domenica 20 maggio 2018

20 Maggio Santi Italici ed Italo greci


 
 Anche l'icona della Vergine detta «Salus populi romani» è attribuita per tradizione al pennello di S. Luca ed è stata variamente datata tra il V e il XII secolo. L'immagine si trova nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Fino al secolo XVI era posta in un'edicola alla sinistra dell'altare maggiore, poi fu trasportata con grande solennità da papa Paolo V nella cappella della sua famiglia, dove ancora oggi si trova sopra un bellissimo tabernacolo progettato da Gerolamo Rainaldi. Con quest'atto Paolo V volle incrementare il culto mariano nella più grande chiesa di Roma costruita in onore della Vergine, motivandone l'impresa, come dice nella bolla pontificia «per l'aiuto ricevuto dalla Vergine in molti difficili frangenti, per la sua particolare devozione e per i miracoli attribuiti a quell'immagine». La Vergine che tiene sul braccio sinistro il Figlio, doveva emergere maestosa su un fondo aureo ormai sbiadito. Ha indosso il «maphorion» e ai lati dell'aureola c'è l'iscrizione greca. Nell'atto di sostenere il figlio incrocia i polsi e con la mano sinistra regge la mappula, mentre la destra ha pollice, indice e medio allungati ad indicare la Trinità; l'anulare e il mignolo piegati indicano la natura umana e divina del Figlio. Il codice che il Bambino regge sulle braccia è una novità rispetto all'iconografia usuale che prevedeva il rotolo ed è forse un'aggiunta posteriore.


Santa Plautilla santa vedova cristiana del I secolo
Tratto da
https://it.wikipedia.org/wiki/Plautilla

 Santa Plautilla (... – Roma, 67) è ricordata dalla come una vedova vissuta nel I secolo, talvolta considerata martire al tempo delle persecuzioni di Nerone.

Biografia

Le notizie relative alla santa sono scarse e contraddittorie: la più condivisa sostiene che Plautilla era una giovane vedova di Roma, rimasta colpita dalle prediche degli apostoli nella Città Eterna e fattasi battezzare dallo stesso San Pietro. Assistette in seguito, probabilmente insieme ad un gruppo di donne cristiane (quasi certamente insieme alle sante Bassilissa e Anastasia), all'esecuzione dell'apostolo Paolo decapitato sulla Via Ostiense, presso Roma.
Venne molto probabilmente martirizzata durante le persecuzioni scatenate a Roma dall'imperatore Nerone (54-68), forse nell'anno 67, poco dopo la morte di Pietro e Paolo.
Secondo un'altra versione, Plautilla sarebbe da identificare nella moglie dell'imperatore Vespasiano e quindi nella madre della santa Flavia Domitilla, esiliata dall'imperatore Domiziano (81-96) per la sua fede in Cristo. Questa teoria, che non ha conferma storica, è assai improbabile poiché gli antichi storici hanno visto in Flavia Domitilla minore la madre della santa omonima.

Santa Aurea di Ostia martire sotto Diocleziano nel 304

Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/54110
E' commemorata nel Martirologio Geronimiano il 20 maggio coll'indicazione topografica in Ostia e il 22 agosto con quella in Portu Romano. Nel Martirologio Romano invece è ricordata il 24 agosto con un breve elogio tratto dalla passio. In realtà esisteva ad Ostia una chiesa dedicata ad Aurea che Sergio I (m. 701), Leone III (m. 816) e Leone IV (m. 855) fecero successivamente restaurare, ma della santa non si hanno notizie storicamente sicure e quelle contenute nella sua passio e in quella di Censorino sono assolutamente false. In breve possono così sintetizzarsi le tradizioni agiografiche concernenti Aurea: al tempo di Claudio ella fu arrestata ed interrogata dallo stesso imperatore, e dopo essere stata torturata, fu esiliata ad Ostia e confinata nei suoi possessi. Ma, di nuovo arrestata, Aurea fu ancora tormentata e infine gettata in mare con una pietra al collo. Il suo corpo, portato a riva dalle onde, fu sepolto da Nonno il 29 agosto di un anno imprecisato. L'antica chiesa di Sant'Aurea, ingrandita verso la fine del 1400, quando Baccio Pontelli costruì il castello e la incluse nella cinta di difesa, è oggi la chiesa cattedrale della diocesi suburbicaria di Ostia.



