Sinassario dei Santi italici ed italo greci
per il 22 Ottobre
Santo Verecondo vescovo di Verona(522)
La
successione di alcuni vescovi dopo la morte di S. Teodoro è molto
incerta. Nel Velo di Classe dopo il nome « Theodorus
» si legge quello di un vescovo « Concessus »: del quale nulla abbiamo
in altri documenti. Lo storico Maffei
inserisce qui un vescovo « Servus Dei» o « Servulus »; ma questo
pure è assai incerto. Qualcuno pensa che questi due nomi, anzichè nomi
personali, siano appellativi di qualche vescovo, che potrebbe essere S.
Valente o S. Verecondo, chiamato « Concessus », perchè fatto
col consenso e quasi per concessione di Teodorico. Di questi due,
certamente vescovi di Verona, ma incerti nell’ordine esiste una certa storicità
Dalla
morte di S. Teodoro sin verso l’anno 533 sembra aver retto la chiesa S.
Verecondo; il quale perciò sarebbe il vescovo
ventesimoquarto. Durando ancora la persecuzione di Teodorico, S.
Verecondo dovette vivere nascosto; poi allontanandosi da Verona si ritirò
nell’Umbria, dove più tardi ebbe ed ha anche al presente culto
liturgico: secondo alcuni, fu da Teodorico mandato a Ravenna, e
qualcuno scrisse che seguì il papa Giovanni andato a Costantinopoli per
ordine di Teodorico nell’anno 524
Tornato
a Verona, forse richiamatovi da Amalasunta dopo la morte di Teodorico, si
ritirò in alcune grotte del colle S. Pietro: ivi morì il 22 ottobre,
probabilmente l’anno 533; sul suo sepolcro fu posta questa iscrizione con una
palma
HIC REQVIESCIT IN PACE
SCE
MEMORIAE VERECONDVS EP.VS +
Il
suo nome nel Velo di Classe è segnato dopo quello di « Concessus
»; e la sua memoria vien celebrata nella chiesa veronese il giorno 22 ottobre.
Verso
quest’epoca medesima fu celebre per santità un altro vescovo, S. Valente;
del quale è assai difficile definire se sia stato antecessore o successore
o contemporaneo e quasi ausiliare a Verecondo; tanto più che nel Velo
di Classe non ricorre in questo luogo il nome di lui, ma prima
di S. Verecondo si legge « Concessus », Dall’iscrizione, che fu
posta sul sepolcro di S. Valente nella chiesa di S. Pietro in aree,
abbiamo precisato il tempo del suo episcopato, dal giorno 5 novembre 522 al
giorno 24 luglio 531
Non
è improbabile che S. Verecondo, eletto vescovo subito dopo la morte di S.
Teodoro, prima di allontanarsi da Verona, abbia ordinato vescovo questo
santo e vecchio sacerdote Valente allo scopo di impedire che durante la
sua assenza venisse intruso qualche vescovo ariano, e che per questo motivo S.
Valente sia chiamato « Concessus »; tornato poi S. Verecondo
a Verona, avrebbe governato la chiesa veronese insieme col suo sostituto Valente,
e forse anche dopo la morte di lui: così Verecondo sarebbe antecessore e
successore di Valente. Anche la lapide posta sul sepolcro di S.
Valente nella chiesa di S. Pietro porta scolpita una palma,
segno delle persecuzioni che egli pure dovette soffrire dagli ariani :
HIC REQVIESCIT IN PACE SC.S VALENS EP.VS
QVI VIXIT ANN PL M LXXXV ET SEDIT
EPISCOPATVM ANNOS VII MENSES VII DIES
XVIII
ET RECESSIT SVB D. VII KAL AVGVSTAS
P. C. LAMPADI ET ORESTIS VV. CC. IND.
VII.
Quando
fu distrutta la chiesa di S. Pietro in Castello l’anno 1801, le
sacre reliquie dei vescovi Verecondo e Valente furono trasportate nella cancelleria
vescovile; indi nel 1817 addì 14 novembre per cura del vescovo Innocenzo
Liruti vennero riposte nell’antica urna di sant’Annone sotto la
mensa dell’altare di sant’Andrea nella cattedrale.
