Sinassario
dei santi italici ed italo greci per il 7 ottobre
Santi
Giuliano presbitero e Cesario diacono martiri a Terracina sotto Claudio II il Gotico(verso il 269)
Santi
Quarto e Marcellino martiri a Capua
Tra le
figure del mosaico absidale della chiesa di S. Prisco presso Capua, risalente
alla fine del sec. IV, c'era anche quella di Quarto. Il suo nome è ricordato
poi nel Martirologio Geronimiano al 7 ott. e al 5 nov. Nessun dubbio che si
tratti di un martire dei primi secoli, anche se nel secondo latercolo del
Geronimiano è detto confessore, ma di lui niente si conosce. La notizia che
Quarto sia stato vescovo di Capua apparve per la prima volta in un calendario
diocesano della fine del sec. XV. Qualche studioso ha avanzato l'ipotesi che
Quarto sia il martire romano sepolto insieme con Quinto sulla via Latina, sia
perché anche questo santo nel predetto mosaico è raffigurato accanto a
Quarto, sia perché quasi tutto il gruppo di destra dello stesso mosaico
riproduce santi romani.
Santa
Giustina martire a Padova sotto Diocleziano e Massimiano nel 304
Passio Sanctae Justinae martyris
« La
beata Giustina ebbe natali da genitori cristiani e fu temprata tra nobili donne
di chiara fama; sollecitata dalla santa religione diede ampio spazio nel suo
spirito alle finezze della saggezza, per cui Cristo la attrasse a sé
consacrandola sua sposa.
Chi
non vorrebbe piacerle, vergine consacrata e ministra di carità, che con tale
umiltà portò alla gloria la nobiltà di un fiero sangue tanto da meritare di
venire eletta al senato della patria celeste?
Veramente
tempio degno dell'abitazione del Signore era il santo corpo, ornato di tanti e
grandi meriti come di altrettante margarite, astretto a digiuni e nutrito di
incessanti preghiere, reso più che mondo per la purità: fu di una tale
risplendente prudenza da fare più luce di raddoppiata lampada.
Veramente Giustina di nome e di fatto, che seppe con le opere coronare il suo nome e non perderlo per l'eternità. Illustre per potenza di natali, ma più ancora per il suo cristianesimo: la sua mente pura infatti seppe conseguire la palma di altissima vittoria.
Veramente Giustina di nome e di fatto, che seppe con le opere coronare il suo nome e non perderlo per l'eternità. Illustre per potenza di natali, ma più ancora per il suo cristianesimo: la sua mente pura infatti seppe conseguire la palma di altissima vittoria.
Trovandosi
essa nelle regioni venete e precisamente a Padova sua patria, vi sopraggiunse,
proveniente da Milano, l'imperatore Massimiano, conosciuto per la sua crudeltà:
comanda che gli si istituisca nel Campo Marzio il tribunale per uccidere,
sacrilego, i santi di Dio.
Allora
la beatissima Giustina dal suo podere, detto Vitaliano, salita in vettura, si
affrettava a visitare i servi di Dio, quando, sorpresa dai soldati, ne fu
strappata giù a forza e a grande velocità portata al cospetto del crudelissimo
Massimiano, come loro era stato ingiunto dallo stesso imperatore.
Così
l'aggredì l'imperatore: “Dì il
tuo nome con cui ti si chiama e la tua condizione sociale”.
Allora
la beata Giustina serena in volto rispose: “Sono cristiana”.
L'imperatore
Massimiano disse: “Io ti
richiedo piuttosto del nome e tu getti sui nostri orecchi quanto non vogliamo
sentire; dì il tuo nome prima che ti faccia morire”.
Replicò
la beata Giustina: “Ti ho detto, sono cristiana; quanto al nome mi chiamo Giustina”.
L'imperatore
Massimiano disse: “Quale
setta religiosa professi?” La
beata Giustina rispose: “Io adoro il signore mio Gesù Cristo che ha fatto cielo e terra,
mare e tutto ciò che vi è in essi”.
L'imperatore
Massimiano disse: “Avvicinati
e sacrifica al grande dio Marte, se vuoi salva la tua giovinezza”.
La beata Giustina rispose: “Ti ho già detto, sono cristiana; e alle pietre sorde e mute, opera delle mani degli uomini, non sacrifico; e a tutte le suggestioni diaboliche rinunzio; e mi offro in sacrificio solo a colui al quale mi sono consegnata, il signore mio Gesù Cristo, figlio del Dio vivo, il quale ha detto: “Io sono via, verità e vita; chi crede in me non morirà in eterno”. Questo ai credenti in lui ha ripetutamente promesso con tono inconfondibile, e la sua promessa è in me, e nessuno potrà sradicare dal suo amore la mia mente, così profondamente radicata in lui; altro è parlare con Dio e altro con gli uomini. Ma se hai escogitato dei tormenti, affrettati ad eseguirli nell'ancella di Cristo. Perché ritardi? Bramo infatti andarmene al mio signore Gesù Cristo che si è degnato di prendermi come sua fin dall'infanzia”.