Santo Anas.tasio Vescovo di Brescia (verso il 610)

Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/54180

La vita di Anastasio è pressocché ignota: troviamo il suo nome dopo quello di san Paterio nella lista dei vescovi di Brescia, redatta nel IX sec. da Ramperto. La sua elezione sembra sia avvenuta al tempo della morte di Gregorio Magno (604) o poco dopo. Non è molto probabile la notizia data da Marco Massimo, vescovo di Saragozza, secondo cui Anastasio si sarebbe recato a predicare il Vangelo in Africa e in Spagna. Comunque, secondo quanto affermano tutte le leggende locali, Anastasio tornò a Brescia e vi morì verso il 608. Gli è attribuita la fondazione della cattedrale di San Pietro, distrutta poi agli inizi del IX sec. e in seguito riedificata.
Il corpo di Anastasio fu sepolto nella chiesa di Santo Stefano in Brescia e poi, nel 1581, fatto traslare da san Carlo Borromeo nella cattedrale di San Pietro, donde nel 1604 fu portato nella cattedrale iemale di Santa Maria, detta la Rotonda

Tratto(con relativa bibliografia) da
http://www.treccani.it/enciclopedia/santo-anastasio_(Dizionario-Biografico)/
Ventiquattresimo (secondo alcuni autori, ma erroneamente, venticinquesimo) vescovo di Brescia, vissuto tra la fine del secolo VI e il principio del VII. Nella lista episcopale inclusa in un sermone del vescovo Ramperto (catalogo che risale al secolo IX, nonostante lo scetticismo del Cappelletti, il quale ne abbassa la data, senza ragione apparente, al 1185) è ricordato dopo Paterio e prima di Domenico, sicché il suo presulato si colloca tra la morte di s. Gregorio Magno (12 marzo 604) e il 608.
Le notizie biografiche su A. sono scarse e contraddittorie. Secondo il Faino, che non dà però alla notizia il suffragio di fonte alcuna, sarebbe vissuto a Roma come discepolo di Gregorio Magno e questo stesso pontefice lo avrebbe innalzato alla sede vescovile bresciana nel 604, per designazione della regina Teodolinda. Sui rapporti amichevoli tra A. e la regina sono tornati anche autori più recenti, fino ad attribuire a questo vescovo la consacrazione del battistero eretto a Brescia dalla pietà di Teodolinda: è tuttavia più probabile che tale amicizia e l'episodio del battistero vadano riferiti al successore di A., s. Domenico, se non addirittura a s. Felice, salito sulla cattedra bresciana dopo Domenico.
La Historiola di Rodolfo notaio, compilazione cronistica di avvenimenti che riguardano la città lombarda dal 774 all'865, scritta nel secolo XI, ricordando, sotto l'anno 800, l'incendio della locale basilica di S. Pietro, avvenuto nel marzo di quell'anno, afferma che il tempio era stato edificato dal vescovo A. "pro mercede Ariane hereseos de qua triumphaverat"; la fonte, che il Biemmi giudica di gran peso, è completamente svalutata dal Savio: comunque è certo che sulla notizia della Historiola, piuttosto sibillina, gli storici locali hanno lavorato molto di fantasia, e riprendendo una affermazione del Caprioli (secolo XVII), non corroborata da fonte alcuna, hanno attribuito ad A. un viaggio missionario in Africa, sviati probabilmente dall'accenno all'eresia ariana, che deve invece interpretarsi come un contrasto religioso e politico tra la popolazione locale cattolica e i dominatori longobardi, per buona parte ancora seguaci dell'arianesimo (il futuro re Rotari, ariano, era stato, prima di salire al trono, duca di Brescia). Ancor più fantastica sembra la notizia della predicazione che A. avrebbe svolto in Spagna, sostenuta dagli eruditi bresciani dei secoli scorsi con l'autorità di Massimo vescovo di Saragozza: ma è improbabile che fosse loro nota l'opera perduta di Massimo, mentre non si trova il minimo accenno a tale notizia nel Chronicon che va falsamente sotto il suo nome. Un catalogo episcopale pubblicato dal Gradenigo e che risale probabilmente ad epoca più tarda di quella sostenuta dall'editore (il Cappelletti lo attribuisce al secolo XIV) ne ricorda la deposizione nella chiesa di S. Stefano in Arce o in Castello, dove furono sepolti anche i suoi predecessori Dominatore e Paolo e il suo successore Domenico. Nel 1581 s. Carlo Borromeo, visitatore apostolico nella diocesi di Brescia, ne promosse la traslazione nel duomo estivo (S. Pietro de Doni, la basilica che sarebbe stata innalzata dallo stesso A.); nel 1604, demolita questa chiesa per l'erezione del duomo nuovo, le reliquie del santo vennero nuovamente traslate, questa volta nel duomo iemale, o duomo vecchio, conosciuto con la denominazione di Rotonda.
Venerato quale santo dalla liturgia locale, come tutti i vescovi bresciani dal secolo IV a Diodato (fine del secolo VII), A. è commemorato anche nel Martirologio Romano.