Santo Simplicio discepolo di San
Benedetto e poi abate di Montecassino (verso il 570)
Dopo
il santo fondatore di Montecassino, il patriarca s. Benedetto, i primi suoi
quattro successori abati benedettini del famoso monastero, sono tutti santi e
sono nell’ordine: Costantino, Simplicio, Vitale e Bonito.
Di Simplicio possiamo dire poco come del resto degli altri, non ci è pervenuto quasi nessun documento che ne racconti la vita.
Egli viene comunque menzionato insieme a Costantino nei secoli successivi, sia per il culto tributato ad ambedue il 29 marzo dai benedettini di Montecassino, sia perché le loro reliquie sono depositate insieme.
Infatti esse furono rinvenute nell’area del presbiterio della basilica cassinese verso il 1625-28 e trasportate nella vecchia cappella di s. Bertario e poi nel 1710 sempre insieme a quelle di s. Costantino furono traslate nella cappella di s. Gregorio Magno.
Durante il disastroso bombardamento del 1944 esse ne uscirono indenni e di nuovo sistemate nella ricostruita cappella sotto l’altare, che come tutta la chiesa fu consacrato nella solenne dedicazione fatta da Paolo VI il 24 ottobre 1964.
Simplicio viene ricordato nella ‘Vita Mauri’ del sec. IX come uno dei monaci che Benedetto dà come compagni a s. Mauro nel suo viaggio in Francia; inoltre lo storico Pietro Diacono afferma che diede a leggere a tutti i monaci la Regola del grande fondatore s. Benedetto, scrivendo su ciò alcuni versi pervenuti fino a noi con interpretazioni diverse.
Egli è stato raffigurato in un quadro di De Mura posto nella cappella sopra citata, proprio nell’atto di presentare la Regola agli Ordini monastici e cavallereschi. S. Simplicio e s. Costantino abati furono venerati subito dopo la loro morte per essere stati discepoli e primi successori del santo patriarca e la loro prima sepoltura fu proprio accanto alla sua.
Di Simplicio possiamo dire poco come del resto degli altri, non ci è pervenuto quasi nessun documento che ne racconti la vita.
Egli viene comunque menzionato insieme a Costantino nei secoli successivi, sia per il culto tributato ad ambedue il 29 marzo dai benedettini di Montecassino, sia perché le loro reliquie sono depositate insieme.
Infatti esse furono rinvenute nell’area del presbiterio della basilica cassinese verso il 1625-28 e trasportate nella vecchia cappella di s. Bertario e poi nel 1710 sempre insieme a quelle di s. Costantino furono traslate nella cappella di s. Gregorio Magno.
Durante il disastroso bombardamento del 1944 esse ne uscirono indenni e di nuovo sistemate nella ricostruita cappella sotto l’altare, che come tutta la chiesa fu consacrato nella solenne dedicazione fatta da Paolo VI il 24 ottobre 1964.
Simplicio viene ricordato nella ‘Vita Mauri’ del sec. IX come uno dei monaci che Benedetto dà come compagni a s. Mauro nel suo viaggio in Francia; inoltre lo storico Pietro Diacono afferma che diede a leggere a tutti i monaci la Regola del grande fondatore s. Benedetto, scrivendo su ciò alcuni versi pervenuti fino a noi con interpretazioni diverse.
Egli è stato raffigurato in un quadro di De Mura posto nella cappella sopra citata, proprio nell’atto di presentare la Regola agli Ordini monastici e cavallereschi. S. Simplicio e s. Costantino abati furono venerati subito dopo la loro morte per essere stati discepoli e primi successori del santo patriarca e la loro prima sepoltura fu proprio accanto alla sua.
Santo Salario vescovo di Luni in
Liguria(V secolo)
San Solario di Luni,
o Salario, è stato probabilmente
il secondo vescovo della diocesi di Luni
Secondo una tradizione piuttosto antica,
Solario subì il martirio presso San Terenzo al Mare vicino Lerici nella
località oggi detta Solaro. Pertanto
si potrebbe riconoscere in Solario un vescovo
sicuramente precedente a San Felice primo presule storicamente documentato , e
quindi poter supporre che la diocesi di Luni esistesse già esistesse già ai
tempi delle ultime persecuzioni.