La beata Giustina rispose: “Ti ho già detto, sono cristiana; e alle pietre sorde e mute, opera delle mani degli uomini, non sacrifico; e a tutte le suggestioni diaboliche rinunzio; e mi offro in sacrificio solo a colui al quale mi sono consegnata, il signore mio Gesù Cristo, figlio del Dio vivo, il quale ha detto: “Io sono via, verità e vita; chi crede in me non morirà in eterno”. Questo ai credenti in lui ha ripetutamente promesso con tono inconfondibile, e la sua promessa è in me, e nessuno potrà sradicare dal suo amore la mia mente, così profondamente radicata in lui; altro è parlare con Dio e altro con gli uomini. Ma se hai escogitato dei tormenti, affrettati ad eseguirli nell'ancella di Cristo. Perché ritardi? Bramo infatti andarmene al mio signore Gesù Cristo che si è degnato di prendermi come sua fin dall'infanzia”.
L'imperatore
Massimiano disse: “Perché
respingi le mie richieste con tante inutili parole? Sacrifica e sarai libera
dai tormenti; diversamente sappi che dovrai morire di spada”.
La
beata Giustina rispose: “Rendo grazie al mio Dio che si è degnato di accogliermi come sua
vittima, io indegna sua serva; non voglio sacrificare ai vostri
demoni, come non voglio consentire alle tue vane lusinghe; piuttosto di questo
faccio preghiera al signore mio Gesù Cristo che si degni di ascrivere me sua
serva tra le sue ancelle. Ti prego perciò che tu voglia portare a compimento i
tormenti che intendi disporre ai miei riguardi. Da parte mia infatti sono
preparata a sostenere per il nome del signore mio Gesù Cristo ogni contrarietà.
Perché dovrei temere di cimentarmi in questa prova, quando si sa che il Signore
mio Gesù Cristo a profusione ha dato il suo sangue per la salvezza di tutto il
mondo? ”
Allora
il crudelissimo imperatore, preso da ira, con bocca sacrilega, emanò la
sentenza: “Giustina,
poiché a lungo è rimasta nascosta; e afferma di rimanere vincolata alla
religione cristiana; e non intende obbedire alle nostre ingiunzioni, comandiamo
che sia uccisa di spada”.
Ciò
udendo, la beata Giustina ripetutamente esclamava: “Ti rendo grazie, signore
Gesù Cristo, che ti sei degnato di ascrivere nel tuo libro la tua
confessore e martire. Oramai se a te piace e risponde a verità la sentenza
proferita dall'empiissimo imperatore, si effettui subito in questo luogo il già
disposto giuramento della mia confessione di fede, e accogli la tua ancella nel
grembo tuo, che siedi nel trono, mia luce, perla preziosa, che sempre ho amato,
bramato e ora desidero vedere re di tutti i secoli, tu che regni col Padre e lo
Spirito Santo”.
E
finita la preghiera, piegate a terra le ginocchia, il sicario le immerse la
spada nel fianco.
Così
trafitta per un'ora intera, gli occhi fissi al cielo e le mani levate, davanti
a tutti, a chiara voce diceva: “Signore Gesù Cristo, accogli la mia anima nel tuo riposo, perché te
ho scelto, te ho sospirato e tua desidero essere, tu che solo ho amato signore
mio Gesù Cristo salvatore del mondo e se nessun altro fuori di te ho cercato,
te solo io ritrovi e niente altro che te io incontri”.
E
fattosi il segno della santa croce e, dopo aver impresso croci anche su tutto
il suo corpo, serenamente spirò.
Quindi
i cristiani vedendo l'ardore della sua fede e la venerabile sua passione, degni
di una martire, cosparsero di aromi il suo corpo e vi apposero un'edicola degna
di esso a quasi mille passi, più o meno, dalla città di Padova; dove fino ad
oggi vengono celebrati in suo onore i santi misteri.
Come a convegno alle soglie del suo tempio, sulla sua tomba, con umile pietà perviene una gran moltitudine di cristiani, i quali a lode di Dio si sciolgono in festa, attorno alla beata martire Giustina.
La Beata Giustina fu martirizzata sotto l'imperatore Massimiano alle none di ottobre (7 ottobre), regnando in verità il Signore nostro Gesù Cristo, al quale è l'onore e la gloria nei secoli dei secoli. Amen ».
Come a convegno alle soglie del suo tempio, sulla sua tomba, con umile pietà perviene una gran moltitudine di cristiani, i quali a lode di Dio si sciolgono in festa, attorno alla beata martire Giustina.