Santo Teodoro vescovo di Pavia (verso il 778)
Martirologio Romano: A Pavia, san Teodoro, vescovo, che patì l’esilio al tempo della guerra tra Franchi e Longobardi.

Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91286

S. Teodoro fin dall’infanzia fece parte del clero pavese: prima arciprete, poi arcidiacono e infine vescovo di Pavia nel 740.
I primi anni del suo episcopato furono turbati dalla guerra tra i Franchi e i Longobardi, culminata con l’assedio di Pavia del 754, che durò dieci mesi. Per motivi non ancora chiari fu esiliato, ma ritornò alla propria sede dopo la vittoria definitiva di Carlomagno. Numerose leggende fiorirono attono alla sua vita: fu eletto per designazione angelica; difese la città di Pavia dall’occupazione delle truppe franche; deviò una freccia che stava per colpirlo, rivolgendola verso l’attentatore stesso, un parente di Carlomagno, per poi risuscitarlo.
Morì attorno al 769. Fu deposto nella basilica di S. Agnese, che in seguito fu a lui intitolata. Con S. Siro e S. Agostino è patrono della città di Pavia.

Tratto da
http://ricerca.gelocal.it/laprovinciapavese/archivio/laprovinciapavese/2009/03/14/PT2PN_PQ701.html
Non solo Sant'Agostino o San Siro. A Pavia sono conservate centinaia e centinaia di spoglie e reliquie di altri santi. E dietro ogni santo c'è una diversa storia. Per conoscerli meglio, questi 'altri" santi di Pavia, abbiamo intrapreso un viaggio. Che è partito da San Gervasio e Protasio, toccato Sant'Enneodio e San Lanfranco e adesso si ferma a raccontare San Teodoro.

