella cassa e nell’arca il 23 marzo dell’anno 765 (10).
A lui
si oppose Luigi Pindemonte, negando l’autenticità di questa iscrizione (11).
Attualmente
sta per questa data e per l’argomento del Vallarsi il ch.mo sac. Antonio
Spagnolo, il quale reca anche l’iscrizione (12). Ma il Troya
già a’ suoi tempi avea sostenuto che il Vallarsi si era allucinato
nell’interpretare quella iscrizione (13), ed anche il ch.mo prof. C.
Cipolla la chiama pretesa iscrizione (14). Per
noi la questione non ha molta importanza: a noi basta averne indicato i
termini e lo stato attuale; del resto, prescindendo anche dall’argomento del Vallarsi,
la data più sicura parrebbe quella dell’anno 765. Nella chiesa cattedrale
già molto prima del secolo XVI nel giorno 22 maggio si celebrava « translatio
Ss. Firmi et Rustici »: assai probabilmente la voce translatio
significava reposizione.
E’
fuor di dubbio che il santo vescovo volle che le preziose reliquie avessero una
sede degna di loro, e rispondente alla venerazione che i fedeli veronesi ebbero
sempre per i loro martiri. La Translatio, dopo aver detto
che il vescovo collocò quei corpi «in arca saxea subterranea »,
soggiunge « cujus operimentum perornavit argento et auro, sed (et) diversis
lapidibus pretiosis ».
Più
ampli dettagli ci dà il Ritmo Pipiniano: «Tumulum
aureum coopertum circundat (Hanno) centonibus (15) – color
interstinctus mire mulcet sensus hominum – modo albus, modo niger inter
duos purpureos »; Oppure, come ha qualche altro codice: «Tumuli
aurei coperclum circumdat preconibus – color serici
distinctus mulcet sensus hominum – modo albus,
modo niger, inter duos purpureus »(16).
Più
laconica, ma eloquente, è la relazione di Giovanni Mansionario: «Ipsa
sanctorum corpora in ecclesia sancti Firmi
Majoris XI kal. junii (Hanno) honorifice sepelivit et
devotissime ».
Tanto
la Translatio, quanto il Ritmo, si
accordano nel magnificare quell’« operimentum» o «coperclum »,
che sant’Annone pose sopra il tumulo dei due santi, il quale doveva essere
assai prezioso e per materia e per arte. Pare fuor di dubbio che questo «
operimentum» dovesse essere una specie di baldacchino, quale fin
dai primi tempi si costumava porre sopra le tombe dei Martiri, e che perciò si
diceva « martyrium, confessio»(17), una specie di ciborio,
quale avea posto S. Gregorio Magno sul sepolcro di S. Pietro,
e quale abbiam veduto posto sull’altare di S. Giovanni Battista nella
basilichetta di S. Giorgio di Valpolicella. Però questo ciborio
eretto sopra l’urna dei santi Fermo e Rustico, a quanto pare, non
poggiava sopra colonnette, ma sopra muriccioli di pietre preziose con oro ed
argento.
Il Ritmo
aggiunse che questo «operimentum » avea pure un ornamento di seta a
diversi colori, ed era contornato « preconibus »(18). Alcuni
dei nostri scrittori opinano (e vorrebbero) che questo drappo serico a vari
colori circondato « preconibus », cioè con figure di « precones
», fosse il così detto Velo di Classe, che sant’Annone
coadiuvato dalla sua sorella Maria avrebbe fatto lavorare e stendere
come ornamento prezioso attorno e davanti al « martyrium » sovrapposto
all’urna dei santi Martiri. Tesi un po’ difficile(19); ma non
rigettata dal ch.mo nostro prof. Carlo Cipolla (20). Noi
non discutiamo la tesi: la proporremo insieme con le altre trattando del Velo,
nel capo col quale chiuderemo l’epoca prima di questi Cenni storici.
Dell’episcopato
di sant’Annone non abbiamo altri particolari: nei primordi di lui dovrebbero
esser avvenuti quei litigi tra i chierici della chiesa veronese, dei quali
abbiamo dato un cenno altrove; ma non ne conosciamo la materia.
E’
cosa difficile definire l’anno della morte di S. Annone. Il can. Dionisi,
che in una delle sue opere pubblicata l’anno 1758 lo dice morto tra gli anni 760-770(21),
in altra pubblicata l’anno 1786 dice che passò a godere il centuplo in paradiso
il giorno 23 maggio dell’anno 782(22).
Il Panvinio
dice che Annone era vescovo, quando Carlo Magno si impadronì
dell’Italia; il che avvenne l’anno 774: il Libardi aggiunge che sant’Annone
ottenne da Carlo Magno la conferma dei privilegi vigenti sotto il
dominio dei Longobardi (23).
