Vita e fatti del nostro santo padre Giovanni Theresti
Questo nostro santo padre Giovanni Terestì era di Calabria, dalle parti
di Stilo, figlio di genitori cristiani nobili e ricchi; e suo padre era
arconte di un villaggio chiamato Cursano; sopraggiunti un tempo alcuni
barbari per mare con navi dall’isola di Sicilia contro la detta regione e
devastando e saccheggiando molte città e villaggi, annientarono anche
il predetto villaggio di Cursano, e uccisero il padre del santo, ma
portarono prigioniera nella loro terra, nella città di Palermo, la madre
che era incinta; lì uno dei capi di quelli la prese come sua sposa. Ma
quando partorì e generò questo venerando fanciullo, la madre lo allevava
nell’educazione e nella legge del Signore; mentre il marito di quella
lo abituava ai suoi barbarici costumi. Ma quando giunse a quattordici
anni gli disse la madre: “Sappi, figlio, che questa non è la nostra
patria, né questo è tuo padre; ma sei figlio di un nobile; ed io fui
condotta qui prigioniera di guerra; e tuo padre venne ucciso da questa
gente barbara in Calabria nostra patria, nel nostro villaggio di
Cursano, presso lo Stilaro, lungo il fiume sopra il monastero del luogo
chiamato Rodo Robiano sotto il monte di Stilo; e in quel villaggio è il
nostro palazzo e lì abbiamo nascosto i nostri tesori”: e gli indicava il
luogo dove li avevano nascosti…
[La madre insegna a Giovanni la necessità del battesimo e gli consegna
una croce che cela ai Saraceni. Il giovane fugge dalla Sicilia e giunge a
Stilo, dove il vescovo lo sottopone a dure prove, infine...] lo
condusse in chiesa con molto e grande onore, e lo battezzò e lo chiamò
con il suo nome di Giovanni e lo teneva con sé dei giorni opportuni per
catechizzarlo e gli insegnò le verità della fede. E in quei giorni
entrando spesso il santo in chiesa osservava molte immagini di
differenti santi; e domandava a quello: “Di chi è questa immagine? e
quest’altra di chi è?”…
Venuto all’immagine di san Giovanni Battista, chiedeva: “E questo chi è,
vestito di pelle di cammello?”, gli risposero: “Questo è san Giovanni
Battista, che tu devi prendere a modello: tu, infatti, ti chiami
Giovanni come questo santo; per questo devi imitarne la vita”.
Invitatili a spiegarli la vita di questo santo, e gli dissero che questo
santo vagava nel deserto, e gli narrarono il resto della sua vita. Ed
egli sentitolo fu pieno di amore divino, e presentatosi dal vescovo,
chiese licenza di recarsi in un deserto, ove potesse raggiungere la
quiete e salvare la sua anima; e gli indicarono sul monte a settentrione
un luogo selvoso distante due miglia, dove c’era un cenobio, dicendo:
“In quella casa abitano alcuni monaci che osservano la vita e la regola
del grande Basilio”. Andato in santo giovane in quel luogo trovò due
santi padri, Ambrogio e Nicola.
[Respinto dai monaci, si impone loro per la fortezza della determinazione, e viene infine accolto nel cenobio.]
Dopo non molto tempo si ricordò il santo delle parole che gli aveva
dette la madre, e rivelò tutto a quei santi padri, e che egli era di
quella regione, del villaggio devastato di Cursano, figlio del nobile
che era stato ucciso dai barbari, e i tesori nascosti dove era il suo
palazzo, e il resto.
Un giorno dunque il santo, preso con sé uno di quei santi padri,
andarono nel detto luogo e cercarono i suoi tesori; e avendoli trovati,
distribuirono tutto ai mendicanti, secondo la regola del loro padre il
grande Basilio.
[Un nobile offende Giovanni, e viene punito con un fuoco nelle viscere;
per le preghiere della madre di quello, il santo lo guarisce; essi
donano al monastero un campo che dall’episodio prende il nome di
Pirito.]
C’era un nobile in Robiano, che ora si chiama Monasterace, che era
benefattore del monastero, e ogni anno usava donare ai santi padri ciò
che fosse loro necessario. Voleva una volta il santo Giovanni recarsi da
lui, nel mese di giugno e nel tempo della mietitura; prese con sé un
piccolo vaso di vino e poco pane e andava. Giunto nei luoghi chiamati
Muturabulo e Marone, vide una turba di mietitori che mieteva i campi del
detto nobile, i quali, visto il santo, cominciarono a dileggiarlo e
deriderlo; ma quello avvicinatosi li abbracciava, e invitandoli diede da
mangiare e bere a tutti del pane e del vino che aveva, e tutti si
saziarono, e il pane e il vaso non diminuirono. Visto questo, il santo
si gettò a terra ringraziando Dio, e mentre pregava si levò il vento e
iniziò a piovere. Tutti i mietitori fuggirono sotto gli alberi. Solo il
santo rimaneva a pregare. Terminata la preghiera, vide quei campi
mietuti e tutti i covoni legati, e tornò al suo monastero. Cessata la
pioggia vennero di nuovo i mietitori a completare il loro lavoro; e
trovarono tutto ormai mietuto e legato; ma non videro il santo; ma si
recarono a casa del padrone per ricevere il salario, cantando e danzando
per strada. Fattosi loro incontro per strada il padrone cominciò a
rimproverarli e svillaneggiarli dicendo loro: “Stolti e pazzi, perché
fate ciò? chi vi ha insegnato a lasciare il lavoro a mezzodì in un
giorno di mietitura?”, e risposero a lui: “Signore, è tutto mietuto e
legato”. Egli disse: “Come è possibile ciò, se neppure per domani mi
basterebbero trecento altri mietitori?”, e quelli confermavano quanto
detto, che il tutto era andato così. Li interrogò dicendo: “Avete preso
forse qualche altro aiuto?”; risposero: “Non abbiamo avuto altro aiuto
se non un monaco del monastero, che venne da noi e ci diede da mangiare e
bere, poi non l’abbiamo visto più”. Allora disse quel signore: “Questo
monaco per grazia divina ha mietuto i miei campi ed io voglio che questi
campi siano suoi”: e consacrò al monastero i detti luoghi di Muturabulo
e Marone. Il monastero li ha e possiede fino ad oggi; e per questo
miracolo il santo fu chiamato Therestì.
Un nobile di nome Ruggero, figlio del sovrano del paese, aveva sul volto
una ferita inguaribile, che non poteva venire curata da alcun medico.
Questi, ascoltata la fama di questo santo, che compiva molti prodigi e
curava molti da diversi e vari morbi, e cacciava molti demoni dagli
uomini, speranzoso andò da lui; e lo trovò che era uscito da questa
vita, e ne giacevano le spoglie; e caduto a terra ai suoi piedi, lo
invocava a lungo dicendo: “O beato Giovanni, ti prego, non per grazia
mia, ma per la tua virtù e bontà; supplica il pietoso Dio per me perché
mi liberi da questo morbo del volto”, e così avendo detto prese il lembo
della veste del santo e con quello si nettò il volto, e subito venne
liberato da quella malattia, e sul volto non rimase alcun segno. Visto
ciò quel nobile e altri miracoli che avvenivano di fronte a lui,
glorificò Dio e questo san Giovanni Terestì, e per il beneficio ottenuto
restaurò tutto il monastero e la chiesa, e vi consacrò molte terre e
ricchezze, che il detto monastero ha e possiede fino ai giorni nostri.
autore: ULDERICO NISTICO'
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