La Beata Giustina fu martirizzata sotto l'imperatore Massimiano alle none di ottobre (7 ottobre), regnando in verità il Signore nostro Gesù Cristo, al quale è l'onore e la gloria nei secoli dei secoli. Amen ».
Santo
Adalgiso vescovo di Novara (verso 850)
Fu il trentaduesimo della serie, come si può leggere nei
dittici della chiesa novarese, conservati l'uno nella Basilica di S. Gaudenzio
(1070?) e l'altro nella Cattedrale (1123 ca.). Più sobrio il primo, più ampio
il secondo, attestano tuttavia concordemente che Adalgiso fu vescovo di Novara
per diciotto anni, dall'830 (o 831) all'849 (o 850) secondo alcuni, dall'834
all'852-3 (?) secondo altri.
Adalgiso è ritenuto costantemente dalla tradizione di origine longobarda, forse della stessa famiglia dell'ultimo re Desiderio, anzi, addirittura nipote di lui. Ma nulla si sa esattamente dei suoi anni giovanili. Si pensa fosse canonico della chiesa di S. Gaudenzio, essendosi più tardi dimostrato larghissimo dei suoi beni verso il Capitolo di questa chiesa.. Nell'854 non era più tra i vivi, come si rileva dal diploma di Ludovico II imperatore, diretto al successore di Adalgiso, Dodone o Ottone e datato precisamente il 7 giugno di quell'anno.
Quando morì, le sue spoglie furono portate dapprima nella chiesa di S. Gaudenzio fuori le mura, poi traslate in città nel 1533, dopo la distruzione di quella chiesa e delle case esterne ad opera di Carlo V. Dal 1927 esse riposano, insieme con le venerate reliquie di altri vescovi novaresi, in S. Gaudenzio, dentro un'artistica urna, sotto l'altare dedicato al suo nome
Adalgiso è ritenuto costantemente dalla tradizione di origine longobarda, forse della stessa famiglia dell'ultimo re Desiderio, anzi, addirittura nipote di lui. Ma nulla si sa esattamente dei suoi anni giovanili. Si pensa fosse canonico della chiesa di S. Gaudenzio, essendosi più tardi dimostrato larghissimo dei suoi beni verso il Capitolo di questa chiesa.. Nell'854 non era più tra i vivi, come si rileva dal diploma di Ludovico II imperatore, diretto al successore di Adalgiso, Dodone o Ottone e datato precisamente il 7 giugno di quell'anno.
Quando morì, le sue spoglie furono portate dapprima nella chiesa di S. Gaudenzio fuori le mura, poi traslate in città nel 1533, dopo la distruzione di quella chiesa e delle case esterne ad opera di Carlo V. Dal 1927 esse riposano, insieme con le venerate reliquie di altri vescovi novaresi, in S. Gaudenzio, dentro un'artistica urna, sotto l'altare dedicato al suo nome
SS. ICONA DELLA SS. MADRE DI DIO “ NAUPACTIOTISSA” CHE SI TROVAVA NELLA CHIESA DI SAN MICHELE A PALERMO
La chiesa ortodossa di tradizione greca al 7 ottobre celebra la sinassi
della SS. Madre di Dio "Naupactiotissa" o di Naupacto. Il 7 ottobre
1571 la coalizione delle Nazioni Cristiane, sbaragliava a Lepanto /Naupacto (
golfo di Cortinto) le forze turche.
La nostra icona, è più antica di circa cinque secoli.
Tale icona era venerata dalla confraternita palermitana dei naupactensi ( fabbricatori di navi) nella chiesa dell'arcistratega Michele, costruita nel 1048 circa ( prima della conquista normanna) e veniva portata processionalmente, ogni mese, dai confratelli dalla suddetta chiesa a casa di un confratello, dove veniva recitato il santo ufficio ( probabilmente la paraclisis)
Detta confraternita, in quanto cristiana, pagava all' autorità mussulmana un tributo, detto gesia, per poter continuare ad essere cristiana .
L'icona si trova in un codice greco custodito nella Cappella Palatina del palazzo reale di Palermo.
La nostra icona, è più antica di circa cinque secoli.
Tale icona era venerata dalla confraternita palermitana dei naupactensi ( fabbricatori di navi) nella chiesa dell'arcistratega Michele, costruita nel 1048 circa ( prima della conquista normanna) e veniva portata processionalmente, ogni mese, dai confratelli dalla suddetta chiesa a casa di un confratello, dove veniva recitato il santo ufficio ( probabilmente la paraclisis)
Detta confraternita, in quanto cristiana, pagava all' autorità mussulmana un tributo, detto gesia, per poter continuare ad essere cristiana .
L'icona si trova in un codice greco custodito nella Cappella Palatina del palazzo reale di Palermo.
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