Santo
Meroveo monaco a Bobbio (verso il 626)
La domenica del 23 novembre del 615 muore a 73 anni san Colombano, e Attala gli
succede come secondo abate di Bobbio
Continua l'opera di conversione dei
longobardi e sotto di lui il cenobio si ingrandisce sia come complesso sia come
numero di monaci, dalle provenienze più diverse: soprattutto irlandesi,
francesi e germanici. Fra i nuovi venuti vi è il monaco Giona di Susa, entrato
nel 618 e futuro biografo di San
Colombano, del monastero e della storia di Bobbio; si ricordano i nomi di altri
monaci: Agibido, Blidulfo, Framerio, Meroveo, Teodoaldo.
Il monaco Meroveo, mandato dall'abate
Attala a Tortona e nei pressi di Voghera
è ricordato per aver scoperto un
tempio ancora officiato da pagani in fitte boscaglie presso Vicum Iriae
Santo
Donato irlandese di nascita e vescovo di
Fiesole in Toscana(874)
Nacque
in Irlanda negli ultimi anni del sec. VIII da nobili genitori cristiani. Fin da
fanciullo fu educato nella fede cristiana e avviato agli studi. Nell'816
abbandonò la famiglia e la patria e si mise a peregrinare per varie regioni
giungendo fino a Roma. Nel ritornare in patria arrivò a Fiesole proprio mentre
il clero ed il popolo trattavano dell'elezione del nuovo vescovo; mossi da`santa
ispirazione i fiesolani scelsero proprio
lo sconosciuto pellegrino, che dapprima riluttante dovette poi piegarsi ai oro
desideri. Era l'anno 829. Il suo governo pastorale a Fiesole durò oltre
uarant'anni. Combatté con successo contro gli usurpatori dei beni della sua
Chiesa. In particolare si ricorda che nell'850
fu presente a Roma alla incoronazione di Ludovico fatta da Leone IV. In quella
occasione sedette col papa e con l'imperatore in giudizio per risolvere una
vecchia questione pendente fra i vescovi di Arezzo e di Siena, risolta a favore
di quest'ultimo.
Fu uomo di lettere e come tale si preoccupò dell'istruzione del clero e della gioventù. Se non vi insegnò, certo esercitò molta influenza sulla scuola eretta a Firenze da Lotario in seguito ai deliberati della assemblea di Olona dell'825. Scrisse diverse opere delle quali rimangono soltanto un epitafio dettato per la sua tomba, prezioso per le notizie autobiografiche; un Credo, poetico, recitato fra gli amici e discepoli prima di morire, e le Lodi di s. Brigida, patrona dell'Irlanda. Per i suoi connazionali irlandesi pellegrini in Italia fondò a Piacenza con mezzi propri, fra l'826 e l'850, la chiesa di S. Brigida, con annesso ospedale ed ospizio, che, dotati di numerosi e ricchi beni, donò il 20 agosto dell'850 al monastero di S. Colombano di Bobbio. Mori a Fiesoie tra l'874 e l'877 e le sue spoglie furono sepolte nella prima cattedrale, ai piedi della collina, nella cappella dedicata a s. Romolo, dove rimase fino al 1817. In quell'anno il vescovo mons. R. Mancini trasportò i suoi sacri resti nella nuova cattedrale
Fu uomo di lettere e come tale si preoccupò dell'istruzione del clero e della gioventù. Se non vi insegnò, certo esercitò molta influenza sulla scuola eretta a Firenze da Lotario in seguito ai deliberati della assemblea di Olona dell'825. Scrisse diverse opere delle quali rimangono soltanto un epitafio dettato per la sua tomba, prezioso per le notizie autobiografiche; un Credo, poetico, recitato fra gli amici e discepoli prima di morire, e le Lodi di s. Brigida, patrona dell'Irlanda. Per i suoi connazionali irlandesi pellegrini in Italia fondò a Piacenza con mezzi propri, fra l'826 e l'850, la chiesa di S. Brigida, con annesso ospedale ed ospizio, che, dotati di numerosi e ricchi beni, donò il 20 agosto dell'850 al monastero di S. Colombano di Bobbio. Mori a Fiesoie tra l'874 e l'877 e le sue spoglie furono sepolte nella prima cattedrale, ai piedi della collina, nella cappella dedicata a s. Romolo, dove rimase fino al 1817. In quell'anno il vescovo mons. R. Mancini trasportò i suoi sacri resti nella nuova cattedrale
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