Il
nostro Stato personale pone la fine dell’episcopato l’anno
772. Secondo l’Ughelli e Panvinio « Anno (= Annone)
praesul optimus caelum ascendit X kal. junii (23 maggio) circa annum
780 »(24). Crediamo che questa sia la data più sicura e quanto
all’anno, e quanto al giorno. Il Carpsum nel giorno X kal.
jun. segna: « assumptio S. Annonis epis. »; ed il suo commentatore
ne assicura che questa voce « assumptio » indica il passaggio del
vescovo dalla vita terrena alla celeste (25).
Il corpo
di sant’Annone fu sepolto nella chiesa di S. Maria Matricolare: da
essa fu più tardi trasportato nella chiesa cattedrale eretta sotto il vescovo Ogniben,
ed ora riposa sotto l’altare di sant’Andrea, detto anche dei Maffei.
Sull’urna fu posta un’epigrafe, che oggi è nascosta dietro l’altare e
divisa in tre parti; la prima sta sul lato destro, la seconda sul sinistro, la
terza « in fronte ad pedes ». La riportiamo quale essa è:
+
VERONE PSVL CELI QI FVLGET IN ARCE –
+ Hl SITE
ANNO SCS PATER ICLIT VRBIS –
FVT B AN CCA ANN D DCCLX
La
quale iscrizione sciolta si legge (26):
+ VERONE
PRAESUL COELI QUI FULGET IN ARCE –
HIC SITUS EST ANNO SANCTUS PATER INCLITUS VRBIS –
FUIT BEATUS ANNO CIRCA ANNVM DOMINI DCCLX.
Nelle
prime due parti così ce la dà tradotta il can. Jacopo Dionisi:
« Di
Verona il Pastor, l’inclito Padre /
Della cittade, Santo Annone, giace /
Col corpo suo, con l’Alma in Ciel rifulge ».
Una
leggenda del secolo XV riferisce che sant’Annone ebbe una sorella, santa
essa pure, di nome Maria (Consolatrice), o Consolata.
Essa avrebbe avuto gran parte nella ricuperazione dei corpi dei Ss. Martiri
Fermo e Rustico, stimolata a ciò da una visione, nella quale conobbe che
solo con la ricuperazione di queste sacre reliquie si sarebbe ottenuto il
beneficio della pioggia allora tanto sospirata (27). Si dice sia
morta il giorno 1 di agosto di un anno incerto: nella nostra Chiesa se ne
celebrava la memoria nel giorno 11 dello stesso mese, ora nel giorno 1 con rito
semplice. Fu il vescovo Tebaldo, che nell’anno 1320 espose alla pubblica
venerazione il corpo della santa, come apparisce dalle iscrizioni metriche
poste più tardi sul suo sepolcro (28):
«SOLARE
PROPRIIS MERITIS CEV NOMINE FVLGES
VERONAE
POPVLVM FELICEM QUO TRAIS ORTVM
O
CONSOLATRIX COGNOMINE DICTA MARIA
VIRGO
RESTAVRATRIX POPVLI QVAM VERA SOPHIA
CONFOVET
IN COELI RADIIS SPLENDORE FIDELI
VERONAM
SERVA MERITIS PIETATE GVBERNA
HOC
TVMVLO PRAESUL CONDIT TVA MEMBRA THEBALDVS
ANNIS
BIS DENIS DOMINI CVM MILLE TRECENTIS
LVCE
DEI PRIMA MENSIS QVI IVNIVS ALTVS
DlCITVR
A LVCIS SPATIO MISERERE PETENTIS
FVLGET
TVNC EADEM LVX INCLYTA MENSIS ET ANNO
CVM
PRAESUL SANCTAE MEMORATVS CONSECRAT ARAM
LVCE
QVATER DENA SVPERAVCTVS PARCITVR ANNVS
IAM
BENE CONTRITIS ANNALIS IN OCTO DIEBVS
HIC
CONSOLATRIX REQVIESCIT SANCTA MARIA »,
Presso
la cattedrale esiste una chiesetta, che era dedicata ad onor di Maria
Consolatrice, ed esisteva almeno dal secolo X. Secondo alcuni, essa
era dedicata a Maria SS. sotto il titolo Consolatrice; secondo
altri alla santa sorella del vescovo Annone (29).
Il
corpo di questa santa, che una volta riposava in questa chiesetta, nell’anno
1808 fu trasportato nella cattedrale presso l’altare di sant’Agata, e la
chiesa (fino allora parrocchiale) fu rivolta ad usi profani (30).
NOTE
1 –
GIOVANNI Mansionario, Historia imper. Manoscritto della
Capitolare.
2 –
Dionisi, Biancolini, Simeoni, ecc. – Vedi anche l’opuscolo del compianto nostro
collaboratore sac. ANT. SPAGNOLO, Per la storia dei vescovi di Verona –
S. Annone pag. 6.
3 –
BAGATA e PERETTI, SS. Epp. Veron. Monum. pag. 5 v.