di Sisto Capra
E' una mattina della primavera dell'anno 774 e sta per compiersi il destino di Pavia Longobarda. Il re Desiderio, l'ultimo successore della schiatta di Alboino, dall'alto di una torre osserva, con crescente apprensione, il progressivo addensarsi dell'esercito dei Franchi sotto le mura della capitale. Nel folto della sterminata armata coperta di ferro lampeggia la lucida corazza del re Carlo Magno. Da dieci mesi gli assedianti premono, ma più che le armi longobarde sembra respingerli una micidiale forza spirituale. Eppure quel giorno si spalancano porte e mura e Pavia cade senza colpo ferire. Ma chi la sconfigge davvero? Quasi tredici secoli dopo, una verità storica non esiste. Due leggende contrapposte continuano a fronteggiarsi, la verità dei Franchi e quella dei Longobardi. Il 'giallo", se cosi lo si può chiamare, ruota intorno alla figura di San Teodoro, il ventunesimo vescovo di Pavia, sepolto sotto l'altare della splendida basilica romanica a lui intitolata. «Finanche le cloache impallidiscono al lampeggiare del ferro dei Franchi, mentre un confuso clamore scorre tra il popolo di Pavia. 'Il ferro! Ahinoi il ferro!". Né per i Pavesi i tormenti sono terminati: essi devono assistere di li a poco a una stupefacente dimostrazione di abilità ed efficienza degli architetti franchi: una chiesa che normalmente sarebbe stato impossibile costruire in un anno intero, sorge in poche ore, completa di muri e di tetti, di soffitti a cassettoni e di pitture. (Un edificio che gli storici pavesi hanno poi identificato, senza una precisa ragione, con la chiesa di Santa Sofia)». E' il racconto fantasioso lasciatoci nell'ultimo decennio del decimo secolo da Notchero Balbulo, monaco di San Gallo, agiografo di colui che a Natale dell'800 sarà incoronato dal pontefice Sacro Romano Imperatore. «Il racconto - osserva lo storico Aldo Settia nel secondo volume della 'Storia di Pavia", edita dalla Società Pavese di Storia Patria a cura della Fondazione Banca del Monte - si presenta come una deformazione favolosa, concepita ad esaltazione dei Franchi, nella quale i Longobardi appaiono ridicolizzati non solo dalla potenza militare, ma anche dalle capacità tecniche dei loro nemici». Della caduta di Pavia abbiamo però anche una seconda versione completamente diversa, di parte longobarda. La leggiamo nella 'Cronaca di Novalesa", opera di un ignoto cronista di Breme nel secolo XI. Una versione che elegge protagonista, nel bene e nel male, San Teodoro. Secondo questa tradizione, le porte di Pavia si aprono prodigiosamente ai Franchi soltanto dopo che è spirato il vescovo Teodoro. Carlo Magno stesso sapeva bene del celeste impedimento e per mesi non ha osato forzare il corso degli eventi. Ma ora il destino è compiuto; non appena il sant'uomo è salito al cielo accompagnato dal pianto del suo popolo, la figlia di re Desiderio è colta da improvviso e violento amore per il re dei Franchi tanto da correre al suo campo e consegnargli le chiavi di Pavia. Allora il figlio del sovrano longobardo, Algisio, svegliato dallo scalpitio dei cavalli nemici, abbatte valorosamente con la spada in pugno tutti i Franchi che tentano di entrare, ma il padre gli proibisce di continuare la difesa perché «ciò che succede è volontà di Dio». Mentre Desiderio viene preso e accecato, il figlio si salva con la fuga; in seguito ritornerà travestito a Pavia, ormai divenuta sede della corte di Carlo Magno, per spiarvi il vincitore sedendo in incognito addirittura alla sua mensa. Algisio o Adelgiso non è altri che Adelchi, il protagonista della tragedia di Alessandro Manzoni. Teodoro assume dunque un posto di rilievo nella storia fantastica di Pavia ed è un protagonista obbligato nella galleria dei santi pavesi. La Chiesa lo venera : con San Siro e Sant'Agostino, è patrono della città. Di lui però si sa poco. Nulla della sua famiglia. Guida la diocesi all'incirca dal 740 alla seconda metà dell'ottavo secolo, succedendo a San Pietro I, di cui si conosce invece esattamente il periodo di episcopato: dal 723 al 740. Teodoro sin da giovane fa parte del clero pavese: prima arciprete, poi arcidiacono, infine vescovo. I primi anni del suo episcopato sono turbati dalla guerra tra i Franchi e i Longobardi. Dopo la conquista franca, racconta il Martirologio Romano, «per motivi non ancora chiari egli viene esiliato, ma poi torna alla propria sede dopo la definitiva vittoria di Carlo Magno». Numerose leggende fiorirono intorno alla sua vita: fu eletto per designazione angelica; difese Pavia dall'occupazione delle truppe franche; deviò una freccia che stava per colpirlo rivolgendola contro l'attentatore stesso, un parente di Carlo Magno, per poi resuscitarlo. Le sue spoglie vennero traslate probabilmente dalla chiesa di San Giovanni in Borgo alla cripta a lui dedicata nella chiesa di Sant'Agnese, poi a lui intitolata. Le tappe fondamentali della vita di San Teodoro sono raccontate in dodici quadri realizzati nel 1514 sulla parete settentrionale del transetto della basilica. La collocazione della chiesa in una zona popolare è forse la ragione per cui essa è rimasta ingiustamente a lungo fuori dagli itinerari storico-artistici della città. Nonostante i suoi tesori, nonostante quell'affresco 'Veduta di Pavia" di Bernardino Lanzani, che è una delle opere d'arte da ammirare. «San Teodoro - scrive Luisa Erba nel volume dedicato alle chiese di Pavia - fu edificata nella seconda metà del secolo XII sulla preesistente chiesa altomedioevale di Santa Agnese e ricostruita in forme romaniche probabilmente per la necessità di accogliervi le spoglie del santo vescovo». A San Teodoro dedica un paragrafo Opicino de Canistris nel 'Libro delle lodi della città di Pavia" (1330, traduzione dal latino e note a cura di Delfino Ambaglio): «Nella chiesa di Sant'Agnese, vergine e martire, riposa il corpo di San Teodoro vescovo, che dietro suggerimento di un angelo fu scelto da Desiderio re dei Longobardi per i meriti della predetta vergine. San Teodoro per nove anni con le sue preghiere difese Pavia dall'assedio di Carlo re dei Franchi. Resuscitò un nipote di questi che era morto per essere stato colpito alla gola da una freccia. Ecco la santa resurrezione del giovane soffocato, mentre allo stesso modo intercedevano le preghiere sia di Teodoro che di Agnese, affinché non andasse perduta la verginità di Pavia. 'Gli empi mi insidiano per rovinarmi", disse, e ne risanò i compagni sbigottiti. E al re diede un segno certo della sua morte. San Leone papa, spinto dall'annuncio di un angelo e venendo a Pavia prima che questi (Teodoro, ndr) morisse, come gli aveva promesso, lo fece seppellire in quella chiesa». Pavia vergine, perché? «Il motivo della verginità - annota Ambaglio - è da interpretare nel senso che qui non sarebbe mai stato versato sangue di martiri».

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