4 – Si
trova presso MAFFEI, Istoria diplomatica pag. 311; RUINART, Acta
Martyrum sincera, pag. 548 (Ed. Verona 1731).
5 –
CIPOLLA, Il Velo di Classe, pag. 54. Vedi anche Storia di Verona, pag.
58.
6 –
BIANCOLINI, Chiese di Verona, VIII. 123-140; dove egli dà una minuta
esposizione della traslazione e della riposizione.
8 –
BAGATA e PERETTI, Op. cit. pag. 17 v. – Questa è pure la data, che
leggiamo tuttora nel breviario, Proprium Dioec. Veron. al giorno 9
agosto.
9 –
DIONISI, Dei Santi Veronesi pag. 17, 229.
10 –
VALLARSI, Sacre ant. iscrizioni … Manifesta e categ. risposta … La realtà e
lettura delle sacre iscrizioni (Verona 1759, 1762, 1763).
11 –
PINDEMONTE, Sacre iscrizioni lette dal Vallarsi dimostrate ideali (Verona
1762).
12 –
SPAGNOLO, Op. cit. pag. 9.
13 –
TROYA, Codice diplom. longob. V. Num. 449.
14 –
CIPOLLA, Fonti edite per la storia della Regione Veneta, pag. 125.
15 –
Questa voce fu posta arbitrariamente dal Maffei, persuaso che la voce
«preconibus» non avesse senso. Anche BIANCOLINI, Dei Vescovi Diss. I. pag.
4 accettò la voce « centonibus ».
16 –
Questa è la lezione di LUD. TRAUBE, Karol Forsch. pag. 128, presso
CIPOLLA, Il Velo di Classe, pag. 55.
17 –
BIANCOLINI, Chiese di Verona, VIII. pag. 129, seg.
18 – La
voce «praeco» si spiega per predicatore e giudice. Du CANGE, Glossarium ad
v. Proeco (ed. Fabre), presso CIPOLLA, Il Velo di Classe, pag.
56.
19 –
Oltre il P. Mauro Sarti, la sostennero Dionisi, Biancolini, Cenci ed
altri. Ne riferiremo gli argomenti nell’ultimo capo di quest’epoca
prima.
20 –
CIPOLLA Il Velo di Classe pag. 56, e Storia polit. di Verona pag.
58.
21 –
DIONISI De Aldone et Nottingo pag. 2 (Veronae 1758).
22 –
DIONISI Dei Santi Veronesi pag. 230 (Verona 1796).
23 –
Presso SPAGNOLO Opusc. cit. pag. 10
24 –
UGHELLI Italia sacra Tom. V. col. 702, sequ.
25 –
SPAGNOLO nel Bollettino eccles. Anno 1915 pag. 89.
26 –
Presso DIONISI Dei Santi Veronesi pag. 231; CAPPELLETTI Chiese
d’Italia pag. 751.
27 – BAGATA
Ss. Epp. Veron. Antiqua Monum, 55 v. seg.
28 –
Presso BIANCOLINI Chiese di Verona II. 456; 8AGATA Op. cit. 27 v.
29 –
8IANCOLINI Chiese di Verona II. 455, VIII. 220.
30 – G.
TURRI Cenni intorno alla vita di S. Maria Consolatrice (Verona
1881).
Riporta
in italiano l’iscrizione posta sull’urna della santa (alla pag. 5).
ANNOTAZIONI
AGGIUNTE AL CAP. XVIII (a cura di A. Orlandì)
(a)
pago 131. – Quanto alla questione della Cattedrale si osserva prima di tutto
che il vocabolo “cattedrale” venne in uso dopo il Mille. Il vescovo Raterio
verso l’anno 966-67 parla di “Ecclesia mater”, nel senso di chiesa principale
dove officiava il vescovo (RATHERIUS, Synodica in Opera, Verona,
1765, col. 421).
Quanto
al senso di “chiesa principale” in cui celebra il vescovo, in forza delle
scoperte archeologiche nell’area del canonicato e di S. Elena, sembra di dover
concludere che in quest’area fin dai tempi di S. Zeno fu la prima chiesa e
quindi la sede del vescovo. Nel periodo longobardico, quando erano stati
distrutti gli edifici nell’area prericordata, il vescovo certamente celebrò la
liturgia in altre chiese, che poterono essere S. Stefano o S. Pietro in
Castello o altre. Ma nel secolo VIII, appena fu possibile, si fece
ritorno alla sede antica. Non si deve d’altra parte ignorare l’importanza che
ebbe la chiesa di S. Stefano, come chiesa cimiteriale, che accolse le spoglie
di molti vescovi e forse dei primi cristiani di Verona, cioè di quelli che
furono nella nostra città i primi “testimoni” della fede e perciò degni di ogni
venerazione, anche se non finirono la vita con morte violenta per azioni di
persecuzione.
Fonte:
srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume
I
Consultare anche
http://www.treccani.it/enciclopedia/santo-annone_(Dizionario-Biografico)/
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